giovedì 25 maggio 2017

“Sottovento e sopravvento” di Guido Mina di Sospiro

SOTTOVENTO E SOPRAVVENTO
di Guido Mina di Sospiro
PONTE ALLE GRAZIE
Nel mar dei Caraibi dovrebbero esserci due isolette gemelle, le Negrillos, dove i pirati hanno nascosto, centinai di anni fa, un immenso tesoro razziato a ben sedici galeoni spagnoli. Usiamo il condizionale perché in verità di queste due isolette, di questi due piccoli puntini di sabbia, nessuna carta fa più menzione dopo l’anno 1867.

Un narcotrafficante colombiano incarica Christopher e Marisol di ritrovare l’intero tesoro in modo da poter giustificare i suoi loschi introiti e sfuggire una volta per tutte alle indagini condotte su di lui dalle autorità statunitensi.

Christopher Foley è un cacciatore di tesori, un irlandese nato povero e gobbo; un uomo semplice, poco istruito, istintivo, che vive alla giornata.
Marisol, di origini cubane ma vive negli Stati Uniti, è invece una donna colta, molto intelligente, una filosofa. Una di quelle persone che, qualunque scopo si prefiggano nella vita, riescono a raggiungerlo con successo.
Due personalità all'apparenza molto diverse quelle di Marisol e Chris che però, nell'avvicendarsi del racconto, si riveleranno oltremodo ben assortite tanto da riuscire, ovviamente non senza sforzi da parte di entrambi, a trovare un giusto equilibrio che li aiuterà anche a comprendere meglio non solo loro stessi ma anche il senso della vita.

Il libro già dall’immagine della copertina, dove la forma del mare ci fa pensare ad una terra non sferica ma cubica, ci invita a pensare che il romanzo racchiuda in sé più di una semplice storia d’avventura intesa nel senso letterario della parola.
Il titolo poi “Sottovento e sopravvento” ci conferma quanto abbiamo magari solo per un momento ipotizzato. Infatti, come viene poi spiegato anche da una nota dell’autore, la doppia “v” in sopravvento presenta polisemia, ovvero diversi significati.

La ricerca intrapresa da Chris e Marisol li condurrà non solo al ritrovamento di un tesoro materiale ma anche di un “tesoro filosofico”.
Il vero tesoro infatti consisterà non nel ritrovamento del comune metallo prezioso ma piuttosto nel ritrovamento dell’oro dei filosofi.

“Sottovento e sopravvento” è un romanzo singolare, curioso e per certi versi inaspettato, una vera sorpresa a dirla tutta.

Proprio per questo sono particolarmente contenta di aver potuto rivolgere alcune domande direttamente all’autore Guido Mina di Sospiro che ringrazio per la disponibilità dimostratami e colgo l’occasione per ringraziare anche Matteo Columbo dell’ufficio stampa di Ponte alle Grazie per averlo reso possibile.

Consigliandovi la lettura del romanzo, quale miglior modo di stuzzicare la vostra curiosità se non con le parole dell’autore stesso?

Chris e Marisol hanno due personalità completamente differenti ma alla fine scoprono di essere molto più simili di quanto ci si aspetterebbe. Entrambi, a modo loro, son cercatori.
A chi si sente più vicino? Quanto è importante per lei la voglia di cercare, di indagare?

A chi mi sento più vicino…eh a tutti e due. Chris ha un approccio più istintivo, che io vorrei avere e che non ho. Però mi piace molto perché si arrangia, vive alla giornata, non ha bisogno di fare grandi piani, grandi programmi. Marisol ha un approccio cerebrale, algido, molto artificiale, arbitrario però anche molto intelligente, molto brillante che si va ad infrangere contro qualcosa di infrangibile cioè i paradossi.
I paradossi sono un problema dello scibile umano occidentale mentre sono la delizia dello Zen, delle storie Sufi e del Dao ecc.
Quindi mi sento vicino ad entrambi ma non sono proprio né uno né l’altro.

