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sabato 20 gennaio 2024

“I Diari di Dante” di Riccardo Starnotti

Secondo una leggenda medievale la Divina Commedia sarebbe stata spiegata nella sua totalità solo dopo settecento anni dalla sua stesura o dalla morte del suo autore.

30 Marzo 2009. Riccardo compie 25 anni, non è nel mezzo del cammin della sua vita, ma ha pur sempre raggiunto un traguardo, il quarto di secolo.  Il tempo della profezia sta per scadere e lui da qualche notte fa uno strano sogno, sempre lo stesso. E se fosse proprio lui il prescelto per risolvere l’enigma? Una serie di coincidenze lo conducono alla scoperta di una pergamena antica. La pergamena riporta una bellissima poesia in terzine dantesche che fa pensare che il suo autore potrebbe essere addirittura il Sommo in persona.

Inizia così un affascinante viaggio alla scoperta del significato del testo poetico, un percorso che parte da Firenze e attraversa diverse località del Casentino, un viaggio fatto di incontri speciali e di testi antichi, di luoghi singolari, senza mai perdere di vista la letteratura dantesca.   

Più volte Riccardo si sentirà dinnanzi alle terzine che celano il mistero con le loro “parole di colore oscuro” come Dante di fronte alla porta dell’Inferno, ma non si scoraggerà mai, sostenuto sempre dalla presenza della dolce compagna Irene.

“I Diari di Dante. La leggenda si avvera” si preannuncia essere il primo volume di una trilogia. Un testo molto diverso da quello che mi sarei aspettata, ma conoscendo l’autore non stupisce che la sorpresa potesse nascondersi dietro l’angolo. Invero, questo libro ha un taglio molto particolare che non permette in alcun modo di inserirlo in uno specifico genere letterario.

Sulle parole di Dante Riccardo Starnotti ci conduce alla scoperta delle località meno conosciute del Casentino, ci fa conoscere i misteri del luogo da dove il viaggio ebbe inizio, San Miniato al Monte a Firenze, ci porta nella burella del bellissimo castello di Poppi.

Tra queste pagine, però, non troviamo solo luoghi, poesia e alchimia, ma anche tanti personaggi affascinanti e una gustosa guida enogastronomica perché, come non manca mai di ricordare Riccardo, anche la fase “mastica” ha la sua importanza quanto quella mistica.

Il libro di Riccardo Starnotti è anche uno zibaldone di pensieri che inducono il lettore ad interrogarsi su tante tematiche, che non necessariamente debbono essere ricondotte alla poetica dantesca, come il vero significato della filosofia, la necessità di ritrovare un ritmo lento, il piacere della scoperta, il piacere di imparare cose nuove solo per il gusto di farlo.

A questo punto credo sia doveroso spendere qualche parola sull’autore di questo libro. Riccardo Starnotti è davvero un personaggio. Guida turistica e ambientale, è solito condurre visite dantesche nei luoghi dove il poeta nacque e visse durante l’esilio e in quei posti menzionati nella Divina Commedia. Riccardo si è tanto calato nella parte che ormai anche i suoi amici stentano a riconoscerlo quando si presenta loro in borghese.

Il suo libro per quanto romanzato è fortemente autobiografico. Riccardo, infatti, ha fatto propria la missione di riuscire a rendere fruibile e comprensibile a tutti la Divina Commedia. È presidente dell’Associazione Culturale Amici di Dante in Casentino che si  occupa di far riscoprire i luoghi danteschi e dal 2021 ha lanciato la prima piattaforma e-learning per spiegare in maniera semplice e chiara il testo che ha dato vita alla lingua italiana, DANTFLIX. Trovate Riccardo Starnotti su Instagram e Facebook come @viajandocondante 






domenica 12 novembre 2023

“Tana Alighieri” di Elena Petrioli

La cosa bella della Storia è la sua capacità di riuscire a meravigliarci di continuo perché ci sarà sempre qualcosa rimasto a noi celato nelle pieghe del tempo.

Ecco quindi che non stupisce se la maggior parte di noi fino ad oggi ha ignorato che Dante Alighieri avesse una sorella di nome Gaetana (o Tana). 

La vita talvolta riserva delle sorprese come è accaduto all’autrice di questo saggio. Mai, Elena Petrioli avrebbe immaginato che, per una concatenazione di eventi inaspettati, si sarebbe ritrovata un giorno addirittura ad impersonare Tana Alighieri facendo visite guidate teatralizzate.

Ognuno durante la pandemia ha reagito a suo modo ed Elena Petrioli, affermata guida turistica da oltre venticinque anni nonché appassionata di storia locale, ha rivolto in quei giorni il suo sguardo verso il Sommo.

Senza rendersene conto si è trovata a seguire le tracce della sorella di Dante, immedesimandosi così tanto nella sua storia da riuscire persino, a distanza di secoli, a riportarla in vita per le vie di Firenze.

