domenica 25 ottobre 2015

“Florence Gordon” di Brian Morton

FLORENCE GORDON
di Brian Morton
SONZOGNO
Chi è Florence Gordon? Un’anziana settantacinquenne intellettuale e femminista; combinazione di fattori che potrebbe indurre il prossimo a classificare ogni suo pensiero come polemico e petulante.

Florence Gordon però non si sente né polemica e petulante né tantomeno vecchia. Non è il tipo di donna che voglia apparire più giovane fisicamente, non si tinge i capelli, non fa ricorso al botox ed affini, lei semplicemente vuole riafferrare la sua giovinezza perché mai come ora è felice della propria vita.
E’ una donna energica, forte, fiera e coraggiosa, ma soprattutto è una donna indipendente e a questa sua indipendenza tiene tantissimo.
Acida, impaziente, sempre pronta ad irritarsi; ha un carattere talmente particolare che non solo chi la detesta ma anche chi la ama, la considera un’autentica rompipalle.

Florence Gordon sta cercando di scrivere il suo memoir, libro che una volta terminato sarebbe la sua settima opera.  
Nonostante i sei libri all’attivo ed i numerosi articoli, Florence non è quella che si può definire una scrittrice famosa almeno fino al giorno in cui esce un articolo sul New York Times Book di Martha Nussbaum, colei a cui niente di umano è alieno, nel quale Florence viene definita “un patrimonio nazionale”.
Ma anche questo grande successo per quando la renda felice non la destabilizza minimamente.

Florence vive a New York, ama la sua città e non concepisce come si possa voler vivere in qualunque altra parte degli Stati Uniti.

Suo figlio Daniel e la nuora Janine insieme alla nipote Emily che vivono a Seattle, decidono di trasferirsi per qualche mese a New York ed inevitabilmente Florence è costretta a trascorrere del tempo con loro.

Janine, la moglie di Daniel, è psicologa ed ha ottenuto una borsa di ricerca a New York; la figlia Emily decide di seguirla per poter frequentare un corso di letteratura alla Barnard.
Le donne vengono raggiunte dopo qualche tempo da Daniel che si è risolto finalmente a prendere tutte le ferie arretrate accumulate nel corso degli anni.

La coppia ha anche un altro figlio, Mark, del quale i protagonisti del romanzo parlano spesso, ma del quale il lettore non farà mai diretta conoscenza.

Janine ha un debole per sua suocera che considera un’ispirazione. L’alta considerazione che la nuora ha per Florence però non è corrisposta.
La suocera, infatti, ha una pessima opinione della nuora che trova una donna insipida ed idiota e non ha mai capito perché il figlio l’abbia sposata.
Ogni volta che ha a che fare con la suocera alla povera Janine sembra sempre di subire un pestaggio intellettuale.

Janine e Daniel sono sposati da 23 anni, il matrimonio sembra funzionare perfettamente almeno fino a quando la donna non incontra il suo nuovo capo Lev.
Lev è il direttore del laboratorio a New York; non giovane, non bello, non particolarmente virile eppure perfettamente in grado di fare vacillare la fedeltà coniugale di Janine.
Cederà la donna alle lusinghe di un nuovo amore?

Emily è l’unica ad essere in grado di suscitare l’interesse di Florence che la trova fin da subito una ragazza di spirito.
Emily ha diciannove anni, ma è più matura della sua età. E’ sottile, bruna e bellissima. E’ una ragazza perspicace e ironica. Vorrebbe trovare sua nonna una persona adorabile, ma il compito non le risulta affatto semplice.
Emily è dotata di grande empatia, fin da ragazzina è stata sempre quella in grado di ascoltare tutti e farsi carico dei problemi del prossimo.
L’incontro con sua nonna la aiuterà tantissimo a crescere e sarà fondamentale nell’aiutarla a trovare il modo per non soccombere sotto le richieste di aiuto degli altri anteponendo sempre i loro bisogni ai propri.

Impossibile non essere affascinati dalla personalità di Florence Gordon. E’ una donna che scopre sempre qualcosa in cui credere e che nel corso della sua vita ha sempre trovato una causa per cui combattere. Una donna che si indigna per ogni cosa che vede, ascolta e legge, ma che nonostante questo non perde mai la speranza che le cose possano cambiare e migliorare.

Eppure anche lei come tutti ha commesso degli errori.

