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venerdì 26 giugno 2020

“Giallo Solidago” di Simone Censi


GIALLO SOLIDAGO
di
Simone Censi
ZeroUnoUndici Edzioni
Padre Gino e il cappellano Carlo trovano in chiesa un uomo svenuto forse a causa di una brutta botta alla testa.
L’uomo non ha con sé i documenti, ha perso la parola e sembra non ricordare nulla del suo passato.
In attesa che ritrovi la memoria, padre Gino lo accoglie nella sua comunità e sceglie per lui temporaneamente un nome, Salvatore.

Un sedicente scrittore, stanco del proprio lavoro e incapace di affrontare la moglie, frustrato in ogni sua aspirazione letteraria, sceglie una fuga disonorevole.
Decide cioè di punto in bianco di lasciarsi tutto alle spalle e sparire senza lasciare alcuna traccia.
Trova rifugio sui treni, viaggia costantemente senza mai scendere, se non per cambiare treno, tentando di scrivere un romanzo giallo.
Unica sua compagnia la vocina che ha in testa e con la quale battibecca costantemente.

Il commissario Morelli è un tipo collerico che, proprio a causa di questo suo carattere, è stato confinato a Borgo Alba, un paesino sperduto nelle Marche.
Il rapporto con la moglie Pina, della quale il commissario è ancora innamoratissimo, è totalmente in crisi.
Lei è quanto mai decisa infatti a vendicarsi del marito per colpa del quale è stata costretta a trasferirsi in quel buco di paese, lontana dalla città e dalle sue amiche.
Un giorno però proprio a Borgo Alba dove non accade mai nulla di inconsueto, avviene un evento straordinario che finisce su tutti i giornali nazionali; un caso di duplice omicidio avvenuto proprio nella stazione del paese, le vittime un barbone e un capostazione.
Il fatto potrebbe essere il punto di svolta per Morelli.
Il commissario potrebbe risolvere brillantemente il caso e riabilitarsi agli occhi dei suoi superiori, tanto da riuscire ad ottenere un buon trasferimento, oppure essere la sua fine, restare per sempre relegato a Borgo Alba o peggio, potrebbe essere spedito in qualche luogo ancora più brutto, sempre che tale luogo esista.

Se vi state chiedendo cosa sia il giallo Solidago, vi dico subito che la Solidago è un’erba che cresce spontanea e che produce dei fiorellini gialli, appunto; quest’erba la si trova spesso anche lungo i binari delle ferrovie. 

Soddisfatta dunque questa piccola curiosità sul titolo, passiamo ad analizzare questo strano romanzo di Simone Censi.

In verità il romanzo non è uno di quei libri che parte col botto e che invoglia la lettura fin dalle prime righe, ma superate le prime pagine piuttosto lente, il racconto si vivacizza tanto che diventa difficile interromperne la lettura.

La lentezza delle prime pagine potrebbe essere anche voluta dallo stesso Censi in quanto necessaria all’economia del romanzo come indurrebbe a pensare il dialogo tra l’autore e la sua vocina interiore, per autore qui non mi riferisco a Simone Censì, bensì al protagonista di una delle storie del libro.

Il romanzo presenta tre piani narrativi e altrettanti protagonisti: l’uomo che ha perso la memoria, lo scrittore di romanzi gialli e il commissario Morelli.

Quale legame ci sia tra il primo protagonista e gli altri due, lo si può solo intuire, la rivelazione infatti arriverà solo alla fine della storia.

Il legame tra gli altri due invece è chiaro fin da subito: il commissario Morelli è il protagonista del romanzo che sta scrivendo l’uomo in fuga sui treni.

Lo scrittore dialoga continuamente con la voce dentro la sua testa che per il lettore diviene essa stessa un personaggio del romanzo.
Lo scrittore ed il suo ego si confrontano incessantemente su come dovrebbe procedere il libro.
La vocina interiore incarna lo spirito critico dello scrittore e controlla quindi il suo processo creativo.
                                                                                                                          
Questa parte, piuttosto lenta dal punto di vista della narrazione, ha una sua valenza perché ci dà la possibilità di comprendere quali siano i vari passaggi necessari a costruire la trama di un romanzo giallo.

Il vero protagonista di “Giallo Solidago” è però il commissario Morelli e a lui il lettore si affeziona fin da subito, già da quando è solo un embrione nella mente del suo autore.

