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lunedì 29 giugno 2020

“Regina di sangue” di Joanna Courtney


REGINA DI SANGUE
di
Joanna Courtney
BEAT EDIZIONI
Nel Regno di Alba, meglio conosciuto oggi con il nome di Scozia, nell’XI secolo due casati si contendevano il trono.

Il casato di Aed e il casato di Costantino avrebbero dovuto in teoria rispettare l’antica legge secondo la quale i discendenti di entrambi i casati dovevano sedere a turno sul trono, ma Re Malcolm II, discendente della linea di Costantino, aveva deciso di interrompere questa tradizione.

Cora Mac Duff e suo fratello Kendrick, figli di Mormaer Lachlan, fratello del re, ancora bambini furono gli unici della loro famiglia a salvarsi dall’attentato ordito dallo stesso Malcolm II.
Trovarono rifugio nella provincia settentrionale del Moray, presso Mormaer Finlay, padre di Macbeth.

Il principe Macbeth possedeva una bellezza in grado di attirare gli sguardi di tutte le fanciulle e anche Cora si era ovviamente innamorata di lui.

Cora, però, nonostante fossero passati ormai diversi anni da quando aveva dovuto assistere impotente al massacro della propria famiglia, era ancora troppo piena di odio verso chi le aveva procurato tanto dolore.
Non poteva accettare l’idea di essere felice accanto all’uomo che amava, almeno finché non fosse prima riuscita ad ottenere la sua vendetta

Così, quando Macbeth le aveva chiesto di sposarlo, ella aveva tentennato e aveva accettato solo nel momento in cui egli le aveva rivelato che, in quanto discendente della linea di Aed, egli stesso avrebbe potuto rivendicare il trono per loro, per il suo risarcimento.
La sorte però segue spesso vie misteriose e Cora, prima di poter coronare il suo sogno di diventare Lady Macbeth prima e regina di Alba poi, aveva ancora dure prove davanti a sé da affrontare.

Re Malcolm II era un sovrano che si serviva della forza e della paura per governare il paese.

A malincuore aveva riconosciuto nel nipote Duncan il suo successore, egli non lo convinceva pienamente in quanto lo riteneva un ragazzo  troppo debole.
Per questo motivo aveva chiesto al genero, l’abate Crinan, il padre di Duncan, di trovare al ragazzo una moglie dal carattere forte e determinato che lo sapesse affiancare in futuro nel difficile compito che lo attendeva.

La scelta era caduta su Sybill, la sorella del conte Ward.
Sybill e Ward erano figli di una comunità di pescatori danesi, il loro paese dieci anni prima era stato attaccato dalla temibile tribù di Wend, lei aveva solo otto anni all’epoca e lui sedici.
Riusciti a fuggire, una volta in salvo, avevano raggiunto l’Inghilterra con l’esercito di Cnut dove Ward si era fatto strada prima come soldato di fanteria, poi come guardia, in seguito come huscarlo reale fino a diventare conte della Northumbria meridionale.

“Regina di sangue” è un romanzo coinvolgente e appassionante, capace di catturare l’attenzione del lettore fin dal prologo.

I personaggi sono tutti affascinanti e Joanna Courtney è bravissima nel saper ricreare le atmosfere dell’epoca, tanto che il lettore si ritrova calato egli stesso nella Scozia dell’XI secolo riuscendo ad immedesimarsi nelle vicende come se gli avvenimenti si svolgessero proprio attorno a lui.

E’ difficile schierarsi per l’uno o per l’altro casato, in entrambi gli schieramenti ci sono personaggi con cui inevitabilmente si crea un rapporto empatico.

Le regine provengono ambedue da storie molto simili, entrambe costrette a fuggire fin da piccole dopo aver assistito ad orrendi massacri, hanno dovuto lottare duramente per affermare la loro posizione.

Tra Cora e Sybill è la prima quella più assetata di vendetta, tanto che a volte si fatica a comprendere la forza di tanto odio che sembra albergare in lei, ma è anche quella che ha perso di più e a cui la vita ha riservato spiacevoli sorprese anche in età adulta.

Due donne segnate da un’infanzia traumatica, entrambe destinate ad un grande futuro, entrambe destinate ad essere regine, mogli e madri di re, ma soprattutto due donne forti, caparbie, a cui la vita non ha mai regalato nulla, dotate di una resilienza, di un’intelligenza e di una tempra non comuni.

Due donne così simili eppure allo stesso tempo così diverse: Cora è una nobile per nascita, il sangue reale scorre nelle sue vene mentre Sybill è figlia di pescatori, la sua è una nobiltà conquistata sul campo.

Accanto a Cora e Sybill, vere protagoniste di questo romanzo, troviamo numerosi personaggi maschili, impossibile parlare dettagliatamente di tutti loro.

