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domenica 17 marzo 2024

“Breve storia dell’arte” di Claudio Strinati

L’obiettivo che Claudio Strinati si pone con questo saggio è quello di esplorare il fenomeno delle espressioni artistiche nel corso della storia mettendone in evidenza gli scopi, l’evoluzione e le corrispondenze.

Si parte dall’assioma più semplice ovvero che che tutti gli artisti, indipendentemente dall’epoca in cui essi abbiamo vissuto, pongono tutti quanti la stessa domanda al fruitore delle loro opere: “ti piace?”

L’arte è quanto di più soggettivo possa esistere e quindi ci si interroga quale sia lo scopo di una disciplina che ne indaghi la storia. Di fatto oggigiorno l’insegnamento della storia dell’arte è stato soppresso già in diversi paesi.

Se è vero che la storia dell’arte costituisce di per sé un tentativo di rispondere il più oggettivamente possibile ad una materia dominata dalla soggettività, è però altrettanto vero che l’arte è per i popoli della Terra un fattore identitario, un qualcosa in cui riconoscersi e trovare le proprie radici più profonde.

La storia dell’arte è condizionata indubbiamente dalla personalità e dal modo di sentire di ogni singolo artista, ma questi opera nell’epoca in cui vive e non si può non tenere conto che né sarà influenzato e che per questo le sue opere rifletteranno inevitabilmente non solo il suo proprio essere ma anche lo spirito dei tempi.

Lo stesso concetto di bellezza è un’idea indefinita e indefinibile, soggetta al mutare dei tempi e delle circostanze.

Attraverso l’analisi degli eventi salienti che hanno caratterizzato i vari secoli, con uno sguardo attento e puntuale alla letteratura e alla filosofia, Claudio Strinati ci conduce in un viaggio che prende avvio dall’arte rupestre degli uomini primitivi giungendo sino alle soglie dell’arte moderna.

Per noi occidentali Rinascimento e Barocco sono i momenti più alti e memorabili della nostra storia dell’arte, ma qual è il punto di svolta che ci traghetta nella modernità mutando per sempre il modo di percepire l’opera d’arte? La scoperta dell’energia elettrica. Nell’Ottocento, infatti, con la nascita del metodo fotografico la funzione artistica assume un significato tutto nuovo, così come avverrà ancora di più in seguito con l’avvento del cinema.

Tra le pagine di questo saggio ritroviamo tutti i nomi che hanno fatto grande la storia dell’arte, inutile citarne solo alcuni.

Quando si tratta di arte è inevitabile che il pensiero dello storico trapeli in tutta la sua soggettività; ogni lettore si troverà quindi più o meno d’accordo con alcune affermazioni di Claudio Strinati.

Un esempio può essere il pensiero dello storico dell’arte sugli ultimi anni di Raffaello. Secondo Strinati questi videro il declino dell'artista che avvenne in seguito alla salita al soglio pontificio di Leone X. Sebbene apertamente venisse ancora celebrato come maestro sommo, di fatto, colui che era stato il protetto di Giulio II venne accantonato a favore di altri.

Un appunto, giusto per amore della storia medicea a me tanto cara, tra le pagine del libro troverete un’imprecisione in quanto è scritto che Giulio de’ Medici, futuro Clemente VII, era nipote di Leone X. In realtà, Giulio, in quanto figlio naturale di Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico, padre di Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, era di questi cugino di primo grado.

Il saggio di Claudio Strinati è sì una breve storia dell’arte, ma è soprattutto un libro che ci induce a leggere tra le righe, a fare collegamenti tra le varie discipline e a gettare uno sguardo su come gli eventi influenzino l’arte e il nostro sentire, ci porta a riflettere sui concetti di bellezza e di sublime, a interrogarci se davvero l’arte, come scrive Strinati, costituisca “l’unico vero esorcismo possibile e concretamente praticabile alla naturale tendenza umana al combattimento e allo scontro”.



giovedì 29 febbraio 2024

“Cosimo I de’ Medici” di Eugenio Giani

Perché scrivere un altro libro su Cosimo I quando tanto è già stato scritto sull’argomento? Inizia con questo interrogativo il saggio di Eugenio Giani. Invero, lo stesso che mi ero posta io prima di accingermi alla lettura. Domanda lecita dalle risposte molteplici e non banali.

Il libro di Eugenio Giani è un saggio dal carattere divulgativo che indaga tutte le sfaccettature della complessa personalità di Cosimo I de’ Medici. In queste pagine viene evidenziata, attraverso connessioni e suggestioni, l’importanza che Cosimo ebbe non solo per Firenze ma per l’intera Toscana. Il sottotitolo che lo definisce “il padre della Toscana moderna” è senza dubbio un titolo evocativo ma anche un’incontrovertibile verità. 

Se è vero, infatti, che tutti ricordano quello che di grande fece il Magnifico per Firenze, è indubbio che altrettanti meriti vadano riconosciuti proprio al primo Granduca di Toscana, colui che fece di questa terra uno Stato moderno in grado di dire la propria accanto alle grandi potenze dell’epoca, certo non in virtù dell’estensione territoriale, davvero esigua, ma grazie ad un’efficiente macchina governativa.

Cosimo scelse come suo motto Festina lente (affretti lentamente) e come impresa una tartaruga con una vela sul suo carapace. Fu un uomo dotato di una determinazione e una lungimiranza non comuni, ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare, seppe essere anche molto paziente, attendendo sempre il momento propizio per agire e comunque mai prima di essersi ampiamente documentato.

Per molti egli fu un uomo ambizioso, accentratore e umorale. Certamente Cosimo I non ebbe un carattere facile; fu sempre poco incline a fidarsi del prossimo, retaggio degli insegnamenti materni e di un’infanzia piuttosto complicata per via degli eventi politici del tempo, e agì anche in modo spietato contro chi osò sfidare la sua autorità. Va però detto, almeno a sua parziale discolpa, che fu un grande legislatore e, tenendo conto di quelle che dovevano essere la moralità e la cultura dell’epoca, egli agì sempre secondo la legge.

Quando Cosimo salì al potere la situazione finanziaria dello Stato era prossima alla bancarotta. Nei suoi 37 anni di governo ridisegnò l’economia della Toscana e non ci fu settore al quale egli non mise mano, dall’attività estrattiva fino addirittura alla pesca e alla piscicoltura.

Comprese fin da subito l’importanza degli sbocchi sul mare sia per aiutare l’espansione economica del territorio sia per rafforzare il peso del Ducato sullo scacchiere politico del tempo.

Cosimo non fu un condottiero, non scese mai in battaglia in prima persona, fu  piuttosto un uomo di penna dotato di grande lucidità ed eloquenza.

