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domenica 13 settembre 2020

“Il mare senza stelle” di Erin Morgenstern

Il quasi venticinquenne Zachary Ezra Rawlins è uno studente della facoltà di Nuovi media, frequenta il secondo anno di laurea specialistica e la sua materia di studio sono i videogiochi.

È un ragazzo schivo, nella sua vita qualche conoscenza, ma nessun vero amico; l’unica persona che potrebbe essere annoverata come tale è solo la sua compagna di studi Kat Hawkins, laureanda in Nuovi media e in Discipline teatrali.

Zachary ama leggere e perdersi nelle storie; assiduo frequentatore della biblioteca del campus, viene spesso scambiato per uno studente della facoltà di Letteratura.

Un giorno, prima dell’inizio dell’anno accademico, piuttosto casualmente si imbatte in biblioteca in uno strano volume intitolato “Dolci rimpianti”, un libro che racconta strane storie come quella del pirata e la fanciulla e di un mondo fantastico regolato da un ordine segreto di cui fanno parte custodi, adepti e guardiani.

A prima vista potrebbe sembrare una raccolta di storie fantastiche come tante altre se non fosse che, tra le varie storie, Zachary riconosce un episodio della sua infanzia.

Un giorno, quando era ancora un ragazzino, tornando da scuola aveva scorto in un vicolo una porta dipinta su un muro, apparentemente un trompe l’oeil molto ben eseguito, ma così realistico che Zachary si era trattenuto a stento dal tentare di aprire quella porta.

Zachary oggi si chiede cosa sarebbe accaduto se ci avesse provato.

Quale mondo avrebbe scoperto al di là di quella finta porta così perfetta da sembrare vera e che forse vera lo era realmente sebbene tutto sembri così surreale?

Il giovane ormai ossessionato dal libro verso il quale ha sviluppato un insolito e smisurato istinto di possesso, tanto da portarlo con sé in ogni suo spostamento, decide di indagare sulla provenienza del volume.

Seguendo il solo indizio a sua disposizione, i simboli impressi sulla copertina del libro (un’ape, una chiave e una spada), si reca a Manhattan per partecipare ad una festa in maschera, organizzata da una anonima società di beneficenza, dove Zachary crede di avere buone possibilità di conoscere qualcuno in grado di illuminarlo sul mistero del contenuto del libro e sulla sua provenienza.

Proprio alla festa gli eventi precipitano, Zachary entra in contato con personaggi singolari come l’affascinante Dorian, la pericolosa Allegra e l’originale Mirabel.

Sarà proprio Mirabel a condurlo nel mondo fantastico delle storie, un mondo sotterraneo popolato da strane creature, dove i personaggi non sono mai quello che sembrano, dove si trovano innumerevoli porte che si aprono su altrettante innumerevoli storie, storie di amori impossibili, persi e ritrovati, storie di bambole e case di bambole, di feste e di  luoghi fantastici.

Questa è a grandi tratti la trama del romanzo, a grandi tratti perché “Il mare senza stelle” in realtà contiene in sé infinite storie.

Dalla trama principale, che vede appunto il giovane Zachary protagonista della sua avventura, si dipanano tutti gli altri racconti sia quelli presenti nei libri con i quali Zachary entra direttamente in contatto, sia quelli che egli incontra lungo il suo cammino, sia quelli che si celano dietro le porte che Zachary e gli altri protagonisti del racconto principale aprono o avevano aperto nel passato.

Un mondo fatto di storie e di racconti, stanze piene di libri che arrivano fino al soffitto sfidando ogni legge gravitazionale, ricordano un po’ il cimitero dei libri dimenticati del compianto Carlos Ruiz Zafón, ma quello dello scrittore spagnolo era un’immensa biblioteca, mentre il mondo nato dalla penna di Erin Morgenstern è un mondo dove le storie non restano sulle pagine, ma prendono vita e i personaggi che le popolano interagiscono tra di loro e con i protagonisti della storia principale che, in alcuni casi, sono essi stessi personaggi di quelle stesse storie svoltesi in un altro tempo e in un altro luogo.

