giovedì 27 agosto 2015

“Borgo Propizio” di Loredana Limone


BORGO PROPIZIO
di Loredana Limone
GUANDA
Qualche mese fa vi avevo parlato di un libro intitolato “E le stelle non stanno a guardare”, secondo volume di una serie che aveva come protagonista Borgo Propizio, un vecchio borgo intorno al quale si sviluppavano tutte le storie dei suoi simpatici abitanti.

Da poche settimane è uscito il terzo episodio della serie intitolato “Un terremoto a Borgo Propizio” e prima di leggerlo ho pensato fosse carino recuperare il primo racconto.
Da qui il mio post dedicato a “Borgo Propizio” libro pubblicato da Guanda e successivamente nella collana dei tascabili TEA.

Borgo Propizio è un paesino medievale arroccato su una collina, un paese come tanti se ne possono trovare nella nostra Italia: il Castelluccio, simbolo del paese sta crollando e necessiterebbe di urgenti lavori di restauro, le strade sono dissestate, i negozi chiudono, i giovani lasciano il paese per andare a cercare fortuna in città.

Tra i personaggi che animano il paese facciamo la conoscenza fin dalle prime pagine di due sorelle Mariolina e Marietta, entrambe single o meglio per dirla come i loro compaesani entrambe “zitelle”.

Mariolina (46 anni) e Marietta (45 anni) sono praticamente coetanee, in realtà la differenza di età tra loro è di appena nove mesi.
Sono l’una l’opposto dell’altra: Mariolina capelli, pelle e occhi chiari, di corporatura minuta ha preso dal papà mentre Marietta bruna, occhi marroni, lineamenti marcati e corporatura robusta ha preso tutto dalla mamma.
Il padre aveva abbandonato la famiglia quando erano ancora piccole e la madre da allora aveva convissuto con una depressione costante.
Negli anni, mentre Mariolina aveva studiato e trovato impiego in comune, Marietta era rimasta a casa per accudire la madre trascorrendo le giornate a fare l’uncinetto per ingannare il tempo.
Poi un giorno per puro caso, grazie alla commissione di una copertina da neonato che una signora aveva voluto assolutamente pagare, questo passatempo era divenuto per Marietta un lavoro a tempo pieno e si era ritrovata a produrre capi unici per lo storico negozio del capoluogo “Fili Fatati dal 1888”.

Le due sorelle hanno appreso dalla madre i valori fondamentali ai quali si attengono ancora scrupolosamente: verginità, onestà, senso della pulizia e del dovere, rispetto dei Dieci Comandamenti.

Un giorno dal fondovalle giunge a Borgo Propizio Ruggero, un muratore specializzato ingaggiato dal proprietario di un negozio per eseguirne la ristrutturazione.
Tra Ruggero e Mariolina, la quale al contrario della sorella non ha mai perso la speranza di trovare un uomo, è amore a prima vista e, con non buona pace di Marietta che si sente tradita e abbandonata, Mariolina si lascia travolgere dalla passione.

Ruggero ha 35 anni, è un gran lavoratore ed è economicamente benestante. La sua croce sono gli anziani genitori con i quali convive e che rendono la vita impossibile a lui e a tutte le badanti da lui assunte.
L’uomo vorrebbe trovare una donna all’antica che acconsenta ad accudire la casa, occuparsi di lui e ovviamente anche dei genitori.
Mariolina, desiderosa di affetto e di una famiglia che non ha mai realmente avuto, sembra fin da subito essere proprio la persona adatta a lui.
Basteranno l’amore e la passione che i due provano l'uno per l'altra? Le cose infatti non si riveleranno così facili poiché ci si metterà di mezzo non solo il fantasma di Borgo Propizio, ma anche una misteriosa refurtiva frutto di un furto avvenuto ben 60 anni prima al Diamantmuseum di Anversa.
Come avrete capito non mancheranno anche tanti  momenti di allegra suspense.

Altri protagonisti della storia sono Claudia e Cesare, una coppia in crisi.
Lei lascia il marito nonostante ne sia ancora innamorata perché si sente trascurata.
Cesare, si rende conto di non poter vivere senza Claudia ed entra immediatamente in crisi, mentre la spensierata moglie in vacanza si invaghisce di un aitante animatore di villaggio.
Ci penseranno la figlia Belinda e zia Letizia a cercare di riportare la coppia sulla retta via. Ci riusciranno?

Belinda, laureata in scienza della produzione e trasformazione del latte, nonostante un  buon lavoro con interessanti prospettive, decide di compiere il percorso inverso dei giovani abitanti del borgo. A 26 anni, dopo una delusione sentimentale per un collega, stanca dell’aria tossica che circola in ufficio, delle lotte intestine che non permettono di rimanere indenni o indifferenti, dei pettegolezzi di cui non si può non essere oggetto, sfiancata e demotivata, decide di trasferirsi nel piccolo paese dove viva la zia e aprire li una latteria tutta sua.

