sabato 26 maggio 2012

La trilogia di Fitzwilliam Darcy (Pamela Aidan)


Pamela Aidan nasce nel 1953 in Pennsylvania. Svolge per trent’anni il lavoro di bibliotecaria senza mai dimenticare la passione coltivata fin da adolescente per Jane Austen. Proprio questa passione mai sopita la spinge a “riscrivere” il grande capolavoro dell’amata autrice inglese “Orgoglio e pregiudizio”.
Chi, tra coloro che adorano questo romanzo, può dire di non aver mai desiderato almeno una volta conoscere i pensieri di Mr. Darcy? Chi non si è mai chiesto cosa provasse? O come avesse occupato il tempo lontano da Elizabeth? Della vivace, sensibile, intelligente e razionale Miss Elizabeth Bennet sappiamo tutto, ma cosa possiamo dire dell’orgoglioso, freddo e controllato gentiluomo?
Pamela Aidan prova a darci una risposta attraverso questa trilogia e, grazie alla sua fervida fantasia, ricostruisce perfettamente le ambientazioni storiche, sociali e politiche del periodo Regency, attraverso uno stile di scrittura scorrevole e fedele a quello dell’epoca.
“Per orgoglio e per amore” il primo volume, racconta l’incontro tra Mr. Darcy ed Elizabeth.
Questo l’incipit del romanzo:

Fitzwilliam George Alexander Darcy si alzò dal divanetto della carrozza di Bingley e mise riluttante il piede a terra. Erano davanti alla sala delle feste situata al piano superiore dell’unica locanda che potesse vantare il centro agricolo commerciale di Meryton. Lassù si aprì una finestra, lasciando che la musica di una contraddanza, briosa ma di mediocre esecuzione, dilagasse nella quieta aria notturna. Con una smorfia, abbassò lo sguardo sul cappello che aveva tra le mani e poi, sospirando, lo collocò sul capo proprio nella giusta angolatura. Come, come hai potuto permettere, si redarguì, che Bingley ti trascinasse in questa sconclusionata scorreria nella vita sociale campagnola?

Nel secondo volume “Tra dovere e desiderio” Elizabeth non è presente; il romanzo ci racconta, infatti, le vicende di Mr. Darcy durante la sua assenza dalle pagine di “Orgoglio e pregiudizio”.
Darcy per dimenticare Miss Bennet decide di accettare l’invito di un vecchio compagno di studi e si ritrova in mezzo ad intrighi tessuti dagli amici e dagli altri ospiti, circondato da signore appartenenti all’alta società inglese, in cerca di marito. Dei tre volumi questo è forse quello meno avvincente, nonostante la creatività dimostrata dalla Aidan. Poco apprezzabile il taglio da romanzo giallo stile Agatha Christie; ottimi i dialoghi, molto ben curati, ed interessante il risalto dato a Fletcher, il valletto di Mr. Darcy, (personaggio di pura invenzione dell’autrice), una macchietta simpatica e divertente.
Il volume conclusivo si intitola “Quello che resta” e qui Pamela Aidan ritorna nuovamente ad attingere alla trama originale.
La scelta di dividere in tre romanzi la storia è da ricondursi ovviamente ad una scelta puramente commerciale. Tra i nuovi personaggi introdotti dalla Aidan oltre alla figura del valletto Fletcher, già precedentemente citata, molto ben riuscito è anche il personaggio di Lord Dyfied Broughman, che gioca sulla sua ambiguità facendosi passare per un vanesio perfettamente a suo agio nella vita mondana, ma che si rivelerà ben presto una persona di buon senso ed un amico affidabile nei confronti di Darcy; sarà proprio lui il pigmalione che, sotto la sua ala protettrice, aiuterà la timida ed insicura Georgiana durante il debutto in società, valorizzandone doti e qualità; l’approfondimento della conoscenza tra i due porterà a sviluppi piuttosto scontati, ma tuttavia piacevoli da leggere. Il ritratto di Darcy durante il suo “periodo mondano” lascia quantomeno un po’ perplessi, in quanto viene descritto come un dandy al cospetto del quale persino Lord Brummel impallidirebbe; l’impressione è che Pamela Aidan per la descrizione di questo Darcy, piuttosto improbabile, così come per quella degli altri personaggi, delle ambientazioni e dei costumi, molto abbia attinto alla produzione ambientata nell’epoca Regency di Georgette Heyer.
Nei romanzi di Pamela Aidan non c’è più traccia dell’ironia e dell’arguzia con cui Jane Austen illustrava i suoi personaggi e rappresentava la società dell’epoca; qui tutto è incentrato sulla storia d’amore tra Elizabeth e Darcy che, tra tormenti e sospiri, incertezze e patimenti, cade un po’ troppo spesso nella banalità del romanzo rosa.