Ebbe la straordinaria capacità di saper scegliere e circondarsi dei più validi collaboratori in ogni settore; questo lo condusse alla vittoria in quelle guerre che dovette combattere.

Firenze fu indubbiamente il centro del potere, ma Cosimo comprese l’importanza di fare sentire la propria presenza su tutto il territorio e lo fece anche attraverso innumerevoli viaggi. La stessa Pisa, l’antica rivale, la Repubblica sconfitta dai fiorentini, diverrà a tutti gli effetti una sorta di seconda capitale del Granducato.

Cosimo sostituì il vecchio sistema della Corte con delle magistrature che noi oggi noi definiremmo ministeri. Tra questi potremmo identificare tra gli altri un ministero dei beni culturali, a cui fece capo il Vasari, e un ministero dei beni ambientali affidato al vecchio Ordine di Parte Guelfa a cui venne data nuova vita attraverso la Legge dell’Unione.

Persino il paesaggio della Toscana venne rimodellato per volere di Cosimo: furono costruite nuove città e ne furono ammodernate altre, grande impulso venne dato alla costruzione di mura e fortificazioni, vennero costruiti nuovi acquedotti e molti terreni vennero bonificati per essere resi produttivi.

Cosimo diede molta importanza agli archivi, alla stampa, alla cultura e all’arte non meno che all’economia.

Ebbe la fortuna di essere affiancato da una consorte quale Eleonora di Toledo, donna colta, raffinata e dotata di un fiuto per gli affari non inferiore al suo. Il loro fu un matrimonio politico ma anche un’unione molto felice. Purtroppo Eleonora morì molto giovane e questo fu un duro colpo per Cosimo. Eleonora morì con il titolo di duchessa, non poté partecipare alla gioia del marito per la consacrazione a primo Granduca di Toscana.

Il libro di Eugenio Giani è una lettura estremamente piacevole, dettagliata e ampiamente documentata. Seguendo le tracce dei tanti luoghi disseminati in Toscana che ancora oggi portano il segno dell’opera del primo Granduca Medici, Giani ci regala un vivido ritratto di quel fine politico e statista che fu Cosimo I senza tralasciare di dipingerne anche, attraverso curiosi particolari e aneddoti, i connotati più umani, legati al suo essere anche uomo comune, figlio, marito e padre oltre che capo di Stato.

“(…) a volte sono proprio le vicende a margine che danno il senso di un’esistenza”



giovedì 1 febbraio 2024

“Giuliano de’ Medici” di Rita Delcroix

Quando ci si sofferma ad osservare la splendida tomba del duca di Nemours (1479-1516), con la bellissima rappresentazione del giorno e della notte, opera di Michelangelo, pochi si interrogano su chi davvero fosse stato Giuliano de’ Medici, pochi ne conoscono la storia.

Rita Delcroix ha colmato questa lacuna regalandoci, a mio avviso, una delle più belle biografie che siano mai state scritte su questo personaggio le cui sembianze sono a noi giunte grazie ad un meraviglioso dipinto di Raffaello

Pochi come l’Urbinate furono capaci di cogliere l’anima dei personaggi ritratti e così fu anche per Giuliano. Non solo i dettagli fisici non sfuggirono all’occhio attento di Raffaello, come la falange mancante del dito indice della mano destra, ma anche quel suo essere gentile e quella sua bontà d’animo, qualità che lo resero benvoluto da tutti tanto da piangerlo ovunque quando per lui sopraggiunse la morte a soli 37 anni.

Lorenzo il Magnifico era solito dire dei suoi tre figli maschi che fossero uno saggio, uno buono e uno pazzo. Il pazzo era Piero, il primogenito, colui che morì nel Garigliano senza mai poter fare ritorno a Firenze dopo la cacciata del 1494; il buono, Giovanni, colui che salì al soglio pontificio con il nome di Leone X e infine, il saggio, Giuliano, quello a cui era più legato, l’ultimogenito nato l’anno dopo la Congiura dei Pazzi e a cui aveva dato il nome dell’amato fratello assassinato nel Duomo di Firenze il giorno 26 aprile 1478.

Giuliano, forse più degli altri figli, soffrì per la morte del padre al quale era sinceramente affezionato e per il quale nutriva quasi una venerazione. Per tutta la vita Giuliano, che verrà anch’egli appellato Magnifico come il padre, cercò invano di ricreare intorno a sé quell’ambiente famigliare e intriso della dottrina neoplatonica che aveva conosciuto durante la sua infanzia. 

Troverà però, per un breve periodo, qualcosa di simile ad Urbino, alla Corte dei Montefeltro, ultimo baluardo di cavalleria e neoplatonismo, dove stringerà solide amicizie e ritroverà vecchie conoscenza.

Malinconico, disilluso, sempre alla ricerca di un suo equilibrio in un’epoca tanto violenta e voltagabbana in cui stentava a riconoscersi, lui così leale e sincero, pervaso da un sentimento di fedeltà orgogliosa al passato e dalla volontà di essere all’altezza del nome di suo padre, Giuliano non possedeva né i difetti né le qualità necessarie per essere un politico. L’amore per il bello e per lo studio ne fecero l’emblema del cortigiano ideale, tanto che lo stesso Baldassare Castiglione ne fece uno dei protagonisti del suo celebre “Cortegiano”.

In un’epoca dove l’Italia era terra di conquista, dove ogni giorno alleanze, fedeltà, amicizie venivano continuamente negate e tradite, l’esule Giuliano,  unico Medici ovunque ben accetto per il suo buon carattere, viaggiò costantemente tra Venezia, Bologna, Roma, Urbino, fino al suo tanto agognato ritorno a Firenze. La città però era mutata e il palazzo di Via Larga non era più lo stesso, le sue mura non risuonavano più delle voci amate e famigliari dei protagonisti della Corte di Lorenzo Il Magnifico. Giuliano, spaesato e solo, preferì dunque fare ritorno a Roma, ancora una volta in cerca di quel mondo perduto, sempre nel vano tentativo di far rivivere un giorno i fasti della vecchia corte medicea perduta.

Giuliano de’ Medici fu molte cose: un soldato valoroso e sfortunato, un poeta e un letterato, un mecenate amico degli artisti, ma soprattutto, ammantato della suprema eleganza della sprezzatura, egli fu uno degli ultimi rappresentanti di un mondo al crepuscolo.

Il libro di Rita Delcroix è caratterizzato da una prosa elegante e fluida, le immagini scorrono vivide dinnanzi al lettore che sente, pagina dopo pagina, quasi di partecipare in prima persona agli eventi che incalzanti si susseguono.