Il commissario Morelli non assomiglia a nessuno dei commissari della letteratura giallistica italiana, è diverso proprio per stesso volere del suo autore.

Scontroso, irascibile, irriverente, sotto sotto Morelli è però un ottimo elemento; un po’ guascone, questo sì, ma non è uno sprovveduto come si potrebbe essere portati a credere.
Nonostante infatti all’apparenza egli risolva i casi solo grazie alla fortuna, in realtà, pagina dopo pagina, il lettore comprende che le intuizioni del commissario non possono essere sempre solo frutto di favorevoli coincidenze, ma anche frutto delle sue efficaci capacità investigative.

Ad affiancarlo nel lavoro troviamo il suo vice, Segapeli, un ragazzo sveglio, puntale e preciso, che mi ha ricordato molto il personaggio di Fazio nei film di Montalbano tratti dai romanzi di Camilleri.

Come in ogni romanzo giallo che si rispetti a completare il quadro troviamo: un medico legale,  il dottor Passacantando, un questore, il dottor Panzanera, e l’immancabile antagonista che qui risponde al nome di Luzerda.

Luzerda, descritto come un arrivista e pure porta sfiga, è una vecchia conoscenza del commissario Morelli con il quale ha un conto in sospeso.

“Giallo Solidago” è un romanzo dalla struttura narrativa piuttosto complessa, ma l’autore dimostra grande abilità nel saperla gestire brillantemente.
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I personaggi sono ben delineati e, contrariamente a quanto potrebbero far pensare i loro nomi grotteschi, difficilmente si rivelano essere delle macchiette a parte alcuni casi come il cinese Yè e il poliziotto Passolento, un po’ il Catarella di Montalbano.

Una scrittura fluida, una trama avvincente e un racconto carico di ironia sono gli ingredienti principali di questo romanzo davvero particolare, capace di intrigare il lettore con il suo racconto e di farlo sorridere con le sue battute beffarde e canzonatorie. 





mercoledì 1 maggio 2019

“Amico, Nemico” di Simone Censi


AMICO, NEMICO
di Simone Censi
EDIZIONI MONTAG
Prima metà del Novecento, a Bray, una cittadina irlandese sulla costa orientale, vive una famiglia indigente, ma talmente miserabile che persino la Povertà in persona potrebbe permettersi di vivere in una casa migliore della loro.

Il racconto è narrato in prima persona dal protagonista ovvero il terzogenito di una coppia di genitori piuttosto male assortita.
La madre è una donna energica, corpulenta ed orgogliosa del suo essere irlandese mentre il padre, al contrario, è un uomo debole fisicamente, buono ed innocuo oltre ad essere un accanito bevitore.

Un giorno un’improvvisa malattia si porta via entrambi i genitori e, poiché gli zii non vogliono farsi carico dei ragazzi, questi vengono affidati ai servizi sociali e le loro strade si divideranno inevitabilmente per sempre.

Al nostro protagonista, sradicato dalla sua casa e condotto in una scuola industriale a vocazione religiosa, quindi non sarà dato sapere cosa ne sarà della sorella e del fratello che non rivedrà mai più.

Ha appena cinque anni e mezzo quando viene catapultato in una realtà a lui completamente sconosciuta.
Solo ed indifeso sarà costretto a fare i conti con qualcosa di spaventoso in un ambiente ostile fatto di violenza, indifferenza ed orrore.

A condividere il suo destino c’è però Johnny, un ragazzino suo coetaneo, che come lui ha alle spalle una storia simile alla sua , una storia fatta di povertà ed abbandono.

La vita all’interno dell’istituto segnerà profondamente l’esistenza di entrambi, tanto che, quando dopo molti anni i due, ormai adulti, si incontreranno nuovamente, al protagonista non resterà che prendere amaramente atto che di quel ragazzino a lui così caro non è rimasto più nulla, l’uomo che si troverà davanti sarà un perfetto sconosciuto.

L’amico Johnny se ne sarà andato per sempre lasciando il posto al nemico John.

La storia che ci racconta Simone Censi in questo breve romanzo, poco meno di un centinaio di pagine, è una storia molto intensa e carica di pathos.

La narrazione prende spunto da quanto emerso durante le indagini effettuate dalla commissione d’inchiesta sugli abusi su minori istituita dal governo irlandese nel maggio del 2000.
Inchiesta che si è conclusa nel 2009 portando alla luce gli orrori subiti da bambini e da ragazzi di entrambi i sessi ospiti dagli anni ’40 agli anni ’80 all’interno degli istituti religiosi in Irlanda.