Allora aveva infilato la mano in tasca del panciotto e ne aveva tratto l’oggetto del suo ricordo, rigirandosi tra le dite emozioni e desideri con la stessa delicatezza con cui toccava i fili che lei aveva dimenticato tra le pagine dei versi del Paradiso perduto.

Negli ultimi tempi sono stati pubblicati molti, forse troppi, romanzi in cui Jane Austen o i suoi personaggi sono protagonisti delle diverse storie; a partire dalla serie di libri in cui la Austen si improvvisa detective, quasi fosse l’antenata di Jessica Fletcher ovvero la signora in giallo, fino ad arrivare a titoli improponibili come “Orgoglio pregiudizio e zombie”,  “Sospetto e sentimento o lo specchio misterioso”…Ho letto per curiosità “Shopping con Jane Austen”, un romanzo illeggibile, l’idea di fondo sarebbe stata anche originale, ma la realizzazione si è rivelata pessima, un libro senza trama, senza finale, in breve assurdo e senza senso!
Non mi piacciano rivisitazioni, sequel e riletture dei classici; ricordo ancora con orrore a teatro un Amleto in abiti contemporanei, lo so è soggettivo, ma per me vuol dire snaturare un’opera, cancellare la sua anima…Ho visto pochissimi esperimenti ben riusciti in questo senso; è vero, non sono impossibili, ma sono davvero molto rari. La trilogia di Pamela Aidan però, anche se ben lontana dal potersi definire un capolavoro della letteratura contemporanea, è comunque una lettura piacevole, non impegnativa e per certi versi originale; l’autrice ha la capacità di farci ritornare con la fantasia in luoghi familiari e di farci rileggere dialoghi ed emozioni che ci hanno fatto sognare. Libri da leggere sotto l’ombrellone…

