lunedì 19 marzo 2018

“La rilegatrice di storie perdute” di Cristina Caboni


LA RILEGATRICE DI STORIE PERDUTE
di Cristina Caboni
GARZANTI
Sofia aveva una passione per i libri sin da bambina; i libri la affascinavano, in essi trovava infiniti luoghi dove rifugiarsi, vedeva infinite possibilità e nuove occasioni.
La sua era una vocazione vera, sincera, una vocazione alla quale non avrebbe mai dovuto rinunciare, eppure aveva lasciato che accadesse.
Ora che il suo matrimonio con Alberto era finito e si era finalmente resa conto di quanto si fosse ingannata su quell’uomo al quale aveva sacrificato tutta se stessa, doveva fare i conti con la persona che era diventata.

Sofia un tempo era stata una ragazza preparata, piena di interessi e di passioni, come poteva essere diventata una donna così insicura, piena di paure, assoggettata all’approvazione del prossimo, timorosa del giudizio altrui?

Un giorno, quasi per caso, Sofia entra in possesso di un antico libro malridotto e durante la fase di restauro trova in esso una lettera.
La lettera appartiene a Clarice, una giovane donna vissuta nell’Ottocento che ha deciso di affidare il suo segreto a questo scritto affinché il mondo possa finalmente conoscere la “luce della verità”.
Il libro che Sofia sta restaurando è il primo volume di una trilogia e la lettera rinvenuta al suo interno è solo la prima parte del testamento di Clarice, gli altri due scritti si trovano infatti con ogni probabilità all’interno degli altri due volumi.

Sofia, insieme a Tomaso Leoni, un affascinante cacciatore di libri antichi ed esperto di grafologia, si mette quindi alla ricerca degli altri due volumi per poter portare alla luce il mistero di quella donna con la quale, nonostante ci siano duecento anni a separarle, Sofia sente uno stretto legame.

Clarice era un’abile rilegatrice di libri, vissuta in un’epoca e in un luogo nei quali ad una donna era proibito esercitare quella professione.
Clarice aveva combattuto strenuamente per affermare la propria indipendenza e proprio la sua determinazione e la sua forza ridaranno a Sofia il coraggio e la speranza perduti.

“La rilegatrice di storie perdute” è un romanzo intenso, affascinante ed intrigante; lo stile narrativo scorrevole e semplice di Cristina Caboni rende la lettura del libro davvero piacevole.

Le due storie, quella di Sofia e quella di Clarice, sono perfettamente bilanciate e si fondono in un equilibrio perfetto; due storie parallele legate da un filo così sottile da permettere a ciascuna di mantenere una propria identità narrativa.

Due anime, un solo romanzo. La storia di Clarice richiama alla mente i grandi romanzi ottocenteschi, non solo per l’ambientazione ma anche per lo stile narrativo; la storia di Sofia invece ha uno stile più moderno e rientra  perfettamente nel genere romance.

Entrambi i profili delle protagoniste sono ben delineate psicologicamente, due donne molto diverse ma allo stesso tempo molto simili, così come molto diverse e molti simili sono le difficoltà che devono affrontare per affermare la loro identità.

Nella vita di entrambe, pur con problematiche legate ad epoche diverse ci sono due  figure di uomini, August/Alberto, uomini che vogliono vederle sottomesse, e Philipp/Tomaso che invece le aiutano nel percorso da loro intrapreso per riconquistare la propria libertà e ritrovare la fiducia in se stesse.

Il personaggio dello scrittore romantico Fohr è una figura di pure fantasia.
La scrittrice si è ispirata per lui ad un giovane pittore tedesco sepolto nel cimitero acattolico di Roma e morto annegato nel Tevere poco più che ventenne.

Il personaggio di Fohr nato dalla penna di Cristina Caboni è un personaggio davvero straordinario, capace di affascinare il lettore grazie al suo pensiero ed alla sua visione di un mondo diverso, un mondo del quale l’amore è principio e virtù.