Tantissimi sono i riferimenti alla letteratura alcuni più espliciti quando vengono menzionati autori quali Fitzgerald o Chandler, altre volte solo sottintesi come quando ci si riferisce ad esempio all’armadio delle Cronache di Narnia di Lewis o a un luogo come Gran Burrone tratto dal Signore degli Anelli di Tolkien.

Innumerevoli sono i riferimenti ad “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll che ritroviamo nella storia della bambina che cade nel mondo sotterraneo per non parlare dei richiami al Bianconiglio e così via.

“Il mare senza stelle” è un inno a tutta la letteratura, ad esempio non si può non pensare al racconto “Davanti alla legge” di Kafka quando si legge

Altri, di fronte alla porta, la lasciano indisturbata, anche se la loro curiosità è stimolata. Pensano che gli serva un permesso. Credono che la porta aspetti qualcun’altro, anche se, in realtà, sta aspettando loro.

Non sono solo i riferimenti alla letteratura a colpire il lettore, ma ci sono anche citazioni come la scritta incisa sulla fiancata della nave che solca il mare senza stelle Cercare e Trovare di vasariana memoria o il cartello sopra una porta che recita conosci te stesso e impara a soffrire, richiamo al “conosci te stesso” del tempio di Apollo di Delfi.

Numerosi sono inoltre i riferimenti alla mitologia classica come la Luna che si innamora di un uomo, un locandiere, così come la Luna si innamorò di Endimione; ma più di tutte al mito classico si rifà la storia di Tempo e Fato, lo smembramento di Fato il cui solo cuore viene salvato dal topolino coraggioso, richiama alla mente il mito di Dionisio Zagreo fatto a pezzi dai Titati e il cui cuore viene salvato da Atena e da questa riportato a Zeus.

Possiamo infine parlare delle corrispondenze tra i culti iniziatici e le prove a cui vengono sottoposti gli adepti del mondo del mare senza stelle o dello scorrere del tempo diverso tra il mondo in superficie e quello sotterraneo che molto ricorda la differenza tra Chrònos e Aiòn.

“Il mare senza stelle” è un libro piuttosto complesso e senza dubbio di non semplicissima interpretazione, tanto che al termine rimangono aperti alcuni interrogativi, ma è pur vero che come è scritto nel romanzo stesso forse le storie migliori sono

quelle che danno la sensazione di proseguire, da qualche parte, fuori dallo spazio della storia

La lettura non è agevole e a tratti è piuttosto impegnativa, non tanto per le storie che si sovrappongono le une alle altre, quanto piuttosto per la lentezza di alcuni passaggi e per le lunghe descrizioni che, per quanto utili a tratteggiare un luogo totalmente sconosciuto, tendono a rallentare e a spezzare un po’ troppo il ritmo della narrazione.

Per quanto mi sia appassionata alla trama del racconto e alle varie storie correlate, in particolare ho trovato davvero emozionanti quelle della Luna e del locandiere e quella di Tempo e Fato, non sono rimasta altrettanto affascinata dal mondo sotterraneo che personalmente ho trovato un po’ troppo claustrofobico; preferendo per natura gli spazi aperti, l’idea di questo mondo sotterraneo mi ha inquietata parecchio.

Al di là però di quelli che possono essere chiamiamoli i miei “stati di ansia”, ho trovato “Il mare senza stelle” un romanzo molto particolare e di difficile definizione.

Credo sia uno di quei romanzi che o li si ama o li si odia, ma difficilmente possono lasciare indifferente il lettore.

Il mio consiglio, quindi, può essere solo quello di non fidarvi delle opinioni espresse da altri perché mai come in questo caso il giudizio su un libro è davvero molto, molto soggettivo e solo voi, leggendolo, sarete in grado di capire se schieravi tra i suoi sostenitori o tra i suoi detrattori.

                                 

 

domenica 22 marzo 2015

“Gli innamorati di Sylvia” di Elizabeth Gaskell

GLI INNAMORATI DI SYLVIA
di Elizabeth Gaskell
JO MARCH 
Nel 1859 l’autrice trascorse una quindicina di giorni in vacanza a Whitby, una cittadina sulle coste dello Yorkshire. In questa nebbiosa località ebbe la possibilità di fare delle ricerche non solo sulle baleniere, ma anche sulle press gang ovvero le bande di arruolamento che forzosamente arruolavano marinai per la flotta britannica impegnata nella guerra contro la Francia.