Zia Letizia, da sempre innamorata di Gianni Morandi che lei chiama il Gran Musicante, è una vedova che vive nel ricordo del marito, ma questo non le impedisce di avere una vita sociale molto attiva, frequentare l’università della terza età, leggere, documentarsi e ovviamente spettegolare su ogni cosa, ma soprattutto cercare di scansare le avversità della vita con l’aiuto dell’oroscopo.

Nel frattempo in paese ritorna anche Ornella. La donna ha lasciato il marito, un importante chirurgo, ma anche un uomo manesco, avaro di denaro e di sentimenti.
Ornella decide di chiudere definitivamente con lui stanca di essere da questi umiliata nel corpo e nello spirito. Torna dalla madre Elvira e da qui, dal suo paese di origine, vuole infatti ripartire per ricostruire se stessa.

La latteria di Belinda “Fatti mandare dalla mamma” diventerà un punto di ritrovo per tutto il paese e insieme con le idee e le capacità organizzative di Ornella, il rilancio di Borgo Propizio non potrà farsi attendere molto, ma questa è un’altra storia…

Leggere questo primo volume è stato come ritrovare vecchi amici, e nonostante i miei dubbi al riguardo, non è stato per nulla fastidioso conoscere già le vicende successive.
Ho ritrovato la stessa carica di simpatia dei personaggi, lo stesso calore domestico che avevo scoperto in “E le stelle non stanno a guardare”.

Le storie di Loredana Limone incantano sempre con la loro semplicità e la loro allegria; storie di tutti i giorni dal sapore familiare, eco di un mondo tranquillo e solidale.

I romanzi di Borgo Propizio fanno parte di quei libri che ogni tanto fa bene leggere per ritrovare serenità e buon umore.





sabato 22 agosto 2015

“Effie” di Suzanne Fagence Cooper

EFFIE
Storia di uno scandalo
di Suzanne Fagence Cooper
NERI POZZA
Il libro è stato pubblicato da Neri Pozza per la prima volta nel settembre 2012 con il titolo “Effie” e poi successivamente nel maggio 2015 la stessa casa editrice lo ha riproposto con una nuova veste grafica e con il titolo di “Effie Grey”. In entrambi i casi il sottotitolo era lo stesso: “Storia di uno scandalo”.

Mentre la prima copertina, tra l’altro secondo me molto più appropriata, riproduceva il quadro di John Everett Millais “Portrait of a girl – Sophy Grey” (1857), la successiva pubblicazione riportava invece un’immagine tratta dal’omonimo film.
Nel 2014, infatti, dal libro di Suzanne Fagence Cooper è stato tratto il film “Effie Gray” nel quale Dakota Fanning vestiva i panni di Effie.
Il film, almeno per quanto io sappia, non è mai arrivato sul grande schermo italiano nonostante più volte ne sia stata annunciata una sua imminente programmazione nelle nostre sale cinematografiche.

Suzanne Fagence Cooper è stata curatrice e ricercatrice presso il Victoria & Albert Museum di Londra per dodici anni. Ha studiato le collezioni vittoriane e l’arte preraffaellita, ed è autrice di diversi libri e saggi sull’argomento.

“A Model Wife” (titolo originale dell’opera) è un saggio molto ben documentato e dettagliato sulla vita di Effie Gray.
L’autrice ha attinto per scrivere questa splendida biografia ad una copiosa bibliografia e consultato il lavoro di Mary Lutyens che curò la pubblicazione delle lettere di Effie risalenti al periodo del matrimonio della donna con John Ruskin.
Inoltre, grazie alla generosità di Sir Geoffroy Millais, nel 2009 gli è stato concesso il privilegio di poter studiare e consultare per la prima volta le lettere di Effie da parte di suo padre, di sua madre, dei suoi figli e delle sue sorelle.
Inutile dire che questi documenti sono stati preziosi e fondamentali per portare alla luce la vera storia della donna che sposò in prime nozze un genio come John Ruskin ed in seconde nozze un affascinante e ribelle pittore quale John Everett Millais.