Un plauso all’autrice per averci regalato questa splendida figura dalla sensibilità romantica, talmente reale che dispiace dover accettare che non sia mai esistito e sia  solo il frutto della sua fervida immaginazione.

Non si può non amare il personaggio di Clarice, lei è fonte di ispirazione per Sofia e non solo, è una donna forte, indipendente e risoluta.
Eppure, è Sofia quella per cui inevitabilmente si parteggia, perché lei è tutte noi; i suoi problemi, i suoi stati d’animo, le sue insicurezze sono le stesse che noi tutte affrontiamo ogni giorno.
L’empatia delle lettrici nei confronti di Sofia nasce spontanea ed è inevitabile sentirsi parte della sua storia sin dalle prime pagine.

Cristina Caboni è una delle autrici italiane più apprezzate dalla stampa e dai lettori; dopo aver letto il suo volume, posso solo dire che il suo successo è tutto meritato.

Nel romanzo Sofia menziona “la teoria secondo la quale i libri trovano il proprio lettore nel momento opportuno” e, come Sofia per il libro di Fohr, anche a me piace pensare che sia stato “La rilegatrice di storie perdute” a scegliere me e non viceversa.

I libri sono così, ognuno ci vede qualcosa di suo. Possono essere risposte alle domande che ci tormentano, persino a quelle che non ci sono ancora venute in mente. Hanno un grande potenziale, i libri.





domenica 11 marzo 2018

“Il matrimonio è una fiaba a lieto inizio” di Fulvio Fiori


IL MATRIMONIO È UNA FIABA A LIETO INIZIO
di Fulvio Fiori
TEA
Lasciato dalla moglie, abbandonato dai figli, strappato alla sua casa di proprietà, in crisi con il lavoro, in balia di leggi che non gli fanno fare il padre…

“Il matrimonio è una fiaba a lieto inizio” è la storia un uomo che vede la sua vita perfetta andare in frantumi; una moglie, tre figli, una bella casa, un lavoro di successo e ben retribuito all’improvviso non ci sono più.
Angelo prima perde il lavoro e poi la famiglia; la moglie lo lascia per un uomo molto più giovane, coetaneo del suo primogenito, e subito dopo, con il beneplacito della legge, lo priva della casa, del conto in banca e dell’amore dei figli.

Angelo si ritrova senza più alcun punto di riferimento, pieno di paure e insicuro, vorrebbe ritrovare una scintilla che lo faccia ripartire, ma si sente completamente svuotato.
Così decide di partire per una vacanza, lasciare quel mondo conosciuto nel quale egli non si riconosce più e andare alla ricerca di se stesso; Vienna, Berlino e Amsterdam cureranno le sue ferite e l’abisso di dolore in cui è precipitato.

Fulvio Fiori, l’autore del romanzo, dopo aver lavorato anni come copywriter ha deciso di trasformare le sue passioni in una vera e propria attività. Egli è autore di libri e aforista, è maestro Reiki ed esperto di meditazioni creative, collabora con centri olistici, psicoterapeuti e centri di counseling. I suoi corsi di scrittura-terapia hanno riscosso nel tempo un successo sempre maggiore.

Il sottotitolo di “Il matrimonio è una fiaba a lieto inizio” è “romanzo terapeutico” e proprio questo è l’intento del suo autore ovvero riuscire, grazie alla lettura di un’esperienza comune, a ridare speranza e ritrovare la voglia di ripartire, vincendo il dolore e lo smarrimento che certe situazioni portano inevitabilmente con sé.

Il libro è senza dubbio ben scritto, è scorrevole e l’argomento trattato è attuale, complesso e non facilmente liquidabile in poche righe o con un giudizio superficiale.

Fatte queste doverose premesse, ammetto in tutta sincerità che non è facile per me riuscire a scrivere di questo romanzo in maniera del tutto obiettiva perché i personaggi sono davvero troppo distanti dal mio modo di pensare.

Lungi da me fare il tifo per Alice, la moglie traditrice, avida e manipolatrice ma questo non riesce a farmi provare simpatia per Angelo.