“Gli innamorati di Sylvia” è ambientato negli anni delle guerre napoleoniche a Monkshaven, nome di pura invenzione letteraria, ma la cui descrizione del luogo corrisponde perfettamente alla località visitata dalla Gaskell ovvero una cittadina di mare dotata di un piccolo porto, caratterizzata da coste spazzate dal vento e da brughiere alle spalle del centro abitato.

Protagonista della storia è la bellissima Sylvia Robson, una ragazza che proprio per la sua avvenenza suscita nei suoi concittadini sentimenti e impressioni contrastanti.
Gli abitanti del luogo, infatti, si dividono tra coloro che, totalmente soggiogati dalla sua avvenenza, la ritengono una giovane virtuosa, simpatica e dolce e chi, forse anche un po’ roso dall’invidia, ritiene che, bellezza a parte, Sylvia sia in realtà semplicemente una ragazzina viziata e superba.
La verità come sempre sta nel giusto mezzo, la giovane, figlia unica adorata dai genitori, in realtà è sì una ragazzina viziata e a volte capricciosa, ma è anche una ragazzina gentile e di buon cuore.

La vicenda raccontata da Elizabeth Gaskell è in breve la storia di Sylvia e dei suoi due innamorati: il giovane e avvenente, nonché coraggioso e virile ramponiere Charley Kinraid e il cugino di Sylvia, il tranquillo e misurato Philip Hepburn, che lavora come commesso in un negozio di tessuti.

Ovviamente lo spirito ribelle e sbarazzino di Sylvia fanno sì che ella ricambi appassionatamente l’amore di Charley mentre Philip non riesce a darsi pace al pensiero di dover rinunciare per sempre alla cugina.

Quando Kinraid viene rapito dalla press gang, Philip unico testimone del fatto, non consegna il messaggio del rivale all’amata e, lasciandole credere che Charley sia morto affogato, cerca di prendere il suo posto nel cuore di Sylvia.

Gli eventi precipitano, il padre di Sylvia viene condannato per tradimento e impiccato, il lutto per il marito fa perdere la ragione alla signora Robson e Sylvia, trovandosi sola con una madre invalida, senza più punti di riferimento, decide che per il bene di tutti è giunto il momento che lei accetti di sposare quel cugino che fino a poco tempo prima aveva tanto disprezzato, ma che le è stato così vicino nel momento del bisogno.

Sylvia non riuscirà mai a dimenticare il suo primo e unico amore e inevitabilmente giungerà il giorno in cui Charley Kinraid farà ritorno a Monkshaven e allora…

“Gli amanti di Sylvia” non ha avuto particolare successo quando fu pubblicato, la stessa autrice definì il romanzo come la storia più triste che avesse mai scritto.

Il romanzo per nulla breve (569 pagine) è molto descrittivo e per questo forse non totalmente scorrevole, ma ad Elizabeth Gaskell va però riconosciuta una magistrale capacità nel riuscire a descrivere minuziosamente i paesaggi oltre ad una grande abilità nell’indagare profondamente gli animi dei suoi personaggi.

Sylvia e Philip crescono pagina dopo pagina e, col passare degli anni, mutano i loro animi e i loro caratteri. Ed è proprio questo mutare di sentimenti, di capacità di sentire, di relazionarsi gli uni con gli altri che la Gaskell è bravissima a descrivere.

Tutto questo fa sì che nel lettore l’impressione ricevuta da ogni personaggio non resti fissa ed immobile per tutta la storia, ma anzi vari insieme ad essa.
I personaggi riescono a stabile un’empatia con il lettore passatemi il termine “intermittente” ovvero a secondo del momento il lettore è portato a simpatizzare per un personaggio salvo poi trovarsi ad accordare la propria simpatia ad un altro, proprio perché l’evolversi della storia e il mutare dei sentimenti dei protagonisti lo coinvolgono al punto da renderlo totalmente partecipe del loro sentire.