Come nasce l’idea di questo breve saggio? Poiché risultava ovviamente impossibile trasmettere tutte le informazioni su Tana Alighieri, per quanto  purtroppo alquanto esigue, durante una visita guidata, Elena Petrioli ha avvertito la necessità di mettere per iscritto, in maniera ordinata e puntuale, una summa di quanto già pubblicato e dibattuto su questa figura quasi sconosciuta, ma alquanto importante nella vita di Dante.

Elena Petrioli, però, non si è limitata ad una mera ricerca bibliografica, ma ha confrontato tra loro le ipotesi e le argomentazioni a sostegno delle stesse dei vari storici che si sono succeduti nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Ha esaminato gli stessi testi danteschi e gli scritti degli autori a lui contemporanei e, infine, ha verificato in prima persona ed esaminato documenti d’archivio in maniera minuziosa e capillare così che non venisse tralasciato alcun dettaglio utile alla ricerca. Si è dedicata anche ad un attento studio topografico con l'intento di identificare, quanto più possibile, i luoghi dove si svolsero gli eventi trattati.

In questo saggio, non solo troverete la storia di Tana Alighieri, sorella maggiore di Dante e moglie del ricco mercante Lapo Riccomanni, ma anche una breve sintesi di come si presentasse la Firenze dell’epoca dal punto di vista politico, economico, sociale e topografico.

Le contraddizioni, ad un occhio moderno, potrebbero sembrare molte, per questo l’autrice ha ritenuto necessario fornire qualche breve indicazione al lettore affinché questi avesse le giuste coordinate per meglio addentrarsi nella storia. Era indispensabile per prima cosa, poi, fare chiarezza sull’annosa questione relativa alle differenze tra magnati e popolani.

“Tana Alighieri” è una lettura piacevole e interessante che riesce a far convivere nelle sue pagine due storie parallele: quella contemporanea, dell’autrice, con le sue passioni, le sue aspirazioni e le sua esperienze, e quella medievale, prettamente storica, legata al personaggio di cui si narra e di cui viene tracciato un profilo, se vogliamo, anche romantico di sorella premurosa e di moglie discreta ma capace, se necessario, anche di affiancare il marito negli affari.





lunedì 18 settembre 2023

“Dante” di Marco Santagata

Dante si sentiva un predestinato, lo si evince dalle sue opere e da come condusse la sua vita. Uno degli aspetti più rilevanti della sua personalità fu il suo sentirsi diverso. In ogni evento della sua esistenza, in ogni cosa detta e fatta, che si trattasse della morte della donna amata, della sua attività politica o della condanna all’esilio, egli vi intravide sempre la mano del destino.

Santagata si interroga su come potesse venire percepita dagli altri la personalità di un uomo tanto particolare e come potesse essere giudicato dai suoi contemporanei. L’immagine che noi abbiamo di Dante oggi è spesso quella di un uomo egocentrico e persuaso della propria eccezionalità. Un uomo che non proveniva da una famiglia magnatizia, ma che, come tale, aveva scelto di vivere. Aveva amicizie altolocate, aveva sposato una Donati e lo studio, la letteratura, la filosofia erano le uniche occupazione che riteneva adatte a lui, sebbene questo gli procurasse delle difficoltà economiche talvolta anche piuttosto rilevanti come si evince dalle fonti archivistiche.

Il libro di Marco Santagata è, come recita il sottotitolo, il romanzo della vita del Sommo Poeta. Un’esistenza che indubbiamente fu ricca di avvenimenti e consumata in un’epoca assai movimentata dal punto di vista sociopolitico. In verità, il libro è un saggio molto ben documentato e articolato, la cui lettura  si presenta scorrevole come quella di un’opera romanzata.

Il racconto della vita di Dante Alighieri non può prescindere dal racconto della storia di Firenze. Santagata ci riporta dettagliatamente gli eventi di quel tempo e ci racconta dei vari personaggi che vi presero parte regalandoci un quadro vivissimo di quell’epoca.

Dante non visse però sempre a Firenze ed ecco, allora, che Santagata ci narra anche delle diverse realtà al di fuori di Firenze e delle varie corti nelle quali l’esule trovò asilo. Lo storico indaga quindi anche i rapporti, famigliari e politici, che legavano tra loro i vari personaggi, gli appoggi sui quali Dante poté contare e quali furono i pericoli che corse.

Tra le pagine del libro non troviamo solo il racconto di Guelfi e Ghibellini, magnati e popolani, battaglie e scontri tra fazioni, ma Santagata va alla ricerca anche dei dettagli, se vogliamo, più intimi della vita di Dante.  Tenta di fare emergere ad esempio la figura del Dante bambino di cui è rimasta solo un’impercettibile traccia. All’epoca, infatti, si pensava che non fosse di alcuna utilità riportare i fatti privati dell’infanzia e della giovinezza di un individuo in quanto privi di valore morale esemplare. Cerca inoltre di comprendere quale fu il rapporto tra Dante e la moglie Gemma, che tipo di padre egli fu e che rapporto ebbe con le sorelle, in particolare con Tana, e con l fratello Francesco.

