martedì 6 agosto 2019

“Il filo infinito” di Paolo Rumiz


IL FILO INFINITO
di Paolo Rumiz
FELTRINELLI
Aprile 2017, Paolo Rumiz sta compiendo un viaggio lungo la linea di faglia del terremoto che così duramente ha colpito l’Appennino, quando all’improvviso si ritrova a scendere verso Norcia.

Il paese è deserto e ovunque è devastazione, ma proprio lì dove tutto è crollato, una statua si erge ancora perfettamente integra, è la statua di San Benedetto da Norcia, il santo patrono d’Europa.

Come interpretare questo segno? Dobbiamo accettare che per l’Europa non ci siano più speranze oppure al contrario San Benedetto vuole dirci che la speranza esiste ed è nostro dovere avere fiducia nel futuro?

Inizia così il viaggio di Paolo Rumiz, un cammino lungo quel filo che unisce i monasteri benedettini, un viaggio attraverso quell’Europa la cui identità nacque proprio nell’Appennino Italiano.

Il viaggio che l’autore compie è sì un viaggio che attraversa luoghi reali, ma è anche un viaggio attraverso lo spirito, quello spirito che nel passato ha abitato quegli stessi luoghi e ancor oggi vive in essi.  

La regola di San Benedetto era una regola cenobitica, un regime dove regnava una stretta disciplina, una regola basata sul famoso motto “ora et labora”, ma il mondo benedettino era basato anche su quello che nel libro viene definito un “disordine democratico”, ogni monastero aveva ed ha alcune sue proprie caratteristiche legate alla realtà del territorio.

Così durante il suo viaggio Paolo Rumiz ha spesso riscontrato differenze nella gestione dei vari monasteri europei, ma al di là di alcune proprie peculiarità, ogni monastero rispetta sempre la tradizione basata sulla centralità di alcuni imprescindibili pilastri: lavoro, spiritualità, cultura ed accoglienza.
                                      
Il mondo monacale, contrariamente a quello che siamo portati a pensare, non è un mondo chiuso e ripiegato su se stesso, non lo è mai stato, è piuttosto un universo dove si può trovare musica, convivialità e cultura.

Proprio grazie a queste sue caratteristiche i monaci nei tempi più bui della storia europea riuscirono a trasformare il nemico in ospite.

Non dobbiamo infatti dimenticare che all’epoca di San Benedetto l’Europa stava vivendo in uno stato di sofferenza, ovunque vi erano terreni incolti ed inselvatichiti e gli eserciti barbari premevano alle frontiere, eppure, in questa situazione estrema e disperata i monaci, grazie alla forza della speranza, furono in grado di compiere il miracolo.

In queste pagine Rumiz si interroga proprio sulla condizione dell’Europa oggi e sulla possibilità di ritrovare quell’identità collettiva che ai giorni nostri sembra ormai disgregarsi, giorno dopo giorno, di fronte alla chiusura delle frontiere, al populismo, al materialismo e a questo nostro modo di vivere così frenetico ed iperconnesso.

“Il filo infinito” è un libro che aiuta a riflettere, che pone interessanti e stimolanti interrogativi e che propone al lettore nuove chiavi di lettura per riuscire ad interpretare meglio il presente attraverso il passato, perché la memoria dell’orrore è l’unico antidoto per evitare il suo ritorno, spingendolo a guardare con occhi diversi quel nostro territorio appenninico la cui importanza spesso tendiamo a dimenticare.

Lì in mezzo alle macerie di Norcia, vivevo una vertiginosa percezione della centralità dell’Italia e della sua colonna vertebrale. Se il mio Paese avesse perso l’Appennino, avrebbe perso se stesso. Per tre volte l’Europa era rinata da quelle montagne: con Roma, col monachesimo e col Rinascimento. Ma l’avevamo dimenticato.






lunedì 5 agosto 2019

“Io non m’innamoro più” di Silvestro Sentiero


IO NON M’INNAMORO PIU’
di Silvestro Sentiero
EDITRICE LA PANNOCCHIA
Vincenzo Cangiano, per tutti Vincé, vive con la madre e la sorella; del padre ha solo un vago ricordo, l’uomo infatti aveva abbandonato la famiglia quando Vincenzo era piccolino: un giorno era uscito di casa senza più farvi ritorno, era sparito così senza un motivo, senza lasciare traccia.

