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domenica 7 gennaio 2018

“I Miserabili” di Victor Hugo (1802 – 1885)

I MISERABILI
di Victor Hugo
RUSCONI
“I Miserabili” sono forse l’opera più famosa di Victor Hugo. Il romanzo, letto da intere generazioni e diffuso in numerosissime edizioni integrali e ridotte, economiche e rilegate, è stato reso celebre anche dalle sue innumerevoli trasposizioni cinematografiche, televisive e teatrali.
Non possiamo a tal proposito non ricordare l’ultimo film del 2012 ”Les Misérables”, diretto da Tom Hooper e basato sull’omonino musical tratto dal romanzo, che vanta un cast stellare di attori quali Hugh Jackman, Russell Crowe, Anne Hathaway e Eddy Redmayne, solo per citarne alcuni.

La trama del romanzo è nota a tutti. “I Miserabili” narra le vicende di un forzato, Jean Valjean, imprigionato per aver rubato un pezzo di pane e trattenuto in carcere per ben diciannove anni a causa dei suoi continui tentativi di evasione falliti.
Un giorno Jean Valjean riesce finalmente ad evadere e viene accolto nella casa di un vescovo, dalla quale fugge durante la notte portando con sé parte dell’argenteria. Arrestato e ricondotto in casa del prelato, viene da questi salvato. Il vescovo infatti dichiara alla polizia di aver donato lui stesso l’argenteria all’uomo e anzi che lo stesso aveva dimenticato di prendere con sé anche i due candelabri.
Jean Valjean, commosso e stordito dal generoso gesto del vescovo, decide di cambiare vita e, sotto il nome di signor Madeleine, dedica la propria esistenza al soccorso dei poveri e dei derelitti.
Anni dopo un uomo viene arrestato con l’accusa di essere l’evaso Jean Valjean, a questo punto il vero Jean Valjean non può esimersi dal farsi avanti per salvare quell’innocente. L’uomo viene quindi nuovamente arrestato e questa volta condannato al carcere a vita.
Nonostante tutto riesce di nuovo ad evadere e, ritornato in libertà, tenta di costruirsi una nuova vita creandosi una terza identità.
Tra le persone alle quali presta soccorso c’è anche la piccola Cosetta, una bimba figlia di una giovane prostituta, affidata da questa ad una coppia, proprietari di una taverna. Purtroppo però, nonostante le migliori intenzione della madre e ad insaputa di questa, la bimba viene trattata in modo disumano dalla coppia. Jean Valjean prende con sé la piccola e la cresce come fosse sua figlia.

Il romanzo è un vasto ed affascinante affresco della società francese dall’età della Restaurazione a quella di Luigi Filippo, fatto attraverso un racconto dagli intrecci piuttosto complicati e talvolta anche piuttosto forzati.

I personaggi del romanzo sono innumerevoli, ma è proprio avvalendosi delle singole vicende dei protagonisti che Victor Hugo riesce a provocare lo spirito di carità del lettore.
Attraverso le pagine del romanzo, l’autore interroga il lettore su temi di complessità sociale, ponendolo dinnanzi a casi di natura terribile e desolante.

Victor Hugo combatte una grande battaglia in difesa degli umiliati e degli offesi, sostenendo con grande fervore gli ideali di democrazia e giustizia sociale.

Egli condanna lo sfruttamento della classe sociale più debole e riconosce ad essa, pur nell’abbruttimento e nella degradazione nella lotta giornaliera per procurasi il pane, alcuni importanti valori quali dignità, virtù ed eroismo.

Non è certamente possibile parlare in modo esaustivo di un classico di questa portata, condensando tutto in un semplice post e comunque a questo scopo sono stati scritti fiumi e fiumi di pagine da importanti critici letterari, ci sono poi numerose storie della letteratura e antologie pronte ad adempiere a questo a compito; io, quindi, preferisco fermarmi qui e chiudere con qualche breve considerazione personale da semplice lettrice.

Come già per "Anna Karenina" di Lev Tolstoj, non ho voluto vedere alcun film o musical prima della lettura del libro per non essere influenzata nel mio giudizio sul romanzo; ora mi chiedo però quanto avrebbe potuto incidere positivamente una mia diversa scelta in merito.