Tre più di tutti però colpiscono la fantasia del lettore: Duncan, Maldred e Macbeth.

L’amore tra Cora e Macbeth nasce quando sono ancora ragazzi e nonostante le numerose battaglie, le innumerevoli avversità, nulla può scalfire i loro sentimenti, il loro amore è per sempre.
Macbeth accetta di diventare re semplicemente per amore della sua regina, egli ama le sue terre, è un uomo del nord, ma per Cora è disposto a farsi carico del trono di Alba.

Duncan e Maldred sono fratellastri, nati dallo stesso padre, ma è Duncan il secondogenito quello che può vantare il diritto al trono in quanto nipote di Re Malcolm II per parte di madre.
Duncan è un uomo buono, ma insicuro e non adatto al comando.
Sybill riconosce la sua fortuna per esserle toccato in sorte un marito così devoto e gentile, ma non può in cuor suo dimenticare che è Maldred colui di cui è innamorata.
Maldred è un uomo vigoroso, energico, ma anche rispettoso delle leggi e non farebbe mai nulla che potesse disonorare o mettere in pericolo il fratello; non lo ha mai invidiato perché un giorno sarebbe diventato re, ma non può in cuor suo non provare gelosia perché il destino gli ha concesso la donna di cui egli stesso è innamorato.

I personaggi di “Regina di sangue” sono davvero molto numerosi e ognuno di essi ha una storia affascinante da raccontare.

Il libro di Joanna Courtney è  uno splendido romanzo corale dove violenza, amore, morte, passione si avvicendano pagina dopo pagina riportando in vita un mondo spietato in cui per sopravvivere era necessario bandire dal proprio cuore ogni forma di misericordia e di umanità.

“Regina di Sangue” è forse uno dei romanzi storici più belli che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi, è un libro emozionate, coinvolgente e dai personaggi indimenticabili, un romanzo assolutamente imperdibile e al quale è difficile rendere giustizia attraverso una semplice recensione.

In verità questo libro è il primo romanzo di una trilogia con cui l’autrice ha voluto esplorare il mondo delle donne shakespeariane, gli altri due volumi sono dedicati ai personaggi di Ophelia e di Cordelia.

Inutile sottolineare che non vedo l’ora di poter leggere il prossimo romanzo che spero esca presto in edizione italiana.




venerdì 19 dicembre 2014

“La dama nera” di Sally O’ Reilly

LA DAMA NERA
di Sally O’ Reilly
SONZOGNO
Withehall, marzo 1592. Aemilia Bassano sta per assistere alla rappresentazione de “La bisbetica domata” alla presenza della sovrana, Elisabetta I.

Dopo la morte della madre avvenuta sei anni prima, la giovanissima Aemilia appena sedicenne era stata abilissima a trovare il modo di rimanere a corte sistemandosi con ogni sfarzo.
Ella è, infatti, da sei anni l’amante di lord Hundson, il lord ciambellano, un ex militare di 40 anni più anziano di lei e cugino di Elisabetta.

Aemilia ha saputo sfruttare la sua bellezza per raggiungere un’invidiabile posizione, tutti sono a conoscenza della sua relazione con Lord Henry e lei per questo è temuta e rispettata da tutti.
Aemilia però non è solo bella, ma anche colta ed intelligente, sa citare Ovidio e i classici, ama la poesia, il teatro e vorrebbe lei stessa un giorno poter vivere della sua arte, ma in quanto donna vede questa strada a lei preclusa, pur non dandosi mai per vinta.
Aemilia è tenace, passionale, impulsiva e questo suo carattere le procurerà nella vita molti dispiaceri.

L’impressione che Aemilia ha de “La bisbetica domata” è terribile, tanto da farle dire del suo autore:

Un furfante dall’animo infimo, convinto che deprezzare una donna renda l’uomo due volte più forte. Non gli basta che una donna non goda di maggiore libertà di un cagnolino da salotto (…)

Aemilia incontrerà presto però il giovane William Shakespeare che descriverà come un giovane:

Alto, snello e vigile, con occhi infossati. Abbigliato ad arte, con pendenti d’oro alle orecchie e guanti eleganti

Inutile dire che nonostante i battibecchi iniziali tra i due scoppierà la passione ed Aemilia per il loro amore dovrà rimettere in discussione tutta la sua vita e le sue scelte.

Ad appena 22 anni la giovane sarà costretta a vedere se stessa per quello che realmente è: una mantenuta sebbene la più altolocata del paese, abbigliata sì come una principessa, un angelo di taffetà, una fata in abiti d’oro, ma pur sempre e solo la regina delle puttane.