Personalmente all’inizio ho detestato Philip, ma poi nonostante il pessimo comportamento da questi tenuto, ci sono stati momenti in cui sono riuscita a comprenderlo e perfino a scusarlo per il suo agire nonostante il suo essere meschino.

Sono stata forse meno clemente nei confronti di Sylvia, perché al di là delle disgrazie accadute, disgrazie che certamente avrebbero indebolito la forza di volontà di chiunque, non sono comunque mai riuscita a perdonarle una certa debolezza di carattere nel lasciarsi comandare dagli eventi e quel suo cercare di addossare ad altri colpe che in parte erano solo sue proprie.

Un personaggio che ho apprezzato invece moltissimo perché ritengo sia a tutti gli effetti il personaggio “romantico” per eccellenza, è quello di Hester, la donna innamorata da sempre di Philip e da questi considerata semplicemente una sorella.
E’ lei la vera eroina che per amore ha saputo piegarsi ed accettare il suo triste destino, mantenendo inalterati nel tempo i suoi sentimenti per l’uomo amato, senza mai tirarsi indietro davanti alle sue richieste per quanto dolorose per lei potessero essere.

“Gli innamorati di Sylvia” è edito da Jo March Agenzia Letteraria e per la precisione è la sesta uscita della collana “Atlantide” con la quale la casa editrice si ripropone di riscoprire capolavori dimenticati della letteratura.

Assolutamente da leggere l’introduzione di Francesco Marroni intitolata: “Scene da una tragedia domestica. Note per una lettura di Sylvia’s Lovers”.

Il volume inoltre, come tutti i libri della stessa collana, è corredato da interessanti ed esaustive note a piè di pagina.

A chi consiglierei la lettura del romanzo? Ovviamente a tutti gli appassionati di Elizabeth Gaskell e del romanzo vittoriano.

Se ancora non l'avete letto, vi ricordo un altro libro di Elizabeth Gaskell sempre edito da Jo March Agenzia Letteraria ovvero "Nord e Sud".
Infatti, per quanto io abbia apprezzato la lettura de “Gli innamorati di Sylvia”, “Nord e Sud” resterà sempre il mio romanzo preferito di questa straordinaria autrice.



lunedì 18 agosto 2014

“Le navi dei vichinghi” di Frans Gunnar Bengtsson

LE NAVI DEI VICHINGHI
di Frans Gunnar Bengtsson
SUPERBEAT
Frans Gunner Bengtsson (1894-1954) fu un importante poeta e scrittore svedese che scrisse diversi saggi su vari personaggi letterari e storici tra cui Walter Scott, Joseph Conrad e il re svedese Carlo XII.

L’opera che gli diede più fama fu però “Le navi dei vichinghi”, romanzo che venne pubblicato in due parti, la prima nel 1941 e la seconda nel 1945.

Il libro narra le vicende di Orm il Rosso, figlio di Toste e di Asa.
Orm aveva un fratello maggiore di nome Odd, un ragazzo robusto e saggio che già in giovane età era solito accompagnare il padre nei viaggi per mare in cerca di prede e di bottino.

Nonostante Odd avesse dimostrato fin da subito di essere un abile navigatore ed un valoroso guerriero, Asa gli preferiva Orm più docile caratterialmente e fisicamente più alto e snello del fratello, tanto da preoccupare la madre per la sua salute cagionevole.

Quando Odd raggiunse l’età per andare per mare, la madre convinse il padre a farlo rimanere a casa ancora per un altro anno adducendo come scusa un sogno premonitore secondo il quale, se il figlio fosse partito, avrebbe certamente incontrato la morte sulla tolda di una nave.
Toste acconsentì alla richiesta della moglie, ma durante l’assenza del padre e del fratello, la fattoria fu attaccata e Odd fu fatto prigioniero dagli uomini di Krok.

Questi erano partiti da Liester con tre navi con l’intenzione di fare bottino nel paese degli slavi, ma le cose non erano andate esattamente come si erano aspettati.
Odd, grazie all’astuzia invece di essere ucciso da coloro che l’avevano catturato, non solo riuscì a salvare la pelle, ma addirittura ad unirsi alla spedizione di Krok e partire per una grande avventura.