Effie Gray (1828 – 1897) aveva 19 anni quando sposò il grande e famoso critico d’arte John Ruskin.
Probabilmente Effie sposò Ruskin non per amore, ma piuttosto per ciò che egli avrebbe potuto offrirle ovvero una gratificante vita di società e forse anche perché attratta dall’idea di poter affiancarlo nei suoi studi e nelle sue ricerche.
L’unione si rivelò fin fa subito un totale fallimento. John Ruskin non volle mai consumare il matrimonio ed Effie si ritrovò allontanata dalla sua famiglia alla quale era particolarmente legata, detestata e avversata dai suoceri, respinta dal marito.
Nell’aprile del 1854 la venticinquenne Effie, con il sostegno dei genitori e consigliata da alcuni amici, decise di porre fine alla sua relazione malsana con Ruskin durata sei anni.
Portò la sua situazione in tribunale, si sottopose ad umilianti ma necessarie visite mediche, dovette affrontare penosi interrogatori, ma riuscì ad ottenere l’annullamento del suo matrimonio.
La donna si ritrovò libera di potersi rifare una vita e con la possibilità di poter avere finalmente una famiglia tutta sua.
Effie Grey divenne dopo qualche tempo Mrs Millais poiché sposo il pittore preraffaellita John Everett Millais che aveva conosciuto e del quale si era innamorata corrisposta quando ancora era la moglie di Ruskin.

La biografia scritta da Suzanne Fagence Cooper si legge tutto d’un fiato come uno splendido romanzo anche perché la vita di Effie Gray assomiglia davvero alla trama di un romanzo.

Il racconto della vita di Effie Gray non è solo la storia di una donna che ebbe il coraggio di sfidare la società dell’epoca rendendo pubblico il suo doloroso segreto, ma è anche la storia di uno dei più grandi artisti britannici dell’epoca, John Everett Millais.

La biografia di Effie è inoltre un viaggio nel mondo vittoriano che ci appare vivo, fresco e brillante attraverso le testimonianze dirette di coloro che vissero in quel periodo tra balli, teatri, mostre, cacce e viaggi attraverso l’Europa; tra le pagine del libro incontriamo la Regina Vittoria, Elizabeth Gaskell, Charles Dickens, Beatrix Potter e molti altri personaggi dell’epoca.
Un mondo che stava cambiando e del quale possiamo scorgere ogni minima trasformazione anche solo paragonando la gioventù e la vita di Effie a quella delle sue figlie, mutamenti che si possono osservare soprattutto nel delinearsi di un nuovo ruolo della donna nel corso degli anni.

L’immagine che Suzanne Fagence Cooper ci porge di Effie è quella di una donna forte che ha avuto il coraggio di combattere per la sua libertà, ma che ha anche dovuto pagarne un prezzo molto alto, infatti, se tanti le furono vicini altrettanti le girano le spalle disgustati dal suo comportamento svergognato.

Effie era una donna bellissima, elegante, intelligente e colta; ma aveva un forte temperamento e una perenne aria sfida nei confronti della vita, non sempre era facile relazionarsi con lei.
Aveva sposato in prime nozze Ruskin non per amore, ma per il rispetto che nutriva per la sua intelligenza e per la possibilità di una vita agiata e salottiera che questi avrebbe potuto offrirle.
Effie amava ricevere ed era una perfetta padrona di casa. Oltre ad essere un’abile intrattenitrice era particolarmente dotata nell’arte di tessere rapporti con le persone che contavano qualità che riuscì finalmente a mettere a frutto una volta divenuta Mrs Millais.

La Copper non esclude che forse la passione di Effie per Everett quando decise di accettarne la proposta di matrimonio si era ormai affievolita, forse anche in questo caso Effie era stata spinta ad abbandonare il suo stato di donna libera perché aveva intravisto nel giovane pittore una nuova possibilità di ritornare in società, ritorno che comunque non volle fare subito dopo le nozze.
Resta comunque il fatto che il matrimonio durò più di quarant’anni. La loro fu unione solida, basata sulla complicità e sulla cooperazione. Un’unione benedetta inoltre dalla nascita di numerosi figli.

Qualcuno accusò Effie di essere stata la causa per cui John Everett Millais abbandonò i suoi principi preraffaelliti in cambio di facili guadagni.
Indubbiamente lo stile di Everett negli anni successivi al matrimonio cambio e il ritmo della produzione aumentò. Indubbiamente su questo poterono influire la necessità di dover mantenere una famiglia che con il tempo diveniva sempre più numerosa.  
Ma a difesa di Effie va detto che, come ci fa notare la Cooper, “Everett aveva sempre evitato le trappole convenzionali di uno stile di vita artistico; non aveva mai indossato l’uniforme bohémiene che prevedeva cravatta svolazzante, colletto aperto e giacca di velluto” e mentre gli altri preraffaelliti sostenevano di non ambire alla popolarità, Everett era ben contento di vendere i suoi quadri e di vederli riprodotti sulle riviste”.
Nel 1885 la Regina Vittoria nominò Everett baronetto, un onore senza precedenti per un artista.
Il 20 febbraio 1896 John Everett Millais fu eletto presidente dell’Accademy, ricevendo così l’onore più alto che il mondo dell’arte potesse offrirgli.