Quando poi rimarrà incinta di William comprenderà che per il proprio bene e per quello del figlio in arrivo dovrà fare in modo che tutti credano che il padre sia lord Hunsdon.
Chiuderà con William e accetterà la proposta del suo protettore di sposare l’uomo che questi ha scelto per lei ovvero Alfonso Lanyer.

Alfonso è un uomo di bell’aspetto, ma anche un donnaiolo e un giocatore d’azzardo, un musicista frivolo e imprevidente che non ci metterà molto a sperperare la dote che la moglie ha ricevuto dall’amante.

Inizia così il periodo più buio della vita di Aemilia, lontano da corte, senza mezzi, spesso al limite dell’indigenza, con un bambino da crescere, viziato e maleducato al quale non riesce a negare nulla, un marito inadeguato e la peste che imperversa per le strade di Londra.

Aemilia sfrutterà ogni mezzo per affermare se stessa attraverso la sua poesia e la sua arte e non lascerà nulla di intentato, al punto da evocare persino i demoni dell’inferno ed essere accusata di stregoneria, pur di salvare dal contagio il suo bambino, quel bambino che è il ritratto dell’uomo che ha amato un tempo e che mai è riuscita a dimenticare.

E William riuscirà mai a dimenticare la dama bruna che così profondamente l’ha avvinto?
Aemilia e William riusciranno ad incontrarsi di nuovo? William scoprirà un giorno di essere il padre del figlio della donna amata e dalla quale è stato tradito e respinto?
Aemilia perdonerà William di averle dedicato dei sonetti tanto ingiuriosi e carichi di odio?

Sally O’ Reilly non ha suddiviso il suo romanzo in parti e capitoli come un qualunque romanzo, ma ha optato per la suggestiva idea di suddividerlo come se si trattasse di un’opera teatrale con un’iniziale presentazione dei personaggi, un prologo e degli atti suddivisi a loro volta in scene.
                                                                                                                                         
L’affresco della Londra di epoca Tudor è splendido e pieno di dettagli così come la descrizione della corte, dei complotti e dei personaggi che pur romanzati sono pur sempre personaggi storici.
Bellissime le pagine che descrivono l’imperversare della peste per le vie di Londra e ci raccontano della violenza, della paura e della follia che si erano impossessate del popolo e non solo.

Le strade della City sono intrise di brutalità, rumori, pestilenza, e oltre ancora non c’è che la barbarie delle campagne.

Il sottotiolo de “La dama nera” recita la storia, vera e commovente, della vera Dark Lady di Shakespeare.

Aemilia Bassano Lanyer è un personaggio storico, vissuta durante i regni di Elisabetta I e di Giacomo I, fu l’amante di diversi uomini di corte tra cui il più celebre Lord Hunsdon che dovrebbe essere realmente il padre di suo figlio.
Ci sono indicazioni in alcuni documenti tra cui alcuni scritti del dottor Simon Forman che Aemilia potesse effettivamente avere avuto una relazione anche con lo stesso William Shakespeare.
Alcuni studiosi oggi ritengono piuttosto plausibile l’idea che la famosa “dama bruna” dei sonetti shakespeariani possa essere identificata con Aemilia Bassano così come si tende ad avvalorare l’ipotesi dell’identificazione de “il giovane biondo” con Henry Wriothesley.

La trama è indubbiamente molto romanzata e, senza nulla togliere all’approfondita ricerca storica eseguita dall’autrice per ricostruire l’epoca in cui la giovane dama visse, l’impressione è che la verità dei fatti sia piuttosto rimaneggiata.

Su Shakespeare, sulla sua vita, sui suoi amori veri e presunti, persino su un suo possibile orientamento omosessuale sono state scritte innumerevoli pagine.
La sua vita e la genesi delle sue opere rimane per molti ancora oggi avvolta nel più fitto mistero.
Posso citare, per chi fosse interessato, due saggi che ho letto qualche tempo fa e che ho trovato davvero molto interessanti e completi: il primo più incentrato sulla vita del bardo si intitola “Shakespare. Una biografia” scritto da Peter Acroyd  ed edito da Neri Pozza; il secondo è uno studio dettagliato delle opere e della loro genesi, l’autore è Giorgio Melchiori, il titolo è  “Shakespeare”, pubblicato da Editori Laterza.

“La dama nera” di Sally O’Reilly è un ottimo romanzo, che prende spunto da verità storiche per creare una suggestiva storia intrisa di negromanzia ed incantesimi.
Una storia che coinvolge il lettore fin dalle prime pagine e dove l’elemento magico e demoniaco fa da sfondo ad una storia fatta di passioni, inganni e tradimenti.
Una trama dove l’odio, l’amore, la vendetta e la lussuria sono i padroni dell’animo umano e muovono ogni azioni di uomini e donne.
Un’epoca, quella Tudor, in cui la violenza e l’arte erano al centro della vita di corte e non solo. Un’epoca dove negromanti, alchimisti e astrologi erano ricercati e temuti in egual misura.