L’opera della Delcroix è una biografia romanzata che presenta qualche imprecisione storica senza dubbio, ma nell’insieme è un libro davvero ben scritto: commovente, avvincente ed emozionante.

Una delle caratteristiche più apprezzabili di questo libro è l’interdisciplinarità degli argomenti perché, indagando a trecentosessanta gradi il personaggio di Giuliano e di coloro che vissero accanto a lui, Pietro Bembo , il Castiglione, Leonardo da Vinci, Raffaello solo per citarne alcuni,  Rita Delcroix indaga a tuttotondo anche la sua epoca dal punto di vista artistico, politico, storico, filosofico e letterario.

Difficile davvero condensare in poche righe i tanti stati d’animo suscitati da queste pagine ricche di storia e partecipazione emotiva.

Una lettura decisamente consigliata al di là della passione o meno condivisa per la famiglia Medici e per il periodo storico in cui i fatti narrati si svolsero.

(…) quell’esule povero e splendido che temperava l’orgoglio degli Orsini con l’intelligente umanità dei Medici.




sabato 5 agosto 2023

“Il cielo di pietra” di Antonio Forcellino

Corre l’anno 1565, Tiziano ha superato la sessantina mentre Michelangelo è rimasto forse l’unico testimone delle scelleratezze compiute, in quegli stessi ultimi sessant’anni, dai papi che si sono succeduti sul soglio di Pietro e dai loro ministri.

Michelangelo ha assistito ai delitti dei Borgia, alle guerre dei Della Rovere, ai tentennamenti e ai fallimenti dei Medici, all’astuzia dei Farnese; nulla lo può più turbare neppure i costumi dissoluti del cardinale Innocenzo Del Monte, il giovane amante del defunto Giulio III, o gli omicidi e le nefandezze dei nipoti dell’attuale papa. 

Morone è ancora rinchiuso a Castel Sant’Angelo, accusato di eresia, mentre Paolo IV sembra sempre più intenzionato a vendicarsi dei suoi nemici, coloro che erano stati indicati con il nome di spirituali.

Solimano ad Oriente, nonostante la malattia, non è assolutamente intenzionato a designare un successore e ancor meno a cedergli il potere.  Tutto questo non fa che peggiorare i rapporti tra i suoi figli, Selim e Bayezid, che si affrontano senza esclusione di colpi in previsione di quel momento tanto atteso.

Con “Il cielo di pietra” quinto volume della serie “Il secolo dei giganti”, si conclude il racconto del Cinquecento nato dalla penna di Antonio Forcellino.

Un racconto affascinante e coinvolgente di un secolo costellato da un susseguirsi ininterrotto di guerre, amori, alleanze, tradimenti, scelleratezze di ogni sorta compiute da regnanti, principi della Chiesa e papi, ma anche un secolo che vide all’opera artisti dal talento straordinario quali Leonardo Da Vinci, Raffaello, Michelangelo e Tiziano.

Michelangelo è il filo conduttore di tutti i volumi della serie. Una figura carismatica quella descritta da Antonio Forcellino che libro dopo libro si fa sempre più strada nel cuore del lettore.

Il Michelangelo che emerge dalle pagine dei romanzi è un uomo scontroso e geloso della sua arte che col passare degli anni, in un certo qual modo, si addolcisce pur restando sempre fedele ai propri ideali, ma anche a quel suo carattere burbero. Un uomo che non ama le vendette, ma le sfide quelle sì, sempre pronto ad accettarle fino alla fine dei suoi giorni. Un artista divino in grado di creare qualcosa di straordinario come un cielo di pietra per San Pietro nonostante l’età ormai avanzata.

Tre i papi protagonisti di questo ultimo romanzo: Paolo IV, Pio IV e Pio V. 

Sulla scena si affaccia, poi, un nuovo protagonista che, sebbene resti per il momento sullo sfondo, sarà destinato a diventare il principe italiano più importante. Il suo nome? Cosimo I de’ Medici colui che nel conclave in cui venne eletto Pio IV si dimostrò essere l’attore più intelligente.

Poche serie riescono a tenere incollato il lettore dall’inizio alla fine, questa di Forcellino è indubbiamente una di quelle.

Dispiace moltissimo dover lasciare andare per sempre personaggi come Marcantonio Colonna, Giulia Gonzaga e Vittoria Farnese, ma questo purtroppo è il triste destino di ogni lettore che incontri, tra le pagine dei libri, protagonisti tanto affascinanti e si imbatta in un racconto tanto avvincente nel quale personaggi reali e storia romanzata si fondano alla perfezione come accade magistralmente nei romanzi di Forcellino.

 

martedì 25 luglio 2023

“Il papa venuto dall’inferno” di Antonio Forcellino

Con questo quarto volume della serie “Il secolo dei giganti”, Forcellino riprende il racconto laddove lo aveva interrotto ne “Il fermaglio di perla”.

L’Italia seguita ad essere oggetto di contesa fra Spagna e Francia. Mentre in Occidente il conflitto continua ad infuriare, in Oriente Solimano, infiacchito dagli anni e afflitto dai dispiaceri, trova sempre più difficoltà ad arginare le manovre della concubina Roxanne.

Al soglio pontificio, nel frattempo, è salito Giulio III, un papa che almeno sulla carta sembra poter garantire una certa neutralità nei confronti dei baroni romani. Purtroppo, anch’egli, come i suoi predecessori, non tarderà a manifestare le proprie debolezze che, nel suo caso, avranno le sembianze di un attraente giovane, un figlio del popolo corrotto ed impudente, di nome Innocenzo.

Assediato dai conflitti religiosi che imperversano per mezza Europa (i calvinisti in Svizzera, i luterani in Germania e gli anglicani in Inghilterra), Giulio III scivolerà sempre più nel vizio.

Alla decadenza dei costumi e della politica fa da contraltare l’arte. Mentre l’anziano Michelangelo si assume il gravoso impegno di portare a termine la fabbrica di San Pietro con la sua cupola, sulla scena brilla sempre di più la stella del grande Tiziano Vecellio.

Le cose, però, sono destinate a peggiorare ulteriormente ed ecco, allora, che nel 1555 succede a Giulio III papa Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa. Uno dei conclavi più celeri della storia, ma anche uno dei conclavi dalle conseguenze più disastrose per Roma e il Vaticano. Il Carafa accecato dall’odio verso i nemici di sempre, tra cui lo stesso Michelangelo, farà di tutto per cercare di vendicarsi di loro.

Come sempre, Antonio Forcellino riesce a ricreare sulla carta un affresco magistrale del periodo storico preso in esame. I tanti particolati e i numerosi personaggi ben caratterizzati fanno dei suoi libri dei romanzi storici ben riusciti.