Avete presente il detto attribuito a Virginia Woolf che “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”? Effie Gray può essere annoverata tra quelle grandi donne.
Tra loro mi viene spontaneo citarne altre due dalle quali sono sempre stata particolarmente affascinata: Mary Shelley compagna e poi moglie del poeta Percy Bysshe Shelley e Lady Emma Hamilton amante e compagna del grande Lord Nelson.

A chi consigliare la lettura di “Effie. Storia di uno scandalo”?  A chi ama l’epoca vittoriana, la pittura preraffaellita, le grandi storie romantiche o anche semplicemente a tutti coloro che amano le buone letture.




domenica 16 agosto 2015

“Piccoli esperimenti di felicità” di Hendrik Groen

    PICCOLI ESPERIMENTI DI FELICITA’
di Hendrik Groen
LONGANESI
Hendrik Groen ha 84 anni e un quarto e vive in una casa di risposo di Amsterdam.
Non ha nessuno al mondo a parte una moglie che soffre da anni di sindrome maniaco depressiva ed è ricoverata in un altro istituto. Va a trovarla ogni sei mesi circa, ma lei ormai sembra non riconoscerlo più. Avevano una sola figlia morta bambina all’età di appena quattro anni.

Hendrik Groen sa di essere considerato da tutti un uomo affabile e gentile, ma ripensando alla sua vita si rende conto che lui non è proprio così come gli altri lo vedono.
Troppe volte si è ritrovato nel corso degli anni a dire “sì” quando avrebbe voluto urlare “no” e questo semplicemente perché non ha mai trovato il coraggio di essere altrimenti e di agire diversamente.
Ma ora ha deciso che le cose dovranno cambiare, per una volta darà voce al vero Hendrik Groen, così per un anno terrà un diario fedele, aggiornato e senza censure di ciò che accade nell’ospizio.
Al termine dell’anno, che per la precisione è il 2013, Hendrik deciderà se continuare a vivere ed attendere una nuova primavera oppure se procurarsi la pillola del dolce sonno perché non più in grado di sopportare l’idea di vivere nella desolante attesa della fine.

Compagni di avventura sono gli altri cinque componenti del club VEMAMIMO ovvero vecchi-ma-mica-morti.
Insieme ai suoi compagni di viaggio Ever, Edward, Grietje, Eefjee Graeme ai quali si aggiungeranno in un secondo tempo una coppia, marito e moglie, di anziani cuochi, Hendrik Groen esaurirà desideri sempre repressi e farà nuove esperienze alla ricerca di un po’ di felicità.

A turno ogni socio dovrà organizzare un’uscita per i membri del club tenendo ovviamente conto delle difficoltà motorie e non solo dei partecipanti: leggeremo quindi di lezioni di golf, tour enogastronomici, lezioni di cucina, di arti marziali, di disegno.

E pur vero che anche all’interno del ricovero il personale è solito organizzare attività ricreative per gli ospiti tra cui perfino un corso di ginnastica, ma tutto oltre ad essere regolamentato da una disciplina ferrea, è sempre proposto in modo impersonale ed organizzato freddamente così come con civile freddezza vengono trattati gli anziani.

I componenti del club vecchi-ma-mica-morti invece sono un gruppo un po’ goliardico che vuole provare a dare un senso alla propria vita per quanto breve essa possa ancora essere, sono sei anziani che si vogliono divertire secondo le loro regole.
I membri del club VEMAMIMO sono molto affiatati tra loro, sono profondamente legati dall’amicizia e dal rispetto reciproco, inoltre sono sempre disponibili se uno di loro ha bisogno di aiuto.

Proprio questo fa la differenza: l’umanità, il senso di appartenenza ad un gruppo e la consapevolezza di poter essere ancora utili a qualcuno è ciò che permette a Hendrik Groen di voler proseguire l’avventura della vita.

Tutto può essere riassunto in due frasi tratte dal diario di Hendrik Groen:

finchè ci sono progetti c’è vita
  
avere belle prospettive è importante per mantenere la voglia di vivere

Sono proprio i progetti, i sogni ancora da realizzare, la voglia di mettersi in gioco ed il desiderio di imparare sempre qualcosa di nuovo che ci fa desiderare di vivere, sta a noi riuscire a trovare gli stimoli giusti per andare avanti anche se ormai intravediamo il capolinea della nostra esistenza.

Il libro è divertente e comico, l’anziano che fa truccare la carrozzina elettrica dal nipote come fosse un ragazzino alle prese con il suo motorino, gli scherzi e le battute di Evert, il traffico da ore di punta per l’ingresso e l’uscita dagli ascensori tra sedie a rotelle, bastoni e girelli, le esercitazioni antincendio dall'improbabile riuscita.
Non si può dimenticare però che “Piccoli esperimenti di felicità” è un libro che parla di persone anziane con tutto ciò che questo comporta: malattie, pillole, pannoloni, lutti ed allora inevitabilmente scende spesso anche un velo di tristezza.