La voglia di cercare, di indagare è fondamentale. Credo che la curiosità sia un dono, io sono nato curioso.
Sono un lettore onnivoro, sto sveglio di notte a leggere Wikipedia, mentre da ragazzo quando non c’era Wikipedia leggevo l’enciclopedia britannica a caso, qualunque cosa mi interessava moltissimo. Tuttora sono molto, molto curioso.
La curiosità, poi, può trascendere nella voglia di cercare e nel lavorare finché si trovino delle risposte.

Marisol e Chris ad un certo punto si ritrovano a vivere nel “paradiso terrestre”. Cibo gratis, poche preoccupazioni ma contrariamente a quello che si potrebbe pensare invece di essere felici la noia prende il sopravvento e tutto diviene un comatoso sopravvivere. La vita per avere un senso deve essere lotta, mischia oppure secondo lei si può realizzare sé stessi anche attraverso altre vie?

La vita così come concepita per noi esseri umani penso che sia una sfida. Penso che se non la si concepisce come sfida possa essere effettivamente uno stato comatoso come dice lei. Quindi secondo me, sì, ci si deve realizzare cercando di trascendere sé stessi ed arrivare più in là di quelli che si pensava fossero i nostri limiti.

Lei crede che sia il caso a regolare le nostre vite oppure siamo noi i soli artefici del nostro destino?

È una via di mezzo fra i due cioè non siamo né dei pupazzi in mano al caso né siamo del tutto artefici del nostro destino. Per esempio I Ching che è il libro delle combinazioni cinese di cinquemila anni fa, ci insegna proprio ad avere delle risposte da questo libro oracolare e poi a comportarci secondo quanto ci viene detto. Quindi non può succederci niente se non facciamo assolutamente niente ma, alle volte, nonostante i nostri sforzi non si arriva a nulla. È quindi una via di mezzo tra i due, bisogna saperla interpretare.

Quanto è importante secondo lei riuscire a mantenere viva la capacità di sognare?

È fondamentale perché una vita senza sogni è una vita tristissima, mentre una vita solo di sogni è una vita inutile, sprecata.


Guido Mina di Sospiro è cresciuto a Milano in una casa in cui si parlavano diverse lingue, ha studiato chitarra classica prima di lasciare l’Italia per la California dove ha frequentato la School of  Cinema Production of  Southern California; da allora risiede negli Stati Uniti. I suoi libri – scritti in inglese – sono stati tradotti in dodici lingue. Ricordiamo tra gli altri Il fiume, L’albero, La metafisica del ping-pong. Scrive inoltre per il blog Reality Sandwich e per il sito Disinformation, entrambi di New York City. Vive vicino a Washington DC con sua moglie.




sabato 13 maggio 2017

“Il vecchio barone inglese” di Clara Reeve (1729 – 1807)

IL VECCHIO BARONE INGLESE
di Clara Reeve
SuperBEAT
Ambientato nell’Inghilterra di Enrico VI (1421 – 1471), Il vecchio barone inglese (titolo originale dell’opera The champion of virtue, a gothic story, intitolato solo nella seconda versione The Old English Baron), è il libro più famoso di Clara Reeve.
Scritto nel 1777 è oggi considerato un classico della letteratura gotica.

Sir Philip Harclay, dopo una lunga assenza dall’Inghilterra, rientra in patria e al suo ritorno deve purtroppo fare i conti con diversi cambiamenti.
Decide di intraprendere un viaggio per scoprire cosa sia accaduto al suo vecchio amico Lord Lovel dal quale da anni non riceve più notizie.
Giunto al castello dei Lovel apprende la triste notizia che l’amico e la moglie, in attesa del loro primo figlio, sono deceduti anni prima.
Titolo e proprietà di Lord Lovel sono passati a un cugino che, dopo aver vissuto qualche tempo al castello, ha venduto la proprietà al cognato, il barone Fitz-Owen
Al castello il barone vive ora con i suoi tre figli e due suoi nipoti.
Sir Philip Harclay ricevuto con ogni rigurado dal barone Fitz-Owen, fa la conoscenza di un interessante giovane, Edmund Twyford, che questi ha preso a vivere stabilmente in casa.
Edmund, nonostante le sue umili origini, egli è infatti figlio di un contadino, si contraddistingue per la sua intelligenza oltre ad essere un ragazzo brillante e imbattibile nel tiro con l’arco.
All’inizio è ben voluto da tutti, ma con il passare degli anni Edmund cade in disgrazia a causa dell’invidia dei parenti del barone.
Il barone però quando si rende conto che l’astio nei confronti del ragazzo è totalmente ingiustificato, propone che Edmund trascorra tre notti in un’ala abbandonata del castello che si dice sia infestata dai fantasmi prima di lasciare la casa e cercare la sua fortuna altrove.
Proprio in queste stanze però Edmund apprenderà molte cose sul suo passato e sulle sue origini, riportando alla luce un segreto che è ormai tempo che venga svelato.