Inizia così il racconto del primo dei  tre viaggi per mare affrontati da Odd il Rosso nel corso della sua lunga vita.
Leggendo delle sue peregrinazioni lo vediamo conquistare bottini e vincere battaglie; leggiamo di come fu catturato e reso schiavo, costretto per anni a remare incatenato insieme ai suoi uomini sulle navi del califfo; lo ritroviamo poi, grazie alla sua arguzia e ai colpi della sua buona stella, tra le guardie del visir Almansur e poi di nuovo nella sua terra alla corte di Harald Dente Azzurro, re di Danimarca; infine leggiamo delle sue razzie sulle coste inglesi impresa che lo guidò sino a Westminster dinnanzi a Etelredo, re d’Inghilterra…

Molto interessante è la breve introduzione al romanzo di Michael Chabon.
Egli non ci parla solo della storia, ma ci racconta anche di come da giovane egli sia venuto in possesso del romanzo, regalatogli da una zia che si era stabilita per una ventina d’anni proprio in Danimarca.

Michael Chabon lesse per la prima volta il romanzo intorno all’età di quattordici anni rimanendone letteralmente affascinato. 

“Le navi dei vichinghi” è una bellissimo racconto d’avventura le cui storie di battaglie epiche, avventure per mare, scorribande, razzie, omicidi, storie d’amore e incontri con straordinari personaggi ne fanno un libro adatto anche ai lettori più giovani.

L’opera di Bengtsson è un romanzo storico di grande fascino grazie sopratutto alla sapiente ironia con cui lo scrittore riesce a delineare i suoi protagonisti, vedi ad esempio l’ipocondria da cui è afflitto un guerriero forte e valoroso come Orm il Rosso, e per l’abilità e lo humour con cui riesce a risolvere situazioni piuttosto controverse come l’incontro e l’inevitabile scontro delle diverse religioni: l’antico pantheon vichingo, il cristianesimo, la religione musulmana senza dimenticare l’introduzione persino dell’elemento ebreo, tramite il personaggio del giudeo Solimano.

“Le navi dei vichinghi” è un classico imperdibile che racconta l’epopea di un popolo epico, audace e di grande fascino, un romanzo assolutamente da leggere.

Un unico consiglio prima di affrontare il testo, se non siete ferratissimi sulla geografia della Scania, dello Jutland e dei vari luoghi all’epoca in cui il racconto è ambientato, procuratevi una mappa che vi aiuterà nel vostro “viaggio”…buona lettura!


sabato 15 giugno 2013

“Il male veniva dal mare” di Giuseppe Conte

IL MALE VENIVA DAL MARE
di Giuseppe Conte
Longanesi
Terzo decennio del XXI secolo. Nella Baia degli Angeli, il tratto di mare sul quale si affaccia la città di Nizza, Marlon, un senzatetto che vive in spiaggia, e il giovane Nyamé Kumasi, un giovane cronista di una testata giornalistica online, scoprono il cadavere di una donna di origini africane.
Sul posto giunge il commissario Cavallero che, per come si presente il cadavere, nudo e orribilmente deturpato, pensa di trovarsi di fronte a un caso di delitto a sfondo sessuale.
Nel frattempo, forse attratte dalla meganave da crociera Sirena, da poco giunta nella baia, fanno la loro apparizione delle entità luminescenti, di notevoli dimensioni che si muovono ad una velocità eccezionale e che sembrano appartenere ad una specie di meduse mai conosciuta prima.
Dopo il ritrovamento di un secondo cadavere che presenta moltissime analogie con il primo, quello che per il commissario Cavallero sembrava un delitto di “facile soluzione” appare in tutta la sua complessità dal momento che l’autopsia del secondo corpo ha evidenziato tracce di veleno di medusa.
La spiaggia viene quindi interdetta al pubblico e le meduse assassine dichiarate colpevoli delle morti avvenute sul litorale.
Molti punti restano comunque oscuri sulla vicenda ed ad indagare sullo strano fenomeno e sui delitti non sono solo le autorità ma anche altre persone, prime tra tutti Nyamé e la sua amica Asal Fortini, una studentessa di biologia conosciuta ad una conferenza e del quale il cronista si è subito perdutamente innamorato. Asal è una ragazza ribelle, figlia di un ricco gallerista che lavora per John Santo Arcano.
Il presidente Arcano, proprietario della flotta a cui appartiene la Sirena, possiede numerose altre società e compagnie di vario genere oltre a gestire innumerevoli attività per la maggior parte illegali.