Con tanta ironia e grazia Hendrik Groen porta il lettore a riflettere su temi delicati come l’eutanasia, la qualità della vita degli anziani nelle case di riposo, i costi della pubblica assistenza.

Ciò che è davvero apprezzabile del diario di Hendrik Groen è che il protagonista non si piange mai addosso o almeno non più di quanto sia umanamente possibile.
Non tralascia ovviamente di evidenziare i lati negativi della vecchiaia e condanna la freddezza e la superficialità con cui gli anziani sono trattati, ritenuti solo un costo ed un peso per la società in quanto non più produttivi.

Allo stesso tempo però è imparziale nell’evidenziare che se da un lato ci sono comportamenti irrispettosi da parte dei giovani nei confronti degli anziani questi stessi talvolta non fanno nulla per rendersi più gradevoli.
Per Hendrik Groen gli anziani potrebbero essere ancora una risorsa per la società moderna, ma troppo spesso si lascino andare trascurando il loro aspetto esteriore, emanando cattivi odori e lamentandosi continuamente di tutto e di tutti, rimpiangendo i tempi andati come se ogni cosa nel passato fosse stata migliore:

(…) all’epoca e solo all’epoca. Vivete un po’ il presente, mummie!

“Piccoli esperimenti di felicità” è un libro che fa sorridere, riflettere e talvolta rattrista, ma fa tutto parte della vita ed il segreto sta proprio nel riuscire ad accettarlo.

Due parole ancora sull’autore. Hendrik Groen è uno pseudonimo dietro il quale si cela uno scrittore misterioso, quasi nulle sono le informazioni sulla sua identità.
Le ipotesi sono diverse qualcuno ritiene che sia uno scrittore olandese famoso, qualcuno un comico, altri che sia davvero un anziano signore.
Qualunque sia l’identità dell’autore, di certo il libro si è rivelato un caso editoriale in Olanda con la sua permanenze per numerose settimane ai vertici delle classifiche ed è stato già pubblicato in moltissimi paesi.  

In Italia il romanzo uscirà in libreria il primo ottobre 2015 edito da Longanesi.
Colgo l’occasione per ringraziare la casa editrice per avermi dato la possibilità di leggerlo in anteprima e fare così la conoscenza dell’intrigante e irresistibile Hendrik Groen, vecchietto adorabile, ma non troppo che non potrà non conquistarvi.




giovedì 13 agosto 2015

“Austenland: a novel” di Shannon Hale

AUSTENLAND
A NOVEL
di Shannon Hale
BLOOMSBURY
Protagonista del libro è Jane Hayes, apparentemente una normalissima trentaduenne newyorkese, ma nella realtà una giovane ossessionata da un’insana passione per Mr. Darcy.

Amante di Jane Austen e delle sue opere, è affascinata dalla trama di “Orgoglio e Pregiudizio”, ma ancor di più è affascinata dal Mr. Darcy interpretato da Colin Firth nell’adattamento della BBC del 1995.

Quella di Jane per Mr. Darcy è una vera e propria malattia che le impedisce di vivere serenamente qualunque relazione con uomini reali, cosa che getta nello sconforto non solo sua madre, ma anche la sua più cara amica Molly poiché entrambe vorrebbero vederla felicemente accasata.

Alla morte della sua prozia Carolyn, riceve da questa una strana e gradita eredità: un viaggio in Inghilterra e un soggiorno di tre settimane ad Austenland.

Austenland è una specie di villaggio turistico nel quale gli ospiti possono immergersi totalmente nell’atmosfera dell’epoca Regency.
All’interno di Austenland non è permesso portare nulla di moderno che sia biancheria intima o uno smartphone, non è permesso inoltre nessun contatto con il mondo esterno.

Il viaggio non è rimborsabile e Jane accetta felice di poter partecipare a questa entusiasmante avventura, certa che lì potrà incontrare finalmente il gentleman perfetto che attende da una vita, poco importa se sia tutta una finzione.

Nonostante l’amore per i romanzi della Austen, non sarà facile però per Jane calarsi immediatamente nella parte assegnatale e destreggiarsi, agghindata di pizzi e merletti, sulla scena laddove non si capisce più dove finisca la realtà e inizi l’inganno.

Gli incontri non mancheranno: sarà Martin, il bel tenebroso giardiniere o l’ideale e compunto Mr. Nobley, perfetta incarnazione di Mr. Darcy, a conquistare il cuore di Jane Hayes? Riuscirà Jane a guarire dalla sua ossessione?