domenica 20 maggio 2012

“L’amministratore” di Anthony Trollope


Anthony Trollope (1815 – 1882) fu uno dei più prolifici scrittori inglesi di epoca vittoriana. La sua produzione consiste in 47 romanzi (tutti di ottimo livello), 8 libri di viaggi, biografie, numerosi racconti e un’autobiografia pubblicata postuma nel 1883. Fu indubbiamente uno scrittore minore rispetto ad autori contemporanei del calibro di Charles Dickens e William Thackeray ma grazie alla sua fantasia, al mestiere ed alla conoscenza degli uomini, molti dei suoi romanzi sono oggi riconosciuti come classici della letteratura inglese.
“L’amministratore” è il primo libro della serie di sei romanzi (gli altri cinque si intitolano: “Le torri di Barchester”, “Il Dottor Thorne”, “La canonica di Framley”, “La casetta di Allington” e “Le ultime cronache del Barset”) che formano il cosiddetto ciclo delle cronache del Barsetshire. In questi romanzi Trollope ci racconta le storie ricche di speranze, timori e intrighi di una società dominata dagli esponenti del clero; tali vicende sono ambientate in una regione immaginaria (Barsetshire) nella quale si trova una cittadina, sede vescovile, altrettanto immaginaria (Barchester).
 “L’amministratore” è una storia molto semplice, con pochi personaggi, ricca però di ironia e di senso del’humour. La lettura delle prime pagine può risultare un po’ ostica se non si è esperti conoscitori della politica ecclesiastica, ma è solo un’impressione iniziale, superata questa apparente difficoltà, infatti, il romanzo si rivela una lettura piacevole e ci offre anche diversi spunti di riflessione molto interessanti.
Protagonista del primo romanzo delle cronache del Barsetshire è il reverendo Harding, primo cantore della cattedrale di Barchester e amministratore del pensionato per vecchi lavoratori (incarico legato alla nomina di primo cantore).
L’amministratore e gli anziani ospiti del pensionato vivono grazie ai proventi di un lascito del 1434, anno in cui John Hiram, un mercante di lana, lasciò in eredità la propria casa ed i propri terreni per il sostegno di dodici cardatori a riposo. L’istituto dall’epoca era prosperato, i terreni adibiti al pascolo erano stati edificati e le case costruite su di essi affittate; nel frattempo non trovandosi più cardatori a Barchester gli ospiti venivano scelti in base ad altri requisiti, direttamente dal vescovo e dai suoi collaboratori.
Septimius Harding è un uomo buono e amabile, è vedovo e ha due figlie: Eleanor, la minore, che vive ancora con il padre e Susan, la maggiore, moglie del reverendo Grantly, figlio del vescovo nonché arcidiacono di Barchester e rettore di Plumstead Episcopi.
Quando John Bold, giovane medico, paladino dei poveri e degli oppressi, sempre pronto ad eliminare ogni forma di sopruso, scopre l’iniqua suddivisione dei proventi del pensionato per cui l’amministratore percepisce una parte molto superiore a quella degli assistiti, decide di dover fare assolutamente qualcosa per rimediare a questa ingiustizia. Così, nonostante sia innamorato di Eleanor, che contraccambia il sentimento, e nonostante sia amico del reverendo Harding, non esita a denunciare pubblicamente la questione, intentando una causa e sensibilizzando anche la stampa. Tutti vengono coinvolti nella controversia ed, oltre ovviamente ai personaggi sopra nominati, entrano nel dibattito anche illustri avvocati, grandi cariche della chiesa e gli stessi anziani dell’ospizio; Trollope riesce a descrivere perfettamente di ognuno caratteristiche, motivazioni, passioni ed eccentricità individuali. Alla fine, Septimius Harding, prostrato ed amareggiato, ed in aperto contrasto con quanto gli verrà suggerito da avvocati e familiari, deciderà di seguire comunque la propria strada e la propria coscienza perché:

Quel che non poteva sopportare era venir accusato dagli altri e non assolto da se stesso. Dubitando, come aveva cominciato a dubitare, della legittimità della sua posizione al ricovero, sapeva che non gli sarebbe stata restituita la fiducia perché il signor Bold era caduto in errore riguardo a certe questioni procedurali; né poteva accontentarsi di cavarsela perché, grazie a qualche scappatoia legale, lui che riceveva dal ricovero il maggior profitto andava considerato solamente come uno dei dipendenti.

Non ci sono personaggi totalmente positivi o negativi, i personaggi descritti da Trollope sono semplicemente uomini e donne, e come tali hanno debolezze, desideri, aspirazioni; a volte sono egoisti, testardi e vogliono imporre la loro volontà altre volte sono confusi, incerti e tormentati dai dubbi.

(Il Dottor Grantly) voleva il successo per la sua parte e la sconfitta per quella dei nemici. Il vescovo voleva la pace a riguardo; una pace stabile se possibile, ma la pace a ogni modo fintantoché non si fosse concluso quel poco che restava dei suoi giorni; ma il signor Harding non solo voleva il successo e la pace, bensì chiedeva anche di essere discolpato agli occhi del mondo.

Certamente in questo romanzo niente e nessuno è salvo: Trollope attacca la chiesa d’Inghilterra, la stampa (The Times che all’epoca di Trollope era noto come il The Thunder, viene nel romanzo chiamato Jupiter), la legge (tribunali, avvocati, magistrati) e non tralascia neppure una frecciata ad un collega, il signor Popular Sentiment, chiaro riferimento a Charles Dickens.

“E questo sarebbe il monte Olimpo?” chiede l’estraneo incredulo. “E’ da questi piccoli edifici, scuri, sudici che hanno origine quelle leggi infallibili a cui i consigli dei ministri si sentono in dovere di obbedire; da cui devono essere guidati i vescovi, controllati i membri della Camera dei Lord e dei Comuni – istruiti sulle leggi i giudici, in fatto di strategia i generali, sulle tattiche navali gli ammiragli e sulla gestione dei loro carretti le venditrici di arance?”. “Sì, amico mio…da queste mura. Da qui vengono emesse le uniche bolle di cui si riconosca l’infallibilità per la guida delle anime e dei corpi britannici. Questa piccola corte è il Vaticano d’Inghilterra. (…)
E’ un fatto stupefacente per i comuni mortali che il Jupiter non sbagli mai.