Suo figlio Daniel è stato segnato dal mondo intellettuale dei genitori. Schiacciato dalla forte personalità della madre e segnato dall’incapacità del padre. In gioventù ha fatto una scelta di vita che voleva essere una rottura, voleva sentirsi libero dal loro mondo intellettuale. All’età di 47 anni si rende però conto di non appartenere a nessun mondo e di essere sempre un outsider. Non appartiene al mondo intellettuale nel quale è cresciuto, ma neppure è mai riuscito ad integrarsi con i suoi colleghi della polizia.

Diverso il discorso di Florence nei confronti dell’ex-marito Saul. L’errore di Florence non è stato tanto quello di averlo sposato quanto piuttosto quello di pensare di doverlo proteggere per tutta la vita perché si sente in colpa. Proprio lei che recita le parole di Virginia Woolf sulla necessità di uccidere “l’angelo del focolare” non riesce, almeno per moltissimi anni, a dire in faccia al marito la verità ovvero che è un uomo inetto, un fallito che non scriverà più.

E qui si apre un nuovo quesito. Florence Gordon è la tipica persona che non ha peli sulla lingua e noi ci divertiamo a leggere di quando strapazza la povera Dolly durante l’ultima tappa del suo tour a Hartford. Ma viene spontaneo chiedersi: era davvero necessario? Per quanto Dolly fosse una persona sciocca e vanesia, meritava davvero di essere umiliata fino a questo punto?
Dobbiamo però riconoscere a Florence Gordon una rara capacità non riscontrabile nel genere umano. Florence Gordon attacca, vuole svegliare il prossimo attraverso la sua rudezza, ma se qualcuno risponde per le rime è ben felice di aver trovato pane per i propri denti perché per lei il dibattito è un modo per crescere e imparare nuove cose.
Al contrario le persone che normalmente incontriamo ogni giorno sono bravissime ad attaccare il prossimo mascherando la propria aggressività come insegnamenti di vita, ma avete mai provato a ripagarle con la stessa moneta? Si offendono e vi si rivoltano contro tacciandovi di maleducazione.

Il romanzo di Brian Morton è arguto, divertente, comico ed elettrizzante.

Un romanzo ben scritto, veloce ed accattivante con una protagonista eccezionale e dei personaggi formidabili.

Una commedia che sembra nata per essere portata sul grande schermo e nella parte di Florence chi meglio di Maggie Smith o Judi Dench?

"Florence Gordon" di Brian Morton è un libro assolutamente da non perdere.






sabato 17 ottobre 2015

“Il parrucchiere di Auschwitz” di Éric Paradisi

IL PARRUCCHIERE DI AUSCHWITZ
di éric Paradisi
LONGANESI
Ho terminato questo romanzo quasi una settimana fa, ma contrariamente alle altre volte sono passati giorni prima che riuscissi a raccogliere le idee per scrivere il post.

“Il parrucchiere di Auschwitz” è uno di quei romanzi che non finiscono con la lettura dell’ultima riga perché i pensieri dei vari personaggi restano con te ancora a lungo sotto forma di sensazioni indefinite difficili da sintetizzare e raccogliere.

La storia inizia a Roma nel 1943 dove Maurizio Rossi, figlio di una coppia di parrucchieri ebrei, vive nel ghetto insieme ai genitori e alle due sorelle minori.

Maurizio, se vogliamo, conduce un’esistenza piuttosto comune, la sua sembra la vita di qualunque giovane che voglia seguire le orme dei propri genitori e, in questo caso, succedere a loro nella conduzione del negozio quando questi decideranno di ritirarsi dall’attività lavorativa:

Sono nato in questo quartiere praticamente con le forbici in mano, perché tutti nella mia famiglia sono parrucchieri. Già da piccolo giocavo facendo volteggiare in aria le ciocche dei clienti.

Un giorno proprio in negozio incontra Alba, con i suoi occhi grigio-azzurri ed i capelli biondo-cenere, ha qualche anno più di Maurizio, ha già delle esperienze alle spalle.
Alba non è una ragazza comune, è un membro della Resistenza, membro dell'organizzazione Bandiera Rossa.

Maurizio è un giovane innocente, fiducioso, ignaro del pericolo. Come tutti gli ebrei del ghetto di Roma si era illuso per molto tempo che gli italiani non fossero antisemiti. In seguito però, con l’arresto di Mussolini e la sua successiva liberazione da parte dei tedeschi e con il massacro di Meina, tutto era cambiato.

Alba, invece, anche a causa del suo coinvolgimento con la Resistenza, conosce cose che a Maurizio sono oscure. Lei sogna di finire un giorno la facoltà di legge, poter difendere le cause delle donne, lottare per la loro libertà e per il loro diritto di voto.
Alba è comunista: impegno politico e senso della condivisione sono le sue uniche ricchezze.

