lunedì 21 marzo 2016

“I frutti del vento” di Tracy Chevalier

I FRUTTI DEL VENTO
di Tracy Chevalier
NERI POZZA
Nella prima metà dell’Ottocento James e Sadie Goodenough abbandonano la casa paterna di lui in Connecticut per cercare fortuna altrove.

Dopo tanto peregrinare decidono di fermarsi in Ohio scegliendo di stabilirsi nella Palude Nera, una landa desolata e malsana, dove il fango la fa da padrone e dove ogni anno la malaria si porta via qualcuno.

Per la legge dell’Ohio un colono diventa proprietario della terra sulla quale ha scelto di stabilirsi solo se riesce a piantare almeno 50 alberi da frutto.

Una sfida quasi impossibile in una terra come quella della Palude Nera, ma James Goodenough ama tutti gli alberi e ama soprattutto gli alberi di mele, adora il gusto delle Golden.
Accetta quindi fiducioso la sfida che la natura gli presenta e poco importa se la malaria nel frattempo si porta via cinque dei suoi figli:

Non era un sentimentale, lui, non piangeva neppure quando gli moriva un figlio: scavava la fossa e lo seppelliva. Però si faceva cupo e silenzioso se doveva buttare giù un albero, pensando a tutto il tempo in cui aveva gettato la sua ombra in quell’angolo della foresta.

Sadie invece non si abituerà mai a vivere nella Palude Nera, non riuscirò mai ad accettare di dover vivere ai confini del mondo, isolata da tutto e da tutti.
Si lascia presto andare al vizio del bere e i rapporti con il marito diventano ogni giorno più tesi.
Sadie odia James per la vita che l’ha costretta a fare, odia i suoi alberi e soprattutto odia le sue adorate Golden.

I figli rispecchiano in tutto i loro genitori, tutti tranne due di loro: la piccola, dolce e delicata Martha e Robert, un bambino serio e posato con una grande desiderio di apprendere ogni cosa suo padre possa trasmettergli.

Il libro si divide in due parti. Da una parte abbiamo il racconto della vita della famiglia Goodenough e dall’altra il racconto della vita di Robert Goodenough dopo che, all’età di appena nove anni, scappa da casa per cercare la propria strada e un po’ di serenità.

Il ritmo del libro è un ritmo lento, come lento è lo scorrere del tempo necessario perché un melo possa diventare produttivo.
Nonostante la lentezza però l’autrice riesce a tenere vivo l’interesse del lettore che continuamente si interroga su come potrà evolvere la storia.

I personaggi sono molto ben caratterizzati anche nel loro essere persone negative e dannose per sé e per gli altri.
Non si può dire infatti che la maggior parte dei componenti della famiglia Goodenough riesca a creare empatia con il lettore: in particolare Sadie e James pur così diversi tra loro, sono entrambi due personaggi distruttivi.
Entrambi sono totalmente concentrati su se stessi e sulle loro esigenze, totalmente incapaci di  prendersi cura della famiglia e dei propri figli.
Seppur è vero che all’epoca la concezione di maternità e paternità era molto diversa da quella attuale, il loro atteggiamento resta comunque davvero troppo sopra le righe e alcune pagine mettono a dura prova la pazienza del lettore.
Senza volervi anticipare nulla, ammetto che ciò che accade alla coppia è quanto di più meritato possa loro accadere ed il lettore non riesce a provare alcuna pietà nei loro confronti.

Il vero protagonista del racconto però è Robert Goodenough.
Bisogna riconoscere all’autrice di essere stata in grado di raccontare nel migliore dei modi la crescita di questo personaggio che, da bambino quieto ed intelligente, si trasforma in un uomo in grado di far fronte alle proprie responsabilità e capace, grazie all’aiuto della compagna, di affrontare e superare le ansie ed i traumi dell’infanzia che così profondamente l’hanno segnato, riuscendo a trasformarli in un punto di forza.

Tracy Chevalier ancora una volta ci incanta raccontandoci un preciso periodo storico e lo fa, come sempre, usando un punto di vista del tutto particolare.

Come ogni libro di questa autrice, anche “I frutti del vento” sono il risultato di approfondite ricerche. Alcuni personaggi che troviamo nel racconto sono veramente esistiti, tra loro John Chapman che vendeva meli in Ohio e Indiana; William Lobb che importava in Gran Bretagna piante e fiori originari delle Americhe e Billie Lapham che fu realmente uno dei proprietari del Calaveras Grove.

“I frutti del vento” è un romanzo crudo e a tratti violento, ma è anche un romanzo di speranza e buon auspicio.

Il finale, nonostante lasci un po’ di amarezza, è comunque un finale positivo, un finale che lascia credere che nonostante tutto la felicità è vicina e che la vita spesso offre una seconda possibilità.