L’impressione ricevuta dalla lettura di questo primo romanzo è stata piuttosto positiva, ma prima di esprimere un giudizio totalmente favorevole verso Trollope, preferisco leggere il secondo romanzo.  Sono abbastanza curiosa di sapere se le mie aspettative saranno soddisfatte. Chissà se i miei dubbi e il mio desiderio di conferme nascano dal fatto che l’autore non si è rivelato molto gentile nei confronti di uno dei miei scrittori preferiti e del romanzo d’appendice in genere; a voler proprio essere sinceri, non è che Trollope si sia allontanato poi così tanto dalla verità descrivendo i personaggi dickensiani…
Dickens fa della carica sentimentale il suo punto di forza, i suoi personaggi sono sempre schierati dalla parte del bene o del male, nelle sue descrizioni punta spesso sul grottesco e sul comico, caratteristiche che gli hanno fatto guadagnare grande successo di pubblico ma che non sempre hanno attirato i favori della critica.
Trollope, come abbiamo già detto, descrive le passioni umane per quello che sono, nel bene e nel male, non è mai tutto bianco o nero, le persone non sono mai o buone o cattive, nelle sue pagine c’è ironia, mai sarcasmo. Per tutti questi aspetti, ritengo che pur appartenendo alla stessa corrente letteraria del realismo inglese, Anthony Trollope sia forse da considerarsi più realista di Charles Dickens.

Noi ora ci muoviamo con passo più leggero e più veloce; lo scherno risulta più convincente del ragionamento, i tormenti immaginari commuovono più dei veri dolori e i romanzi a pubblicazione mensile persuadono dove dotti volumi in quarto non riescono a farlo. Se è destino che il mondo sia raddrizzato, l’impresa verrà compiuta dai fascicoli da uno scellino.
Tra tutti i riformatori del genere, il signor Sentiment è il più potente (...)
Il signor Sentiment  è senza dubbio un uomo molto potente e forse lo è di più perché i suoi poveri meritevoli sono così estremamente meritevoli; i suoi spietati ricchi così estremamente spietati e i genuinamente onesti così tanto onesti (…)

sabato 12 maggio 2012

“England expects that every man will do his duty” Horatio Nelson (1758 – 1805)