Particolarmente avvincenti le pagine dedicate alla pittura di Tiziano e ai confronti che emergono con gli artisti a lui contemporanei o di poco precedenti.

Nulla è lasciato al caso così che sullo sfondo troviamo anche la figura di Vasari e della sua avversione nei confronti di Tiziano. Il Vasari è una figura legata al nuovo Duca di Firenze Cosimo I, astro nascente della politica toscana e non solo.

Amori, alleanze, tradimenti e conflitti, non manca davvero nessun ingrediente a questa storia affascinante quanto lo sono i suoi numerosi protagonisti. 

Grande curiosità per la lettura del quinto e conclusivo volume della serie di cui spero vi parlerò a breve.




giovedì 22 giugno 2023

“Il fermaglio di perla” di Antonio Forcellino

Terzo volume della serie “Il secolo dei giganti”, il romanzo racconta gli eventi accaduti a partire da qualche anno dopo l’elezione al soglio pontificio di Leone X fino alla morte di papa Paolo III. Anni di guerre e violenze che raggiunsero l’acme più cruenta con il sacco di Roma.

Il 6 maggio 1527 le truppe imperiali di Carlo V, composte principalmente dai famigerati Lanzichenecchi, portarono guerra e distruzione nella Città Eterna sotto il pontificato di Clemente VII.

Come per i due precedenti volumi, il succedersi degli eventi è scandito dalla cronologia dei papi. Ogni papa ebbe aspirazioni e personalità molto diverse ma tutti, nessuno escluso, antepose sempre gli interessi della propria famiglia al bene della Chiesa.

Non ci si allontana quindi molto dalla verità affermando che la vera e unica protagonista di questo romanzo sia in fin dei conti l’ambizione.

Ambizione che, in queste pagine, viene declinata in ogni sua forma sia che si tratti di sete di potere sia che si tratti di voler lasciare dopo di sé il segno come miglior pittore e scultore del tempo e oltre.

Gli artisti di spicco del romanzo sono Raffaello e Michelangelo, ma in questo volume fa il suo ingresso sulla scena anche un nuovo protagonista, Tiziano Vecellio, che in quanto ad avidità ed ambizione, come si è soliti dire, se la gioca alla pari con il più anziano Michelangelo.

Raffaello impersonò l’armonia, la gioia di vivere e la convivialità. Come tutti anche lui fu chiamato a combattere l’impossibile guerra della politica ma lo fece sempre con una tale grazia, da rendersi gradito a chiunque gli stesse accanto. Alla sua morte furono in molti a pensare che insieme a lui se ne stava andando anche la grazia di Roma. Invero, dopo la sua morte avvenuta all’età di 33 anni un Venerdì Santo, stesso giorno della sua nascita, di lì a qualche anno Roma si sarebbe trovata al centro di una terribile spirale di violenza e devastazione.

Molto diverso da Raffaello fu Michelangelo. Artista ombroso e geloso della sua arte tanto da volerla celare ai colleghi per timore che qualcuno potesse carpire i suoi segreti. Eppure, Michelangelo, divino artista, fu pure capace di grandi slanci e di grandi passioni. Sebbene sempre in fuga da sé e dal dover scegliere, non si tirò mai indietro dinnanzi alle cose in cui credeva davvero che si trattasse di sostenere la Repubblica fiorentina o di dare il suo appoggio agli Spirituali, un gruppo il cui intento era quello di riformare il clero e per questo vennero perseguitati come eretici.

Codesto volume più dei precedenti si addentra in una dettagliata analisi politica dell’epoca oltre che nel racconto della storia dell’arte e dei suoi protagonisti.

Tantissimi i personaggi, figure di spicco e figure minori, che insieme si muovono sulla scena dando vita ad una narrazione ricca di colpi di scena, frutto di una continua alternanza di alleanze e tradimenti.

Personaggi terribili come Pier Luigi Farnese, figlio di Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, elemento più scellerato e disumano di Cesare Borgia, si aggirano tra le pagine di questo romanzo, dove incontriamo anche tante positive figure femminili, come quelle di Vittoria Colonna, Isabella d’Este, Giulia Gonzaga, donne coraggiose che osarono sfidare gli uomini con la loro intelligenza. Infine, non si può non ricordare Roxane, schiava e regina, che detenne a lungo  il potere nell’Impero Ottomano poiché a lei sola apparteneva il cuore di Solimano.

Tante verità storiche che si legano splendidamente all’interno di una trama romanzata ordita alla perfezione, capace di regalare al lettore un racconto avvincente e affascinante di quello che giustamente l’autore definisce Il secolo dei giganti.





giovedì 15 giugno 2023

“Il colosso di marmo” di Antonio Forcellino

Il secondo volume della serie “Il secolo dei Giganti” dedicata da Antonio Forcellino alla storia del Cinquecento vede come protagonista principale il genio di Michelangelo.

L'artista, dopo il successo ottenuto a Roma con la sua Pietà, fa ritorno a Firenze dove ad accoglierlo trova Machiavelli che gli commissiona il David.

Savonarola è stato condannato come eretico e a Firenze è stata nuovamente instaurata la Repubblica. La situazione politica dell’Italia è alquanto confusa. Ludovico il Moro vorrebbe rientrare a Milano, Venezia è tenuta sotto scacco da Bajazet mentre Francia, Spagna e Impero si contendono il territorio italiano. In tutto questo caos il Valentino, lo scellerato figlio di Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, è più che mai deciso a crearsi un suo principato.

Firenze è fragile e fa gola a molti, teme l’ingordigia di Cesare Borgia e l’interesse delle altre potenze per le sue terre. L’immagine del David che sconfigge il gigante Golia diventa così il simbolo con cui dimostrare ai nemici il proprio valore e la propria forza.

In verità, sebbene i primi tre volumi della serie vengano intitolati dall’autore ciascuno ad uno dei tre grandi del Rinascimento (Leonardo, Michelangelo, Raffaello), tutti e tre gli artisti sono co-protagonisti di questo secondo libro.

Il rispetto e l’ammirazione di Raffaello verso Leonardo, la simpatia di questi per il giovane urbinate, l’animo tormentato e il carattere scontroso di Michelangelo emergono prepotentemente dalle pagine di questo romanzo.

L’autore dipinge in queste pagine un affresco quanto mai vivido e affascinante del periodo in cui furono protagonisti artisti di tale fama, ingegno e talento.