Il libro di Santagata prende in esame ogni aspetto della vita di Dante Alighieri riuscendo ad intrecciare gli eventi pubblici e privati della sua vita con le sue opere.  Marco Santagata rilegge i vari passi degli scritti mettendoli in relazione con i fatti occorsi nella vita del poeta in quegli stessi anni in cui le varie parti delle opere vennero elaborate riuscendo così a darcene un'interpretazione più completa e, anche se talvolta non proprio condivisibile, senza dubbio sempre interessante e affascinante.

Un saggio dettagliato, ben documentato, scorrevole. Una lettura estremamente piacevole che conferma l’ottimo giudizio su Santagata che avevo avuto leggendo il suo “Le donne di Dante”.





domenica 20 agosto 2023

“Il Barone. Corso Donati nella Firenze di Dante” di Silvia Diacciati

Nipote di Gualdrada Donati, colei che secondo la leggenda provocò la nascita delle più famose fazioni della storia, quelle dei Guelfi e dei Ghibellini, Corso Donati nacque intorno alla metà del Duecento.

Le ricchezze della famiglia Donati provenivano dai loro possedimenti fondiari sparsi nel contado fiorentino, dal prestito ad usura, dal finanziamento di imprese commerciali, mercantili e bancarie e infine dai proventi della guerra. 


I maschi della famiglia, infatti, così come quelli delle famiglie loro pari, eccellevano nell’arte delle armi e Corso non era ovviamente da meno.


Le cronache lo ricordano come un cavaliere di grande valore, suo fu il merito della vittoria nella battaglia di Campaldino (1289), un uomo bellissimo, oratore raffinato, impavido ma anche irrequieto, violento, collerico, dispotico e troppo ambizioso.

Corso Donati si macchiò della pena più infamante ovvero quella di aver anteposto il proprio interesse a quello di Firenze.


Fu seguito da molti e maledetto da altrettanti, ma di certo chi più di tutti odiò Bonaccorso di messer Simone dei Donati, detto il Barone, fu Dante Alighieri che, per vendicarsi, lo condanno alla damnatio memoriae. Corso, infatti, non viene mai nominato nell’opera più famosa del Sommo Poeta, la Commedia.


Il libro di Silvia Diacciati è molto particolare. Si legge velocemente come un romanzo, essendo scritto con una prosa estremamente piacevole e scorrevole, ma si tratta in verità di un saggio molto ben articolato e dettagliato. Nulla di ciò che viene riportato è frutto di fantasia anche se a volte si potrebbe stentare a crederlo.


Si tratta di un testo senza dubbio di carattere divulgativo, ma risulta comunque insolita la scelta dell’autrice di non aver inserito delle note che riportino quanto meno i riferimenti dei documenti d’archivio consultati e una ampia bibliografia a termine del volume.


In merito a questo saggio avevo letto qualche critica sul fatto che non aggiungesse nulla di nuovo a quanto conosciuto dai più. Non sono assolutamente d’accordo perché si tratta di un lavoro capillare e molto ben documentato. Tantissimi sono i riferimenti alle fonti letterarie, alla cronachistica e alla documentazione d’archivio.


Il testo riesce ad inquadrare perfettamente il personaggio nel periodo storico in cui visse senza limitarsi, come spesso accade, a prendere in esame solo la fase in cui si svolsero le lotte tra Bianchi e Neri. Numerosi sono anche gli interessanti aneddoti che riguardano la vita di Corso e dei suoi amici, famigliari e avversari.


Dalle pagine di questo saggio emerge la figura di un personaggio che, se pur con mille difetti, fu a suo modo una figura eroica ed estremamente affascinante, pertanto, più che degna di essere ricordata tra le più importanti figure della storia fiorentina.

 




lunedì 10 luglio 2023

‘Le donne di Dante” di Marco Santagata

Il libro inizia analizzando l’origine del nome Alighieri. Gli Alighieri presero il nome da una donna che andò in sposa al capostipite della famiglia di nome Cacciaguida, il trisavolo di Dante, che questi incontra nel Paradiso. Il nome Alighiero inizia ad imporsi per il casato proprio dal nome uno dei figli di Cacciaguida.

Nella prima parte del libro Marco Santagata si focalizza sulle donne di casa Alighieri facendo riferimento anche a quel poco che conosciamo dell’infanzia di Dante. Ci racconta della madre Bella, del padre, delle due sorelle, in particolare di Tana (Gaetana), e del fratello minore Francesco, nato dal secondo matrimonio contratto dal padre con Lapa.

In questa prima parte l’autore si concentra in particolare sulla storia di Firenze, confrontando la vita ai tempi di Cacciaguida con quella dell’’epoca di Dante.

Passa poi ad esaminare dettagliatamente quali furono i rapporti di Dante con la politica del suo tempo. Racconta dei Donati, dei Cavalcanti, dei Cerchi e, ovviamente, delle donne della vita del Sommo Poeta. Oltre alla sorella Tana, vengono presentate Beatrice, la moglie Gemma e Piccarda, sorella di Corso Donati.