Da quel giorno la madre di Vincenzo si è rinchiusa in un mondo tutto suo fatto di immagini sacre e preghiere e Rosellina, la figlia maggiore, è stata costretta a rimboccarsi le maniche per mandare avanti la casa e per crescere il fratellino.

Rosellina è una ragazza poco istruita a cui il padre non aveva permesso di terminare neppure le scuole medie, ma lei non ne aveva fatto un dramma avendo pochissima fiducia nel valore dell’istruzione.
Rosellina è dell’avviso infatti che l’esperienza e la vita di tutti i giorni siano i migliori maestri che si possano avere.

Così quando Vincenzo viene bocciato per la seconda volta, la sorella non trova nulla di sbagliato nel fatto che anche il fratello abbandoni la scuola media tanto più visto lo scarso interesse per lo studio da lui dimostrato.

L’allontanamento dalle istituzioni scolastiche fa sì che il ragazzino si trovi però con troppo tempo libero a disposizione da passare in strada e questo lo porta inevitabilmente, come spesso accade, a frequentare pessime compagnie.

Ciro il suo amico è un ragazzo molto più grande, un balordo tossicodipendente ossessionato dall’idea di fare soldi facili e di sposare quanto prima possibile Cettina, la sua fidanzata, che a sua volta ha un solo sogno ovvero quello di diventare un’attrice famosa.

Gli anni dell’adolescenza di Vincenzo trascorrono in mezzo a droga, pestaggi, omicidi e violenze di ogni genere.

Vincenzo però è diverso da Ciro, Giacomo e gli altri; egli è sì colpevole perché non denuncia quegli atti criminali a cui assiste, ma nonostante sia solo un bambino e ai suoi occhi almeno all’inizio tutto appaia come un gioco, seppur un gioco crudele, egli inizia a fare i conti con la propria coscienza.

Vincenzo ha la fortuna di incontrare sulla sua strada la pittrice Franziska che riesce, seppur con metodi non proprio ortodossi, a riportarlo sulla retta via tanto che non solo Vincenzo prenderà la licenza media, ma addirittura si iscriverà all’università e diverrà un avvocato civilista impegnato nella difesa delle persone meno fortunate.

Il romanzo è un romanzo breve, di appena 158 pagine, eppure l’autore è riuscito a descrivere perfettamente ogni personaggio, a caratterizzarlo fin nei più piccoli particolari, come uno di quei pittori che con poche pennellate riescono a catturare lo spirito di coloro che stanno ritraendo.

Trattandosi però di Silvestro Sentiero questo non dovrebbe stupire poiché egli è un poeta, un artista di strada dall’aspetto di un moderno Charlot, che attraverso i suoi versi è capace di catturare in un attimo l’anima di chi incrocia il suo sguardo.

“Io non m’innamoro più” è il suo primo romanzo, gli altri suoi volumi sono tutti libri di poesie.

La realtà degradata che fa da cornice al romanzo, una realtà dove brutalità e prevaricazione fanno da padrone, richiama alla mente quelle realtà violente tipiche di un romanzo come “Ragazzi di vita” di Pasolini.

Ma qui nel romanzo di Sentiero la speranza è reale e la si avverte fin dalle prime pagine, il lettore non dubita mai che Vincenzo riesca a salvarsi dall’abbruttimento che lo circonda, magari a modo suo, magari scendendo a compromessi, ma il lettore intuisce sin da subito che Vincenzo è destinato alla salvezza, e proprio per questo l’attenzione del lettore può concentrarsi sul percorso più che sul risultato.

Silvestro Sentiero vanta un curriculum di tutto rispetto in cui non solo si legge di partecipazioni ad importanti trasmissioni televisive, ma anche di diverse partecipazione a reading con artisti del calibro di Alda Merini e Mario Luzi senza contare che vanta al suo attivo anche un premio Ubu ricevuto per la trascrizione in napoletano de “La Tempesta” di Shakespeare.