Come per il primo volume, anche in questo secondo libro viene posto l’accento sui vari pontificati per dare ordine agli eventi che si susseguirono nel corso della storia. Scelta quanto mai indovinata poiché coloro che sedettero sul soglio di Pietro furono tra i principali attori della storia del Rinascimento nonché ago della bilancia di quella politica internazionale fatta di continue alleanze e tradimenti.

Alessandro VI (Rodrigo Borgia), Giulio II (Giuliano della Rovere) e Leone X (Giovanni de’ Medici), tre papi molto diversi e dalla personalità complessa che segnarono profondamente la storia di Roma, della Chiesa e dell’Italia rinascimentale.

Dalle pagine di Antonio Forcellino emerge la figura affascinate di Giulio II che invoglia il lettore ad approfondire la storia di questo papa guerriero, fiero e volitivo, che venne immortalato da Raffaello in quell’atteggiamento remissivo e dolce che poco, in verità, lo caratterizzò nel corso della sua vita. Raffaello aveva però compreso quanto l’arte potesse essere un’arma più potente della spada per veicolare un messaggio. Quale modo migliore, quindi, per umanizzare un pontefice energico come un condottiero e scaltro come un diplomatico se non rappresentandolo in atteggiamento malinconico­?

Tantissime sono le figure che popolano queste pagine e tra loro anche molte donne dal temperamento straordinario come Vittoria Colonna, Giulia Farnese, Isabella d’Este e Lucrezia Borgia.

Questo secondo volume si conferma essere un racconto avvincente e avventuroso di una delle epoche più affascinanti della storia.

Originariamente la serie dedicata al Cinquecento italiano doveva essere una trilogia, ma alla fine i volumi sono diventati cinque. L’ultimo volume è uscito proprio in questi giorni.

 



giovedì 23 marzo 2023

“Il cavallo di bronzo” di Antonio Forcellino

Primo libro della saga dedicata da Antonio Forcellino ai grandi protagonisti dell’arte rinascimentale, “Il cavallo di bronzo” è incentrato sulla figura di Leonardo Da Vinci.

Il ritmo del racconto è scandito dall’avvicendarsi sul soglio pontificio dei diversi papi, da Niccolò V (6 marzo 1447 – 24 marzo 1455) ad Alessandro VI Borgia (11 agosto 1492 – 18 agosto 1503). 

Il romanzo è anche il racconto delle grandi famiglie baronali romane, Colonna e Orsini in primis, che di fatto tenevano sotto scacco lo Stato Pontificio con i loro eserciti e il loro peso politico. Chi voleva governare il mondo doveva governare Roma, così l'autore ci racconta dell’ascesa di Alessandro Borgia e della sua scellerata prole, nonchè dei falliti tentativi di Giuliano Della Rovere di sedere sul soglio di Pietro, ascesa in verità solo rimandata.

Ci narra della Milano degli Sforza e di Ludovico il Moro, ma soprattutto Forcellino ci regala un meraviglioso quadro della Firenze medicea.

Sotto lo sguardo vigile di Cosimo il Vecchio, Piero de’ Medici e Lorenzo il Magnifico l’arte fioriva rigogliosa sulle sponde dell’Arno e loro, i veri padroni di Firenze, furono bravissimi, come scrive l’autore stesso, ad abbagliare il popolo con la loro sobrietà e i principi con il lusso.

È davvero affascinante il modo in cui l’autore è riuscito a raccontare ogni singolo avvenimento, seguendo la verità storica, ma senza appesantire il ritmo del racconto. La narrazione rimane oltremodo fluida e piacevole. I molteplici dettagli del complicato quadro politico, così come quelli delle peculiarità degli artisti e delle loro opere, non spezzano minimamente la narrazione ma anzi la compenetrano in maniera eccellente.

I numerosi personaggi sono descritti con magistrale precisione a partite ovviamente dalla figura di Leonardo, il cui rapporto con il mondo, essendo egli di indole piuttosto taciturna, passava più attraverso i suoi disegni che attraverso le sue parole. Di Leonardo non viene indagata solo la psicologia, ma vengono esaminate minuziosamente anche le sue opere, dando ampio spazio alla sua tecnica pittorica, alle sue invenzioni e ai suoi studi nell’ambito della ricerca naturalistica.

Con sapienti pennellate Antonio Forcellino dipinge uno splendido affresco dell’epoca rinascimentale dove ogni singolo personaggio sa come affascinare e intrigare il lettore per rendersi interessante ai suoi occhi. Invero, mi sono ritrovata a desiderare di approfondire la storia di figure che fino ad oggi avevano suscitato solo parzialmente il mio interesse, una su tutte quella del futuro Giulio II.

Il racconto, con la sua prosa lineare e pulita, cattura l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine. 

Oltre a Michelangelo, che sarà figura di spicco del secondo volume, ma che occupa già parte della trama di questo libro, fa il suo ingresso sulla scena anche un giovanissimo Raffaello Sanzio. 

Agli artisti e alle botteghe è dato ampio spazio nel romanzo così come ai diversi mecenati che si avvalsero dell’opera di pittori, scultori, letterati spesso per consolidare la propria posizione sociale e politica.

Non si può, poi, non accennare a tutte quelle indimenticabili figure femminili che furono protagoniste di quest’epoca straordinaria e, solo per citarne alcune, possiamo ricordare Lucrezia Borgia, Giulia Farnese e Cecilia Gallerani.

“Il secolo dei giganti” è indubbiamente una saga affascinante e coinvolgente in grado di appassionare anche il lettore più esigente.





sabato 11 febbraio 2023

“La gemma del cardinale de’ Medici” di Patrizia Debicke van der Noot

La storia narrata in questo romanzo si inserisce cronologicamente tra “L’eredità medicea” e “L’oro dei Medici”, i due romanzi di Patrizia Debicke van der Noot di cui vi ho precedentemente parlato.

Come nel volume "L'oro dei Medici" il protagonista è Don Giovanni de’ Medici, il fratellastro del granduca Ferdinando I. In questo romanzo Ferdinando indossa ancora la porpora cardinalizia in quanto la storia prende avvio subito dopo la dipartita del fratello, il granduca Francesco.

La morte del granduca Francesco de’ Medici e della sua seconda moglie, la bella e discussa veneziana Bianca Cappello, avvenuta a distanza di un brevissimo lasso di tempo, ha fatto sospettare fin da subito che non si fosse trattato di morti dovute a cause naturali, ma piuttosto ad un duplice omicidio.

Se i contemporanei accusarono il successore Ferdinando di essere il mandante del delitto e ancora oggi gli storici si dividono su cosa sia veramente accaduto, l’autrice del romanzo fa ricadere la colpa sul più piccolo dei figli di Cosimo I ed Eleonora di Toledo ovvero il violento e rancoroso Pietro de’ Medici, colui che si era macchiato anche dell’assassinio della moglie Leonora.