L’immagine di Aemilia Bassano come prima femminista della storia è reale così come è verità storica che lei abbia pubblicato una raccolta di poesie dedicata a donne famose del suo tempo.
Magistrale però è l’idea dell’autrice di legare la storia di Macbeth alla vita di Aemilia, così che sin dall’inizio le tre celebri streghe della famosa tragedia shakespeariana facciano da filo conduttore alla vita di questa donna dalle caratteristiche in verità davvero mal assortite, una donna un po' strega e un po' santa:

Ho la mente di un filosofo, l’educazione di un principe e la moralità di una suora.

A chi consiglierei la lettura de “La dama nera”?
A tutti coloro che amano Shakespeare, i suoi sonetti e le sue opere, il Macbeth in particolare, e a tutti gli appassionati del teatro elisabettiano.
Perché lo consiglierei?
Semplicemente perché Sally O’Reilly è veramente brava a saper trasportare il lettore indietro nel tempo e a farlo sentire parte di quel mondo.





giovedì 17 aprile 2014

Sonetto LXXV di William Shakespeare


Accetto con piacere la sfida di Ludo a pubblicare una poesia sul mio blog. 
Da troppo tempo non ne pubblico una e quale occasione migliore di questa?

Inutile dire che sono stata a lungo indecisa sulla scelta da fare.
Sono così tanti i canti, i versi, le rime, le odi… che avrei piacere di proporvi, ma nonostante il rischio di apparire banale ho deciso che la mia scelta ricadrà su William Shakespeare.

Qualche giorno fa a teatro ho ascoltato la lettura di questo bellissimo sonetto e voglio considerarlo un segno del destino…
Ecco a voi il sonetto n. 75 “Tu sei per la mia mente come il cibo per la vita”


Tu sei per la mia mente, come il cibo per la vita.
Come le piogge di primavera, sono per la terra.
E per goderti in pace, combatto la stessa guerra
che conduce un avaro, per accumular ricchezza.
Prima, orgoglioso di possedere e, subito dopo,
roso dal dubbio, che il tempo gli scippi il tesoro.
Prima, voglioso di restare solo con te
poi, orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Talvolta, sazio di banchettare del tuo sguardo,
subito dopo, affamato di una tua occhiata.
Non possiedo, né perseguo alcun piacere,
se non ciò che ho da te, o da te io posso avere.
Così ogni giorno, soffro di fame e sazietà,
di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.




So are you to my thoughts as food to life,
Or as sweet-season'd showers are to the ground;
And for the peace of you I hold such strife
As 'twixt a miser and his wealth is found.
Now proud as an enjoyer, and anon
Doubting the filching age will steal his treasure;
Now counting best to be with you alone,
Then better'd that the world may see my pleasure:
Sometime all full with feasting on your sight,
And by and by clean starved for a look;
Possessing or pursuing no delight
Save what is had, or must from you be took.
Thus do I pine and surfeit day by day,
Or gluttoning on all, or all away.



Con la speranza di riuscire presto a scrivere un post interamente dedicato ai sonetti del “Grande Bardo”, passo ad annunciarvi i blog a cui ho deciso di lanciare la sfida:

Piume di Carta     http://piumedicarta.blogspot.it/
Decorantic Art      http://decoranticart.blogspot.it/

Chi raccoglie la sfida dovrà nominare altri blog per un numero massimo di cinque.


ne approfitto per augurare a tutti....Buona Pasqua!!!


domenica 16 febbraio 2014

“I masnadieri” di Schiller (1759 – 1805)

I MASNADIERI
di Schiller
MONDADORI
Il romanticismo ebbe le sue origini in Germania. Fu difatti proprio il “romanticismo tedesco” il primo a svilupparsi in Europa grazie ai suoi fondatori: Friedrich Schlegel, suo fratello August Schlegel e Novalis.
Il romanticismo fu preceduto però da un altro movimento il cosiddetto “preromanticismo” che in Germania nella sua ultima fase (1765 – 1785), prese il nome di Sturm und Drang (letteralmente “tempesta ed assalto”).
Lo Sturm und Drang, tra i cui maggiori esponenti ricordiamo grazie alle loro opere Goethe, Herder e lo stesso Schiller, fu un movimento che rivendicò il rifiuto delle ideologie proprie dell’illuminismo e, seguendo la dottrina di J.J. Rousseau, fece proprio l'ideale del “ritorno alla natura”.
Rivalutò l’irrazionale nella vita dell’uomo e si schierò contro il dominio della ragione, ridimensionandone il valore e rivendicando l’importanza dei sentimenti e della fantasia.