Silvestre Sentiero è però soprattutto un artista di strada che quando meno ve lo aspettate potrebbe prendervi per mano e, guardandovi negli occhi, regalarvi un momento di felicità inaspettata.

Come? Scrivendovi su un foglietto dei versi estemporanei che sarete stati voi ad ispirargli e donandovi così un imprevedibile attimo di felicità e magia, come è accaduto a me il mese scorso, a Mercantia, il famoso festival internazionale del Quarto teatro che si svolge ogni anno a Certaldo.

Non vi svelerò cosa il poeta abbia scritto sul mio biglietto, ma posso assicuravi che non si può non rimanere incantanti ed affascinati dalla romantica atmosfera che Silvestro Sentiero riesce a ricreare attorno alle persone che avvicina.

Vi auguro con tutto il cuore un giorno di avere la fortuna di poterlo incontrare per poter assaporare, anche se solo per un fuggevole attimo, quella sensazione di magia e incanto che solo la poesia più vera è in grado di regalare.







martedì 2 luglio 2019

“Bellissima regina” di Miranda Miranda


BELLISSIMA REGINA
Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa,
storia di un drammatico amore
di Miranda Miranda
Scrittura&Scritture
Sono già trascorsi quattro anni da quando nel 1586 Maria d’Avalos è andata in sposa al noto madrigalista Carlo Gesualdo, principe di Venosa.

Maria allora aveva solo 29 anni e quello celebrato con il cugino Carlo Gesualdo era stato il suo terzo matrimonio.

Fin da quando era poco più di una bimba era stata trattata come una semplice pedina nelle mani della famiglia che fin dall’inizio aveva compreso quanto la sua avvenenza avrebbe giocato a proprio favore.

Dei suoi 29 anni Maria ne aveva trascorsi già nove da sposata e tre da vedova.

Come tutte le nobili famiglie anche i d’Avalos e D’Aragona avevano infatti un unico scopo: accrescere il proprio potere familiare.
Quale sistema più rapido di quello di avvalersi di vantaggiose unioni matrimoniali?

Il matrimonio con il nipote dell’insigne Carlo Borromeo, a differenza dei precedenti, era stato vissuto da Maria come uno smisurato sopruso e oggi, nonostante siano trascorsi quattro anni, la donna non riesce assolutamente a darsi pace.

Giovane, affascinante e colta Maria d’Avalos non riesce più a tollerare l’unione impostale con un uomo gretto, geloso e possessivo quale è il conte di Conza e principe di Venosa.

Tutto di lui la disgusta: lo sgraziato aspetto fisico, le sue mani, i suoi modi e persino la sua musica, quei noiosi madrigali dei quali il principe va tanto fiero.

Un giorno ad una festa Maria d’Avalos incontra Fabrizio Carafa, duca d’Andria, e tra la bella Maria e quest’uomo dal fascino calamitoso scatta subito la scintilla.

Complice una vecchia amica, donna Alma, tra i due inizia una relazione amorosa che ben presto finisce sulla bocca di tutti e, come si intuisce già dal sottotitolo del romanzo “Maria d’Avolos e Fabrizio Carafa, un drammatico amore”, non ci sarà alcun lieto fine per i due avventati e sventurati amanti.

La storia di Maria e Fabrizio può essere annoverata tra le storie d’amore più struggenti della storia tanto che ancor oggi si dice che il fantasma di Donna Maria si aggiri a Napoli in Piazza San Domenico Maggiore in cerca del suo amante.

Grazie ad una prosa elegante, raffinata e fluida la lettura del libro è scorrevole e piacevole.

I protagonisti sono tutti ben caratterizzati ed il loro modo di sentire emerge prepotentemente dalle pagine del romanzo.

Le passioni violente e l’odio feroce sono protagonisti della storia al pari dei personaggi che compongono il triangolo amoroso.

Maria è una donna che non conosce mezze misure, i suoi sentimenti sono sempre estremi, l’avversione che nutre nei confronti di Carlo Gesualdo è pari alla vibrante passione che prova per Fabrizio Carafa.

