lunedì 2 settembre 2019

“Shonin-ki” di Natori Masazumi (a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia)

Shonin-ki
di Natori Masazumi
FELTRINELLI
Lo Shonin-ki è uno dei quattro hi densho, ossia uno dei quattro documenti di trasmissione segreti scritti dai ninja, che compongono l’insieme delle conoscenze di tutte le scuole ninjutsu.

Lo Shonin-ki fu scritto nel 1681 da Natori Masazumi, un maestro samurai divenuto poi un maestro ninja che guidò uno dei più importanti clan shinobi.

Il volume si apre con un’interessante ed esaustiva introduzione di Marina Panatero e Tea Pecunia, curatrici di questa edizione edita da Feltrinelli, in cui ci viene raccontato chi fossero veramente i ninja, quali insegnamenti gli venissero impartiti e come questi venissero poi tramandati.
  
Per prima cosa dobbiamo subito sgomberare il campo dall’immagine stereotipata e fumettistica del ninja vestito di nero, del supereroe dotato di poteri soprannaturali.
Se poi siete curiosi di sapere come si è giunti a questa immagine distorta dei ninja, nel libro troverete ogni approfondita spiegazione in merito.

Il ninjutzu non è una disciplina, ma piuttosto una scienza, una scienza di combattimento e di sopravvivenza; lo si può definire però anche un’arte, l’arte di agire in segreto.

Il ninja non è dotato di nessun superpotere; prerogative del ninja sono la resistenza psicologica e fisica, la vigilanza, l’autodisciplina, la capacità di trovare una via di uscita in qualunque situazione, la sopportazione del dolore e della sofferenza, il saper lasciare andare.

Il saper lasciare andare? Ricorda qualcosa? Ebbene sì, nel ninjutsu ritroviamo il cuore dello zen e delle maggiori arti marziali: la ricerca di uno stato di vacuità superando l’ego.

Il ninja affina le sue percezioni in modo da riuscire a sfruttare quelle risorse che vanno oltre ciò che gli esseri umani percepiscono attraverso i tradizionali cinque sensi.

Il ninja, oltre che delle armi convenzionali, si avvale anche di armi non materiali, non fisiche.
La manipolazione psicologica ad esempio sfrutta le fondamentali debolezze ed i bisogni umani: proprio la guerra psicologica era l’arma più efficace di cui si avvalevano le donne ninja (kunoichi). 

Il libro è suddiviso in quattro parti. Abbiamo la prefazione scritta da Katsuda Kakyusai Yoshin e poi l’opera vera e propria, scritta da Natori Masazumi, ripartita in capitoli di apertura, capitoli mediani e capitoli finali.

Nel testo oltre ad elencare gli equipaggiamenti necessari al ninja, lo si istruisce anche su come comportarsi e come difendersi dal nemico, su quali siano i rituali segreti e le formule magiche di protezione, su come indurre le persone a dire ciò che pensano e a svelare segreti, su come creare confusione per mettersi al riparo, su come leggere gli stati emotivi delle persone e molto altro ancora.

Ma quali sono le differenze tra ninja e samurai, tra ninjutzu e bushido?

Per iniziare possiamo dire che, mentre per il samurai l’obiettivo è la conservazione dell’onore, per il ninja l’obiettivo è la sopravvivenza, ragion per cui molto difficilmente egli commetterà harakiri.

Lo spirito shinobi è diverso da quello samurai: il ninja è infatti disciplinato a sopportare anche la vergogna e questo comporta una profonda differenza tra le due mentalità.

Inoltre, i samurai sono guerrieri devoti al servizio di un signore, i ninja sono invece al servizio di se stessi e difendono esclusivamente il loro clan di appartenenza, sono quindi dei mercenari.

I ninja si avvalgono di tecniche che prevedono il tradimento e il sotterfugio, quanto di più distante dalla rigida etica dei samurai.
Nonostante l’apparenza, però, i ninja hanno anch’essi una loro integrità personale e professionale perché, seppur sleali verso il nemico, sono leali fino alla morte nei confronti del patriarca del loro clan (il jonin).

I ninja sono organizzati in un sistema gerarchico che rispettano scrupolosamente anche se, in passato, sono stati spesso visti come degli “antisamurai” proprio per questo loro essere individualisti ed anticonformisti.

Mi rendo conto che non è assolutamente facile riuscire a condensare in poche righe la vastità dell’argomento, ma spero di essere riuscita almeno ad incuriosirvi quel tanto che basta da spingervi a voler approfondire il tema.

Perché leggere questo libro?

Primo perché che fa luce su una figura, quella del ninja, di cui tutti noi parliamo, ma della quale in realtà non conosciamo nulla e che, al di là degli stereotipi, è una figura dotata di grande fascino e spessore.

Secondo perché lo Shonin-ki è un manuale di sopravvivenza che educa a perseverare e a resiste nonostante le difficoltà che si incontrano.
Il ninja è astuto, determinato e sa adattarsi a qualunque situazione, sa intuire il pericolo e sa proteggersi, tutto questo può tornare molto utile anche a noi nella vita di tutti i giorni.

Lo Shonin-ki insegna la flessibilità e la resistenza, in una parola insegna la resilienza, una caratteristica che tutti noi dovremmo cercare di fare nostra per riuscire a resistere agli urti di questa nostra vita iperconnessa ed iperattiva e ai ritmi frenetici che il mondo di oggi ci impone.







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