Vorrei spendere pochissime parole per inquadrare brevemente l’epoca in cui fu scritto il romanzo.
Nel 1765 fu pubblicato il libro che creò il genere gotico ovvero Il castello di Otranto (The castle of Otranto) di Horace Walpole (1717-1797).
Molti furono gli imitatori del genere e tra questi appunto ritroviamo la nostra Clara Reeve la quale, a differenza di Walpole, cercò nonostante l’elemento fantastico di rendere la storia più verosimile possibile e lo vediamo ad esempio nel tentativo di dare delle precise coordinate storiche alla vicenda.
Il vecchio barone inglese ebbe tra l’altro una notevole influenza anche sulla stesura di Frankenstein di Mary Shelley (1797 -  1851).
L’autrice di maggior successo nel genere gotico sarà poi Anne Radcliffle (1764-1823) di cui possiamo ricordare il libro di maggior successo I misteri di Udolpho (The mysteries of Udolpho).

Il personaggio di Edmund Twyford, l’eroe del romanzo, incarna tutti gli ideali della cavalleria cortese: egli possiede senso dell’onore, è un prode, un coraggioso; seguace dei dettami dell’amor cortese tratta con profondo rispetto e deferenza la donna da lui amata, Emma la figlia del barone Fitz-Owen.

La storia del romanzo risulta piuttosto elementare e scontata; i sentimentalismi sono spesso esagerati, il sentimento di pietas poi che caratterizza alcuni personaggi può risultare a volte esasperante agli occhi di un lettore moderno, così come il confidare ciecamente nella Provvidenza con la P maiuscola dei protagonisti può apparire troppo stucchevole.
La verità è che bisogna amare il genere e l’epoca in cui fu scritto il romanzo per apprezzarne davvero lo spirito.

Il libro, tra l’altro molto breve sono appena 150 pagine, racchiude in sé tutti gli elementi del romanzo gotico: un castello buio e spaventoso, atmosfera cupa, il malvagio usurpatore, il giovane eroe ignaro delle sue nobili origini, stanze infestate dai fantasmi.

Per gli appassionati del romanzo gotico è un classico da non perdere che spingerà inevitabilmente il lettore ad andare a scovare altri testi di autori dimenticati dell’epoca.




lunedì 1 maggio 2017

“L’amore prima di noi” di Paola Mastrocola

L’AMORE PRIMA DI NOI
di Paola Mastrocola
EINAUDI
Se ti seguissi, Orfeo, mi riporteresti alla solita vita, giornate che finiscono e ripartono, e alla fine ci lasciano invecchiati, di nuovo sull’orlo di lasciarci.
L’amore è lontananza, si nutre di distanze impercorribili. Non ho bisogno di vivere con te. In questo buio dove non ti vedo e non ti ho, è perfetto amarti. Fare a meno di te è l’amore.

Sono queste frasi tratte dal libro e riportate sulla quarta di copertina che mi hanno spinto a scegliere "L’amore prima di noi" tra le tante proposte in libreria.

Mi incuriosiva l’idea di poter leggere in chiave moderna la bellezza degli antichi miti.