Horatio Nelson, l’ammiraglio britannico più famoso di tutti i tempi, nasce nel 1758 a Burnham Thorpe nel Norfolk.  Figlio di un uomo di chiesa, il reverendo Edmund Nelson, e della pronipote di Sir Walpole (primo ministro del parlamento), sesto di undici figli, perde la madre a soli nove anni e, dopo aver frequentato la scuola, all’età 12 anni entra nella marina reale inglese.
Prestando servizio nelle Indie Occidentali, nel Mar Baltico e in Canada, viene nominato capitano e nel 1878 sposa Frances Nisbet.
Tornato in patria, vi trascorre un tempo per lui interminabile (cinque anni) a mezza paga, senza vedere il mare, in preda allo sconforto ed alla frustrazione.
Quando nel 1793 l’Inghilterra entra in guerra contro la Francia Rivoluzionaria, Nelson ottenuto il comando del vascello Agamemnon, combatte nel Mediterraneo, dove nella battaglia di Calvi, perde la vista dell’occhio destro.
Il 14 febbraio 1797, contravvenendo agli ordini del suo superiore e mostrando tutta la sua audacia al limite dell’insubordinazione, chiude il passaggio alla flotta spagnola e attacca due navi nemiche, divenendo il principale artefice della vittoria della Royal Navy nella battaglia di Cape St. Vincent.
Nominato commodoro, una carica che, di fatto, ha le stesse responsabilità di ammiraglio, mentre partecipa alla battaglia di Santa Cruz (1797) per la conquista di Tenerife, viene colpito al braccio destro e, complici le poco evolute arti mediche del tempo, subisce l’amputazione dell’arto.
Horatio Nelson, nonostante l’incidente, continua a guidare con coraggio e intraprendenza le sue navi e nel 1798 ottiene un’altra grande vittoria sui Francesi nella famosa battaglia del Nilo, meglio conosciuta come la battaglia di Abukir che gli permette di essere nominato “Barone del Nilo”.
Giunto in seguito a Napoli, si impegna a proteggere la famiglia reale di Re Ferdinando IV di Borbone e della Regina Maria Carolina dall’invasione francese e, proprio in questa città, si innamora di Emma Hamilton, giovane moglie dell’ambasciatore inglese, la quale diviene ben presto la sua amante e dalla quale ha una figlia, Horatia.
Nel 1799 partecipa alla riconquista di Napoli dopo il periodo repubblicano e viene nominato Duca di Bronte. A causa di alcuni problemi legati alla sua condotta professionale nel ruolo svolto nella violenta repressione e nella condanna a morte dell’ammiraglio Caracciolo, viene richiamato in patria dove l’Ammiragliato, anche con l’intenzione di allontanarlo da Lady Hamilton, decide di affidargli nuovi incarichi.
Partecipa nel 1801 alla battaglia di Copenhagen diventando il protagonista del terribile bombardamento della città.
La battaglia per la quale Nelson verrà ricordato in eterno resta però la gloriosa battaglia di Trafalgar (21 ottobre 1805); proprio grazie a questo successo, infatti, l’Inghilterra riesce scongiurare un’imminente invasione dell’esercito napoleonico.
HMS Victory
Nelson fa issare sull’albero maestro la famosa frase “England expects that every man will do his duty” (L’Inghilterra si aspetta che ognuno compia il suo dovere) e porta alla vittoria la flotta inglese, chiudendo così in maniera definitiva il duello anglo-francese per il controllo dei mari e degli oceani.
Durante la battaglia un proiettile ferisce Nelson alla spalla sinistra procurandogli una perforazione polmonare e raggiungendo la colonna vertebrale. L’ammiraglio resta cosciente ancora per quattro ore prima di morire, riuscendo così ad assistere al trionfo inglese.
Il suo corpo non viene seppellito in mare, come avveniva per tutti coloro che morivano all’epoca su una nave, ma viene trasportato in patria immerso nel rum, in modo che l’alcool ne consenta la conservazione fino al funerale che sarà celebrato in maniera solenne e grandiosa. La tomba di Nelson si trova a St Paul’s Cathedral a Londra.

Questa a grandi linee è la biografia di Horatio Nelson, un eroe indomito, coraggioso e al tempo stesso contradditorio; un personaggio che mi ha sempre affascinato per la sua vita avventurosa e romantica, per il suo amore appassionato per una donna famosa all’epoca per la sua bellezza e per la morte precoce che lo colse proprio all’apice del suo successo.
Questa mia passione per Nelson e per la storia della Royal Navy all’epoca delle guerre napoleoniche, mi ha portato a leggere diversi libri sul tema. Ecco qualche lettura consigliata per chi volesse approfondire l’argomento:

“Nelson. L’uomo che sconfisse Napoleone” (di Terry Coleman – Mondadori)
Una biografia nella quale viene evidenziato il genio militare di Nelson, il suo patriottismo, ma senza dimenticare di evidenziare anche le caratteristiche dell’uomo, una figura piena di contrasti, eroico ma anche ossessionato di raggiungere la gloria, geniale e meschino nello stesso tempo.







“Nelson e noi” (di Alberto Cavanna e Furio Ciciliot – Mursia)
Il saggio ripercorre gli esordi navali del giovane Nelson, raccontandoci il suo periodo italiano e più precisamente quello ligure (il battesimo del fuoco di fronte a Capo Noli, l'inseguimento per tutta la Riviera di contrabbandieri genovesi e francesi e le spericolate azioni ad Alassio, Laigueglia, Vado e Voltri).







“Il tenente di Nelson” (di George Samuel Parsons – Effemme)
George Samuel Parsons è un ufficiale che combatté e prestò servizio sotto Lord Nelson e ci offre quindi l’eccezione testimonianza degli avvenimenti di cui fu spettatore. Le sue memorie furono pubblicate per la prima volta a puntate tra il 1837 e il 1840 sul Metropolitan Magazine ed in seguito, nel 1843, furono raccolte e pubblicate in un unico volume.