Il libro non è mai stato tradotto in italiano e la sua prima edizione negli Stati Uniti è del 2007. Ad “Austenland: a novel” l’autrice ha fatto seguito con un altro volume intitolato “Midnight in Austenland”.

Nel 2013 “Austenland” è stato portato sul grande schermo (titolo del film in italiano “Alla ricerca di Jane”) ed il ruolo di Jane Hayes è stato interpretato da Keri Russell mentre i ruoli di Martin e di Mr. Nobley sono andati rispettivamente a Bret McKenzie e JJ Field.

Credo che sia uno dei pochi casi in cui la trasposizione cinematografica sia migliore del libro da cui è stata tratta.
Non sto dicendo che il film sia un capolavoro, ma senza dubbio risulta più scorrevole e piacevole del romanzo; una visione più che gradevole per gli appassionati del genere come me.

Devo ammettere che il film è a tratti davvero demenziale, ma è divertente e comico nel suo essere sopra le righe, riuscendo sempre a strappare un sorriso allo spettatore.
Il libro invece non risulta convincente perché troppo abbozzato; non altrettanto spiritoso e spassoso della versione cinematografica, tradisce inoltre l’aspettativa del lettore di potersi confrontare con riferimenti e richiami alle opere di Jane Austen molto più profondi e numerosi.

Lo stesso personaggio di Jane Hayes uscito dalla penna di Shannon Hale sembra piuttosto scialbo e sbiadito, privo di carattere e forza, così come piuttosto discutibili sono i racconti dei vari fidanzati di Jane che fanno da introduzione ad ogni capitolo del libro.
E’ vero che nella seconda parte del romanzo Jane decide di prendere in mano le redini del gioco, ma non convince mai totalmente.
Diverso invece nel film dove il cambiamento di rotta è ben marcato grazie anche ad una buona interpretazione di Keri Russell.
Del resto mentre nel libro Jane ha ricevuto in eredità la possibilità di vivere la sua avventura, qualcuno quindi la indirizza e lei nonostante tutto prova indecisione; nel film la protagonista sceglie volontariamente di andare in Inghilterra ed è disposta a tutto anche a rinunciare ai risparmi di una vita pur di coronare il suo sogno adolescenziale.

L’idea di base di questo romanzo è di per sé molto accattivante, milioni di Janeites avrebbero trovato piacevole rispecchiarsi nella protagonista di “Austenland”, chi non ha mai sognato di poter vivere qualche giorno nell’epoca Regency?

Mentre il romanzo quindi non mantiene ciò che promette, restando sempre in bilico tra il romanzo rosa e la parodia; il film sceglie decisamente la strada della parodia, però lo fa nel migliore dei modi, caricando al massimo alcuni personaggi senza preoccuparsi di renderli anche grotteschi ma allo stesso tempo riuscendo a dare spazio ad una bella storia d’amore.

Nel film come già accennato precedentemente sono state apportate alcune modifiche alla storia. Qualche differenza è di per sé poco influente: per esempio nel film non appaiono la zia Saffronia ed il marito, sostituiti direttamente dalla proprietaria/direttrice di Austenland ovvero Mrs. Wattlesbrook e consorte.

Altre variazioni invece sono più rilevanti e a tutti gli effetti sono quelle che cooperano a fare del film una storia più viva e godibile di quella del romanzo: così Mr. Nobley non è più un semplice attore tra i tanti, ma è il nipote di Mrs. Wattlesbrook che partecipa per la prima volta ad una vacanza nell’epoca Regency, scelta che rende tutto molto più austeniano.

Lo stesso finale del film è molto più romantico e più vicino al modo di sentire delle fans di Jane Austen.
Nel libro Mr. Nobley, un semplice attore che da molto tempo recita il suo ruolo all’interno di Austenland, raggiunge Miss Jane Erstwhile (nome che viene assegnato a Jane durante la sua permanenza sul suolo britannico) per dichiararle il suo amore sull’aereo che la sta riportando in America, scelta diciamolo piuttosto banale e scontata.
Nel film invece scelta decisamente più indovinata, Mr. Nobley che in realtà è un professore di storia e che è stato fedele a se stesso per tutta la durata della permanenza di Jane ad Austenland, si presenta un po’ intimidito a casa di Jane negli Stati Uniti, con la scusa di riportarle il quaderno degli schizzi che lei aveva dimenticato.

Personalmente darei dieci all’autrice per l’idea, ma cinque al suo romanzo; un bell’otto invece va decisamente al film ed alle capacità di regista e attori per essere riusciti a trasformare in modo eccellente la materia letteraria a loro disposizione.




Il consiglio: se volete godervi la storia e magari farvi due risate, guardatevi il film.
Se decidete però sia di leggere il libro che di vedere il film, leggete prima il romanzo. Io purtroppo ho visto prima il film e questo ha indubbiamente influito negativamente sul mio giudizio sul romanzo.