Attraverso il mito gli uomini hanno tramandato la storia, hanno spiegato l’universo e hanno indagato l’animo umano, hanno cercato di dare una spiegazione a sentimenti come odio, passione, frustrazione, pietà, amore…

E’ proprio l’amore una delle principali tematiche toccate dalla mitologia. Tutti noi ricordiamo bene le favole di Orfeo ed Euridice, Amore e Psiche, Admeto e Alcesti, solo per citare alcuni tra i miti più conosciuti, ma potremmo andare avanti all’infinito.

Ognuna di queste storie si lega alle altre perché sono proprio i destini dei protagonisti a essere inevitabilmente congiunti gli uni agli altri per volere degli dei.

Quegli dei immortali e infiniti ai quali gli uomini hanno sempre guardato con ammirazione e desiderio, senza sapere che erano proprio quelle stesse divinità, bloccate nella noia dell’eternità, a invidiare ai comuni mortali la loro caducità e le loro fragilità.

Paola Mastrocola in “L’amore prima di noi” rilegge i miti facendoli divenire suoi, li filtra attraverso le esperienze, i ricordi e le letture fatte negli anni.
Innumerevoli sono infatti gli scrittori, filosofi e poeti che nel corso dei secoli hanno raccontato i miti aggiungendo o togliendo qualcosa oppure reinventandone alcune parti.
Il mito appartiene a tutti noi, appartiene all’umanità e non c’è un modo giusto o sbagliato di raccontarlo, almeno questo è ciò che sostiene l’autrice del libro.

“L’amore prima di noi” è un viaggio, un viaggio che racconta l’amore in tutte le sue forme; ogni sezione è dedicata a una specificità di questo sentimento o del suo manifestarsi.
L’amore è di volta in volta rapimento, ombra, fuga, sguardo, eccesso, divieto, viaggio, segreto, dono e infine è l’intero universo che ci circonda.
Ognuna di queste forme di amore è raccontata attraverso i miti, da quelli il cui ricordo è sempre rimasto con noi a quelli che invece nel corso degli anni ci sembrava di aver perduto, ma la cui reminiscenza riaffiora piacevolmente alla nostra mente grazie alle pagine di questo suggestivo libro.

Come la conchiglia che resiste all’impeto dell’onda sullo scoglio, e rimane abbarbicata. Come affondare le unghie nella roccia, e non importa il sangue. L’amore prende tante forme, anche quelle che non vorremmo.

L’amore è cambiamento, trasformazione ma anche silenzio e abbandono; è una luce potente che può squarciare il buio della notte, ma il prezzo da pagare è altissimo perchè distacco e assenza possono annientare l’essere umano.

L’amore è trovare il coraggio di opporsi al pensiero altrui, è trovare la forza di credere solamente alla verità dei propri sentimenti.

Con “L’amore prima di noi” Paola Mastrocola ci regala una diversa lettura delle grandi storie d’amore della mitologia e dei miti in generale; una nuova prospettiva interessante e verosimile in molti suoi aspetti.

E’ infatti ipotesi più che realistica pensare che Orfeo sia stato colto dai dubbi nel momento fatidico e abbia avuto paura di riprendere Euridice con sé, spaventato dall’idea di ricadere nella routine. 
E’ più che plausibile che la stessa Euridice, varcata ormai da giorni la soglia dell’al di là, sia stata colta dai dubbi, dalla paura di dover rivivere tutto dall’inizio: morte, separazione, senso di smarrimento.
Che dire poi di Teseo? Tutti conosciamo il mito e sappiamo che abbandonerà Arianna su un’isola. Ma se lui avesse previsto tutto fin dall’inizio? Se l’abbandono fosse stato premeditato, se lui non l’avesse mai amata e se ne fosse servito sin dal primo momento solo perché aveva bisogno del suo aiuto per uccidere il Minotauro?

“L’amore prima di noi” di Paola Mastrocola è un libro molto affascinante, ma un consiglio prima che decidiate se affrontare o meno la sua lettura.
Siete tra coloro che si sono sempre interrogati sul seguito del e vissero felici e contenti?
Se la risposta è affermativa allora questo è il vostro libro, in caso contrario…