Fabrizio Carafa, nobile annoiato e abituato ad essere oggetto dei desideri femminili, rimante soggiogato dalla forza della passione di Maria e ne resta prigioniero, incapace di opporre resistenza anche se questo significherà correre incontro alla morte.

Fa impressione quanto poco siano cambiate le cose nel corso di poco meno di cinque secoli; la condizione della donna non è poi così mutata, semplicemente oggi si è più bravi a celare l’evidenza dietro una squallida facciata di perbenismo e ipocrisia.

Fabrizio Carafa è uno sciupafemmine, ma in quanto uomo a lui tutto è concesso.
Invidiato dagli uomini per i continui tradimenti perpetrati nei confronti della moglie e dell’amante, questo suo atteggiamento spavaldo e strafottente sembra quasi accrescere ulteriormente il suo fascino tanto che nessuna donna sembra riuscire a resistere al suo seducente potere.
                                       
Per Maria è tutto diverso: a lei in quanto donna non è consentito avere un amante e tanto meno esporsi così pubblicamente.
La sua reputazione sarà rovinata per sempre e lei verrà additata pubblicamente come una donna di malaffare.

Carlo Gesualdo da parte sua può permettersi di commettere qualunque tipo di delitto perché, seppur condannato dall’opinione pubblica, riuscirà sempre ad ottenere l’impunità per i suoi reati grazie alla sua posizione ed alla sua blasonata famiglia.

“Bellissima regina” è un romanzo dalla trama affascinante e coinvolgente che racconta una storia accaduta secoli fa, una storia lontana nel tempo, ma che risulta quanto mai attuale toccando tematiche a noi molto vicine.

Il femminicidio è qualcosa con cui siamo tristemente costretti a confrontarci ogni giorno, ma questo crimine non è un crimine moderno, la violenza nei confronti delle donne è sempre esistita e purtroppo in passato spesso il colpevole riusciva a salvarsi invocando il delitto passionale, il delitto d’onore.

Miranda Miranda è stata per me davvero una piacevole scoperta ed il suo libro è un romanzo storico che non può assolutamente mancare nelle librerie degli appassionati del genere.





sabato 29 giugno 2019

“Il giardino dei fiori segreti” di Cristina Caboni


IL GIARDINO DEI FIORI SEGRETI
di Cristina Caboni
GARZANTI
Iris Donati vive ad Amsterdam e lavora per una rivista di giardinaggio; sua madre è morta quando era ancora piccola e lei è cresciuta con il padre, Francesco Donati, un esperto e ricercato botanico.
Hanno viaggiato molto Iris e Francesco, ma la ragazza non si è mai sentita né sola né triste, malinconica qualche volta sì, ma mai abbandonata grazie alle sue piante e ai suoi giardini; le piante ed i giardini sono stati sempre la sua casa ovunque lei si trovasse.

Viola vive a Londra con la madre, del padre, morto quando lei era piccolissima, non ricorda nulla.
Claudia, sua madre e unica parente vivente, ha fatto di tutto per non farle mancare nulla compreso iscriverla nelle migliori scuole, ma Viola non si è mai sentita a suo agio in quegli ambienti così elitari.
Ora frequenta l’università per realizzare il suo sogno, fare dei fiori la sua professione; nel frattempo, quando ha un po’ di tempo libero, aiuta Claudia in negozio ed i suoi bouquet sono i più ricercati di tutta Londra.

Chelsea Flower Show, Londra, la più grande mostra di fiori del mondo: solo per un attimo Iris e Viola incrociano i loro sguardi e l’una si vede riflessa nell’altra come in uno specchio.
Da quel momento nulla sarà più come prima, le loro vite cambieranno per sempre.

Viola e Iris sono gemelle e sono state separate da bambine, ma perché Claudia e Francesco hanno compiuto un gesto così folle?

Tante sono le domande a cui dare delle risposte ed il luogo dove poterle trovare è la vecchia tenuta della famiglia Donati, La Spinosa, là tra le colline di Volterra dove ad attendere le ragazze c’è Giulia Donati, la madre di Francesco.

Giulia è una donna anziana, segnata dagli anni e dalla malattia, ma soprattutto è tormentata profondamente da qualcosa che appartiene al suo passato.