Un'ipotesi diversa ed intrigante che fa da sfondo ad un’interessante trama che si tinge ulteriormente di giallo quando sulla scena fa il proprio ingresso una setta, la setta degli eletti, al cui vertice si trova un personaggio misterioso e potente, chiamato da suoi uomini Illuminato.

Gli adepti della setta sono infiltrati tra i monaci agostiniani e sembrano avere anche il sostegno del re di Spagna, Filippo II. Il loro scopo immediato sembra quello di ottenere il dominio del Granducato di Toscana, eliminando i Medici. Pietro de’ Medici, accecato dal livore e dall’invidia, sostiene la causa senza rendersi neppure conto di quanto lui sia in realtà solo una sacrificabile pedina in un gioco molto più grande di lui.

In questo romanzo la parte di racconto dedicata all’azione si bilancia equamente con quanto concerne lo sviluppo della trama romance. Il ritmo del racconto è forse meno incalzante rispetto a quello degli altri due volumi dedicati dall’autrice alla dinastia Medici, ma è scorrevole e soprattutto non privo di colpi di scena.

Per quanto concerne i personaggi, alcuni sono di pura invenzione mentre altri, seppur realmente esistiti, sono molto rimaneggiati ovviamente per dare la giusta coloritura alla trama.

Un esempio ne sono la storia romanzata della madre di Don Giovanni, argomento già affrontato parlando del volume “L’oro dei Medici”, e la storia d’amore tra la bella Clelia Farnese, figlia del Cardinale Alessandro Farnese, e Ferdinando.

Nel romanzo si dice che Clelia fosse la madre di un figlio bastardo di Ferdinando I, poiché nato dopo la morte del primo marito della donna. In verità, il bambino nacque quando il marchese Cesarini era ancora in vita. Sarebbe invece verosimile, anche se non vi è alcuna certezza, che Clelia fosse stata realmente l’amante di Ferdinando. Tale ipotesi sarebbe avvalorata dall'esistenza di alcuni dipinti nei quali la donna ritratta potrebbe essere identificata proprio con Clelia Farnese, dipinti che, potrebbero essere stati con molta probabilità commissionati a Jacopo Zucchi proprio dal Medici.

Nell'insieme il romanzo presenta una trama ben congeniata, scorrevole e intrigante. Don Giovanni si conferma protagonista carismatico sebbene la sua figura raggiungerà la consacrazione nel libro “L’oro dei Medici”, in questo romanzo infatti deve spartirsi la scena con un quasi altrettanto affascinate Ferdinando.

I romanzi sono tutti autoconclusivi e possono essere quindi letti in ordine sparso.  In questo volume però ci sono diversi personaggi quali quello di Clelia Farnese, del Cardinale Alessandro Farnese, del Duca di Mantova Vincenzo Gonzaga che fanno senza dubbio scattare nel lettore la voglia di approfondire le loro vicende storiche.





lunedì 14 novembre 2022

“L’eredità medicea” di Patrizia Debicke van der Noot

Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio del 1537 il Duca di Firenze Alessandro de’ Medici viene assassinato dal cugino Lorenzino de’ Medici che da quel momento diventa per tutti Lorenzaccio.

Con la morte del Duca Alessandro, ultimo discendente diretto del ramo di Cafaggiolo della famiglia Medici, il vuoto di potere che viene a crearsi nella Città del Giglio è oltremodo pericoloso. 

Firenze fa gola a molti, non solo all’imperatore Carlo V, ed è quindi di vitale importanza nominare in fretta un successore.

Mettendo a tacere coloro che auspicherebbero un ritorno alla repubblica, con l’appoggio di Alessandro Vitelli, comandante dell’esercito imperiale, e con quello del primo ministro, il cardinale Innocenzo Cybo, la scelta ricade sul diciasettenne Cosimo de’ Medici.

Il giovane, figlio di Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, che riunisce in sé i due rami della famiglia Medici, quello Popolano per parte di padre e quello di Cafaggiolo per parte di madre, grazie al basso profilo che ha sempre mantenuto sembra proprio il candidato ideale. Cosimo ha sempre mostrato più interesse per la caccia che per la politica e, almeno sulla carta, questo fa di lui una pedina facile da manipolare.

Cosimo però è figlio di suo padre e, anche grazie all’istruzione fattagli impartire nel corso degli anni dalla madre, si rivela tutt’altro che docile. Fin da subito scalpita per imporsi e affermare il ruolo che gli spetta.

Molti tramano nell’ombra e Ombra è proprio il nome con cui si fa chiamare colui che con ogni mezzo cerca di assassinare il nuovo Duca. Tra congiure ed eserciti che si radunano per spodestarlo, non sarà facile per Cosimo de’ Medici riuscire a distinguere quali siano i veri amici di cui potersi fidare e quali invece si fingano tali solo per poterlo eliminare.

“L’eredità medicea” è un libro carico di suspense in cui, sebbene si possa intuire chi si celi dietro la maschera indossata dall’Ombra, il colpo di scena rimane sempre dietro l’angolo. Non esiste una netta distinzione tra bene e male; anche il personaggio più positivo, in verità, nasconde nel suo animo più profondo delle zone d’ombra.

Cosimo de’ Medici e Alessandro Vitelli sono entrambi protagonisti. Cosimo è coraggioso e intelligente, ma anche testardo, ombroso e troppo impulsivo. Vitelli però lo conosce da sempre, sa come prenderlo e grazie ai suoi sottili insegnamenti riuscirà a farne un uomo di comando capace e scaltro.  

I personaggi sono tutti ben caratterizzati. L’autrice ne dà una dettagliata descrizione sia psicologica che fisica. I due fratelli Vitelli, nipoti del comandante dell’esercito imperiale, la vedova di Alessandro de’ Medici, la giovane Margarita d’Austria, Angela, la moglie di Alessandro Vitelli, il luogotenente Montauto sono solo alcune delle numerose figure che animano questo romanzo.

Ci sono poi i personaggi più oscuri, Paolo III e il figlio Pier Luigi Farnese, che non possono non richiamare alla mente altre due celebri figure ovvero quella di Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e quella di suo figlio Cesare detto il Valentino.

Pier Luigi Farnese è un soldato, un mercenario, audace e risoluto, ma anche un uomo privo di scrupoli e immorale, capace di efferatezze inaudite. Il papa, suo padre, però stravede per questo suo figlio sempre vestito di nero come nera è la sua anima.