“Il capitano Nelson” (di Martino Sacchi – Magenes)
Nel libro vengono raccontati due anni, a partire dal 21 ottobre 1793, della vita di Horatio Nelson, quando ancora era un semplice capitano di vascello al comando dell’Agamemnon. Basandosi su diari, lettere e rapporti ufficiali, che vengono spesso citati nelle pagine di questo saggio, l’autore ricostruisce i fatti svoltisi 12 anni prima della battaglia di Trafalgar.






“Trafalgar. La battaglia che fermò Napoleone” (di Marco Zatterin – Rizzoli)
Il libro è una delle tante opere che sono state scritte e pubblicate nel 2005 sulla scia dei festeggiamenti per il duecentesimo anniversario della celebre battaglia di Trafalgar.
Come si intuisce dal titolo stesso, Zatterin ricostruisce con dovizia di particolari la battaglia, raccontandola minuto per minuto e riportando l’attenzione anche sui personaggi minori, quali marinai e fanti, che normalmente vengono dimenticati dalla storia fatta solo di ammiragli ed alti ufficiali.








"Lady Hamilton” (di Gilbert Sinouè – Neri Pozza)
A metà tra romanzo storico e biografia, il libro racconta la vita della donna che affascino Nelson e scandalizzò la buona società londinese diventandone l’amante. Fantasia e verità si fondono insieme regalandoci una storia appassionante, una biografia romanzata di scorrevole lettura.
Le pagine in cui vengono ricostruite le vicende della rivolta di Napoli sono molto dettagliate ed accurate.






Per chi volesse invece leggere qualche romanzo ambientato al tempo delle guerre napoleoniche e al quale facciano da sfondo i combattimenti della flotta anglo-fracese consiglio due scrittori in particolare:

C.S. Forester scrittore inglese (1899 – 1966) autore, oltre che di numerosi romanzi di avventure, dei libri dedicati a uno dei miei personaggi di fantasia preferiti: Horatio Hornblower, un antieroe ostinato, taciturno, a disagio in società ma imbattibile al comando della sua nave.
Alcuni definiscono le sue imprese come la più grande epopea che sia mai stata scritta sulla guerra sui mari ed io non posso che essere d’accordo.
Purtroppo non tutti i libri sono reperibili in traduzione italiana e credo che alcuni non siano stati più ristampati essendo pertanto irreperibili.
Sono disponibili comunque nell’edizione BUR Narrativa i seguenti tre volumi (una volta raccolti anche in un unico cofanetto):
Guardiamarina e tenente Hornblower
Le avventure del capitano Hornblower
Commodoro e Lord Hornblower
Il personaggio di Hornblower fu interpretato da Gregory Peck nel film “Le avventure del cap. Hornblower” (1951) di Raoul Walch
Da questa saga inoltre è stata tratta anche una bellissima serie TV in otto episodi, diretti da Andrew Grieve tra il 1998 e il 2003, ed interpretati da Ioan Gruffudd.

Patrick O’Brian, pseudonimo di Richard Patrick Russ (1914 – 2000) è scrittore, saggista e traduttore. Autore di vari romanzi, deve però la sua fama alla saga incentrata sui personaggi del Capitano Jack Aubrey e del suo amico fraterno ed inseparabile compagno, il dottor Stephen Maturin (naturalista ed agente segreto). Sono in totale 21 libri, di cui l’ultimo conclusivo purtroppo è incompiuto. I romanzi sono caratterizzati da un’alta qualità delle ricerche storiche effettuate da O’Brian, un’accurata esposizione delle complesse manovre navali e dalla dettagliata descrizione della società, della marina e della vita in genere dell’epoca.
Da questi romanzi nel 2003 è stato tratto un film “Master and Commander. Sfida ai confini del mare” diretto da Peter Weir e nel quale il ruolo di Jack Aubrey è stato affidato a Russel Crowe. Il film fu candidato a 10 premi Oscar e ne vinse due tra cui quello per la miglior fotografia.

sabato 5 maggio 2012

“Amber” di Kathleen Winsor (1919 – 2003)