Alice è esecrabile per suoi comportamenti meschini e il fatto di arrivare a coinvolgere i figli nella sua faida con l’ex-marito la rende un personaggio davvero detestabile e inqualificabile.
Ma qui mi trovo d’accordo con il cinico e sarcastico Riccardo, l’amico di Angelo: cosa ci si poteva aspettare da una donna che si era già comportata così in passato? Vero, una seconda possibilità non la si nega a nessuno, ma ciò non toglie che il rischio sia alto e la possibilità di un fallimento non sia un’ipotesi poi tanto remota.

Certo sarebbe facile lasciarsi convincere dal vittimismo di Angelo, lui è il padre a cui è stato sottratto l’affetto dei figli oltre ad essere stato derubato della dignità e della villa di famiglia.
La moglie lo metteva spesso in imbarazzo flirtando con altri uomini anche in sua presenza e questo, lasciatemi essere cinica come il buon Riccardo, era solo indice che il matrimonio non funzionava dall’inizio.

E poi non era forse Angelo ad avere una storia extraconiugale con una giovane donna? storia che lui stesso definiva appagante, una storia che lo rendeva un padre e un marito migliore, ma che di fatto lo faceva sentire bigamo? Una donna dalla quale ad un certo punto avrebbe desiderato persino avere figlio?

La “famiglia del mulino” non era mai esistita, era solo ciò che Angelo voleva credere.

Angelo però è un uomo sensibile, non come quella vipera di sua moglie; Angelo è tanto sensibile che quando il suo amato gatto sparisce per un periodo più lungo del solito, si chiede se sarà magari finito sotto un’auto durante una delle sue scappatelle: nessun smarrimento, nessuna preoccupazione. Che sensibilità!

La verità è che tra una madre inadeguata e un padre mai cresciuto, poveri figli!

La cosa bella di questo libro è che è talmente vero, talmente realistico che alla fine, anche non provando alcuna empatia nei confronti del protagonista come nel mio caso, viene comunque voglia di parlargli, interagire con lui e provare a dargli un consiglio.

Per questo va fatto un grande plauso all’autore per la sua indiscussa capacità di rendere vivi e reali i suoi personaggi.

Talmente reali che quando si profila all’orizzonte la figura di Marta, l’amica gentile, la “sciamana”, la guida, colei che sa illuminare la strada con i suoi punti di vista verrebbe voglia di gridare ad Angelo: “Ma dopo tutto quello che stai passando…una donna normale, proprio no?”
Inevitabile pensare che Marta sia per lui l’ennesima stampella a cui appoggiarsi.

Mi rendo conto che l’intento dell’autore era quello di spezzare una lancia a favore di quei padri separarti ai quali spesso viene negato ogni diritto.
Non deve essere facile riuscire a riprendere in mano le redini della propria vita e trovo questo terribilmente ingiusto e frustrante.

Non vorrei infatti essere fraintesa perché capisco che potrei essere sembrata troppo dura sull’argomento, ma ci tengo a precisare che le mie parole, le mie opinioni sono strettamente legate ai personaggi del libro così come li ho percepiti.

A rendere particolarmente interessante il romanzo è il fatto che, essendo stato scritto da un uomo, la questione arrivi a noi lettori filtrata attraverso la sensibilità e l’emotività maschili.

Come avrete capito non concordo con la definizione di romanzo terapeutico.
“Il matrimonio è una fiaba a lieto inizio” è per me un libro che fa pensare, che aiuta a riflettere e che con ironia racconta una realtà magari non sempre piacevole, ma quanto mai attuale e presente.




sabato 3 marzo 2018

“Warleggan” di Winston Graham


WARLEGGAN
La saga di Poldark
di Winston Graham
SONZOGNO
Dopo un periodo burrascoso, il rapporto tra Ross e Demelza, sembra aver finalmente ritrovato l’armonia perduta.

Ross e Francis si buttano anima e corpo nella loro nuova avventura mineraria; la famiglia Poldark è di nuovo unita a dispetto delle difficoltà economiche che sembrano non volerle dare tregua.