“Il male veniva dal mare” ambientato tra mito e realtà, è un fanta-thriller che riesce attraverso una storia popolata da esseri provenienti da un altro pianeta e da umani dall'animo perfido e corrotto, ad introdurre argomenti attuali come il degrado ambientale e sociale, la violenza sulle donne, il femminicidio, la corruzione della classe politica e non solo.
Conte porta a conoscenza del lettore la drammaticità del pessimo stato di salute dei nostri mari ed oceani, ci racconta le imprese che personaggi come il capitano Paul Watson con i suoi Sea Shepherd o il capitano Peter Bethune hanno sostenuto in difesa della fauna e dell’ambiente marino. Interessanti sono le spiegazioni sulla formazione dei plastic vortex, enormi isole formate dall'accumulo spontaneo di rifiuti e di plastica di cui molti ancora ignorano l’esistenza.

Il ritmo del libro non è quello proprio del genere thriller, non suscita paura ed ansia, non è veloce, ma è piuttosto un ritmo neutro che trasmette angoscia e inquietudine, scelta perfetta per raccontare questa storia dal finale apocalittico.

Da sottolineare la buona caratterizzazione dei personaggi. Alcuni davvero ben riusciti come il commissario Cavallero con la sua ossessione per i formaggi, la crisi professionale, la solitudine di chi è investito di un segreto che non può rivelare a nessuno…
Ottimo il personaggio del senzatetto Marlon così come quello di Arcano nella sua lucida follia e nella sua assurda perversione.
L’unico personaggio che non mi ha totalmente convinta è il comandante Pastore; troppo enfatizzata la sua passione per le donne che è sì la caratteristica principale del suo personaggio, ma ho trovato davvero eccessivo sottolinearla in ogni pagina a lui dedicata.

Pur non essendo il genere di romanzo da me preferito, devo dire che la lettura è stata piacevole ed il mio giudizio è totalmente positivo. Il racconto è ben strutturato, originale e riesce a fare presa sul lettore.
Consiglierei la lettura del romanzo più agli appassionati di fantascienza che agli amanti del genere thriller.



sabato 12 maggio 2012

“England expects that every man will do his duty” Horatio Nelson (1758 – 1805)


