domenica 26 febbraio 2012

"Nord e Sud" di Elizabeth Gaskell




Elizabeth Gaskell (1810 – 1865) è una famosa scrittrice di epoca vittoriana che ha riscosso notevole successo sia presso il pubblico dell’epoca (fu molto apprezzata anche da scrittori quali Charles Dickens) che presso quello contemporaneo soprattutto in Gran Bretagna.
Si occupò di aspetti quali i preconcetti sociali contro le ragazze madri, ma anche dei contrasti determinati in Inghilterra dal carattere industriale del Nord e agricolo del Sud.




Proprio questi contrasti sono il tema principale del suo capolavoro “Nord e Sud”, romanzo solo recentemente tradotto in italiano e pubblicato dalla casa editrice Jo March, forse anche a seguito della grande richiesta del pubblico dopo il successo dell’adattamento televisivo della BBC in quattro puntate che auspichiamo venga presto trasmesso anche dalla televisione italiana.

Protagonista del romanzo è la diciannovenne Margaret, figlia di Mr Hale, un pastore anglicano di Helstone che, assalito da forti dubbi di fede ed in contrasto con il suo Vescovo, decide di abbandonare la Chiesa e trasferirsi a Milton, città industriale del Nord, con la famiglia per dedicarsi all’insegnamento. Proprio qui Margaret farà la conoscenza di esponenti della classe operaia, in particolare di Bessy e di suo padre Mr Higgins, ma anche dei proprietari industriali tra cui Mr Thorton “il padrone” del cotonificio di Marlborough Mills nonché primo allievo di Mr Hale. 
John Thorton, uno dei personaggi più interessanti del romanzo, è l’uomo che si è risollevato dalla miseria solo con le proprie forze, riuscendo a costruire un impero. E’ la personificazione “positiva” dell’uomo del Nord: tenace, combattivo, onesto, rigoroso e tutto teso verso la “produttività”. 
Margaret deve affrontare notevoli difficoltà per adattarsi alla nuova vita, ma soprattutto per accettare di vivere in una città frenetica, sporca, rumorosa, malsana così diversa dalla bucolica Helstone, da quell’ambiente quasi fiabesco della campagna del Sud dell’Inghilterra dove è cresciuta e dove il ritmo della vita scorreva lento e tranquillo. 
Mr Thorton, uomo di larghe vedute, nonostante non abbia ricevuto un’educazione classica vittoriana,  subisce quasi immediatamente il fascino della bella e altezzosa Margaret rimanendo disorientato ed al tempo stesso attratto dal suo essere così fiera e indipendente. 
A sua volta la ragazza si trova ben presto, nei confronti di John Thorton, combattuta tra l’ammirazione per l’uomo che si è fatto da solo, forte e rispettabile e l’ostilità verso l’industriale che lei ritiene responsabile delle miserie dei suoi operai.

“Quando vedo lavoratori violenti e ostinati nella ricerca dei propri dirititti, posso indubbiamente dedurre che il padrone è come loro; e ignora quell’anima che è magnanima, e benevola, e non cerca il suo interesse”.
“Siete proprio come tutti i forestieri che non capiscono come funziona il nostro sistema, signorina Hale” disse frettolosamente .
“Credete che i nostri lavoratori siano delle marionette di pasta, pronte a lasciarsi plasmare nella forma che più ci piace. Dimenticate che abbiamo a che fare con loro solo per meno di un terzo della loro vita; e sembrate non accorgervi che i doveri di un industriale son ben più grandi di quelli di un semplice datore di lavoro. Noi abbiamo un importante ruolo commerciale da sostenere, che fa di noi i grandi pionieri della civiltà”. 