16 ottobre 1943: il rastrellamento del ghetto di Roma. La famiglia di Maurizio viene deportata, solo lui si salva perché quella notte si era fermato a dormire da Alba.

Cinque mesi Maurizio resta nascosto a casa della ragazza fino a quando la mattina del 23 marzo del 1944 i soldati insieme ad un ufficiale delle SS ed un membro della Milizia fascista in borghese fanno irruzione nell’appartamento.

Alba viene arrestata. Maurizio invece viene deportato ad Auschwitz dove tra i tristi spettri con il cranio rasato. Spettri infagottati in ridicoli pigiami a righe, riesce a salvarsi solo grazie alla sua arte di parrucchiere, se di salvezza si può davvero parlare, perché non esiste vera salvezza per chi ha vissuto certe esperienze.
Non si riesce ad accettare di essere vivi quando tanti sono morti, il senso di colpa per essere sopravvissuti è un carico troppo pesante da sopportare.

Nel romanzo c’è un’altra storia che corre parallela a quella di Maurizio. E’ la storia di Flor, la nipote preferita di Maurizio, che la racconta in prima persona.

La sua storia è avvolta nella nebbia e si svela lentamente pagina dopo pagina al lettore.
E’ la storia del suo amore, un amore sfortunato come quello del nonno per Alba. Un amore potente e totalizzante quanto sventurato e destinato a soccombere sotto i colpi della cattiva sorte.

I registri delle due storie sono completamente diversi: la storia di Maurizio è raccontata in modo freddo ed essenziale, una scrittura che ben si presta al racconto degli avvenimenti storici; la vicenda di Flor invece usa per la sua dimensione onirica un linguaggio più struggente e poetico.

In comune le due storie hanno quel senso di ineluttabilità del destino e la figura straordinaria di Alba che a distanza di anni continua ad essere la figura dominante, colei dalla quale ogni personaggio riesce a trarre la propria forza vitale.

Ogni uomo ha diritto a un colore, il colore della libertà. Esiste un’infinità di colori per ognuno di noi. Un giorno troverai il tuo.

Maurizio è riuscito a trovarlo quel colore, è il biondo-cenere della chioma della sua Alba, lo stesso colore dei capelli della sua nipote prediletta Flor.

“Il parrucchiere di Auschwitz” è un romanzo tormentato, intenso e commovente. Un libro che ci costringere ancora una volta a riflettere su quello che è successo perché la storia non si ripeta.
Sono proprio quelle morti assurde che ci chiedono di vigilare perché non accada nuovamente; sono i morti che ci chiedono di non ucciderli una seconda volta con la nostra indifferenza.
Sono quelle persone che hanno patito sofferenze assurde e sono morte per la libertà e per quegli stessi diritti che noi oggi diamo per scontati ed acquisiti, che ci chiedono rispetto e attraverso le pagine del libro di Paradisi ci chiedono di tutelare quelle conquiste che loro hanno ottenuto a cosi caro prezzo.

Leggendo questo romanzo mi sono tornate alla mente le parole di un famoso scrittore, mi riferisco a Joseph Conrad che scriveva in “Sotto gli occhi dell’occidente”:

Non è necessario credere in una fonte soprannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità.




sabato 3 ottobre 2015

“Storia della pioggia” di Niall Williams

STORIA DELLA PIOGGIA
di Niall Williams
NERI POZZA
Io sono Ruth Swain, quella bruttina. Guardatemi: diciannove anni, viso affilato. Gli occhi dei MacCarroll, labbra sottili, capelli opachi color nocciola, la pelle lucida degli Swain, pallida e incapace di abbronzarsi, ossuta, amante dei libri, lettrice di così tanti romanzi del diciannovesimo secolo già prima dei quindici anni da diventare boriosa, affetta dalla Sindrome della Ragazza Saputella, portatrice di opinioni e buoni voti, studentessa dell’inglese puro, matricola del Trinity College di Dublino. La figlia del poeta.

Questa la descrizione che la protagonista del romanzo fornisce di se stessa rivolgendosi al lettore. Una descrizione minuziosa, precisa ed ironica.

Ruth è una ragazza raffinata e colta. Nonostante lei voglia dare al lettore un’impressione di sé fredda e severa, il suo carattere sensibile ed appassionato emerge prepotentemente dalle pagine del libro.

Ruth fa dell’ironia la sua arma migliore per affrontare le difficoltà della vita, per non soccombere a quella terribile malattia da cui è affetta e che la costringe a letto, malattia della quale anche gli specialisti ignorano le cause e soprattutto brancolano nel buio in merito ad una possibile cura.