                                                                

mercoledì 5 agosto 2015

“L’altra riva del Bosforo” di Theresa Rèvay

L’ALTRA RIVA DEL BOSFORO
di Theresa Révay
SUPERBEAT
Dopo essere stata affascinata da “Le luci bianche di Parigi”, ero impaziente di poter leggere un altro romanzo di Theresa Rèvay, sicura che anche questo nuovo libro mi avrebbe conquistata.

Ora, dopo averlo letto, posso affermare che “L’altra riva del Bosforo” (titolo originale “L’autre rive de Bosphore”) è indubbiamente un altro grande capolavoro uscito dalla penna della bravissima Theresa Révay.

Anche questa volta però, come per la precedente, ho il timore di non essere in grado di comunicare pienamente ai lettori del blog l’intensità delle emozioni che l’autrice riesce sempre a trasmettere attraverso le sue storie.

“L’altra riva del Bosforo” è ambientato per la maggior parte ad Istanbul nel periodo che va dal novembre del 1818 all’ottobre del 1923.

Per meglio inquadrare la storia, credo sia necessario fare una piccola premessa e riassumere molto brevemente il periodo storico in cui si svolgono i fatti del romanzo.

Gli Ottomani hanno perso la guerra e firmato un armistizio con gli inglesi il 30 ottobre 1818.
Gli alleati inglesi, francesi, italiani e greci gettano l’ancora nel Bosforo e si spartiscono i quartieri della città. Nel frattempo la Turchia continua a subire la minaccia proveniente dal movimento separatista curdo e dal nuovo stato d’Armenia.
La reazione all’occupazione alleata non tarda a farsi sentire e sorge così il movimento nazionalista turco sotto la guida del generale Mustafa Kemal.
Mentre il Sultano Mehmet VI segue una linea politica alquanto discutibile agli occhi del suo popolo, continuando a scendere a patti con gli inglesi pur di cercare di salvare il sultanato, il movimento nazionalista turco continua la sua battaglia.
Nel 1923 infine Mustafa Kemal diventa presidente della Repubblica Turca. La Turchia diventa a tutti gli effetti una vera nazione. La capitale dello stato viene spostata ad Ankara.

Protagonista femminile della storia del romanzo è Leyla Hanim moglie di Selim Bey, segretario del Padiscià Menmet VI.
Leyla ha sposato Selim all’età di sedici anni; cresciuta in una famiglia più progressista, vive malamente il rapporto con la suocera Gulbahar Hanim, ancora legata alle più antiche tradizioni, che soffoca ogni desiderio di libertà della nuora.
Leyla ha due figli Ahmet di sette anni e la piccola Perihan di appena cinque anni.
Il fratello di Leyla, Orhan studia archeologia a Berlino. I rapporti tra Orhan e Selim non sono idilliaci, in quanto spesso Selim accusa il cognato di essere una testa calda che si lascia trascinare troppo facilmente mettendo a repentaglio il buon nome e l’onore della famiglia.

Due saranno gli avvenimenti che muteranno il corso degli eventi e che cambieranno per sempre la vita di Leyla e dei suoi famigliari.

Il primo la requisizione da parte dei francesi del konak dove vive la famiglia del segretario del Padiscià, confisca che avviene solo in parte poiché l’ufficiale Louis Gardelle destinato all’alloggio decide di occuparne solo una parte, permettendo alla famiglia di Selim di continuare a vivere nell’altra metà della casa.

Il secondo quando Orhan, ormai attivista del movimento nazionalista, porta a casa della sorella un compagno ferito durante un’azione.
Hans Kastner è un archeologo tedesco, celebre per i suoi scavi in Anatolia e per le sue scoperte in merito alla civiltà Hittita.
Hans è innamorato della Turchia, un terra che sente sua ed alla quale è legato profondamente fin da bambino, per questo ha deciso di schierarsi a favore del movimento nazionalista al quale prende parte attivamente nonostante la sua nazionalità tedesca.

Inutile dire che la storia è travolgente, coinvolgente e bellissima.
Come per il precedente romanzo ho trovato le prime pagine un po’ difficili, forse anche il ritmo è un po’ più lento, ma in questo caso credo sia dovuto anche al fatto che prima di far decollare il racconto vero e proprio, l’autrice ha dovuto fare un lavoro certosino nell’inquadrare non solo il periodo storico, ma anche le etnie che convivevano in quella terra, le usanze, le religioni, le alleanze ecc.

Siamo intorno agli anni ’20 in Turchia e, se pensiamo che persino in Europa la condizione femminile era completamente diversa da quella di oggi, possiamo solo immaginare quale sconvolgimento potessero comportare certe idee progressiste in un paese musulmano.