“Non sono certo io la persona che può decidere chi sia un gentiluomo e chi no, signorina Hale. Voglio dire, non capisco molto l’uso che fate del termine. Ma devo ammettere che questo Signor Morison non è uomo leale. Non so chi sia; sto giudicando semplicemente da quello che ha detto il signor Horsfall”.
“Sospetto che il mio gentiluomo includa il vostro uomo leale.”
“E’ molto di più, sembrate suggerire. Non sono d’accordo con voi. Per me un uomo è un essere umano più nobile e completo di un gentiluomo.”
“Cosa volete dire?” chiese Margaret. “Abbiamo modi diversi di intendere i termini”.
“Dal mio punto di vista gentiluomo è un termine che descrive una persona solo nel suo modo di relazionarsi agli altri; ma quando parliamo di questa persona chiamandola uomo, non la consideriamo solamente in relazione ai suoi simili, ma in relazione a se stessa, alla vita, al tempo, all’eternità. (…) Sono piuttosto stanco di questa espressione da gentiluomo, che a me sembra venga spesso usata a sproposito, e spesso, inoltre, con tale esagerata distorsione del significato… mentre la piena semplicità del nome uomo, dell’aggettivo umano, viene ignorata, il che mi induce a classificarli come termini del gergo quotidiano. 

La storia d’amore tra Margaret e Mr Thorton può ricordare per alcuni aspetti la storia d’amore tra Elizabeth Bennet e Mr. Darcy in “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Asten pubblicata circa una quarantina di anni prima, nonostante la diversa ambientazione geografica e i diversi aspetti della società in cui la storia si sviluppa. Margaret però a tratti incarna entrambi i protagonisti del romanzo della Austen: è Darcy, quando resta arroccata sulle sue posizioni, chiusa nel suo altezzoso orgoglio e lo è nel finale quando risolve i problemi finanziari di lui, ma è anche Elizabeth quando, dopo aver rifiutato la prima proposta di matrimonio di Mr Thorton, realizza che è innamorata di lui e per questo il giudizio negativo che lui potrebbe avere di lei la tormenta ogni giorno.

Per chi volesse vedere le puntate del period drama della BBC ecco di seguito i link:

venerdì 24 febbraio 2012

Blues in memoria (W.H. Auden)


Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui E’ Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


Questa poesia è state resa celebre dal film "Quattro matrimoni e un funerale". 
Chi volesse rivedere la scena del funerale in cui in cui Matthew la dedica al "suo Gareth " può cliccare qui

giovedì 23 febbraio 2012

L’albatros (Charles Baudelaire)


Spesso, per dilettarsi, gli uomini della ciurma
Catturano gli albatros, grandi uccelli marini
Che seguono, indolenti compagni di viaggio,
la nave che scivola sugli amari flutti.
 
Appena deposti sulle assi della tolda
Questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi
Lasciano pietosamente le grandi ali bianche
Trascinarsi come remi accanto a sé.

Quant’è goffo e fiacco questo viaggiatore alato!
Lui, prima così bello, quant’è comico e brutto!
Uno tormenta il suo becco con un mozzicone acceso,
l’altro mima, zoppicando, l’infermo che volava.

Il Poeta assomiglia al principe delle nubi
che sfida la tempesta e sbeffeggia l’arciere;
esiliato al suolo in mezzo al baccano
le sue ali di gigante gli impediscono il cammino.

“Morte nell’arena” di Federica Guidi


In principio, nel III secolo a.C., si chiamarono munera, cioè obblighi verso i defunti. Poi il nome rimase, ma via via i combattimenti gladiatorii persero il carattere di cerimonia funebre e acquisirono quello di festività offerte da personalità politiche e dall'imperatore per procurarsi consenso, secondo la nota espressione di Giovenale: panem et circenses. Una tradizione che durò oltre sette secoli nel segno dell'intrattenimento grandioso, esotico, violento e globale. Vero e proprio spettacolo interattivo cui il pubblico partecipava non solo con le incitazioni ai contendenti, ma anche decidendo il destino dei vinti. In questo libro l'autrice descrive la scena e i retroscena di un costume che ha attraversato i secoli.
(Source: IBS)



E’ vero il tema trattato non è nuovo, molto si è scritto sull’argomento e numerosi sono i film ed i documentari in merito.  Le descrizioni del libro però sono molto accurate ed il risultato è un saggio molto piacevole e di scorrevole lettura. Certo che in 2.000 anni quanto poco è cambiato!!!