Lo stile di Victor Hugo è piuttosto enfatico, i toni sono portati all’esagerazione, insomma il suo è uno stile piuttosto lontano dai gusti del lettore moderno; sinceramente però non credo sia stato questo il motivo per cui non sono riuscita ad apprezzare appieno il romanzo.
Adoro i romanzi di Dickens, ho amato “I promessi sposi” di Manzoni e la stessa “Anna Karenina” di Tolstoj eppure nessuno di questi autori si distingue per una scrittura scorrevole e moderna, le loro opere inoltre sono tutte molto descrittive.

La difficoltà maggiore che ho riscontrato nella lettura de “I Miserabili” è la digressione storica fine a se stessa.
Quanto l’autore racconta di Parigi o del suo popolo, la narrazione è sì pertinente al racconto ma, diversamente a quanto accade nei romanzi degli altri autori, ne “I Miserabili” si ha sempre l’impressione che il racconto sia portato avanti secondo due registri che raramente si fondono e si incontrano: uno puramente narrativo (la storia di Jean Valjean, l’amore di Cosetta e Mario, le disavventure di Fantine ecc.) e uno prettamente storico-divulgativo.

Il romanzo di Victor Hugo è però un classico della letteratura e, nonostante la fatica necessaria per portare a termine la lettura non sempre agevole di un volume di quasi 1500 pagine, non si può non rimanere affascinati dai suoi numerosi personaggi, da tutti i suoi personaggi, nessuno escluso.

Ognuno di essi infatti ha qualcosa che cattura l’interesse del lettore e ne smuove la coscienza: la povera Eponine riesce a commuoverlo quanto se non più di Cosetta stessa, non si può non provare compassione per le sue pene; il freddo e rigoroso Javert, che soccombe dinnanzi al disorientamento provato dall’apprendere che anche la legge e le istituzioni a cui ha votato tutta la sua vita non sono infallibili, turba inevitabilmente il lettore; persino un personaggio come Thénadier, la cui miseria morale si rivelerà senza rimedio, riesce in qualche modo a suscitare stupore per la sua capacità di trovare sempre e comunque qualche espediente per trarsi di impaccio da ogni situazione.

Nonostante io faccia sempre parte dei sostenitori della teoria “prima il libro e poi il film”, nell’augurarvi una buona lettura, in questo caso, consiglio di lanciarsi nell’impegnativa avventura solo dopo aver visto il film, magari proprio l’ultima versione del 2012 premiata con ben tre Oscar oltre a Golden Globe, British Academy Film Awards…






                                  


domenica 11 giugno 2017

“La sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj (1828 – 1910)

LA SONATA A KREUTER
di Lev Tolstoj
PASSIGLI EDITORE
Il romanzo, pubblicato nel 1889 e opera della piena maturità di Lev Tolstoj, deriva il suo titolo dall’omonima sonata per violino e pianoforte di Beethoven.

Durante un viaggio in treno si accende una discussione tra alcuni viaggiatori. L’argomento della controversia è il matrimonio: mentre una moderna e liberale signora sostiene che l’unico fondamento dell’unione matrimoniale debba essere l’affinità sentimentale, un anziano signore dalle idee maschiliste e bigotte si dichiara sostenitore di tutt’altro partito.
A favore della tesi sostenuta dall’attempato mercante si schiera un passeggero di nome Pòzdnyshev che, qualche pagina più avanti, racconterà la propria storia ad un altro viaggiatore.

Pòzdnyshev è un uxoricida assolto dalla giuria, ritenuto non colpevole in quanto marito tradito che agì per difendere il proprio onore oltraggiato.
La sua storia ebbe inizio quando da giovane commise l’errore di sposare una ragazza solo per la sua avvenenza.
Ben presto il matrimonio si rivelò una schiavitù per entrambi e iniziarono i litigi che si ripeterono con sempre maggiore frequenza.
La nascita dei figli non fece che peggiorare il rapporto tra loro e le divergenze diventarono presto incolmabili.
Il marito provava una gelosia smisurata nei confronti della moglie, non tanto dettata dall’amore che ormai si era completamente dissolto, quanto piuttosto da un ossessivo desiderio di possesso. Lei, da parte sua, per lui provava solo fastidio e irritazione.
Il caso volle che Pòzdnyshev presentasse alla moglie un vecchio conoscente, un musicista.
Un giorno la donna e l’amico eseguirono, lei al piano e lui al violino, la sonata a Kreutzer di Beethoven, e dall’intesa che sbocciò tra loro, dall’espressione dei loro volti nacque in Pòzdnyshev il sospetto del tradimento della moglie, sospetto che lo porterà a compiere l’estremo gesto.