Horatio Nelson, l’ammiraglio britannico più famoso di tutti i tempi, nasce nel 1758 a Burnham Thorpe nel Norfolk.  Figlio di un uomo di chiesa, il reverendo Edmund Nelson, e della pronipote di Sir Walpole (primo ministro del parlamento), sesto di undici figli, perde la madre a soli nove anni e, dopo aver frequentato la scuola, all’età 12 anni entra nella marina reale inglese.
Prestando servizio nelle Indie Occidentali, nel Mar Baltico e in Canada, viene nominato capitano e nel 1878 sposa Frances Nisbet.
Tornato in patria, vi trascorre un tempo per lui interminabile (cinque anni) a mezza paga, senza vedere il mare, in preda allo sconforto ed alla frustrazione.
Quando nel 1793 l’Inghilterra entra in guerra contro la Francia Rivoluzionaria, Nelson ottenuto il comando del vascello Agamemnon, combatte nel Mediterraneo, dove nella battaglia di Calvi, perde la vista dell’occhio destro.
Il 14 febbraio 1797, contravvenendo agli ordini del suo superiore e mostrando tutta la sua audacia al limite dell’insubordinazione, chiude il passaggio alla flotta spagnola e attacca due navi nemiche, divenendo il principale artefice della vittoria della Royal Navy nella battaglia di Cape St. Vincent.
Nominato commodoro, una carica che, di fatto, ha le stesse responsabilità di ammiraglio, mentre partecipa alla battaglia di Santa Cruz (1797) per la conquista di Tenerife, viene colpito al braccio destro e, complici le poco evolute arti mediche del tempo, subisce l’amputazione dell’arto.
Horatio Nelson, nonostante l’incidente, continua a guidare con coraggio e intraprendenza le sue navi e nel 1798 ottiene un’altra grande vittoria sui Francesi nella famosa battaglia del Nilo, meglio conosciuta come la battaglia di Abukir che gli permette di essere nominato “Barone del Nilo”.
Giunto in seguito a Napoli, si impegna a proteggere la famiglia reale di Re Ferdinando IV di Borbone e della Regina Maria Carolina dall’invasione francese e, proprio in questa città, si innamora di Emma Hamilton, giovane moglie dell’ambasciatore inglese, la quale diviene ben presto la sua amante e dalla quale ha una figlia, Horatia.
Nel 1799 partecipa alla riconquista di Napoli dopo il periodo repubblicano e viene nominato Duca di Bronte. A causa di alcuni problemi legati alla sua condotta professionale nel ruolo svolto nella violenta repressione e nella condanna a morte dell’ammiraglio Caracciolo, viene richiamato in patria dove l’Ammiragliato, anche con l’intenzione di allontanarlo da Lady Hamilton, decide di affidargli nuovi incarichi.
Partecipa nel 1801 alla battaglia di Copenhagen diventando il protagonista del terribile bombardamento della città.
La battaglia per la quale Nelson verrà ricordato in eterno resta però la gloriosa battaglia di Trafalgar (21 ottobre 1805); proprio grazie a questo successo, infatti, l’Inghilterra riesce scongiurare un’imminente invasione dell’esercito napoleonico.
HMS Victory
Nelson fa issare sull’albero maestro la famosa frase “England expects that every man will do his duty” (L’Inghilterra si aspetta che ognuno compia il suo dovere) e porta alla vittoria la flotta inglese, chiudendo così in maniera definitiva il duello anglo-francese per il controllo dei mari e degli oceani.
Durante la battaglia un proiettile ferisce Nelson alla spalla sinistra procurandogli una perforazione polmonare e raggiungendo la colonna vertebrale. L’ammiraglio resta cosciente ancora per quattro ore prima di morire, riuscendo così ad assistere al trionfo inglese.
Il suo corpo non viene seppellito in mare, come avveniva per tutti coloro che morivano all’epoca su una nave, ma viene trasportato in patria immerso nel rum, in modo che l’alcool ne consenta la conservazione fino al funerale che sarà celebrato in maniera solenne e grandiosa. La tomba di Nelson si trova a St Paul’s Cathedral a Londra.

Questa a grandi linee è la biografia di Horatio Nelson, un eroe indomito, coraggioso e al tempo stesso contradditorio; un personaggio che mi ha sempre affascinato per la sua vita avventurosa e romantica, per il suo amore appassionato per una donna famosa all’epoca per la sua bellezza e per la morte precoce che lo colse proprio all’apice del suo successo.
Questa mia passione per Nelson e per la storia della Royal Navy all’epoca delle guerre napoleoniche, mi ha portato a leggere diversi libri sul tema. Ecco qualche lettura consigliata per chi volesse approfondire l’argomento:

“Nelson. L’uomo che sconfisse Napoleone” (di Terry Coleman – Mondadori)
Una biografia nella quale viene evidenziato il genio militare di Nelson, il suo patriottismo, ma senza dimenticare di evidenziare anche le caratteristiche dell’uomo, una figura piena di contrasti, eroico ma anche ossessionato di raggiungere la gloria, geniale e meschino nello stesso tempo.







“Nelson e noi” (di Alberto Cavanna e Furio Ciciliot – Mursia)
Il saggio ripercorre gli esordi navali del giovane Nelson, raccontandoci il suo periodo italiano e più precisamente quello ligure (il battesimo del fuoco di fronte a Capo Noli, l'inseguimento per tutta la Riviera di contrabbandieri genovesi e francesi e le spericolate azioni ad Alassio, Laigueglia, Vado e Voltri).







“Il tenente di Nelson” (di George Samuel Parsons – Effemme)
George Samuel Parsons è un ufficiale che combatté e prestò servizio sotto Lord Nelson e ci offre quindi l’eccezione testimonianza degli avvenimenti di cui fu spettatore. Le sue memorie furono pubblicate per la prima volta a puntate tra il 1837 e il 1840 sul Metropolitan Magazine ed in seguito, nel 1843, furono raccolte e pubblicate in un unico volume.