"Che dire poi del fascino che i gladiatori esercitavano sul gentil sesso? Più che alle specifiche di combattimento, le signore erano ovviamente interessate alla prestanza fisica dei combattenti; ma non è solo questo: il fascino del gladiatore nasce proprio dal suo essere tale, dal ruolo che questa figura riveste nell’arena, dalla sua lotta con la morte e dall’immaginario che da questo si sviluppa. A riprova ascoltiamo Giovenale:
Eppia, moglie di un senatore, ha seguito una compagnia di gladiatori fino a Faro, fino al Nilo e alle mura malfamate dei Lagidi, facendo inorridire persino Canopo per l’incredibile immoralità romana. Dimenticati a casa, marito e sorella, senza un pensiero per la sua città, quella depravata ha abbandonato i figli in lacrime e, ciò che più stupisce, persino il suo Paride e il Circo. Pur allevata tra le piume di una culla intarsiata e nel lusso della casa paterna, non ebbe orrore d’affrontare il mare: aveva già affrontato il disonore, che per chi dispone di comode poltrone è danno rilevante. Navigando di mare in mare, ha attraversato i flutti del Tirreno e la distesa fragorosa dello Ionio con cuore intrepido: son donne, queste, che solo se devono correre un rischio per una causa onorevole e giusta cadono in preda alla paura con il cuore che si fa ghiaccio, le gambe tremanti; ma se compiono malefatte, ostentano un coraggio senza pari. Se vuole il marito, è un dramma salire sulla tolda: l’odore della stiva le sconvolge e svengono. Ma quella che segue l’amante ha stomaco di ferro. La prima vomita addosso al marito, questa mangia coi marinai, scorrazza per il ponte e gode nel maneggiare ruvide gomene. Ma di quale bellezza, di qual fiore di giovinezza si è invaghita Eppia? Cosa ha mai visto in lui per sopportare la nomea di “gladiatrice”?
In verità il suo Sergino ormai aveva cominciato a radersi la barba e sperare nel congedo per quel suo braccio rotto; senza contare gli sfregi del viso, il naso escoriato dall’elmo con una gran bozza nel mezzo, e uno sgradevole malanno che gli faceva lacrimare di continuo gli occhi. Ma un gladiatore era! Quanto basta per farne un Giacinto, per preferirlo a figli, patria, sorella e marito: è il ferro che amano le donne. Se il suo Sergio avesse già ricevuto il bastone del congedo, all’istante non le sarebbe apparso diverso da un qualsiasi Veientone. (Giovenale, Satira VI, 82-113)" 
 
(Ed. Mondadori - 2006 Cles TN)
Ma siamo sicure che tutte le donne fossero interessate solo alla “prestanza fisica” dei gladiatori? Nessun reale interesse per il combattimento? Quando oggi guardiamo una partita di calcio, siamo proprio tutte interessate solo  ai tipi che corrono dietro alla palla? Io non credo proprio...



domenica 19 febbraio 2012

Ti vidi piangere (George Byron)


Ti vidi piangere: la grande lacrima lucente
Coprì quell'occhio azzurro
E poi mi parve come una viola
Stillante rugiada.

Ti vidi sorridere: la vampa di zaffiro
Accanto a te cessò di brillare;
Non poteva eguagliare i raggi che affollavano
Vividi quel tuo sguardo.

Come le nubi dal sole lontano
Ricevono un colore intenso e caldo
Che a stento l'ombra della sera vicina
Può cacciare dal cielo,

Quei sorrisi infondono nell'animo
Più triste gioia pura;
Il loro sole lascia dietro un fuoco
Che risplende sul cuore.