In “La Sonata a Kretuzer” Tolstoj descrive in modo preciso la rovina del rapporto amoroso: dalla passione iniziale, all’indifferenza, alla gelosia, all’odio sino al delitto.
La psicologia degli amanti è indagata minuziosamente, psicologia che l’autore aveva già analizzato nel suo celebre romanzo Anna Karenina, pubblicato nel 1877.

Il tema centrale del romanzo è la perdizione dell’uomo in balia dei suoi sensi.
Scritta dopo la cosiddetta “conversione ai Vangeli” di Tolstoj, l’opera, intrisa di religiosità, è un invito a liberarsi dei piaceri della carne che inducono l’uomo a comportarsi come le bestie allontanandolo dalla sua vera natura.

“La sonata a Kreutzer” è un romanzo autobiografico, Tolstoj si rifà alle proprie esperienze personali: il tradimento, le liti famigliari, lo schierarsi dei figli a favore di uno o dell’altro genitore nelle contese di tutti i giorni.
Tolstoj, nell’incipit di Anna Karenina, scriveva “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”; ora questo concetto sembra essere ormai superato, in queste pagine di denuncia e accusa Tolstoj afferma che la felicità famigliare non può esistere perché i rapporti sono inevitabilmente destinati ad un tragico degenerare.  

“La sonata a Kreutzer” contrariamente alle altre opere di Tolstoj è un romanzo breve e pertanto di più facile approccio per ogni tipo di lettore.

Il racconto è intenso e ricco di pathos; il lettore riesce a sentirsi così partecipe del tormento interiore del protagonista tanto da avere l’impressone, pagina dopo pagina, di viaggiare egli stesso su quel treno e ascoltare in prima persona il racconto di Pòzdnyshev.

Pòzdnyshev chiede perdono alla moglie sul letto di morte e chiede perdono al compagno di viaggio quando questi, arrivato a destinazione, si congeda da lui.
Nella sua pazzia riesce a comprendere davvero la gravità del crimine commesso solo alla vista del cadavere.

In un’epoca in cui un uomo era ritenuto innocente di un delitto d’onore anche solo per un sospetto di tradimento, al lettore resta il dubbio: la moglie aveva tradito davvero Pòzdnyshev?

È vero che lui sorprese la moglie a cena con il violinista, è vero che all’epoca non era decoroso per una signora ricevere un uomo da sola di sera nella propria casa, ma è pur vero che i figli dormivano nelle stanze accanto, che la servitù era in servizio. La moglie poteva davvero scegliere di consumare un tradimento in tale situazione?
Pòzdnyshev non colse mai in fragrante la moglie per cui sarebbe plausibile che tutto fosse stato generato esclusivamente dalle sue ossessioni.

Ai lettori l’ardua sentenza….






domenica 5 maggio 2013

“Anna Karenina” di Lev Tolstoj (1828 – 1910)


Non ho mai voluto vedere alcun film tratto da questo romanzo, sapevo che sarebbe venuto il giorno che l’avrei letto e non volevo assolutamente essere influenzata dalle trasposizioni cinematografiche della storia.