Nella seconda parte Marco Santagata analizza più dettagliatamente gli scritti di Dante, non limitandosi alla sola Commedia. Passa quindi in rassegna le donne menzionate dal poeta, cercando di individuare ogni possibile corrispondenza tra figure femminili presenti nelle opere e personaggi realmente esistiti.

L’ultima parte del libro è infine dedicata al racconto delle nobildonne, di cui si parlava a Firenze e di cui Dante aveva sentito parlare prima di essere esiliato, e dei feudatari dell’Appennino con cui invece il Dante esule entrò poi in contatto.

Il libro di Marco Santagata è un saggio ben costruito, minuzioso e ben argomentato.

Bellissima la veste grafica del volume corredata di tantissime illustrazioni che contribuiscono a renderlo ancora più prezioso.

La scrittura è oltremodo scorrevole e, anche nei passaggi più difficili, l’autore riesce sempre a coinvolgere il lettore facendogli mantenere alta l’attenzione sull’argomento  affrontato.

Un testo chiaro, semplice ma allo stesso tempo mai banale o noioso. Davvero un ottimo libro che invoglia fin dalle prime pagine a riprendere in mano le opere di Dante. 

Assolutamente da leggere.


 

martedì 6 settembre 2022

“Dante” di Alessandro Barbero

l volume si apre con il racconto della battaglia di Campaldino avvenuta il giorno 11 giugno del 1289. Tra le fila dell’esercito guelfo, formato in prevalenza da fiorentini, c’era anche Dante Alighieri. Egli, non solo partecipò alla battaglia, ma venne schierato tra i feditori ossia tra quei cavalieri che avevano il compito di scontrarsi per primi con il nemico. La battaglia decretò la sconfitta dell’esercito ghibellino.

Ma come facciamo ad essere così sicuri che Dante partecipò a quella battaglia armato da cavaliere e schierato tra i feditori? L’autore attraverso le fonti d’archivio, i documenti e l’analisi degli stessi testi danteschi ci spiega come sia possibile che si conoscano di lui tante più cose rispetto ad ogni altro personaggio dell’epoca. Egli stesso ci ha lasciato testimonianze personali e altrettante testimonianze le possiamo trovare tra gli scritti dei suoi contemporanei. Non dobbiamo dimenticare che Dante era già famoso alla sua epoca.

Nonostante le fonti però tanti sono ancora i tasselli mancanti. Molto poco sappiamo, infatti, della vita che condusse in esilio. Non ci sono documenti d’archivio che ci parlino dei suoi ultimi vent’anni e i criptici accenni autobiografici si prestano alle più svariate interpretazioni.

Il viaggio di Barbero ci conduce alla scoperta di un Dante Alighieri nelle sue varie sfaccettature: politico, innamorato, poeta, marito, amico, padre, cavaliere, esule, cortigiano. Molto spazio è dato all’indagine dei legami famigliari, a chi fossero stati i suoi antenati e quali i suoi discendenti. Inoltre, viene condotto anche un attento studio delle sue proprietà e della sua attività finanziaria svelandoci così un Dante, per certi versi inedito, non consacrato esclusivamente alla politica e alla poesia come spesso ci viene descritto.

Dante era nobile? Chi furono i suoi amici? Cosa conosciamo della sua formazione culturale? Cosa sappiamo del suo matrimonio? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui l’autore cerca di dare una risposta esaustiva rifacendosi scrupolosamente alle fonti.

Il libro di Alessandro Barbero è un testo molto articolato, preciso e dettagliato. Tantissime le fonti citate e numerosissimi i documenti d’archino presi in esame e qui riportati. È indubbio che alla base di questo saggio ci sia un grandissimo lavoro di ricerca e lo dimostrano sia la vastissima bibliografia di ben 20 pagine sia le numerosissime note al testo per un totale di 59 pagine.

Non posso concordare però con chi lo descrive come un libro che si legge come un romanzo. Ad essere sincera mi aspettavo una lettura più scorrevole, un testo più snello. I numerosi riferimenti alle fonti d’archivio e ad una moltitudine di personaggi, spesso sconosciuti ai più, spezzano inevitabilmente il ritmo della lettura. Il testo acquista velocità e scioltezza, infatti, proprio laddove le fonti sono più scarne ovvero nella seconda parte del volume, quella dedicata al periodo dell’esilio del poeta.

Non fraintendetemi, non sto assolutamente dicendo che non sia un testo valido, semmai tutt’altro. Semplicemente a mio avviso “Dante” di Alessandro Barbero non è quello che si può definire un testo divulgativo, nel senso di una lettura facile, ma piuttosto un saggio abbastanza impegnativo che, pur non richiedendo al lettore ottime conoscenze di base dell’argomento trattato, richiede comunque tanta concentrazione.



 

lunedì 13 settembre 2021

Colle Val d’Elsa - San Miniato

Siamo arrivati all’ultimo post dedicato alla mia vacanza in Toscana.

Famosa per la produzione di cristallo Colle Val d’Elsa è arroccata su un alto poggio e presenta tutte le caratteristiche degli antichi borghi. 



Sono sinceramente rimasta un po’ stupita dal fatto che nonostante le sue evidenti potenzialità questo paese non sia molto visitato. 