Cime Tempestose di Emily Brontë (1818- 1848)


Unico romanzo scritto da Emily  Brontë, “Wuthering Heights” è un romanzo selvaggio, strano e unico nel suo genere; la critica lo tacciò di immoralità e la buona società inglese lo accolse con perplessità.
Ciò che colpisce in questo romanzo è l’intensità delle passioni dei protagonisti: amore, furia, vendetta, odio. Heathcliff con la sua terribile forza di volontà ha qualcosa di demoniaco; la sua origine misteriosa, quel desiderio di distruggere ciò che ama ne fanno un eroe quasi byroniano.
Grandissimo pregio del libro sono poi le descrizioni del paesaggio. Le selvagge, desolate brughiere che circondano Wuthering Heights sono rappresentate meravigliosamente nel variare delle stagioni.


 A che scopo esisterei, se fossi tutta contenuta in me stessa? I miei grandi dolori, in questo mondo, sono stati i dolori di Heathcliff, io li ho tutti indovinati e sentiti fin dal principio. Il mio gran pensiero, nella vita, è lui. Se tutto il resto perisse e lui restasse, io potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente estraneo: avrei l'impressione di non farne più parte. Il mio amore per Linton è come il fogliame dei boschi: il tempo lo trasformerà, ne sono sicura, come l'inverno trasforma le piante. Ma il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce nascoste ed immutabili; dà poca gioia apparente ma è necessario. Nelly: io sono Heathcliff! Egli è stato sempre, sempre nel mio spirito: non come un piacere, allo stesso modo ch'io non sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere. Così, non parlar più di separazione: ciò è impossibile e...

Possa svegliarsi fra i tormenti! - gridò Heathcliff con una spaventosa veemenza, picchiando i piedi, ruggendo di dolore in un improvviso parossismo d'irresistibile passione. - Sì, sì, bugiarda fino alla fine! Dov'è dunque? Non là... non in cielo... scomparsa, dove? Ah, tu dicevi che non t'importava nulla delle mie sofferenze! Ed io faccio una preghiera, e la ripeterò fin che la mia lingua si secchi: Catherine Earnshaw, possa tu non trovar mai riposo fin ch'io vivo! Tu dici che io ti ho uccisa: tormentami, allora. Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sta sempre con me... prendi qualunque forma... rendimi pazzo! Ma non lasciarmi in questo abisso, dove non ti posso trovare! Oh Dio, è impossibile! Non posso vivere senza la mia vita, non posso vivere senza la mia anima!
  

Tante sono state le trasposizioni cinematografiche del romanzo, ma quella a me più cara, e forse più famosa, resterà sempre l’adattamento diretto da William Wyler nel 1939 (titolo in italiano “La voce nella tempesta”) in cui recitarono Laurence Olivier nella parte di “Heathcliff”, David Niven “Edgar Linton” e Merle Oberon interpretò “Cathy”.

“You said I killed you - haunt me, then! The murdered do haunt their murderers, I believe. I know that ghosts have wandered on earth. Be with me always - take any form - drive me mad! only do not leave me in this abyss, where I cannot find you!”



Sonetto XCII - William Shakespeare


Fai pure del tuo peggio per sottrarti a me,
ma per tutta la vita mi apparterrai:
vita che non durerà più a lungo del tuo amore,
perché essa completamente da quell'amore dipende.
Non devo perciò temere il massimo dei mali,
dal momento che il minimo di essi mi può causare la fine;
esiste per me un più felice stato
di questo continuo dipendere dai tuoi umori!
Tu non puoi torturarmi con la tua incostanza,
ne va della mia vita col tuo disdegno.
Oh, quale titolo alla felicità posseggo:
pago di avere il tuo affetto, contento di dover morire!
C'è cosa tanto bella che non tema macchia?
Tu potresti ingannarmi e io non saperlo.

Ode su un'Urna Greca - John Keats


Tu, ancora inviolata sposa della quiete,
Figlia adottiva del tempo lento e del silenzio,
Narratrice silvana, tu che una favola fiorita
Racconti, più dolce dei miei versi,
Quale intarsiata leggenda di foglie pervade
La tua forma, sono dei o mortali,
O entrambi, insieme, a Tempe o in Arcadia?
E che uomini sono? Che dei? E le fanciulle ritrose?
Qual è la folle ricerca? E la fuga tentata?
E i flauti, e i cembali? Quale estasi selvaggia?