“I masnadieri” (titolo originale Die Räuber) furono pubblicati per la prima volta nel 1781, quando il loro autore Johann Christoph Friedrich Schiller era poco più che ventenne e furono poi messi in scena l’anno successivo (1782) ottenendo un grandissimo successo.

L’azione si svolge in Germania in un arco di tempo di circa due anni. Protagonisti del dramma in cinque atti sono i due figli del vecchio conte di Moor, il maggiore di nome Karl ed il secondogenito Franz, entrambi innamorati della bella Amalia Von Edelreich che ricambia l’amore di Karl.
Franz fin dall’inizio dichiara il suo intento di impossessarsi di quanto spetta al fratello e, volendo succedere al padre ad ogni costo, si adopera in ogni modo al fine di renderlo possibile.
Johann Christoph Friedrich Schiller
Prima, servendosi di false lettere, accusa il fratello di aver disonorato il nome di famiglia così che il padre diseredi Karl. Poi, per accelerare la morte del genitore facendo leva sui suoi sensi di colpa, gli fa sapere quanto egli sia stato ingiusto con il figlio prediletto e come sia ormai troppo tardi per pentirsene in quanto Karl è morto in guerra.
Nel frattempo Karl Moor, sconvolto dall’ingiusto castigo inflittogli dal padre, sceglie la strada del crimine e diventa il capo di una banda di giovani masnadieri che mettono a ferro e fuoco città e villaggi.
Venuto però a conoscenza delle macchinazioni del fratello, Karl decide di condurre la sua banda di masnadieri alle porte del castello dei Moor e qui, riuscito ad introdursi all’interno sotto falsa identità, scopre che Amalia è ancora innamorata di lui e che in realtà suo padre è ancora vivo sebbene tenuto prigioniero.
Franz nel frattempo scopre che, sotto le spoglie dell’ospite giunto al castello, si nasconde in verità suo fratello e cerca di eliminarlo facendolo avvelenare da un servo che però si rifiuta di eseguire l’ordine e rivela invece i suoi piani allo stesso Karl.
Franz vedendo ormai la sua morte vicina, terrorizzato da ciò che lo aspetta nell’altra vita per i crimini commessi, diventa pazzo e si uccide prima che i masnadieri possano catturarlo e portarlo al loro comandante.
Il vecchio conte di Moor muore di crepacuore senza comprendere che colui che ha dinnanzi è in realtà quel figlio che credeva morto.
Karl, vorrebbe cambiare vita ora che Amalia lo ha perdonato, ma i masnadieri gli ricordano il giuramento che egli aveva fatto ovvero di essere unito a loro fino alla morte. 
Amalia capisce che non può sopravvivere ad un nuovo abbandono dell’uomo amato e gli chiede di ucciderla. 
Karl si rifiuta di darle la morte, ma è costretto a farlo prima che il fatto vengo compiuto da uno della sua banda.
Sopraffatto dal dolore Karl Moor capisce che tutta la sua vita è stata un inganno e che l’unico modo per uscire dalla sua situazione è arrendersi alle autorità. Decide così di consegnarsi ad un povero contadino, padre di molti figli, in modo che questi possa riscuotere la taglia sulla sua testa e sfamare la sua famiglia.

Schiller fu ben presto acclamato come il tanto atteso “Shakespeare tedesco” e in verità non si può leggendo “I masnadieri” non richiamare alla mente i momenti di pathos e di alta liricità nonché la violenza e la ferocia oltre alla profondità della psicologia dei personaggi di opere quali Macbeth e Riccardo III.
Lo stesso monologo di Franz (atto primo, scena I) ricorda il monologo di Riccardo III, pur rimanendo per me l’opera di Shakespeare di una bellezza ineguagliabile:

Ho ottime ragioni per essere in collera con la natura e – sul mio onore! – le farò valere… Perché non sono strisciato per primo fuori dal ventre di mia madre? Perché non sono stato il solo? Perché mi ha imposto il fardello di questa ripugnante bruttezza? E perché proprio a me? E’ come se per la mia nascita avesse utilizzato solo qualche rimasuglio. (…) Essa ci diede in dono l’inventiva e ci depose miseri e nudi sulla riva di questo grande oceano del mondo – Nuoti chi sa nuotare e chi è troppo impacciato vada a fondo!
(Franz Moor)

io sono privo di ogni bella proporzione,
frodato nei lineamenti dalla natura ingannatrice,
deforme,incompiuto,spedito prima del tempo in questo mondo
che respira,
(…) percio' non potendo fare l'amante
per occupare questi giorni belli ed eloquenti,sono
deciso a dimostrarmi una canaglia e a odiare gli oziosi
piaceri dei nostri tempi. Ho teso trappole ,ho scritto
prologhi infidi con profezie da ubriachi, libelli e
sogni per spingere mio fratello Clarence e il re a
odiarsi
(Riccardo III)
                                                                                                                    