Non saprei dirvi se a dissuadere i turisti sia la parte bassa del paese ossia Colle Bassa così chiamata per differenziarla dalla parte più antica appunto denominata Colle Alta. In effetti la distesa disordinata di edifici che caratterizza la parte moderna della città ha dissuaso anche me per anni dal visitare l’antico borgo.



Colle Val d’Elsa diede i natali ad Arnolfo di Cambio. La torre di Arnolfo, una delle varie case torri presenti, è così chiamata proprio perché vi nacque il celebre scultore e architetto.



Poco più avanti della torre di Arnolfo troviamo la piccola chiesa romanica di Santa Maria in Canonica costruita nei XII-XIII secolo, ma le cui origini si ritengono ancora più antiche. All’interno di notevole pregio la pala d’altare opera di Pier Francesco Fiorentino raffigurante la Madonna con bambino e santi.



Non sono riuscita purtroppo a visitare il Museo civico e d’arte sacra. Un buon motivo per tornare a Colle Alta, voi che ne dite?



Ultima tappa, prima di ripartire sulla via di Pisa, mi sono fermata a San Minato che si trova più o meno a metà strada tra Pisa e Firenze.  



Raggiungere il suo centro storico richiede una buona dose di fiato perché è situato in cima ad una collina a circa 4 km dall’abitato di San Miniato Basso. La fatica però è ben ripagata perché raggiunta la rocca si gode di una stupenda vista della campagna circostante.



La torre di Federico II si deve alle modifiche federiciane della fortificazione che già Ottone I aveva voluto come sede dei vicari imperiali. 

La rocca costituiva il nucleo interno di un ampio circuito difensivo del quale facevano parte la torre di Matilde, l’attuale campanile della Cattedrale, e la torre delle cornacchie, abbattute del XVIII secolo.  

La torre fu distrutta nel 1944 e ricostruita secondo le forme originali.



Nel XIII canto dell’Inferno nella selva dei suicidi Dante incontra il personaggio di Pier Delle Vigne, tesoriere e segretario di Federico II, che accusato di tradimento e corruzione venne imprigionato e accecato. Si narra che Pier delle Vigne venne imprigionato proprio nella rocca di San Miniato.


Ai piedi della rocca un masso riporta incise le parole di Dante a lui dedicate:


“Io son colui che tenni ambo le chiavi del Cor di Federigo, e che le volsi, serrando e disserrando, sì soavi che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi: fede portai al glorioso offizio, tanto ch'i ne perde' li sonni e' polsi."






giovedì 6 maggio 2021

“Dante enigma” di Matteo Strukul

Dopo la disfatta delle truppe senesi alle Giostre del Toppo il 26 giugno 1288, Corso Donati brama sempre più la guerra e cerca in ogni modo di spingere Firenze a scendere in campo contro Arezzo e Pisa.

A Pisa Ugolino della Gherardesca, schierato con i guelfi, è stato imprigionato nella Torre della Muda dove verrà lasciato morire di fame insieme ai figli e ai nipoti.

Dante è un uomo giovane e innamorato di Beatrice, la donna alla quale non potrà mai dichiarare il proprio amore. Demoralizzato per non poter vivere apertamente i propri sentimenti sceglie di rifugiarsi nelle lettere e nella poesia.

Gemma, sua moglie, non riesce a darsi pace della freddezza che Dante le riserva e giorno dopo giorno cerca in ogni modo di abbattere i muri innalzati dal marito. Non sarà facile per lei convincerlo a scegliere di accogliere anche la parte più reale della vita, ma Gemma è una donna determina e coraggiosa, nulla la spaventa tranne l’idea di perdere in battaglia l’uomo che ama.

Dante si arruolerà infatti come feditore tra le fila di Vieri de’ Cerchi, l’antagonista di Corso Donati, e parteciperà all’epocale battaglia di Campaldino dove l’11 giugno 1289 le truppe alleate di Firenze, Pistoia, Lucca, Siena, Volterra con l’appoggio del re di Francia affronteranno e sconfiggeranno i ghibellini aretini.

Chi è il Dante di Matteo Strukul? È un uomo di lettere, un poeta, un innamorato, un amico, un visionario, un marito, un soldato, ma sopratutto è un uomo che deve fare i conti con un mondo nel quale stenta a riconoscersi, un mondo violento ed estremista, dove non è contemplata alcuna neutralità, o si è guelfi o si è ghibellini, o sì è seguaci della fazione dei Donati o di quella dei Cerchi.

Tra verità storica e finzione letteraria il romanzo racconta la vita di Dante fino alla vittoria dei guelfi nella battaglia di Campaldino; evento che, per la sua sanguinosa ed efferata violenza, segnò profondamente l’immaginario dantesco.

Il Dante nel romanzo soffre di epilessia, la storiografia non conferma né smentisce tale ipotesi, ma queste crisi si prestano ottimamente allo sviluppo narrativo anticipando sia le infernali visioni presenti nella prima cantica della Divina Commedia sia proprio quegli svenimenti a cui Dante andrà soggetto nel corso del viaggio ultraterreno da lui narrato “e caddi come corpo morto cade”.