Ambientato nell’Inghilterra della restaurazione, dopo il ritorno a Londra di Carlo II dall’esilio in Europa ed il ripristino della monarchia, il romanzo racconta la storia di Amber, figlia illegittima di genitori nobili ma non legati dal vincolo matrimoniale, che viene allevata come una nipote da una coppia di contadini.
Il racconto è la narrazione della sua vita avventurosa e della sua scalata verso il successo: da povera ed ingenua ragazza di campagna fino al titolo di duchessa.
Amber St. Clare riesce a farsi largo, sfruttando il suo fascino e la sua bellezza, in un mondo a lei estraneo ed è proprio grazie anche alla sua intraprendenza che per ottenere quello che desidera, non esita ad usare tutte le sue armi astuzia, spregiudicatezza e soprattutto la sua sessualità.
All'età di 16 anni, innamoratasi a prima vista di Bruce Carlton, un cavaliere di passaggio nel suo villaggio, decide di seguirlo a Londra. Dopo pochi mesi dall’arrivo in città, abbandonata da quest’ultimo ed in attesa di un figlio, rimane vittima di un raggiro e si ritrova presto sposata con un poco di buono che non esita a rubarle tutto il denaro che Bruce le aveva lasciato per il mantenimento del nascituro. Rinchiusa a Newgate per i debiti contratti, riesce ad evadere dalla prigione grazie all’aiuto del bandito Black Jack. Dopo un periodo trascorso in compagnia di quest’ultimo, vivendo di espedienti e di furti, trova lavoro come attrice in teatro. Poiché diversi nobili e perfino il Re rimangono affascinati dalla sua bellezza, la carriera teatrale diviene il trampolino di lancio per la sua ascesa sociale.
Carlo II Stuart
Dapprima diviene l’amate di un ufficiale, il capitano Morgan; in seguito sposa un mercante, il signor Dangerfield, che morendo le lascia in eredità un discreto patrimonio. Ormai ricca, decide di sposare il conte Radclyffe, un nobile che le consente finalmente di raggiungere la posizione a cui aspirava. Rimasta nuovamente vedova, si trasferisce a corte, dove divenuta l’amante di Carlo II, diviene una cortigiana molto influente. In attesa di un figlio del Re e proprio su suggerimento di quest’ultimo, sposa Lord Southesk che, grazie alla benevolenza di Sua Maestà verso la moglie, diviene immediatamente conte e successivamente duca, facendo in tal modo raggiungere ad Amber il titolo da lei tanto ambito di duchessa.
Cercare di condensare un libro di quasi 900 pagine in poche righe è praticamente un’impresa titanica e diviene impossibile se il romanzo, come in questo caso, racconta una storia così movimentata, articolata e complessa. All’inizio abbiamo addirittura due racconti paralleli, quello di Amber e quello della corte, che nel corso della vicenda troveranno sempre più punti di intersezione fino a fondersi in un’unica storia.
Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1944 e fu vietato in 14 stati americani per “70 riferimenti a rapporti sessuali, 39 gravidanze illegittime, 10 immagini di donne nude poste davanti ad uomini”. La Winsor capovolge gli schemi del romanzo d’appendice, creandone così un’antitesi vera e propria: Amber non attende passiva il ritorno del suo “principe azzurro”, lei si adopera usando ogni mezzo a disposizione lecito ed illecito per raggiungere i suoi fini e procurarsi i vantaggi desiderati; non c’è nessuna redenzione, nessun rimorso e nessun pentimento finale della protagonista. Il romanzo suscitò grande scalpore per la sua storia oscena ed immorale, ma ebbe un grande successo di pubblico tanto che vendette centomila copie solo la prima settimana ed ancor oggi viene considerato il miglior libro scritto da Kathleen Winsor.
Nonostante “la mole”, che potrebbe spaventare il lettore, il libro è scorrevole, coinvolgente e appassionante. Si rimane affascinati soprattutto dall’affresco dell’epoca che emerge dalle pagine del romanzo. Le ricerche storiche effettuate dall’autrice sono impeccabili e di grande qualità, la storia è curata in ogni minimo dettaglio ed il periodo storico viene descritto in maniera impeccabile: la vita del teatro, i personaggi storici realmente esistiti, la vita sregolata della corte, la prigione di Newgate, la peste, l’incendio di Londra…
Sorprende sopratutto l’eccezionale capacità della Winsor di riuscire a tenere il lettore incollato alle pagine per leggere le avventure di un’antieroina irritante ed indisponente, i cui comportamenti sono dettati esclusivamente dal suo opportunismo, dalla sua mania di protagonismo e dal suo sfrenato arrivismo sociale.
Amber ricorda diversi personaggi femminili della letteratura tra i quali Becky Sharp (“La fiera delle vanità” di William Thackeray), Catherine Earnshaw (“Cime tempestose” di Emily Brontë) e Rossella O’Hara (“Via col vento” di Margaret Mitchell), ma di tutte sembra riassumere solo i difetti, senza condividerne alcun pregio, tranne la bellezza fisica. Amorale e priva di scrupoli quanto Becky Sharp, non ha però la sua cultura. Becky parla fluentemente inglese e francese, è intelligente, ha il dono della satira, suona il piano, canta e recita. Amber decide di calcare le scene per puro calcolo, per lei non è importante essere un’attrice capace e preparata, ma solo apparire fisicamente al meglio, saper recitare è superfluo quando come lei si possiedono bellezza e sensualità; non prova alcun rimorso per la sua ignoranza e le uniche arti che coltiva, le coltiva esclusivamente per aumentare il proprio potere di seduzione. Ricordiamo a questo proposito il colloquio tra Amber e il conte Radclyffe:

