domenica 19 gennaio 2014

“Il teschio e l’usignolo” di Michael Irwin

IL TESCHIO E L’USIGNOLO
di Michael Irwin
NERI POZZA

Londra 1760. Richard Fenwick è appena tornato dal suo Grand Tour, viaggio attraverso l’Europa che ogni giovane aristocratico compie per perfezionare il proprio sapere.

Richard Fenwick, orfano dall’età di dieci anni, però non è né ricco né di nobili natali e deve la sua istruzione esclusivamente alla benevolenza del suo padrino, Mr Gilbert, un vecchio amico del padre.

Giovane di belle speranze e nessuna fortuna, attende ora di essere convocato dallo stesso Mr Gilbert nella sua residenza di campagna a Fork Hill per conoscere che cosa egli abbia deciso per il suo futuro.

James Gilbert, un uomo anziano ed enigmatico, gli propone uno strano quanto inaspettato accordo: Richard potrà continuare a vivere a Londra a sue spese, conducendo una vita di piacere e divertimento, assecondando ogni proprio capriccio e desiderio, ma in cambio dovrà raccontagli attraverso una fitta corrispondenza ogni minimo dettaglio ponendo particolare cura nel descrivere sensazioni, sentimenti ed emozioni.

Richard Fenwick, incredulo e felice, non esita ad accettare la proposta di James Gilbert abbandonandosi come da contratto ad una vita sociale tutta dedita all’edonismo.

La città intera sarà la mia arena

Solo con il passare dei giorni e il procedere dell’esperimento, però sì renderà conto di quali insidie l’accordo nasconda e pagina dopo pagina si troverà sempre più coinvolto in un gioco perverso, schiacciato dai dubbi, dai ripensamenti e dagli scrupoli.

Desiderio e Moralità, Illusione e Passione si trovano in un gradevole stato di antagonismo, e l’esito non sarà predeterminato in favore della Virtù, come accade nei romanzi. Sarà quel che sarà.

“Il teschio e l’usignolo” è stato giustamente paragonato ad opere quali “Le relazioni pericolose” di Pierre Choderlos de Laclos ed a “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde.
Richard Fenwick è un elegante libertino che si muove a proprio agio in una Londra descritta splendidamente da Irwin così come magnificamente sono descritti i balli in maschera, le cene, il teatro e tutti i personaggi che animano questa storia intensa, oscura ed ambigua.

Il libro di Michael Irwin è un libro ben scritto, un romanzo d’atmosfera e ricco di mistero che non può non essere apprezzato da tutti coloro che amano la letteratura del diciottesimo e del diciannovesimo secolo.
Non stupisce quindi che questo romanzo sia stato scritto da un professore universitario di letteratura inglese specializzato proprio in letteratura del XVIII e del XIX secolo ed autore di diversi studi su Fielding, Defoe, Richardson, Sterne, Smollett, Johnson e Pope.

Il romanzo idealmente potrebbe essere diviso in due parti: nella prima parte abbiamo la descrizione della vita dissoluta del giovane Fenwick che pian piano si addentra sempre di più nel vizio mentre nella seconda parte leggiamo di come egli inizi a rendersi conto delle conseguenze del suo stile di vita e soprattutto delle pericolose implicazioni del legame da lui stretto con il padrino.
Richard Fenwick comprende che uomo sia realmente Mr Gilbert e quale influenza negativa egli abbia avuto nel corso degli anni sulle persone che in un primo tempo sembrava aver aiutato solo per bontà, il giovane inizia inoltre a disperare di poter essere nominato un giorno unico erede dell’uomo che lo ha legato a sé tramite un patto immorale e dissoluto.
A questo punto riuscirà Richard Fenwick a salvare la sua anima o sarà ormai troppo tardi?

Come sempre non voglio anticipare nulla per non rovinarvi il piacere della lettura. Vi dico solo che per me il finale è stato davvero una sorpresa pur approvando appieno la scelta dell’autore.