Francesco ha tagliato ogni rapporto con la madre molti anni prima e la donna ignora tutto quello che è accaduto al figlio, a Claudia e alle nipoti che non vede da quando erano delle bambine.

“Il giardino dei fiori segreti” non racconta solo la storia della famiglia di Francesco, ma anche quella di Bianca Donati, la gemella di sua madre, e della sua vita di bambina rifiutata dal padre perché ritenuta inadeguata a prendere il suo posto insieme alla sorella alla guida dell’azienda di famiglia una volta che lui non ci sarebbe più stato.

La storia di Bianca è una storia malinconia e struggente, una storia del passato che riaffiora nel presente portando con sé inevitabili ripercussioni sulla vita di tutti i protagonisti del romanzo.

Il libro presenta un doppio piano narrativo, tipico dei romanzi di Cristina Caboni, tecnica della quale l’autrice ha dimostrato di essere una vera maestra.

La storia dei gemelli divisi alla nascita è un classico fin dai tempi della commedia plautina ed in un  primo momento, senza andare così lontano nel tempo, viene spontaneo ricordare il film della Disney intitolato “Il cowboy con il velo da sposa” del 1961 e del quale è stato fatto un remake nel 1988 intitolato “Genitori in trappola”.

Le analogie però finiscono qui, nel romanzo di Cristina Caboni non c’è nessuna traccia della comicità e dell'umorismo delle produzioni Disney.

“Il giardino dei fiori segreti” è una storia commovente e coinvolgente che affonda le radici nel passato; una storia di dolori, rancori e incomprensioni che devono essere affrontati e risolti dai vari protagonisti per poter guardare avanti e tornare a vivere una vita piena e soddisfacente.

Un velo di mistero aleggia tra le pagine del romanzo, un antico e arcano segreto che lega indissolubilmente i membri della famiglia Donati e soprattutto le gemelle al loro giardino ed alla sua rosa millenaria.

Una per i viandanti affinché il giardino prosperi all’esterno, una per la rosa dei mille anni. Solo con entrambe le gemelle lui potrà guarire e tornare a essere quello di una volta.

Realtà o leggenda? Semplice superstizione o qualcosa di più?
A voi lettori il compito e soprattutto il piacere di scoprirlo.



Quipotete trovare gli altri post dedicati ai romanzi di Cristina Caboni.


mercoledì 26 giugno 2019

“Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” di Adriana Assini


GIULIANO E LORENZO
La primavera dei Medici
di Adriana Assini
Scrittura & Scritture

Il romanzo di apre con il funerale di Alessandro Filipepi, l’arista a tutti noto con il nome di Botticelli.

Corre l’anno 1510 ed uno dei più grandi pittori del Rinascimento sta per essere tumulato nella chiesa di Ognissanti a Firenze; le sue spoglie riposeranno per sempre accanto a quelle di colei che ispirò le sue opere più famose, Simonetta Cattaneo in Vespucci.

Giotto di Bicci Torregiani, detto il Saraceno per aver a lungo vissuto sulle rive del Bosforo, è da poco tornato a Firenze e, a causa della prolungata assenza, ignora tutti gli eventi  degli ultimi anni.

Il Torregiani avrà modo di essere ragguagliato in merito ai fatti accaduti grazie a Maso, un pittore conosciuto per caso ed all’amico di questi, un certo Cosma, giovane ed affascinante dottore in legge.

La storia che Maso e Cosma racconteranno al Saraceno e a sua moglie, Beatrice Giandonati, non sarà un racconto annalistico, ma piuttosto i due amici esporranno i fatti così come da loro stessi percepiti a suo tempo.

Inizia così il racconto della vita dei giovani principi di Firenze, dalla loro adolescenza fino al giorno in cui il giovane Giuliano de’ Medici, verrà assassinato nel Duomo per mano di coloro che prenderanno parte alla tristemente famosa Congiura dei Pazzi, il giorno 26 aprile del 1478.

La figura di Lorenzo de’ Medici è sempre stata una figura piuttosto controversa: considerato un uomo di straordinarie virtù e qualità dai suoi sostenitori, era invece visto dai suoi detrattori come un despota mosso unicamente dai propri interessi.