“Il capitano Nelson” (di Martino Sacchi – Magenes)
Nel libro vengono raccontati due anni, a partire dal 21 ottobre 1793, della vita di Horatio Nelson, quando ancora era un semplice capitano di vascello al comando dell’Agamemnon. Basandosi su diari, lettere e rapporti ufficiali, che vengono spesso citati nelle pagine di questo saggio, l’autore ricostruisce i fatti svoltisi 12 anni prima della battaglia di Trafalgar.






“Trafalgar. La battaglia che fermò Napoleone” (di Marco Zatterin – Rizzoli)
Il libro è una delle tante opere che sono state scritte e pubblicate nel 2005 sulla scia dei festeggiamenti per il duecentesimo anniversario della celebre battaglia di Trafalgar.
Come si intuisce dal titolo stesso, Zatterin ricostruisce con dovizia di particolari la battaglia, raccontandola minuto per minuto e riportando l’attenzione anche sui personaggi minori, quali marinai e fanti, che normalmente vengono dimenticati dalla storia fatta solo di ammiragli ed alti ufficiali.








"Lady Hamilton” (di Gilbert Sinouè – Neri Pozza)
A metà tra romanzo storico e biografia, il libro racconta la vita della donna che affascino Nelson e scandalizzò la buona società londinese diventandone l’amante. Fantasia e verità si fondono insieme regalandoci una storia appassionante, una biografia romanzata di scorrevole lettura.
Le pagine in cui vengono ricostruite le vicende della rivolta di Napoli sono molto dettagliate ed accurate.






Per chi volesse invece leggere qualche romanzo ambientato al tempo delle guerre napoleoniche e al quale facciano da sfondo i combattimenti della flotta anglo-fracese consiglio due scrittori in particolare:

C.S. Forester scrittore inglese (1899 – 1966) autore, oltre che di numerosi romanzi di avventure, dei libri dedicati a uno dei miei personaggi di fantasia preferiti: Horatio Hornblower, un antieroe ostinato, taciturno, a disagio in società ma imbattibile al comando della sua nave.
Alcuni definiscono le sue imprese come la più grande epopea che sia mai stata scritta sulla guerra sui mari ed io non posso che essere d’accordo.
Purtroppo non tutti i libri sono reperibili in traduzione italiana e credo che alcuni non siano stati più ristampati essendo pertanto irreperibili.
Sono disponibili comunque nell’edizione BUR Narrativa i seguenti tre volumi (una volta raccolti anche in un unico cofanetto):
Guardiamarina e tenente Hornblower
Le avventure del capitano Hornblower
Commodoro e Lord Hornblower
Il personaggio di Hornblower fu interpretato da Gregory Peck nel film “Le avventure del cap. Hornblower” (1951) di Raoul Walch
Da questa saga inoltre è stata tratta anche una bellissima serie TV in otto episodi, diretti da Andrew Grieve tra il 1998 e il 2003, ed interpretati da Ioan Gruffudd.

Patrick O’Brian, pseudonimo di Richard Patrick Russ (1914 – 2000) è scrittore, saggista e traduttore. Autore di vari romanzi, deve però la sua fama alla saga incentrata sui personaggi del Capitano Jack Aubrey e del suo amico fraterno ed inseparabile compagno, il dottor Stephen Maturin (naturalista ed agente segreto). Sono in totale 21 libri, di cui l’ultimo conclusivo purtroppo è incompiuto. I romanzi sono caratterizzati da un’alta qualità delle ricerche storiche effettuate da O’Brian, un’accurata esposizione delle complesse manovre navali e dalla dettagliata descrizione della società, della marina e della vita in genere dell’epoca.
Da questi romanzi nel 2003 è stato tratto un film “Master and Commander. Sfida ai confini del mare” diretto da Peter Weir e nel quale il ruolo di Jack Aubrey è stato affidato a Russel Crowe. Il film fu candidato a 10 premi Oscar e ne vinse due tra cui quello per la miglior fotografia.