Riccardo III è personaggio unico che con la sua perfidia e la sua crudeltà, con la sua ambiguità e la sua astuzia affascina lo spettatore e il lettore. Non lo si può amare perché lo si teme, ma allo stesso tempo non lo si può odiare perché è impossibile non essere ammaliati da questo grandioso e terribile personaggio shakespeariano.
Franz Moor invece non riesce a coinvolgere il lettore e, contrapposto al fratello Karl, non può vincere il confronto, non solo quando quest’ultimo viene descritto come l’essere perfetto di cui Amalia è innamorata ma neppure quando commette le azioni più abbiette alla testa della sua banda di masnadieri.
Sempre nel confronto con le opere shakespeariane è impossibile inoltre non ravvisare similitudini tra Amalia e Ofelia e tra Karl Moor e Amleto.

Karl è l’eroe di un mondo in disfacimento, dominato dalla violenza e contrapposto al mondo degli antichi:

quando leggo nel mio Plutarco le storie dei grandi uomini, questo secolo di imbrattacarte mi ripugna

Karl Moor, come tutti gli esseri umani, oscilla costantemente tra il bene e il male: egli è l’innamorato fedele e il figlio devoto, ma è anche il crudele comandante dei masnadieri.
Le sue due anime si rispecchiano in quella di altri due personaggi: nel violento e maligno Spiegelberg e in Kosinsky che ha alle spalle una storia molto simile a quella di Karl.
Karl non è mosso dalla malvagità ma piuttosto dal desiderio di libertà, ha voglia di ribellarsi per ristabilire, a suo modo, le leggi calpestate ma al termine del dramma comprende che tutto è stato è un grande errore:

Oh, che pazzo sono stato io a credere di poter rendere bello il mondo con l’orrore e di poter salvaguardare la legge con l’illegalità…

“I masnadieri” di Schiller divenne inoltre un’opera lirica in quattro atti musicata da Giuseppe Verdi (libretto di Andrea Maffei) rappresentata per la prima volta a Londra il 22 luglio del 1847.


martedì 20 agosto 2013

“Shakespeare. Una biografia” di Peter Ackroyd

SHAKESPEARE
 UNA BIOGRAFIA
di Peter Ackroyd
NERI POZZA
Peter Ackroyd (Londra, 1949) è un critico letterario, biografo e autori di romanzi storici. E’ considerato uno dei maggiori scrittori inglesi viventi. Nutre un particolare interesse per la storia e la cultura londinese. Le sue biografie sono opere monumentali e, solo per citarne alcune, ricordiamo oltre ovviamente a quella su Shakespeare quelle dedicate a Chaucer, Blake, Turner, Dickens, More.
Prossimamente uscirà per Neri Pozza Editore l’edizione italiana di “Londra. Una biografia” e sembra sia già in lavorazione sempre per la stessa casa editrice anche la biografia di Charles Dickens.

Ritengo “Shakespeare. Un biografia” di P. Ackroyd (Neri Pozza) insieme a “Shakespeare”di G. Melchiori (Editori Laterza), di cui vi ho parlato un po’ di tempo fa, due opere davvero interessanti per coloro che amano il grande drammaturgo inglese.
Mentre l’opera di Melchiori analizza le singole opere inquadrandole nel contesto storico e ricostruendone il processo creativo, l’opera di Ackroyd è una biografia di William Shakespeare non solo scrittore e drammaturgo ma anche uomo del suo tempo.

Il libro di Ackroyd è una biografia accurata, precisa, frutto di una capillare ricerca effettuata su numerosi testi e negli archivi storici. Non c’è da stupirsi quindi che alla fine del volume venga riportata una bibliografia di ben 14 pagine!

“Shakepeare. Una biografia” è il romanzo della vita di Shakespeare dalla sua nascita, avvenuta a Stratford-Upon-Avon con ogni probabilità il 23 aprile del 1564, alla sua morte avvenuta nello stesso giorno dell’anno 1616.

Il primo capitolo del libro è dedicato alla famiglia del drammaturgo. Ackroyd ci parla di John Shakespeare, il padre di William, della sua occupazione e della sua carriera politica; indaga su quale potesse essere la religione professata dai vari familiari e ci racconta delle scuole frequentate da William senza tralasciare di darci notizie persino su chi siano stati suoi insegnanti e quali libri di testo abbia usato il giovane Shakespeare.
 Il primo capitolo si chiude con il matrimonio del drammaturgo all’età di soli diciotto anni con Anne Hathaway, una donna di sei anni più anziana di lui.