 “Anna Karenina”, uno dei romanzi più famosi della letteratura russa e non solo, è principalmente la storia di un adulterio commesso da una donna che appartiene all’alta società. Anna è la moglie di un noiosissimo alto funzionario russo (Aleksej Karenin), che si innamora corrisposta di un uomo più giovane, il conte Vronskij. Quando i due decidono di rendere pubblico il loro amore, la società respinge e condanna gli amanti che con il loro comportamento hanno osato sfidare i suoi rigidi canoni di moralità. Fa da contraltare alla coppia Anna/Vronskij la coppia formata da Levin/Kitty. Kitty è la cognata del fratello di Anna e anche lei è innamorata di Vronskij che le preferisce però la Karenina. La donna, una volta superato il trauma del rifiuto da parte del conte, al ritorno da un viaggio in Germania rivede Levin, un vecchio innamorato, caro amico del cognato, e accetta la sua proposta di matrimonio. Da una parte abbiamo quindi una coppia perennemente in crisi, messa al bando dalla società e dove la donna adulterina deve fare i conti con un marito che le nega il permesso di vedere il figlio, oppressa dai sensi di colpa, schiacciata dall’insicurezza e dalla crescente paura di non essere amata incondizionatamente e totalmente dal suo uomo. Dall’altra parte abbiamo una coppia felice, Kitty e Levin vivono una vita serena ed onesta, fondata sulla reciprocità del loro amore e della devozione e non sulla passione travolgente.

Il romanzo di Tolstoj è indubbiamente un capolavoro, lo scrittore descrive perfettamente i suoi personaggi e soprattutto riesce a farli muovere in un contesto storico e sociale raccontato minuziosamente. Molto belle ed interessanti sono le descrizioni della campagna e della situazione dei contadini in Russia; dobbiamo ricordare infatti che qui l’abolizione della servitù della gleba, avvenuta nel 1861 ad opera dello Zar Alessandro III, era un fatto molto recente.

Il libro mi è piaciuto moltissimo, ma anche se mi rendo conto che attirerò l’ira funesta della maggior parte dei lettori, devo essere onesta e dirvi che non ho amato per niente il personaggio di Anna Karenina.
Ecco l’ho detto.
La Karenina è una donna nevrotica e depressa e io l’ho trovata irritante nella sua perenne insoddisfazione. E’ una donna emancipata, decide di vivere la sua storia di passione, ma non è disposta a pagarne il prezzo. Non dico assolutamente che sia giusto il trattamento che la società le riserva anzi tutt’altro.
Quello che però non trovo accettabile è il suo modo di affrontare gli eventi. Dice di amare il figlio Serëža, soffre nel doverlo lasciare al padre, ma non per questo rinuncia alla sua passione, tra l’amore materno e la passione per Vronskij, sceglie la seconda. Non è giusto che una donna sia messa  davanti ad una scelta del genere, ma resta il fatto che Anna, costretta a farla, sceglie egoisticamente “se stessa” o meglio la soddisfazione del desiderio. Lei deve rinunciare alla sua rispettabilità ma anche Vronskij per vivere il loro amore deve rinunciare a diverse cose, prima tra tutte la carriera. Ad Anna però non sembra mai abbastanza e alla fine lo opprime con la sua insicurezza e la sua possessività. Il finale è scontato, il suicidio è l’unica via possibile per questa donna eternamente in lotta con se stessa e distrutta dal peso degli errori commessi. 
Il personaggio che ho amato veramente è Levin. Levin è un uomo onesto, che vive in una sua rigorosa morale che spesso lo pone nella condizione di non riuscire ad accettare le norme della società. Detesta la fumosità della burocrazia e ama la concretezza. E’ un uomo buono, corretto e leale. Spesso è un po’ troppo rigido e formale ma sa anche mostrare il suo lato umano. Nonostante il fatto di essersi ripromesso di non voler mai più avere a che fare con Kitty che gli aveva preferito Vronkij, quando si rende conto della profondità dei suoi sentimenti nei confronti della donna, torna sui suoi passi e la sposa. E’ appassionante la sua voglia di riuscire ad instaurare nuovi rapporti tra i contadini e i padroni, permettendo così di migliorare i rapporti tra le varie classi del popolo russo. Levin è sempre ossessionato dalla ricerca del senso della vita e della morte, ma alla fine riesce a ritrovare la sua fede in Dio e questo grazie anche all’amore della donna che ha accanto.

La vera protagonista di “Anna Karenina è in fini dei conti la vita stessa…amore, odio, passione, noia, tradimento, solitudine, comprensione…non manca proprio nulla.