“Il teschio e l’usignolo”, primo romanzo di Irwin ad essere tradotto in italiano, è un romanzo dalla trama affascinante, una storia fatta di intrighi, passioni e manipolazioni.
Un romanzo ben riuscito sotto ogni aspetto dalla scelta del linguaggio alla caratterizzazione dei personaggi alle citazioni dei più grandi romanzi dell’epoca.
Lettura assolutamente consigliata.


sabato 11 gennaio 2014

“La regina scalza” di Ildefonso Falcones

LA REGINA SCALZA
di Ildefonso Falcones
LONGANESI

Dopo il successo de “La Cattedrale del mare” e de “La mano di Fatima”, Ildefonso Falcones torna in libreria con il suo terzo successo letterario.
“La regina scalza”, romanzo storico ambientato nella Spagna del XVIII secolo, ci racconta le origini del flamenco, stile musicale nato in Andalusia che affonda le sue radici nella cultura di tre popoli: gitani, moriscos e neri.

Protagoniste del romanzo sono Milagros, una giovane gitana bella e sensuale e Caridad, una schiava appena affrancata giunta in Spagna da Cuba.

Milagros e Caridad sono due donne diversissime così come molto differenti sono le loro storie: la prima è una ragazzina quattordicenne piena di vita e sicura di sé, la seconda è invece una donna adulta di ventisette anni che, nonostante la libertà ottenuta, si sente ancora schiava, sempre con lo sguardo basso e completamente priva di autostima.

Il racconto inizia a Triana, località dell’Andalusia considerata la culla del flamenco, da qui le due giovani arriveranno fino a Madrid, un viaggio durante il quale dovranno lottare per la propria vita e per la propria dignità, troppo spesso calpestata; un viaggio che le vedrà cadere sotto i colpi della sorte avversa ma che le vedrà anche rialzarsi grazie alla forza ed al coraggio che le contraddistinguono.

Noi gitani siamo sempre stati liberi. Tutti i re e i principi in ogni angolo del mondo hanno tentato di piegarci, senza riuscirci. Con noi non ce la faranno mai. Niente e nessuno ci lega. Il rischio non ci fa paura, ce ne infischiamo delle leggi e dei decreti. E' questo che chiunque si consideri un vero gitano ha sempre sostenuto e difeso.

Nel 1748 Fernando VI ed il Marchese De La Ensenada decisero di eliminare la popolazione gitana.
La maggior parte di questi venne arrestata e incarcerata a vita. Gli uomini furono divisi dalle donne, i primi inviati a lavorare nei cantieri e le seconde in carcere. I bambini che avevo compiuto sette anni di età furono mandati con gli uomini, quelli più piccoli furono incarcerati con le donne.
Questi avvenimenti storici fanno da sfondo alla storia raccontata da Ildefonso Falcones, Ana Vega e José Carmona, madre e padre di Milagros, sono arrestati insieme a molti altri gitani e proprio attraverso gli anni di carcere di Ana Vega veniamo a conoscenza delle terribili vessazioni che il popolo gitano fu costretto a subire dal governo spagnolo.
Attraverso altre figure tra cui quella del nonno di Milagros, il fiero Melchor Vega detto il Galeote, Ildefonso Falcone ci racconta del contrabbando del tabacco nella Spagna settecentesca, attività redditizia nella quale ebbero un ruolo di primo piano i religiosi.

“La regina scalza” non vuole essere, come lo stesso Ildefonso Falcones ha dichiarato, un libro di storia, ma semplicemente un racconto di fantasia, ambientato in un periodo storico perfettamente delineato e per scrivere del quale il suo autore si è accuratamente documentato.
E’ proprio questa sua passione per i dettagli che spinge il lettore a volerne sapere di più e a voler indagare ulteriormente sulla storia della Spagna, ma soprattutto sulla storia di un popolo che è stato spesso disprezzato e del quale non si è cercato di capire fino in fondo la fierezza e l’orgoglio di appartenere alla propria etnia.

“La regina scalza” è un romanzo appassionante che coinvolge il lettore, lo fa commuovere, irritare, indignare, ma che sopra ogni cosa è in grado di farlo emozionare.

Ci sarebbero ancora moltissimi elementi da analizzare e molto da scrivere su questo avvincente romanzo di ben settecento pagine, ma poichè credo sia giusto lasciare che scopriate da soli tutto ciò che c’è da scoprire, non mi resta che augurarvi...buona lettura!