Dal secondo capitolo in poi vediamo come Shakespeare si sia avvicinato al teatro, come sia divenuto nel corso degli anni attore, poeta, drammaturgo, impresario, proprietario di teatri acquistando alcune quote.
Leggiamo delle svariate compagnie per le quali scrisse e nelle quali recitò: The Queen’s Men, The Lord Strange’s Men, The Earl of Pembroke’s Men, The Lord Chamberlain’s Men e The King’s Men.
Ackroyd indaga sui rapporti di Shakespeare con gli altri attori, con i suoi mecenati, ma anche con i suoi concittadini di Stratford-Upon-Avon. Shakespeare visse infatti la sua vita dividendosi tra la sua cittadina natale e Londra.
In questo libro non viene tralasciato di raccontare degli affari privati del drammaturgo quali compravendite di case e terreni, lasciti testamentari, prestiti e diritti di proprietà. Shakespeare fu nella sua vita non soltanto un uomo di cultura e di teatro, ma anche un uomo d’affari scaltro e competente che sapeva come investire e far fruttare il suo denaro.

Il libro di Ackroyd non è solo una biografia di William Shakespeare ma è anche una perfetta e completa ricostruzione dell’epoca in cui questo autore è vissuto.
Attraverso le pagine di quest’opera impariamo la storia del teatro elisabettiano oltre a scoprire come fosse la vita tra Cinquecento e Seicento a Londra e Stratford-Upon-Avon.

Il libro di Melchiori e quello di Ackroyd sono due testi molto differenti tra loro ma che si completano a vicenda, due opere validissime che non dovrebbero mancare nella libreria di chiunque ami Shakespeare.
Se dovessi però consigliare un solo volume, la mia preferenza cadrebbe sicuramente sul libro di Ackroyd. “Shakespeare. Una biografia” è un’opera completa, ricca di aneddoti e particolari interessanti. Inoltre la scelta di Ackroyd di optare per uno stile meno accademico e didascalico a favore di uno stile più avvincente e brillante ha reso la lettura decisamente più scorrevole e piacevole.



domenica 10 marzo 2013

“Shakespeare” di Giorgio Melchiori


Prima di parlarvi di questo volume, vorrei davi qualche informazione riguardo al suo autore che fu uno degli studiosi più importanti di Shakespeare.

Giorgio Melchiori (1920 - 2009) fu insegnante di letteratura inglese all’università di Torino, presso La Sapienza di Roma e negli ultimi anni presso l’Università Roma Tre.  Allievo di Mario Praz, fu studioso e ricercatore principalmente di Shakespeare e di tutta la letteratura del periodo elisabettiano, ma non tralasciò di analizzare anche la letteratura e la poesia delle epoche successive sino al Novecento. Fu insignito negli anni di numerose onorificenze nazionali ed internazionali. Fu socio corrispondente della British Accademy e dell’Accademia delle Scienze di Torino nonché socio nazionale dell’Accademia dei Lincei.
Melchiori ci ha lasciato una numerosa quantità di saggi, traduzioni, recensioni tutti di notevole qualità ed interesse.

“Shakespeare – genesi e struttura delle opere” (Biblioteca Storica Laterza, pp. 683 – € 25,00) è un testo completo in cui Melchiori analizza una per una tutte le quaranta opere del più grande drammaturgo di tutti i tempi inquadrandole non solo nel preciso contesto storico, ma analizzandone ogni particolare per poterne così ricostruire il processo creativo.

Il volume inizia con un esaustivo ed interessassimo capitolo introduttivo dal titolo “Shakespeare e il mestiere del teatro” in cui Melchiori spiega cosa significasse essere uomo di teatro nell’epoca elisabettiana (Elisabetta I regna fino al 1603) e in quella giacomiana (Giacomo I regna da 1603 al 1625). L’introduzione presenta un’ampia spiegazione della differenza tra il teatro, espressione del mondo letterario e dei circoli studenteschi, ed il teatro pubblico, la cui funzione equivaleva a grandi linee a quella dei moderni mass-media. Ritroviamo inoltre, sempre in questa parte introduttiva, diverse pagine dedicate alla storia dei teatri e delle compagnie oltre che alla descrizione della struttura del teatro in epoca elisabettiana ed al ruolo degli editori nel tramandare le opere teatrali. Davvero rilevanti e di grande interesse sono poi le notizie storiche relative alla Guerra delle due Rose, che vide contrapporsi gli York ed i Lancaster, all’avvento della dinastia Tudor, al regno di Elisabetta I ed alle problematiche legate alla successione di quest’ultima mancando la stessa di eredi diretti. Proprio da qui nasceva il compito di Shakespeare di legittimare, attraverso i suoi drammi storici, la dinastia Tudor riuscendo a districarsi in un ambiente condizionato fortemente dai mutevoli scenari politici e dalle interferenze di una censura sempre attenta e vigile.
Il volume, seguendo un criterio cronologico, è diviso in cinque parti:
-          Il primo Shakespeare: da collaboratore a drammaturgo 1588 -1594
-          Intermezzo: le opere non drammatiche
-          I Chamberlain’s Men 1594 - 1603
-          I King’s Men 1603 - 1608
-          Il Blackfriars 1608 - 1616