La mia storia al College: sono andata, sono svenuta e sono tornata a casa. Poi l’andirivieni: casa, ospedale, casa. Ho Qualcosa che Non Va. Qualcosa Di Strano. Non Si Capisce Cosa. Tutto A Posto a parte I Collassi.

Ruth, inglese da parte di padre e irlandese da parte di madre, decide così di scrivere la storia della propria vita, storia che è allo stesso tempo anche quella della sua famiglia e della terra in cui vive, l’Irlanda.

La madre di Ruth, Mary MacCarroll, è una donna forte e solida.

Le donne sono così, affrontano le acque tempestose come vecchie navi, patiscono, scricchiolano, la chiglia bucata, il ponte spazzato dalle onde, ma riescono sempre a gettare l’ancora nella normalità.

Mary ha sostenuto il peso della famiglia nelle avversità, ha lottato accanto al marito cercando di salvarlo da sé stesso, ha dovuto rielaborare in fretta la perdita di un figlio, Aeney, il gemello di Ruth, e ora deve continuare a lottare da sola per salvare la vita di sua figlia.

Il padre di Ruth, Virgil Swain, era invece un sognatore, un poeta.

Mio padre portava su di sé il fardello di un’ambizione smisurata: avrebbe voluto che tutte le cose fossero migliori di com’erano, partendo da lui stesso e arrivando al mondo intero. Forse perché era un poeta. Forse ogni poeta è condannato all’insoddisfazione.

Virgil ha lasciato in eredità alla figlia tutti i suoi libri e ore lei nella sua stanzetta nel sottotetto ha deciso di leggerli tutti, tutti i 3958 volumi, perché è sicura che lì riuscirà a ritrovare suo padre.

Bellissima e suggestiva la descrizione della stanza della protagonista traboccante di libri:

Guarda le pile disposte in modo irregolare, quelle dietro che incombono su quelle davanti, tanto che sembra di essere in un mare di carta con le onde che avanzano verso il letto barca.

“Storia della pioggia” incanta fin dalla prima riga. Il suo incipit incisivo e poetico attrae fortemente il lettore spingendolo a proseguire immediatamente la lettura e rendendolo smanioso di addentrarsi quanto prima nella trama del romanzo.

Ruth racconta della sua vita, dei suoi genitori, dei suoi compaesani, dei suoi nonni e lo fa senza seguire un senso cronologico.
Salta spesso da un argomento all’altro, apre parentesi, talvolta si concede tempo per lunghe descrizioni ed altre volte invece accelera terribilmente il ritmo della narrazione.
Nonostante sia un po’ difficile seguire il filo dei suoi pensieri e dei suoi racconti però va detto che il cerchio si chiude sempre ed il lettore ritrova sempre la strada maestra.

Ruth è una lettrice formidabile oltre a possedere una straordinaria capacità di ricordare cose sugli autori e sulle loro opere che noi comuni lettori spesso abbiamo dimenticato.

Rileggiamo così attraverso la protagonista di “Storia della pioggia” i classici e non solo: Shakespeare, Jane Austen, le sorelle Bronte ecc. oltre ad i suoi autori preferiti Charles Dickens e Robert Louis Stevenson.

I richiami ad autori e poeti a volte sono espliciti, altre volte invece Niall Williams rende il gioco con il lettore più sottile invitandolo a leggere tra le righe.

Due esempi su tutti.

Ogni famiglia funziona a modo suo, in base a regole inventate quotidianamente.

Come non richiamare alla mente l’incipit di Anna Karenina, celebre romanzo di Tolstoj, che recitava:

Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro; ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.

E di nuovo come non vedere nel padre di Ruth, in quella sua impossibilità di essere felice in quanto poeta, in quella sua Teoria del livello Impossibile, in quel non riuscire mai a scrivere il verso perfetto, nell’essere sempre work-in-progress, come non vedere un richiamo alla poetica di John Keats?

“Storia della pioggia” è un libro forte, potente e a tratti, se vogliamo, anche onirico; un libro incantevole e sofisticato destinato a lasciare il segno nel lettore.

E’ un romanzo che può considerarsi un inno alla letteratura e al piacere di leggere, un inno alla poesia.

Un romanzo forse di non facilissima e scorrevole lettura, ma che è in grado di regalare al lettore attento grandi soddisfazioni e perle di saggezza.

Tutti raccontiamo storie. Le raccontiamo per passare il tempo, per dimenticare il mondo o capirlo meglio. Raccontiamo storie per scacciare il male di vivere.