Sì, le melodie ascoltate son dolci; ma più dolci
Ancora son quelle inascoltate. Su, flauti lievi,
Continuate, ma non per l'udito; preziosamente
Suonate per lo spirito arie senza suono.
E tu, giovane, bello, non potrai mai finire
Il tuo canto sotto quegli alberi che mai saranno spogli;
E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti è così vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire,
E tu l'amerai per sempre, per sempre così bella.

Ah, rami, rami felici! Non saranno mai sparse
Le vostre foglie, e mai diranno addio alla primavera;
E felice anche te, musico mai stanco,
Che sempre e sempre nuovi canti avrai;
Ma più felice te, amore più felice,
Per sempre caldo e ancora da godere,
Per sempre ansimante, giovane in eterno.
Superiori siete a ogni vivente passione umana
Che il cuore addolorato lascia e sazio,
La fronte in fiamme, secca la lingua.

E chi siete voi, che andate al sacrificio?
Verso quale verde altare, sacerdote misterioso,
Conduci la giovenca muggente, i fianchi
Morbidi coperti da ghirlande?
E quale paese sul mare, o sul fiume,
O inerpicato tra la pace dei monti
Ha mai lasciato questa gente in questo sacro mattino?
Silenziose, o paese, le tue strade saranno per sempre,
E mai nessuno tornerà a dire
Perché sei stato abbandonato.

Oh, forma attica! Posa leggiadra! con un ricamo
D'uomini e fanciulle nel marmo,
Coi rami della foresta e le erbe calpestate -
Tu, forma silenziosa, come l'eternità
Tormenti e spezzi la nostra ragione. Fredda pastorale!
Quando l'età avrà devastato questa generazione,
Ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori
Non più nostri, amica all'uomo, cui dirai
"Bellezza è verità, verità bellezza," - questo solo
Sulla terra sapete, ed è quanto basta.

sabato 18 febbraio 2012

Riflessioni di una lettrice...


Leggere un libro è come fare un viaggio... 
Ogni libro ha una sua storia da raccontare ed alla fine che questa sia stata di nostro gradimento o meno, che ci abbia emozionato o no, ci lascerà comunque qualcosa su cui riflettere… una pagina… una frase…o forse anche solo una parola, ma ne sarà valsa la pena...
E’ stata una casualità a far sì che io leggessi “Il tiranno” di Valerio Massimo Manfredi perché non è decisamente il mio genere di lettura, ma da quel libro…

ecco di seguito le righe che ho scelto:

La Storia è un mistero, un impasto di passioni, orrori, speranze, entusiasmi, meschinità; è sorte e casualità, così come è anche il prodotto di volontà precise e caparbie come la tua, certo. La Storia è il desiderio di superare la nostra miseria di uomini, è l’unico monumento che ci sopraviverà. Anche quando i nostri templi e le nostre mura saranno caduti in rovina, quando i nostri dei e i nostri eroi saranno solo fantasmi, immagini sbiadite dal tempo, statue mutilate e corrose, la Storia ricorderà ciò che abbiamo fatto e il ricordo che sopravviverà di noi è l’unica immortalità che ci è concessa (…)

Io ho già fatto la mia scelta e sono pronto a dannare la mia memoria per i secoli a venire, a essere ricordato come un mostro capace di qualunque nefandezza, ma anche come un vero uomo, un uomo in grado di piegare gli eventi al proprio volere. Solo questo tipo di uomini somiglia agli dei. Solo se sei davvero grande la gente ti perdonerà di avere limitato la sua libertà, altrimenti ti farà a pezzi e ti calpesterà appena avrai mostrato la minima debolezza.”

venerdì 17 febbraio 2012

Sonetto CXVI – William Shakespeare


Non sarà mai ch'io ponga impedimento all'unione di due anime fedeli. Amore non è amore se muta quando trova un mutamento nell'altro o se è pronto a recedere quando l'altro s'allontana.
Oh! no, esso è un faro sempre fisso che domina le tempeste senza mai esserne scosso: esso d'ogni barchetta errante è la stella il cui valore non si conosce sebbene se ne possa misurare l'altezza.
Amore non è lo zimbello del tempo, quantunque labbra e guance di rosa passino sotto la sua falce ricurva; Amore non muta con le brevi ore e con le settimane, ma dura eterno fino all'estremo giorno del giudizio.
Se questo ch'io scrivo è un errore e sarà dimostrato tale coll'esempio mio, dite pure ch'io non ho mai scritto, né che alcun uomo ha mai amato.