Il romanzo tiene conto di entrambi questi aspetti di Lorenzo il Magnifico, ma pur evidenziandone limiti e difetti caratteriali, il giudizio sul suo operato è decisamente a lui favorevole.

Inevitabilmente un numero considerevole di pagine sono dedicate al racconto della storia tra Simonetta Cattaneo, moglie di Marco Vespucci, ed il giovane e affascinante Giuliano.

Sul racconto dei due sfortunati amanti si inseriscono le schermaglie amorose e gli incontri romantici che vedono protagonisti l’attraente Cosma e l’irrequieta Beatrice, donna sognatrice sposata ad un uomo con il doppio dei suoi anni.

Il libro di Adriana Assini è un libro particolare, diverso dal racconto che guardando al titolo il lettore si aspetterebbe; la storia della primavera dei Medici si inserisce infatti in una cornice più ampia, diviene una storia nella storia.

Protagonisti del romanzo della Assini sono Maso e le sue impressioni sulla Firenze ai tempi di Lorenzo e di Giuliano, sono la voglia di Giotto di recuperare il tempo perduto lontano dalla sua Firenze, sono la passione che sboccia tra Cosma e Beatrice, per i quali il racconto di Giuliano e Simonetta diviene un dantesco “galeotto fu il libro e chi lo scrisse”.

Lascio a voi scoprire se la fine della storia tra Bice e Cosma avrà lo stesso tragico epilogo della storia di Paolo e Francesca oppure se, nel loro caso, si avrà un esito più felice.

“Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” è un romanzo interessante e scorrevole; una lettura piacevole che riesce a coniugare perfettamente avvenimenti storici e finzione narrativa attraverso un sapiente intreccio di personaggi reali e d’invenzione.

Non era facile scrivere un romanzo in grado di coinvolgere il lettore parlando di due personaggi quali Giuliano e Lorenzo de’ Medici, vuoi perché al momento l’argomento è particolarmente di moda ed in libreria possiamo trovare numerosissimi romanzi che li vedono protagonisti di gialli, thriller, romanzi rosa, storici e d’avventura; vuoi perché la storia dei Medici è comunque una storia a tutti noi nota spesso fin nei minimi particolari.

Adriana Assini è stata brava ancora una volta a riuscire a creare qualcosa di diverso, un romanzo interessante e coinvolgente che riesce a porre anche stuzzicanti interrogativi all’interno di una storia che sembrava in apparenza non avere più nulla di nuovo da raccontare.
                                                                                                 
  

Della stessa autrice:




domenica 16 giugno 2019

“Ninfa dormiente” di Ilaria Tuti


NINFA DORMIENTE
di Ilaria Tuti
LONGANESI
Ilaria Tuti, dopo il grande successo ottenuto con il suo romanzo d’esordio “Fiori sopra l’inferno”, in traduzione in più di 25 paesi, torna finalmente in libreria, per la gioia di noi lettori, con un nuovo appassionante romanzo.
                      
In “Ninfa dormiente” il commissario Teresa Battaglia ed il suo braccio destro Massimo Marini sono alle prese con un complicatissimo caso di omicidio, un vero e proprio cold case poiché l’efferato assassinio è stato compiuto nel lontano aprile del 1945.

Tutto nasce con il ritrovamento di una famosa opera di Alessio Andrian, La Ninfa dormiente, un disegno che ritrae una giovane donna dalla grazia singolare, un viso in grado di affascinare chiunque lo osservi.

Il disegno però nasconde un terribile segreto: l’opera è stata eseguita con una bacchetta di pietra nera ed una di ematite come era d’uso all’epoca della sua realizzazione, ma sul foglio vi è molto di più, vi sono tracce di sangue umano.
Il disegno è stato eseguito intingendo le dita nel cuore di qualcuno, verosimilmente nel cuore della donna raffigurata.

Il primo ad essere sospettato dell’omicidio è ovviamente l’artista  Alessio Andrian.

Andrian era all’epoca un partigiano della Brigata Garibaldi, la sua brigata era di stanza nel Carso e verso la fine della guerra si era spostata nel Canal del Ferro, vallata montana della provincia di Udine.