Il libro di Patrizia Debicke van der Noot è un romanzo dal ritmo incalzante e avvincente. Un thriller storico convincente e intrigante come i suoi personaggi.




mercoledì 9 novembre 2022

“I gioielli dei Medici dal vero e in ritratto” a cura di Maria Sframeli

Dal 12 settembre 2003 al 2 febbraio 2004 si tenne al Museo degli Argenti (Palazzo Pitti, Firenze) una mostra dedicata alla gioielleria medicea dal XVI e XVIII secolo. Curatrice della mostra, allestita da Mauro Linari, fu Maria Sframeli che ne curò anche il catalogo.

I gioielli sono il genere artistico che più difficilmente si è conservato nel corso dei secoli. Questo perché le pietre venivano spesso rimosse e i materiali preziosi fusi per essere trasformati seguendo la moda del momento o, talvolta, più semplicemente per fare cassa.

Oggi, l’unico modo di ricostruire l’iconografia dei gioielli perduti è quello di affidarci alla pittura e ai documenti d’archivio.

Le prime notizie sull’interesse dei Medici per i gioielli risalgono ai tempi di Giovanni di Bicci. Il primo della famiglia che iniziò a collezione gioielli, però, fu Cosimo de’ Medici. Al suo tempo risalgono infatti le prime commissioni ad artisti quali il Ghiberti per la realizzazione di montature per cammei antichi e oggetti preziosi. Questa passione per la gioielleria si intensificò poi con Piero de’ Medici e con il figlio di questi Lorenzo il Magnifico.

Nel Quattrocento il collezionismo di preziosi, seguendo un antico retaggio mercantesco e medievale, oltre che un desiderio da soddisfare per il proprio piacere personale, era ancora considerato soprattutto un sicuro investimento di capitali. In quell’epoca non vi era ostentazione dei gioielli, prova ne sono gli affreschi dove i personaggi della famiglia non indossano nessuna gemma importante anche laddove siano abbigliati con eleganza.

Era consuetudine, inoltre, nelle cerimonie nuziali fare dono di gioielli alla sposa da parte di amici e parenti ovviamente a seconda della condizione sociale ed economica di appartenenza.

Purtroppo, nessun gioiello mediceo quattrocentesco è giunto a noi.

Il matrimonio di Cosimo I con Eleonora di Toledo segnò un punto di svolta anche per i preziosi che divennero i protagonisti principali per la promozione di quell’immagine pubblica voluta dallo stesso Cosimo per il proprio governo.

Nel 1545 fece il suo ingresso a Firenze Benvenuto Cellini. Impegnato con il suo Perseo, che venne poi collocato nella Loggia dei Lanzi, il Cellini dovette dedicare però parte del suo tempo anche alle continue richieste di Eleonora di Toledo con la quale non ebbe un rapporto sereno. Si dice infatti che lei fosse alquanto esigente e capricciosa. Non meno pretenziosa e appassionata di gioielli fu la seconda moglie del granduca Cosimo Camilla Martelli.

Le donne della famiglia potevano usufruire solo temporaneamente dei gioielli di cui entravano in possesso poiché questi erano di fatto proprietà della corona e come tali venivano trasmessi solo per linea maschile.

Oltre a quello di Benvenuto Cellini altri sono i nomi ricordati in quel periodo e tra questi vi è anche quello di Hans Domes famoso per aver realizzato la corona granducale di Cosimo I. Francesco I, il suo successore, invece, ne commissionò una nuova ancora più suntuosa all’orefice Bylivert.

Tra i gioielli più preziosi della corte medicea si ricorda il famoso diamante di colore paglierino detto "il Fiorentino” acquistato da Ferdinando I e oggi andato perduto. Ricordato ancora negli elenchi del 1741, ne possiamo ammirare solo l’immagine in un dipinto di Maria Maddalena d’Austria dove l’acconciatura è completata da un pennino decorato proprio con il famoso diamante.

Altro straordinario gioiello fu il cosiddetto “Collare di Ferdinando” dove sembra fossero profusi ben cinquemila brillanti. Anch’esso fece la fine di molti gioielli fusi e smontati per seguire le mode del momento. In questo caso fu Cosimo III che lo fece smontare in occasione del matrimonio del Gran Principe Ferdinando con Violante di Baviera.  Parte dei gioielli destinati alla sposa derivavano proprio dal famoso collare.

Il catalogo ci porta ad esplorare la Corte medicea e il mondo delle varie istituzioni dell’epoca; molto interessanti sono i paragrafi dedicati al Toson d’oro e all’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, quest’ultimo istituito da Cosimo I de’ Medici.

La lettura si rivela una vera passeggiata nella storia della gioielleria. Non solo orecchini e pendenti, tanto amati dalle donne della dinastia medicea, ma anche preziosi che adornavano le varie acconciature (grillande, pennini, sopracciuffi), cinture e paste odorifere da inserire all’interno dei gioielli stessi.

Scorrono dinnanzi a noi le immagini dei diversi personaggi con le loro storie, come quelle di alcune donne di casa Medici che andarono in sposa nelle varie Corti lontane dal Granducato portando con sé l’eleganza dell’arte e dell’oreficeria fiorentina.

E si arriva così all’ultima donna della dinastia, Anna Maria Luisa l’Elettrice Palatina di cui tante volte abbiamo parlato. Lei nutrì una vera passione per quelle che venivano chiamate galanterie gioiellate. Purtroppo, questo patrimonio non fu facile da mettere in salvo e pochissimo è giunto sino ai giorni nostri.

Questo libro offre spunti di lettura diversi sia dei protagonisti che dell’arte e della moda del loro tempo. Dopo la lettura di questo volume, ad esempio, lo sguardo che si rivolgerà ad un dipinto non sarà più lo stesso perché quella pittura assumerà ai nostri occhi moltissime sfumature diverse facendoci porre anche inaspettati interrogativi.



 

domenica 11 settembre 2022

“La vita quotidiana nella Roma pontificia ai tempi dei Borgia e dei Medici” di Jacques Heers

Due date importanti segnano i limiti cronologici del periodo preso in esame da Jacques Heers in questo suo saggio del 1986 riproposto dal Corriere della Sera nella collana “Biblioteca della storia. Vite quotidiane”.

Nel 1420 Martino V, riconosciuto come unico sovrano pontefice, rientra a Roma. Con la sua elezione avvenuta il giorno 11 novembre del 1417 al Concilio di Costanza si risolve lo scisma d’Occidente. La sede del papato lascia Avignone per fare ritorno nell’Urbe. 

Roma tra la fine del Quattrocento e l’inizio del secolo successivo è una città piena di contraddizioni.

È contrassegnata da intrighi, violenze, guerre intestine, nepotismo e libertinaggio, ma in mezzo a tante ombre fioriscono anche quelle arti e quella letteratura che ne fanno un centro culturale di primo piano.