(traduzione di L. Darchini)

giovedì 16 febbraio 2012

“Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen (1775 – 1817)


Pubblicato nel 1813 “Pride and Prejudice” è l’opera più popolare della Austen. Il romanzo ha come protagonisti l'orgoglio di classe del signor Darcy e il pregiudizio di Elizabeth Bennet nei confronti di questo. Il romanzo si concentra sulla famiglia del Signor Bennet un uomo non stupido, ma distratto e superficiale affiancato da una moglie invece decisamente stupida e volgare il cui unico scopo è quello di vedere sposate le cinque figlie: Jane, Elizabeth, Mary, Catherine e Lydia. Le figlie minori sventate e frivole sono fonte di biasimo nonché di preoccupazione per le sorelle maggiori Jane ed Elizabeth.
Il romanzo ha avuto anche molte trasposizioni cinematografiche. Le mie preferite:

1940: Orgoglio e pregiudizio, di Robert Z. Leonard, con Laurence Olivier nel ruolo di Darcy e Greer Garson come Elizabeth.
1995: Orgoglio e pregiudizio, miniserie televisiva con Colin Firth nel ruolo di Darcy e Jennifer Ehle nel ruolo di Elizabeth, sceneggiatura di Andrew Davies.

e non dimentichiamo la versione “indiana” del 2004: Matrimoni e pregiudizi, con Aishwarya Rai e Martin Henderson.

Ed ora qualche pagina del libro tratte dall’edizione Garzanti del 1980, traduzione a cura di Isa Maranesi:
 
“E’ cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie.
E benché poco sia dato sapere delle vere inclinazioni e dei proponimenti di chi per la prima volta venga a trovarsi in un ambiente sconosciuto, accade tuttavia che tale convinzione sia così saldamente radicata nelle menti dei suoi nuovi vicini da indurli a considerarlo fin da quel momento appannaggio dell’una o dell’altra delle loro figlie”


“E così ebbe fine quella passione,” tagliò corto Elizabeth. “Non sarà stata l’unica a finire a quel modo. Mi chiedo chi sia stato il primo a scoprire l’efficacia dei versi come rimedio contro l’amore.”
“Ho sempre creduto che la poesia fosse il nutrimento dell’amore,” obiettò Darcy.
“Di un grande amore, forse; purché sia vigoroso e ben in salute. Tutto serve a nutrire ciò che è già forte. Ma se non è che una debolezza, una leggera inclinazione, niente di meglio di un buon sonetto per farla morire di fame.”


“Ho lottato invano. Non c’è rimedio. Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti. Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami”.


“Sin dall’inizio, direi quasi dal primo momento che vi vidi, i vostri modi mi colpirono rivelandomi in pieno tutta la vostra arroganza, la vostra presunzione il vostro egoistico disprezzo dei sentimenti altrui, così da creare quella base di disapprovazione sulla quale gli eventi successivi hanno costruito una così irriducibile avversione; non era passato un mese dacché vi conoscevo, e già sentivo che eravate l’ultimo uomo al mondo che avrei potuto sposare.”
“Basta così, signorina. Comprendo perfettamente i vostri sentimenti, e non mi rimane che vergognarmi di averne provato altri. Perdonatemi per avervi rubato tanto tempo, ed accettate i miei migliori auguri di buona salute e felicità.”


“Se proprio volete ringraziarmi,” rispose egli, “fatelo a nome vostro. Non posso negare che il desiderio di farvi felice abbia aggiunto forza alle altre considerazioni che mi hanno spinto ad agire. Ma la vostra famiglia non mi deve nulla. Con tutto il rispetto che porto ai vostri cari, credo di aver pensato solo a voi.” (…) “Siete troppo generosa per prendervi gioco di me. Se i vostri sentimenti sono ancora quelli dello scorso aprile, ditemelo subito. Il mio affetto, i miei desideri sono immutati, ma basta una vostra parola perché questo discorso sia chiuso per sempre.”