L’uomo però vive inchiodato ad una sedia a rotelle e non proferisce verbo da quell’aprile del 1945 quando fu ritrovato che vagava febbricitante in un bosco nei pressi del paesino di Bovec.
Egli non ha nessuna patologia che giustifichi il suo stato, resta quindi un mistero perché un giovane uomo abbia deciso di votare la sua vita all’immobilità ed al silenzio.

Le indagini condurranno il commissario Battaglia nei boschi della Resia e nei paesini di questa valle i cui abitanti si adoperano ostinatamente ed instancabilmente ogni giorno nel tentativo di mantenere vive le loro tradizioni e difendere le loro origini.

Trattandosi di un thriller non posso ovviamente dilungarmi ulteriormente nell’esporvi la trama del romanzo con il rischio di anticiparvi qualche colpo di scena che vi rovinerebbe il piacere della lettura.

Posso però assicurarvi che questo secondo romanzo di Ilaria Tuti non vi deluderà assolutamente.

“Ninfa dormiente” è una storia carica di suspense e colpi di scena che trascina il lettore fin dalle prime pagine, una storia che si fa leggere tutta d’un fiato.

La scrittura è scorrevole e la trama affascinate ed intrigante; coinvolgente ed appassionante in modo particolare è poi l’alone di mistero che aleggia per tuta la durata del racconto strizzando l'occhio al mondo soprannaturale.

Da non sottovalutare il piacere nel ritrovare una vecchia conoscenza come quella di Teresa Battaglia; il commissario è uno di quei personaggi letterari in grado di coinvolgere emotivamente il lettore e renderlo partecipe delle sue vicende stabilendo con lui una forte connessione.

La Battaglia è sempre la donna forte, combattiva ed empatica conosciuta nel primo romanzo, forse un po’ più provata a causa dell'avanzare della malattia, ma lei non è intenzionata a mollare e si aggrappa alla sua memoria di carta per restare a galla.

Teresa Battaglia è più che mai decisa a scoprire una volta per tutte anche che cosa tormenti il giovane Massimo Marini.

L’equilibrio del loro rapporto fatto di continui battibecchi, frasi non dette e misteri è destinato in questo secondo romanzo a mutare notevolmente, ma quanto ed in che modo lascio a voi la possibilità di scoprirlo.

Personalmente posso dirvi che Massimo Marini è un personaggio a me molto caro quasi quanto quello della Battaglia e non vi nego che la lettura di questo secondo episodio sia riuscito ad accrescere ulteriormente la mia simpatia nei suoi confronti.

In “Ninfa dormiente” incontriamo anche nuovi personaggi che, con ogni probabilità, ci accompagneranno anche nei prossimi episodi, come Albert Lona, vecchia conoscenza del commissario, una creatura brutale che si mimetizzava con abiti eleganti e modi raffinati e come Blanca con il suo amico a quattro zampe Smoky, non un semplice cane, ma un cane HRD (Human Remains Detection).

Blanca e Smoky in verità sono reali e nella vita di tutti i giorni si chiamano Cristina e Ice come Ilaria Tuti stessa riporta nelle sue note poste al termine del volume.

Appassionante e coinvolgente “Ninfa dormiente” è un romanzo assolutamente da leggere perché, che siate amanti del genere o meno, il personaggio di Teresa Battaglia è un personaggio al quale non potrete non affezionarvi ed appassionarvi.






domenica 2 giugno 2019

“Il sentiero dei profumi” di Cristina Caboni


IL SENTIERO DEI PROFUMI
di Cristina Caboni
GARZANTI
Fin da piccola Elena Rossini ha dovuto fare i conti con la solitudine e l’insicurezza.

Abbandonata ancora bambina da una madre che le aveva preferito l’amore di un uomo che non accettava quella figlia non sua, Elena era stata cresciuta dalla nonna materna.

Lucia Rossini aveva trasmesso alla nipote la conoscenza di un’arte antica, quella della profumeria, e lo aveva fatto all’interno del laboratorio di famiglia a Firenze, quel laboratorio che apparteneva alle Rossini da più di tre secoli.

Oggi Elena ha ventisei anni e di nuovo si trova a dover affrontare il tradimento e la separazione.