Istanbul è un paese di profughi, non ultimi i russi in fuga dopo la caduta dell’Impero dello Zar, è una città bella nella sua multietnicità, ma anche una polveriera pronta ad esplodere.

Non è per nulla facile riuscire a descrive un tale miscuglio di idee, popoli, credenze religiose ed allo stesso farvi muovere all’interno personaggi verosimili che intreccino tra loro storie altrettanto credibili.
Theresa Rèvay però è stata ancora una volta abilissima a trasportarci in questo mondo dalle mille sfaccettature e a farci entrare in sintonia con i suoi protagonisti.

Tutti i personaggi sono splendidamente descritti e per ognuno di loro l’autrice ha costruito un passato che ne giustifica e spiega il loro modo di agire, di essere, così da renderli tutti veri e convincenti.
I personaggi non sono mai totalmente positivi o negativi, ognuno porta con se un patrimonio genetico o un vissuto che lo ha reso ciò che è, con i suoi pregiudizi, i suoi valori, le sue idee.

Selim Bey ama sua moglie, ma al tempo stesso è terrorizzato dall’idea di dimostraglielo. Ossessionato dal ricordo ingombrante di un padre militare e pertanto uomo d’azione, si sente inadeguato perché uomo politico e poco importa che le sue capacità di mediazione siano comunque più che considerevoli tanto da essere più volte scelto per rappresentare il proprio paese in Europa.
Percorso piscologico simile per Louis Gardelle che, nonostante abbia seguito le orme del padre anch’egli militare di carriera, si porta dietro un senso di inadeguatezza per non essere mai stato sostenuto da lui oltre ad essere tremendamente segnato da missioni di guerra che gli hanno lasciato profonde cicatrici non solo fisiche.

Leyla è indubbiamente la protagonista di questo romanzo, a volte ricorda un po’ Anna Karenina ma al contrario dell’eroina di Tolstoj, Leyla non perde mai di vista i valori in cui crede: gli affetti, la religione, il dovere.
Vive intensamente il suo amore per un altro uomo, ma sacrifica sempre se stessa e il suo amore, per fare ciò che è giusto senza mai perdere la propria coerenza. Impossibile non amare questo personaggio anche se per certi versi così lontano dal nostro mondo e dal nostro modo di sentire.

I personaggi di Theresa Rèvay sono personaggi a tutto tondo, dalle mille sfaccettature come lo sono gli essere umani.
La stessa Gulbahar Hanim che all’apparenza è fredda e distaccata, chiusa al mondo esterno, scende a compromessi più di una volta anche se lo fa a suo modo, rivelando di non essere quella donna senza cuore che può sembrare nelle prime pagine.

La galleria di personaggi che l’autrice riesce a far muore in questo splendido affresco storico è straordinario e quello che colpisce è che ognuno di loro anche il più piccolo è magnificamente dettagliato, posso citare Nina ed il marito Malinin che sono i primi che mi vengono in mente, ma sono davvero innumerevoli.

Protagonisti di questo romanzo sono però anche i sentimenti:
L’amore in ogni sua forma da quello del rispetto di Leyla per il marito, all’amore totale di Leyla per Hans, dall’amore ossessivo di Luois Gardelle per Nina, a quello ormai appassito tra lui e la moglie Rose.
Ma l’amore ha molteplici forme e allora ritroviamo l’amore di una madre per i propri figli (Gulbahar, Leyla, Rose e Nina stessa), quello paterno e quello fraterno come il forte legame che lega Leyla e Orhan.
Protagonisti sono anche i sentimenti di amicizia, fratellanza, ma non solo, c’è infatti anche odio, intolleranza e rancore. L’odio ad esempio tra greci e turchi, un odio che troppo spesso sfocia nella violenza e nella vendetta.

La bellissima storia d’amore tra Leyla e Hans diventa fin dal loro primo incontro il filo conduttore dell’intero romanzo, sul quale si innestano tutti gli altri racconti ed avvenimenti.

“L’altra riva del Bosforo” è un romanzo storico carico di passione che si divora in un attimo; amerete i suoi personaggi e le bellissime descrizioni di luoghi esotici e pieni di fascino, conoscerete nuove realtà e potrete entrare in un haremlik, visitare uno yali

Vorrei spendere ancora due parole per il finale. La storia si poteva prestare ad un finale scontato e invece anche il finale è decisamente ad effetto, l’autrice rimane fedele a se stessa senza voler compiacere il lettore.
Un finale che non ci si aspetta, ma che una volta letto ci si rende conto che è l’unico possibile per non cadere nel banale e rovinare così una storia perfetta.

Non mi resta che augurarvi buona lettura, certa che non potrete non essere travolti dalla forza dei sentimenti raccontanti in questo splendido romanzo.