Un’indagine che ebbe il compito di svelare quanto per anni era stato insabbiato, una storia fatta di sevizie, stupri e brutali pestaggi; grazie a migliaia di testimonianze, infatti, oggi quelle verità nascoste e manovrate sono finalmente state svelate in tutta la loro ferocia e crudeltà.

Nel libro di Censi si fa riferimento al rapporto Cussen del 1936, un chiaro esempio di come all’epoca si fosse in grado di manipolare la realtà anche quando veniva istituita un’apposita commissione per verificare e valutare eventuali criticità, commissione che in realtà veniva istituita solo per mettere a tacere l’opinione pubblica ed eventuali voci di corridoio sui discutibili metodi utilizzati nell’ambiente scolastico.

“Amico, Nemico” è un racconto di giovani vite segnate per sempre dalla paura e dalla perdita di dignità e rispetto; il racconto di come la cattiveria e la frustrazione portino con sè altrettanta cattiveria e frustrazione in un continuo circolo senza fine, dove la vittima il più delle volte, una volta cresciuta, diviene a sua volta ella stessa carnefice.
                                             
La brutalità e la violenza accendono una sete di vendetta difficile da placare, quella sete che l’autore riesce a descrivere così bene attraverso l’immagine di quegli occhi velati di quel grigio di indifferenza alla vita.

Il tema trattato dal romanzo è complesso e di non facile trattazione, ma Simone Censi ha dimostrato di sapere affrontare un argomento così spinoso con un garbo ed una delicatezza non comuni.

Attraverso una prosa chiara, semplice e scorrevole, l’autore riesce infatti, fin dalle prime righe, a coinvolgere e rendere partecipe il lettore che apprende con turbamento e sdegno quanto accaduto in una delle pagine più nere della storia d’Irlanda e della Chiesa cattolica.

“Amico, Nemico” è un romanzo che fa riflettere, indignare e commuovere; un romanzo che ci racconta una storia, come purtroppo ce ne sono tante, che nessuno di noi dovrebbe ignorare o dimenticare.



Dello stesso autore vi ricordo “Il garzone del boia”.





domenica 24 marzo 2019

“Il garzone del boia” di Simone Censi


IL GARZONE DEL BOIA
di Simone Censi
ELISON PUBLISHING
Il romanzo è raccontato in prima persona dal protagonista che, ormai anziano, trasferitosi in Francia e avendo cambiato vita da moltissimi anni, preferisce rimanere anonimo.

Egli non ci fornice nessun indizio che possa ricondurci in qualche modo alla sua identità, tranne che era nato con una gamba più corta e che da giovane era conosciuto con il soprannome di Balzarino, quello che fece il sarto troppo corto e non ce prese.

Quando era ancora un bambino, piccolo e malnutrito, fu venduto dal padre alla stregua di uno schiavo ad un uomo sconosciuto che faceva di mestiere il boia, al secolo Gianbattista Bugatti, ma da tutti soprannominato Mastro Titta.

Balzarino nel corso degli anni aveva imparato a vedere in Mastro Titta la figura paterna che a lui, uscito da casa giovanissimo, era venuta a mancare e, per sua stessa ammissione, probabilmente il boia si era rivelato essere un genitore migliore di quanto non sarebbe stato il suo vero padre.

L’uomo truce e feroce che tutti vedevano in Mastro Titta, un uomo che a causa del suo lavoro veniva scansato dalla gente, era in realtà, a detta del protagonista, un uomo giusto e devoto oltre che un uomo dotato a suo modo di una grande umanità.

Il boia era un uomo che sapeva leggere e scrivere; teneva un taccuino nel quale annotava tutte le esecuzioni e i dati di coloro che la giustizia gli affidava.
Fu proprio lui che insegnò a Balzarino a leggere e a scrivere ed il ragazzo, come il suo maestro, si mise all’opera tendendo un diario dei giorni  trascorsi al suo servizio.

Il racconto nasce proprio dalla revisione di quegli stessi appunti che il protagonista dice di voler riordinare più che altro a scopo terapeutico, per fare chiarezza e per curare gli attacchi di panico che ancora oggi, durante la vecchiaia, sono soliti coglierlo pensando a quanto vissuto durante la sua gioventù.