Come sempre nei romanzi di Strukul molti sono i personaggi che si muovono intorno al protagonista e che entrano immediatamente nel cuore del lettore.

In questo caso abbiamo la figura dell’artista Giotto, amico e confidente di Dante, sempre pronto a venire in suo soccorso. Non ci sono certezze del fatto che i due si conoscessero e che tanto più si frequentassero, ma essendo entrambi vissuti a Firenze in quello stesso periodo, quanto narrato nel romanzo seppur non reale resta quanto mai verosimile.

Inoltre molto appassionante è la storia della moglie di Ugolino della Gherardesca Capuana da Panico che, insieme al Lancia braccio destro del marito, vuole vendicarne la morte.

In generale non amo molto le pagine dedicate al racconto delle battaglie, ma Matteo Strukul è un vero maestro nel saperle narrare, riesce davvero a far appassionare anche i lettori più distaccati. Strukul ha, infatti, il dono prezioso di saper condurre il lettore al centro della mischia rendendolo partecipe non solo dello scontro armato ma anche delle emozioni e dei pensieri propri di coloro che lo stanno combattendo.

"Dante enigma" è un racconto affascinante come il suo protagonista, il “poeta guerriero” come viene definito da Omero nelle pagine del romanzo. 

Ci sarà un seguito? L’autore non l’ha escluso, staremo a vedere…








domenica 28 febbraio 2021

“A riveder le stelle” di Aldo Cazzullo

Nella primavera del 1300, il giorno di Venerdì Santo Dante si smarrisce nella selva oscura dove tre fiere (una lupa, una lonza e un leone) gli sbarrano il passo.

Verrà soccorso, come tutti sappiamo, da Virgilio che lo accompagnerà nel suo lungo viaggio nell’Inferno e nel Purgatorio fino a quando un’anima più degna, Beatrice, giungerà a sostituirlo per accompagnare il poeta nel Paradiso.

Aldo Cazzullo ci racconta il viaggio di Dante attraverso l’Inferno e, quasi vestendo egli stesso i panni di un novello Virgilio, conduce il lettore alla riscoperta dei più famosi passi della Divina Commedia o almeno di quelli della prima cantica.

Incontriamo così i personaggi più celebri, quelli di che tutti noi abbiamo incontrato almeno già una volta nella vita sui banchi di scuola: Francesca da Rimini, il conte Ugolino, Farinata degli Uberti, Vanni Fucci, Brunetto Latini, Ulisse, solo per citarne alcuni.

Il libro non vuole essere un commento della Divina Commedia, ma piuttosto un invito alla lettura della stessa, un viaggio attraverso il mondo dantesco.

Un omaggio a colui che fu il vero padre dell’Italia intendendo per tale, non la nazione che noi oggi conosciamo, ma piuttosto quella terra, la nostra patria, che egli per primo definì il Bel Paese e della cui lingua egli fu il padre indiscusso.

L’Italia è una nazione che, prima che dall’unione politica, è nata dalla cultura e dalla bellezza, è nata con Dante e con tutti i poeti, scrittori, artisti venuti dopo di lui e che a lui devono moltissimo come tutti noi.

Proprio in questa prospettiva, pagina dopo pagina, scopriamo quanta influenza Dante abbia avuto non solo sulla formazione di noi italiani e sulla nostra cultura, ma anche su tutta la letteratura mondiale da Boccaccio a Shakespeare, da Borges a Dino Campana fino ad arrivare a scrittori contemporanei e inaspettati come George R.R. Martin.

Un viaggio affascinante quello che il lettore si trova a percorrere tra le pagine di questo libro tra celebri citazioni dantesche, versi di poeti italiani e stranieri e citazioni di canzoni d’autore come quelle di Guccini e Lucio Dalla.

Il libro di Cazzullo è un libro leggero, nel senso positivo del termine, ossia un libro che si lascia leggere facilmente, non è pretenzioso e allo stesso tempo non è mai banale, un libro che sollecita continuamente il lettore ad interrogarsi sulla nostra identità nazionale e su quanto Dante abbia contribuito alla sua nascita.

L’autore è riuscito ad evidenziare la grande attualità e modernità della Divina Commedia senza mai decontestualizzare, rimanendo sempre fedele al testo e alla sua originalità.

Un libro che invoglia a riprendere in mano l’opera di Dante e che ci fa ringraziare la nostra buona stella per la fortuna di poter leggere un tale grandioso poema nella nostra lingua madre seppure quella di settecento anni fa.



giovedì 13 agosto 2020

“L’enigma d’amore nell’Occidente medievale” di Annarosa Mattei

C’è stato un tempo, centinaia di anni fa, in cui l’amore era declinato al femminile; in lingua d’oc l’amore era detto la fin’amor o amor nova, il libro ne racconta le origini.

Celebrata dai trovatori sul finire dell’anno Mille nei feudi situati tra la Provenza e l’Aquitania la fin’amore si espanse nelle terre circostanti fino a raggiungere, trasformandosi e assumendo caratteristiche diverse, il Nord della Francia, la penisola Iberica, l’Inghilterra, le Fiandre, la Germania e l’Italia.