Lettera d'amore di John Keats a Fanny Brawne (13 ottobre 1819)



Mia cara ragazza

In questo momento mi sono messo a copiare dei bei versi. Non riesco a proseguire con una certa soddisfazione. Ti devo dunque scrivere una riga o due per vedere se questo mi concede di escluderti dalla mia mente anche per un breve momento. Dentro la mia anima non so a pensare a null'altro.Tempo fa avevo la forza di ammonirti contro la poco promettente mattina della mia vita. Il mio amore mi ha reso egoistico. Non posso esistere senza di te. Scorderei tutto pur di vederti ancora. La mia vita sembra fermarsi qui, non vedo oltre. Mi hai assorbito. In questo preciso momento ho la sensazione di essermi dissolto. Sarei profondamente infelice senza la speranza di vederti presto. Sarei spaventato di dovermi allontanare da te. Mia dolce Fanny, cambierà mai il tuo cuore? Mio amore cambierà? Ora il mio amore è senza limiti... Tuo biglietto è arrivato proprio qui. Non posso essere felice lontano da te. È più ricco di una nave di perle. Non mi trattare male neanche per scherzo. Mi sono meravigliato che gli uomini possano morire martiri per la loro religione. Ho avuto un brivido. Ora non rabbrividisco più. Potrei essere un martire per la mia religione - la mia religione è l'amore - potrei morire per questo. Potrei morire per te. Il mio credo è l'amore e tu sei il mio unico dogma. Mi hai incantato con un potere al quale non posso resistere; eppure potevo resistere fino a quando ti vidi; e perfino dopo averti visto ho tentato spesso "di ragionare contro le ragioni del mio amore". Non posso più farlo. Il dolore sarebbe troppo grande. Il mio amore è egoista. Non posso respirare senza di te.

Tuo per sempre
John Keats

mercoledì 15 febbraio 2012

Se a volte quando mi trovo tra la gente (da Pezzi d’occasione di George Byron)



Thomas Phillips - Portrait of Lord Byron (1788-1824)
Se a volte, quando mi trovo tra la gente,
La tua figura svanisce dal mio cuore,
L’ora solitaria mi riporta
L’immagine della tua ombra gentile:
Quell’ora triste e silenziosa adesso
Molto di te può ancora restituirmi
E non visto il dolore osa effondersi
Nel lamento prima senza voce.

Oh perdona se per poco tra la folla
Sciupo un pensiero che devo solo a te
E, condannandomi, sembro sorridere
Infedele al tuo ricordo: non credere
Che quel ricordo mi sia meno caro
Perché non sembro affliggermi: non voglio
Che gli sciocchi sorprendano uno solo
Dei sospiri che devo tutti a te.

Se avidamente vuoto il calice che passa,
Io non bevo per scacciare l’affanno;
Deve avere bevanda più mortale
La coppa che dà un Lete a chi dispera.
Se l’Oblio liberasse la mia anima
Dalle visioni inquiete, spezzerei
La coppa più dolce che affogasse
Anche un solo pensiero di te.

Se tu mi fossi svanita dalla mente
Dove si volgerebbe il cuore vuoto?
E chi vorrebbe attardarsi ad onorare
La tua Urna abbandonata? No no,
E’ vanto del mio dolore adempiere
Questo caro ultimo ufficio:
Anche se tutto il mondo dimentica,
E’ giusto che io ricordi ancora.

Perché so bene che altrettanto cortese
Sarebbe stata la tua attenzione per chi ora
Lascerà illacrimato questa scena mortale
Dove nessuno, tranne te, se ne curava:
E sento che in ciò m’era concessa
Una grazia a me non destinata;
Sembravi troppo ad un sogno del Cielo
Perché un Amore terreno ti meritasse.