martedì 12 luglio 2016

“Borderlife” di Dorit Rabinyan

BORDERLIFE
di Dorit Rabinyan
LONGANESI
Liat e Hilmi si incontrano all’ombra dei grattacieli di New York.

Liat,  29 anni, una laurea in letteratura inglese e glottologia, resterà negli Stati Uniti per sei mesi grazie ad una borsa di studio.

Hilmi ha 27 anni, è un artista, per la precisione un pittore e vive a New York già da quattro anni.
Nei suoi dipinti c’è sempre un bimbo che dorme e sogna il mare.

Tra loro scocca immediatamente la fatidica scintilla, il loro è amore a prima vista, un amore travolgente e passionale.

Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che Liam Benyamini è israeliana e vive a Tel Aviv mentre Hilmi Nasser è un ragazzo palestinese di Ramallah.

Appartengono a due popoli diversi, due popoli in perenne conflitto e proprio per questo, nonostante l’attrazione fortissima, nonostante le numerose cose in comune, la musica, il cinema, la nostalgia di casa, del caldo e del sole, il loro amore è destinato ad essere semplicemente un amore a tempo, un amore segreto e provvisorio.

Il tempo scorre inesorabile: 20 maggio 2003, la data scritta sul biglietto di ritorno di Liat, è inevitabilmente la data che decreterà la fine del sogno, il capolinea di una storia d’amore impossibile.

Dorit Rabinyan, l’autrice del libro, è nata vicino a Tel Aviv in una famiglia di ebrei emigrati dall’Iran così come la protagonista del libro.

“Borderlife” è un bestseller, un romanzo che è volato in testa alle classifiche ed è conteso dagli editori stranieri per i diritti di pubblicazione.
Uscito nel 2014 è stato bandito dalle letture liceali dello stato di Israele, ritenuto pericoloso, in quanto la sua lettura avrebbe potuto influenzare gli adolescenti spingendoli a contrarre matrimoni con non ebrei.

“Borderlife” viene definito da tutti come una grande storia d’amore.
Amos Oz la definisce “una magnifica storia d’amore che la tragedia di due popoli non riesce a sopraffare”.
La critica è  uniformemente concorde con questa descrizione.

La storia di Liat e Hilmi è indubbiamente una storia appassionante e romantica, non sarò di certo io a negare l’evidenza dei fatti, pur tuttavia la diffidenza ed il pregiudizio, la paura e l’incertezza di Liat mi hanno fatto dubitare più di una volta sulla profondità dei suoi sentimenti nei confronti di Hilmi.

Hilmi sembra non vacillare mai, è come se lui al di là delle difficoltà, delle differenze avesse la certezza che l’amore trionferà sempre. Hilmi è un sognatore, un idealista.

Liat invece è sicura sin dall’inizio che la storia terminerà il giorno stesso in cui salirà su quell’aereo che la riporterà a casa, dalla sua famiglia, da quei genitori che sarebbero distrutti dal dolore se sapessero del suo amore per un ragazzo palestinese.
Liat vive costantemente nell’ansia di incontrare per la strada qualcuno che la riconosca, in fin dei conti lei per prima sembra vergognarsi del “suo amore arabo segreto”.
Liat è molto attratta fisicamente da Hilmi, ma la paura di deludere amici e parenti, la diffidenza ed il pregiudizio non le permettono di vivere pienamente i suoi sentimenti per lui.

E allora viene spontaneo chiedersi, l’amore che Liat prova per Hilmi, pur con tutte le attenuanti del caso, può davvero essere considerato un grande amore? Non dovrebbe l’amore con la “A” maiuscola riuscire a guardare oltre, non vedere gli ostacoli o quanto meno cercare di superarli?
Hilmi non ha paura di presentarla alla famiglia, di parlare di lei ad amici e parenti; di prendersi cura di lei durante la malattia. Possiamo dire altrettanto di Liat?

E’ vero, Hilmi e Liat sono due persone molto diverse, non solo perché appartengono a due popoli in conflitto tra loro: lei è precisa e perbenista, lui il tipico bohemien.
Questo loro diverso modo di affrontare la vita, lo riscontriamo anche nel loro approccio alla questione palestinese: lui illuminato e universalista, amante della pace; lei pragmatica e interessata solo ai dettagli pratici.
Sembra quasi che le differenze caratteriali pesino su di loro quanto, se non di più, delle loro differenze culturali e di nascita.

Tutto ciò non toglie nulla alla storia d’amore dei due giovani, ma anzi aiuta a far riflettere su quanto la nostra cultura, l’appartenenza ad una etnia piuttosto che ad un’altra, influenzi radicalmente e profondamente il nostro modo di approcciare la vita.

La storia tra Liat e Hilmi è nata perché entrambi si trovavano a New York, lontano da casa; eppure ho avuto la netta sensazione che forse Hilmi, se avesse avuto l’occasione, avrebbe avuto il coraggio di vivere questa storia d’amore anche se avesse incontrato Liat a Tel Aviv, non altrettanto credo avrebbe avuto il coraggio di fare lei.

Quella tra Liat e Hilmi è una storia d’amore moderna, pragmatica, forse lontana da quelle grandi storie d’amore che la letteratura ci ha regalato in passato, ma senza dubbio più vera e concreta.

Nonostante mi aspettassi un approccio alla storia completamente diverso da parte dell’autrice, “Borderlife” si è rivelato un ottimo romanzo che racconta una storia forte, travolgente, ricca di passione e soprattutto capace di fare riflettere il lettore.

Il ritmo lento segue il flusso dei ricordi e la scrittura è a tratti pura poesia.
Il senso di ineluttabilità del destino incalza il lettore, così come la tensione che si insinua sempre più, pagina dopo pagina, all’avvicinarsi della fatidica data della partenza di Liat, mentre incombe su tutto un senso di perdita, di angoscia e di imminente tragedia.

L’autrice è davvero brava ad accompagnare il lettore in questo viaggio, perchè di un viaggio si può parlare, un viaggio nella mente umana e nei suoi mille modi di agire nel tentativo di proteggersi dalla paura, dalla sofferenza e dal dolore.
Ci racconta del timore di lasciarsi andare, del dubbio se sia meglio donarsi completamente o tirarsi indietro, se sia preferibile combattere per affermare se stessi, magari deludendo chi ci ama, o se sia meglio lasciarsi vivere e, assecondando quelle idee che ci sono state inculcate fin da piccoli, lasciare che le nostre ansie ed i nostri pregiudizi decidano della nostra esistenza.

Credo che non ci sia in questo caso miglior invito alla lettura che chiudere con due frasi tratte da romanzo stesso:

Ma poi tutto passa, stavo per dirle, la vita va avanti: non si può star sempre a ricordare che la fine si avvicina, una mattina ti alzi e in un modo o nell’altro hai dimenticato”.

E chissà se ogni tanto anche tu - a casa, nella strada dove sei tornato, nella tua città – chissà se anche tu senti, vagamente, una specie di tenue ombra sull’anima, chissà se la senti che ti accompagna e fa capolino di tanto in tanto”.





Nessun commento:

Posta un commento