Il discorso d’amore fu soggetto ad una violenta repressione da parte della Chiesa che, per opportunità politica e per difendere i propri dogmi, non poteva certamente favorire una visione del mondo così secolare e libertaria.

La fin’amor rappresentava infatti in un certo senso l’emancipazione laica dalla tutela religiosa e, altro elemento da non sottovalutare, poneva in primo piano la figura femminile inserita al centro di un percorso di formazione morale e sentimentale.

In quegli anni, inoltre, si stava diffondendo un radicale movimento evangelico, il catarismo, giudicato eretico dalla Chiesa.

Il catarismo aveva molte affinità con la fin’amor in quanto, oltre a promuovere la libera conoscenza e l’accesso diretto alle fonti, sosteneva l’idea dell’uguaglianza tra l’uomo e la donna.

Con la crociata contro gli Albigesi, indetta da papa Innocenzo III, che ebbe luogo tra il 1209 e il 1229 per estirpare il movimento nei territori della Linguadoca, non solo il movimento dei catari, ma anche la fin’amor subì conseguentemente un brusco arresto.

Alla sua nascita la lingua d’amore era fondata sul gusto della vita, sulla ricerca della bellezza, del piacere e dell’eleganza.

Quella decantata dai poeti era una nuova idea dell’amore e della donna che veniva celebrata così attraverso la poesia, la danza, il canto e la musica.

Il grande canto cortese e le regole della gaia scienza affinarono e ingentilirono i modi di quella classe originariamente guerriera priva di buone maniere e di eleganza.

Nel corso del tempo a seconda del territorio e del suo substrato culturale, così come in base agli accadimenti storici e ai rivolgimenti politici, la fin’amor assunse caratteristiche sempre diverse dando vita a nuovi generi come ad esempio il roman.

Il roman, che è poi alle origini del romanzo moderno, nacque proprio dall’incontro della fin’amor con la cultura classica tipica delle scuole clericali della Normandia e con i miti celtici radicati nella cultura bretone.

Allo stesso modo nei territori germanici troveremo i Minnesänger e in Italia i poeti federiciani e le variazioni tosco-emiliane fino ad arrivare all’avanguardia fiorentina con Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e i Fedeli d’Amore.

Il libro, oltre a passare in rassegna tutti i più grandi esponenti della letteratura d’amore dalle origini fino alla fine del XIII secolo, ci ricorda anche tutte quelle figure storiche che, con il loro mecenatismo, resero possibile lo sviluppo di tale corrente letteraria, prima fra tutte la celebre Eleonora duchessa d’Aquitania, regina di Francia e in seguito regina d’Inghilterra, figlia di Guglielmo X di Aquitania e madre del leggendario Riccardo Cuor di Leone e della colta Maria di Champagne.

La forza del libro di Annarosa Mattei è proprio la capacità dell’autrice di riuscire a ricreare il contesto storico in cui la fin’amor nacque e si sviluppò assumendo le più svariate forme e sfumature.

“L’enigma d’amore nell’occidente medievale” non è una mera storia della letteratura o una classica antologia dove i singoli autori vengono presi in esame con i loro testi, ma piuttosto un saggio completo in grado di regalare al lettore un quadro dettagliato e minuzioso delle condizioni storico-politiche-religiose e delle figure che contribuirono alla nascita del discorso d’amore e che ne permisero lo sviluppo e la trasformazione partendo dalle corti occitaniche per poi raggiungere tutta l’Europa.

 

 

sabato 11 luglio 2020

“Il cavaliere del Giglio” di Carla Maria Russo


IL CAVALIERE DEL GIGLIO
di
Carla Maria Russo
PIEMME
Il romanzo racconta la storia di Farinata degli Uberti, nobile condottiero fiorentino, celebre protagonista del X canto dell’Infermo di Dante.

Il racconto inizia nel 1216 quando Farinata è ancora un ragazzino di appena dodici anni, ma già si può scorgere in lui la figura di quello’uomo forte, autorevole e coraggioso che diventerà in seguito.

Terzo maschio di Jacopo degli Uberti, Farinata è il preferito del nonno Schiatta degli Uberti, capo indiscusso della  sua casata nonché personaggio molto rispettato dall’intera fazione ghibellina.

Da alcuni lustri a Firenze si respira un’aria distesa, guelfi e ghibellini sembrano aver raggiunto un equilibrio, ma tutto ciò non è purtroppo destinato a durare.

L’incidente che ridesta le ostilità tra i due partiti avviene al banchetto offerto dalla famiglia Mazzinghi per celebrare l’elevazione a cavaliere del figlio Mazzingo Tegrimi.

Complici il vino e le animosità mai davvero sopite, nasce una violenta discussione per futili motivi che degenera senza rimedio.
Buondelmonte dei Buondelmonti estrae il pugnale con l’intento di colpire a morte Oderigo dei Fifanti, ma fortunatamente questi viene raggiunto solo al braccio e non in pieno petto dove aveva mirato Buondelmonte.