Roma in breve tempo grazie alla sua fervida vita intellettuale e all’amore per il bello iniziò infatti a rivaleggiare con i centri più importanti quali la Firenze di Lorenzo il Magnifico.

Il limite cronologico di questo periodo di risveglio e di trasformazione dell’Urbe viene identificato da Heers con il sacco di Roma avvenuto nel 1527 e compiuto dalle truppe imperiali di Carlo V composte principalmente da lanzichenecchi tedeschi. Sul soglio di Pietro sedeva Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici. Tale evento non causò un declino insanabile, ma rappresentò con la sua brutalità un forte punto di rottura.

Il libro di Jacques Heers è un saggio ben articolato che analizza la Roma pontificia del XV secolo e gli inizi del XVI secolo nel suo insieme. Non si sofferma banalmente sugli aspetti materiali e comuni dello stile di vita come, ad esempio, sugli alimenti o sui tessuti e non si focalizza neppure, come si potrebbe desumere dal titolo, sulla storia dei pontefici come singole figure storiche.

Osservando l’evoluzione degli eventi nel loro complesso, Heers preferisce indagare il motivo di certe dinamiche all’interno dello scacchiere politico e religioso dell’Urbe.

I pontefici erano a tuti gli effetti dei veri capi di Stato e come tali avevano una loro corte. Il loro però era uno Stato cosmopolita la cui azione si sviluppava ben oltre i paesi vicini estendendosi anche verso l’Oriente e ad un certo punto della storia anche verso le Americhe. Il loro potere era a tempo determinato, era un potere non trasmissibile in quanto eletti da un conclave di principi della Chiesa che, a loro volta, potevano vantare una loro propria corte personale. Talvolta ci furono comunque due papi appartenenti alla stessa famiglia nel giro di pochi anni, ad esempio, Borgia e Medici giusto per ricordare le due famiglie indicate nel titolo del libro.

Heers esamina ogni aspetto del periodo dettagliatamente: dalla politica estera a quella interna, dalle dinamiche dettate dalle alleanze delle varie famiglie nobili alle cerimonie religiose, ai conclavi, al mecenatismo.

La lettura non risulta sempre scorrevole perché le informazioni trasmesse sono davvero numerose e articolate. Tanti gli argomenti trattati, impossibile quindi anche solo fare un breve accenno di tutti quanti.

Un saggio interessante, preciso e approfondito che riesce a rendere perfettamente l’idea di quella che doveva essere la vita a corte in quella Roma tanto controversa eppur tanto ricca di fascino e colta quale fu la Città Eterna ai tempi dei Borgia, dei Medici, dei Della Rovere e dei Piccolomini.



 

 

lunedì 9 maggio 2022

“Donatello. Il Rinascimento” (Palazzo Strozzi e Museo del Bargello, Firenze)

Nei giorni scorsi ho visitato la mostra dedicata a Donatello a Palazzo Strozzi e al Museo del Bargello.

Questa volta ho preferito acquistare il catalogo prima e devo dire che si è rivelata una mossa vincente poiché si tratta di un volume davvero completo.

L'introduzione fa il punto sulla storia delle esposizioni dedicate all'artista partendo  da quella per il cinquecentenario dalla nascita nel 1887 al Museo del Bargello per poi passare a quelle in occasione del seicentenario: una sempre al Museo del Bargello e l’altra suddivisa tra le sedi di Detroit, Fort Worth e il Forte di Belvedere a Firenze.

Si evidenzia poi il desiderio in questa occasione da parte dei curatori della mostra di voler portare a conoscenza del grande pubblico l’influenza che Donatello ebbe non solo sulla scultura, ma anche per esempio sulla pittura sia sui suoi contemporanei che sugli artisti dei secoli successivi.

Il cosiddetto stiacciato era una tecnica che si avvaleva di un rilievo bassissimo che dava all'insieme un effetto pittorico e proprio a questo si rifecero non solo gli scultori, ma anche pittori primo tra tutti il Masaccio.

La prima parte si completa quindi perfettamente con il secondo capitolo dedicato più specificamente alla biografia di Donatello (1386-1466) e alle collaborazioni più importanti (Brunelleschi prima e Michelozzo poi) e alle commesse che lo portarono a Padova per diversi anni oltre che in giro per la Toscana.

Lo scultore fu molto legato alla famiglia Medici tanto che alla morte venne sepolto proprio accanto al suo più grande mecenate Cosimo il Vecchio.  L’impiego dello scultore da parte dei Medici nel corso degli anni fu soprattutto concentrato sugli arredi della loro casa e della loro chiesa parrocchiale. Il contributo di Donatello fu fondamentale per trasformare la Basilica di San Lorenzo in un mausoleo della dinastia medicea.

Il catalogo passa poi ad esaminare attraverso delle schede molto esaustive le numerose opere esposte molte delle quali provenienti dai più prestigiosi musei e istituzioni internazionali.

La famiglia Medici viene spesso menzionata non solo quando si analizzano le opere da lei direttamente commissionate come il David vittorioso o le porte della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, ma anche per quanto è entrato nei secoli a far parte delle collezioni medicee seppur talvolta anche solo per un breve periodo.

Qualche esempio?  Il cosiddetto Tabernacolo Medici opera di Jacopo Sansovino e Bottega oppure la Madonna della scala di Michelangelo o ancora la Madonna del Pugliese (o Madonna Dudley) opera di Donatello insieme a quella che doveva essere la sua custodia ossia il tabernacolo con L’Adorazione del Bambino e Presentazione al Tempio (nel verso Arcangelo annunciante e Vergine Annunciata) ad opera di Fra Bartolomeo.

Una mostra assolutamente da non perdere e un catalogo da non farsi scappare anche se non proprio economico.



Madonna Pazzi (Donatello)


Amore-Attis (Donatello)


San Giovanni Battista (Donatello) - Crocifisso (Vecchietta)
San Giovanni Battista (Ercole de' Roberti) 
 Lastra sepolcrale del vescovo Giovanni Pecci (Donatello)


David vittorioso (Donatello)
A sinistra Filippo Scolari, detto Pippo Spano e a destra Farinata degli Uberti
(Andrea del Castagno)


David vittorioso (particolare)


San Giorgio - Combattimento di San Giorgio col drago e liberazione della principessa 
(Donatello)


Marzocco (Donatello)


Madonna del Pugliese - Dudley (Donatello)


Adorazione del Bambino e Presentazione al Tempio
(Fra Bartolomeo)


Angelo annunciante e Vergine Annunciata
(Fra Bartolomeo)