Mastro Titta  svolgeva il suo compito con rigore e rettitudine, sicuro che se non ci fosse stato lui a farlo, lo avrebbe fatto qualcun altro.
Riteneva il suo compito un lavoro giusto in quanto grazie ad esso egli non solo aiutava a salvaguardare l’incolumità delle persone, ma faceva sì che le sue stesse vittime avessero la possibilità, attraverso la morte, di espiare le loro colpe e presentarsi così purificate dinnanzi al Signore.

Balzarino però con il passare degli anni iniziò a non essere più così sicuro dell’attendibilità delle parole del suo maestro e la sua coscienza iniziò a ribellarsi quando, esecuzione dopo esecuzione, cominciò ad accorgersi che non tutti i condannati venivano trattati allo stesso modo; spesso infatti venivano usati due pesi e due misure quando veniva processata gente in vista oppure quando gli offesi erano uomini di Chiesa, nobili o ricchi.

Proprio per questo, a differenza di Mastro Titta, il giorno che se ne presentò l’occasione, Balzarino non se lo fece ripetere due volte, afferrò al volo l’opportunità e cambiò vita per sempre.

Il libro di Simone Censi è un racconto che intreccia verità storiche a vicende romanzate.

Mastro Titta è un personaggio realmente esistito, nato nel 1779 e morto nel 1869, fu un celebre boia a servizio dello Stato Pontificio.
Quando il papa Pio IX lo congedò, assegnandogli una pensione di 30 scudi mensili, fu il suo aiutante Vincenzo Balducci a prenderne il posto.

Prima del Balducci, secondo alcune fonti storiche, Mastro Titta aveva al suo servizio un garzone del quale si ignora l’identità; è proprio ispirandosi alla misteriosa figura di quel garzone che Simone Censi scrive il suo romanzo.

Nel 1891 venne pubblicata in dispense una falsa autobiografia, attribuita ad Ernesto Mezzabotta, intitolata “Mastro Titta, il boia di Roma: memorie di un carnefice scritte da lui stesso”, lavoro che prese spunto però dagli appunti effettivamente tenuti da Gianbattista Bugatti durante la sua attività di boia e ritrovati nel 1886.

La figura di Mastro Titta è nota al grande pubblico nella sua veste di personaggio della commedia musicale “Il Rugantino”, opera teatrale rappresentata per la prima volta nel 1962 con Aldo Fabrizi ad impersonare la parte del boia.

Mastro Titta non ha ispirato solo commedie e letteratura, ma è entrato anche a far parte della vita di tutti i giorni attraverso i detti popolari a lui ispirati come “Boia nun passa ponte” (ciascuno deve stare nel proprio ambiente) oppure “Mastro Titta passa ponte” (qualcuno ci rimetterà la testa).

Il libro di Simone Censi è un resoconto delle esecuzioni dell’epoca che ci fa conoscere non solo le tecniche utilizzate dal boia, ma anche i crimini commessi dai condannati a morte.
La condanna capitale veniva comminata per svariati motivi, ma da quello che si evince dal romanzo la maggior parte di essi erano dovuti a grassazione, cioè rapine a mano armata, o per aver commesso assassinio.
Gli omicidi a loro volta avevano come movente la maggior parte delle volte il denaro e il tradimento, così leggiamo molte storie di matricidi, patricidi e uxoricidi.
Col tempo però a questi crimini si andranno ad aggiungere anche quelli politici, entriamo infatti nel periodo in cui all’esecuzione dei briganti verranno affiancate anche le condanne di coloro che si sacrificavano nel nome di un’ideale di Italia unita.

Considerato l’argomento e le descrizioni inevitabilmente violente delle esecuzioni, il racconto non risulta così truculento e raccapricciante come ci si potrebbe aspettare e questo giova decisamente all’economia della narrazione che è a tutti gli effetti molto scorrevole.

“Il garzone del boia” è un libro particolare così come particolare ed inaspettato è effettivamente l’argomento trattato; un romanzo unico nel suo genere che racconta uno spaccato di vita dell’epoca visto da una prospettiva totalmente diversa ed inusuale.

Il libro di Simone Censi è un romanzo adatto agli amanti del genere storico, agli appassionati di cronachistica e a tutti coloro che sono sempre alla ricerca di storie curiose legate al nostro passato.