Schiatta degli Uberti il giorno dopo cerca con ogni mezzo di scongiurare che le cose degenerino ulteriormente e, anche se a gran fatica, sembra riuscire a ricomporre la frattura.

I guelfi Buondelmonti si impegnano a chiedere pubblicamente scusa alla famiglia ghibellina offesa dalla quale riceveranno, secondo le usanze, il bacio della pace.
Buondelmonte per suggellare tale pace sposerà la figlia di una famiglia ghibellina.
La scelta ricade su Beatrice Pandolfini Amidei, nipote di Fante dei Fifanti.

Tale accomodamento però non è per nulla ben visto dal cugino di Buondelmonte, l’arrogante e invidioso Ranieri Zingane, né dall’ambiziosa e altera Gualdrada Donati che insieme complottano per mandare a monte il matrimonio con l’intento di scatenare una guerra ed allo stesso tempo umiliare il loro inviso comune nemico Schiatta degli Uberti. 

Il racconto del romanzo si conclude con l’epica battaglia di Montaperti (1260), una battaglia così cruenta e sanguinosa che Dante nella sua Divina Commedia la descrisse come “lo strazio e ’l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso”.

Tante cose accaddero nella vita di Farinata e in quella del suo inseparabile fratello Neri degli Uberti in quel lasso di tempo che va dal 1216 al 1260.

Il romanzo di Carla Maria Russo riesce a condensare tutto in solo trecento pagine: amori, battaglie, tradimenti, passioni e lo fa in modo incredibile.

I fatti si susseguono sotto i nostri occhi come se assistessimo agli eventi in prima persona; il ritmo del romanzo è incalzante, coinvolgente e non lascia al lettore un secondo di tregua.
Per chi come me poi conosce piuttosto bene la topografia di Firenze e di Siena nonché i territori circostanti dove si svolsero i fatti è impressionante vedere, leggendo le pagine del libro, come sia possibile distinguere ogni singolo dettaglio delle battaglie, degli spostamenti degli eserciti e non solo.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e l’autrice, pur attenendosi ad una scrupolosa e meticolosa ricostruzione storica, riesce a ricreare in modo magistrale le atmosfere proprie della narrazione romanzesca.

Vuoi per le letture dantesche, vuoi perché la storia viene di solito tramandata dai vincitori, in questo caso dai guelfi, la verità storica sulla famiglia degli Uberti e del partito ghibellino è giunta a noi piuttosto lacunosa e probabilmente anche distorta.

Il guelfo Dante però nel suo X canto dell’Inferno non manca di manifestare il suo più profondo rispetto nei confronti di Farinata degli Uberti, un uomo rigoroso, ma sempre coerente nelle sue scelte; un nemico per Dante, ma pur sempre un avversario politico di valore e, come tale, degno della sua stima.

Ranieri, detto Neri, era maggiore di un anno di Farinata, ma fin da quando erano bambini  aveva riconosciuto nel fratello minore quel capo che anche in età adulta avrebbe seguito riconoscendone le indiscusse capacità e virtù proprie di un guida.

Neri e Farinata erano entrambi coraggiosi, intraprendenti e leali, ma Farinata degli Uberti possedeva alcune virtù più sottili che lo differenziavano dal fratello, egli riusciva ad essere audace e umile allo stesso tempo, sempre attento e pronto nel saper valutare le situazioni così da poterle volgere a proprio vantaggio .

Per Farinata e Neri, così come per Schiatta degli Uberti e per tutti i loro antenati, l’onore e il nome della famiglia erano sacri.

Proprio in nome di questo loro onore, mai sarebbero venuti meno al sacro giuramento di difendere la città di Firenze anche a costo di dover piegare il loro orgoglio in difesa del Giglio di Firenze e dell’Aquila imperiale.

Accanto a uomini di tale reputazione ed integrità non potevamo non trovare donne di minor valore ed ecco allora apparire sulla scena la determinata, intraprendente e coraggiosa Adaleta e la bella, dolce e devota Gemma di Ranieri Zingane.

“Il cavaliere del Giglio” è stato una piacevole scoperta, un libro di cui mi sono innamorata fin dalle prime pagine, una storia ricca di avvenimenti e dai personaggi affascinanti e seducenti.

Le figure dei due fratelli che emergono dal romanzo di Carla Maria Russo richiamano alla memoria quelle di altre due celebri figure vissute quasi duecento anni dopo, Lorenzo e Giuliano de’ Medici.

Sarebbe bello un giorno poter vedere una serie TV tratta da questo entusiasmante romanzo che a mio avviso possiede tutti i requisiti necessari per una meravigliosa e appassionante trasposizione cinematografica.


“O Tosco che per la città del foco

vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco

La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,

a la qual forse fui troppo molesto".
Subitamente questo suono uscìo
d'una de l'arche; però m'accostai,

temendo, un poco più al duca mio.
Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s'è dritto:

da la cintola in sù tutto 'l vedrai".
 (Canto X, Inferno, Divina Commedia – Dante Alighieri)



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