Melchiori per ogni singola opera ci informa sulle date reali o presunte di composizione del testo, sulle fonti alle quali Shakespeare ha fatto riferimento, analizza approfonditamente la trama ed i personaggi e conclude con un attento esame della struttura drammaturgica del testo.
 “Shakespeare” è davvero un testo fondamentale per chiunque voglia approfondire e conoscere l’opera del drammaturgo. Il libro è a tutti gli effetti un manuale e pertanto, se si decide di leggerlo tutto d’un fiato, bisogna essere davvero motivati. Non è di facile lettura e a volte può risultare troppo impegnativo. Non lo si può certamente definire una lettura scorrevole, ma è davvero un testo molto valido e completo che ritengo non dovrebbe assolutamente mancare nella libreria di tutti coloro che, come me, sono innamorati del Grande Bardo.
Se proprio devo trovargli un difetto, a voler proprio essere pignoli, forse avrei inserito qualche estratto in più delle opere di Shakespeare così da rendere le spiegazioni più chiare ed immediate. Inoltre se deciderete di leggere singolarmente i testi di Shakespeare, potrete benissimo utilizzare questo manuale come commento all’opera scelta.

venerdì 27 aprile 2012

Ode a Silvia (da “I due gentiluomini di Verona” di W. Shakespeare)


Vincent Van Gogh – Mandorlo in fiore

Qual luce è luce se Silvia io non vedo,
qual gioia è gioia se Silvia non mi è accanto,
a men di immaginarla a me accanto, nutrito del riflesso della perfezione.
Se la notte io non sono accanto a Silvia non ha più musica per me l’usignolo.
A men di contemplar Silvia di giorno,
non c’è più giorno per me da contemplare.
Non vivo più se lei -mia essenza-
mi toglie la benigna sua influenza che mi da vita,cibo,luce e affetto.
Non evito la morte ,se sfuggo a tal verdetto:
se qui’ mi attardo, corteggio certa morte,
ma dalla vita fuggo ,se fuggo dalla corte.




In uno dei miei film preferiti “Shakespeare in Love” (trailer), la protagonista femminile Viola De Lesseps (interpretata da Gwyneth Paltrow) partecipa, travestita da uomo, all'audizione per il ruolo di Romeo, recitando proprio questo sonetto.
Per un bellissimo video del film cliccare qui  




domenica 19 febbraio 2012

Sonetto XCII - William Shakespeare


Fai pure del tuo peggio per sottrarti a me,
ma per tutta la vita mi apparterrai:
vita che non durerà più a lungo del tuo amore,
perché essa completamente da quell'amore dipende.
Non devo perciò temere il massimo dei mali,
dal momento che il minimo di essi mi può causare la fine;
esiste per me un più felice stato
di questo continuo dipendere dai tuoi umori!
Tu non puoi torturarmi con la tua incostanza,
ne va della mia vita col tuo disdegno.
Oh, quale titolo alla felicità posseggo:
pago di avere il tuo affetto, contento di dover morire!
C'è cosa tanto bella che non tema macchia?
Tu potresti ingannarmi e io non saperlo.

venerdì 17 febbraio 2012

Sonetto CXVI – William Shakespeare


Non sarà mai ch'io ponga impedimento all'unione di due anime fedeli. Amore non è amore se muta quando trova un mutamento nell'altro o se è pronto a recedere quando l'altro s'allontana.
Oh! no, esso è un faro sempre fisso che domina le tempeste senza mai esserne scosso: esso d'ogni barchetta errante è la stella il cui valore non si conosce sebbene se ne possa misurare l'altezza.
Amore non è lo zimbello del tempo, quantunque labbra e guance di rosa passino sotto la sua falce ricurva; Amore non muta con le brevi ore e con le settimane, ma dura eterno fino all'estremo giorno del giudizio.
Se questo ch'io scrivo è un errore e sarà dimostrato tale coll'esempio mio, dite pure ch'io non ho mai scritto, né che alcun uomo ha mai amato.

(traduzione di L. Darchini)