“Entrate, madame, ve ne prego. Non vedo perché una donna non possa frequentare una biblioteca, anche se difficilmente troverà cose di suo gusto. O siete per caso uno scherzo di natura, vale a dire una donna istruita?”
Mentre parlava le sue labbra avevano assunto una piega ironica. Come molti uomini, considerava la cultura nelle donne una cosa assurda e perfino divertente. Amber finse di non rilevare il suo sarcasmo, perché su quell’argomento non si offendeva facilmente.

Amber è indomita, viziata e testarda, ribelle e capricciosa quanto Rossella O’Hara e proprio come lei considera il matrimonio un mezzo per raggiungere i propri scopi. Ma Rossella, al contrario di Amber, ha una forza diversa, più vera e pura, sa all’occorrenza rimboccarsi le maniche, lavorare anche la terra perché è proprio dalla terra di Tara, il suo luogo natio al quale è legata, che trae la forza per andare avanti ed e proprio a Tara che trova rifugio nelle avversità. Amber cerca sempre la via più semplice, meno faticosa e i suoi fini sono sempre egoistici e superficiali; non si guarda mai indietro, ha tagliato definitivamente i ponti con il passato, non ha rimpianti e ha cancellato per sempre dalla sua vita la famiglia lasciata a Marygreen.
Catherine Earnshaw è forse il personaggio che si avvicina maggiormente ad Amber e che come lei è orgogliosa e maliziosa, determinata e posseduta dalla smania di far parte dell’alta società.
Cathy però decide di rinunciare all’uomo che ama per non degradarsi nonostante il suo sia un amore infinito ed eterno tanto che la sua psiche non reggerà allo stress causatole dalla sua scelta e questa sua rinuncia di felicità la condurrà alla morte. L’amore di Amber per Lord Carlton non sembra mai totalmente sincero, sembra il frutto di un comportamento immaturo, a volte quasi figlio di un semplice puntiglio infantile, nonostante la sua fissazione per quest’uomo la renda una donna priva di dignità ed orgoglio. Perfino quando si prodiga a curare Bruce durante la peste mettendo a repentaglio la sua stessa vita o quando mette in pericolo le sue relazioni matrimoniali per correre da lui ogni volta che ritorna, il suo attaccamento non convince totalmente. In verità Lord Carton, con il suo atteggiamento sprezzante ed altezzoso, non ispira certamente più simpatia della sua amante. E’ un uomo meschino, egoista e soprattutto ipocrita, Amber per lui è l’amante perfetta ma non sarà mai degna di essere sua moglie. Insomma Amber St. Clare e Bruce Carlton sono la coppia perfetta, degni uno dell’altro sotto ogni aspetto.
“Amber” nel suo insieme è un romanzo avvincente di cui consiglio decisamente la lettura soprattutto a chi sia attratto dall’idea di leggere un romance storico di ottima qualità che esponga una storia da una prospettiva insolita e particolare.