Ha appena scoperto che il suo fidanzato la tradisce e la scoperta è avvenuta nel peggiore dei modi ovvero cogliendo il traditore sul fatto.

Quella relazione nella quale aveva investito tutto sia emotivamente che economicamente si è rivelata essere per lei l’ennesimo fallimento e così, dopo un primo momento di smarrimento, la giovane donna accetta la proposta dell’amica Monie e si trasferisce a Parigi.

Qui Elena imparerà a fare i conti con il passato, ad affrontare le sue insicurezze riscoprendo se stessa e le sue origini.

Conoscerà molte persone ognuna delle quali in modi molti diversi contribuirà alla sua crescita personale, rendendola una persona diversa, più matura e sicura di sé.

Ma a Parigi Elena farà sopratutto l’incontro che cambierà per sempre la sua vita: grazie a Cail, un uomo schivo e gentile, la giovane donna tornerà a credere nell’amore ritrovando la fiducia in se stessa e nel prossimo.

“Il sentiero dei profumi” è il primo romanzo di Cristina Caboni.

Come per gli altri romanzi la storia della protagonista è legata ad un evento del passato, in questo caso a fare da filo conduttore è la ricerca del profumo perfetto creato da Beatrice, l’antenata di Elena, tre secoli prima.

A differenza degli altri due libri di cui vi ho parlato in altri post “La rilegatrice di storie perdute” e “La stanza della tessitrice” in questo romanzo d’esordio non c’è il doppio piano narrativo, tecnica della quale Cristina Caboni dimostrerà successivamente di essere una vera maestra.
                                         
Beatrice Rossini è un personaggio intrigante e gli accenni alla sua appassionante storia lasciano sfortunatamente il lettore con il desiderio inappagato di sapere qualcosa di più sulle vicende di questa donna così affascinante vissuta in un’epoca lontana e sul suo amore sfortunato.

Ogni libro di Cristina Caboni è incentrato sulla professione della sua protagonista e, grazie a scrupolose ricerche, l’autrice riesce sempre a condurre il lettore in un mondo a lui sconosciuto, un mondo ricco di dettagli che si svela pagina dopo pagina ai suoi occhi.

Se con “La rilegatrice di storie perdute” abbiamo fatto la conoscenza del mondo dei libri antichi e dell’arte della legatoria e con “La stanza della tessitrice” siamo diventati esperti di stoffe e tessuti, ne “Il sentiero dei profumi” l’autrice ci conduce per mano nel magico mondo della profumeria e lo fa con la grazia e la passione che sempre contraddistinguano la sua scrittura.

Lidia Catalano (ttL – La Stampa) ha giustamente scritto che le atmosfere del romanzo ricordano quelle di "Chocolat" di Joanne Harris e se vogliamo essere più precisi questo lo si avverte soprattutto nelle pagine in cui Lucia è intenta a spiegare alla nipote che il profumo non è qualcosa che si sceglie. Il profumo è il sentiero. Percorrerlo significa trovare la propria anima.

Il libro indubbiamente ha anche alcune analogie con un altro romanzo che ho amato moltissimo intitolato “Il linguaggio segreto dei fiori” di Vanessa Diffenbaugh; così come al termine di questo romanzo si trova un dizionario sul significato di ogni fiore, al termine del romanzo di Cristina Caboni è presente un  interessante dizionario dei profumi.
I due romanzi però hanno in comune tra loro molto più di questo, entrambi ad esempio hanno la capacità di riuscire a commuovere il lettore attraverso il racconto di una storia profonda e potente.

Elena è una donna fragile, insicura e timida, ma al momento giusto sa trovare la forza e la determinazione necessari per cambiare.

Il punto di forza dei romanzi di Cristina Caboni sta tutto in questa sua capacità di saper raccontare con delicatezza e sentimento storie sull’insicurezza dell’animo umano e sul coraggio di affrontare questa stessa insicurezza, trasmettendo al lettore positività e speranza.

“Il sentiero dei profumi”, come tutti le storie di questa autrice, è un romanzo in grado di stupire, emozionare e coinvolgere il lettore conquistandolo fin dalle prime pagine.