Elizabeth e Francis sembrano aver ritrovato un equilibrio di coppia, seppure formale e superficiale, un nuovo regime di tolleranza e buona volontà, ma la donna non riesce a dimenticare Ross tanto che ad una cena, arriva addirittura a dichiarargli apertamente i propri sentimenti.
Ross resta sconvolto dall’inaspettata dichiarazione e, quando Francis muore in un tragico incidente, ogni cosa per lui viene rimessa in discussione.

I fatti narrati in questo quarto romanzo coincidono con i fatti raccontati nella seconda parte della seconda serie televisiva “Poldark” trasmessa dalla BBC e in onda in Italia sul canale laeffe di Sky.
Una fortunata serie TV capace di far rivivere sul piccolo schermo tutto il fascino dei romanzi di Winston Graham, una serie davvero ben risucita.

Senza nulla togliere ai precedenti libri, “Warleggan” è forse il romanzo più coinvolgente dei quattro volumi finora pubblicati della saga.

Tra un colpo di scena e l’altro la storia tra Caroline Penvenen e il dottor Dwight Enys continua ad affascinare il lettore con le sue coinvolgenti schermaglie amorose che non scadono mai nello stucchevole.

Mentre Francis riesce a riscattarsi definitivamente, la moglie Elizabeth continua a confermarsi per me il personaggio femminile più negativo.
Sempre più lontana dalla perfezione che Demelza le attribuisce, come tra l’altro sottolinea giustamente lo stesso Francis, Elizabeth continua ad essere la solita donna incostante, debole, indecisa e insoddisfatta.

Demelza ha indubbiamente delle colpe e delle mancanze, ma anche se umiliata e in preda a sentimenti di vendetta, riesce sempre a riprendere in mano il timone della propria vita. 
Demelza non si lascia mai travolgere completamente dagli eventi, conosce i suoi limiti e riesce ogni volta a fermarsi in tempo, restando così sempre fedele a se stessa.

Ross continua a vivere nel ricordo di Elizabeth, benchè innamorato di Demelza, non riesce a dimenticare il suo primo amore, incatenato ad un passato col quale, se si fermasse a riflettere un secondo, si renderebbe conto non ha più nulla in comune.
Ross è testardo, impulsivo e come sempre difficilmente giustificabile per il suo pessimo comportamento nei confronti della moglie.
Resta comunque innegabile che sul suo senso di giustizia, sulla sua lealtà verso gli amici e sull’empatia nei confronti delle persone meno fortunate non vi sia nulla per cui lo si possa biasimare, la sua franchezza e la sua correttezza sono indiscutibili.

Veniamo infine al personaggio più discusso e odiato del romanzo, l’antagonista di Ross Poldark, ovvero George Warleggan.
Ebbene, a costo di sconvolgere tutti, devo essere sincera, ho dovuto rivalutare in parte il personaggio.
L’odio che egli prova per Ross è innegabile, però, in questo romanzo, George dimostra di essere in grado di provare anche dei sentimenti sinceri, egli ama veramente Elizabeth.
George è innamorato della donna da anni, ha saputo attendere il suo momento continuando ad amarla nell’ombra.
Grazie al suo patrimonio potrebbe scegliere una moglie migliore e più adatta alla posizione che ricopre in società di quanto non lo sia la vedova di Francis, tra l’altro neppure così ben vista dalla famiglia Warleggan.
Eppure, George sceglie Elizabeth; vero che tale scelta gli permetterà di riportare una vittoria totale e schiacciante sull’avversario di sempre, ma pur se questo è indubbiamente motivo di soddisfazione per lui, non è questo il vero motivo della sua decisione.
George la ama realmente, persino lui quindi è meglio di Elizabeth.
George Warleggan infatti per lei è solamente l’ennesima mossa strategica per sfuggire ai suoi problemi, per allontanare la solitudine e la miseria; George inoltre si rivela un valido espediente per risolvere una situazione scomoda e incresciosa della quale non voglio anticiparvi nulla.

Tormento, odio, amore, passione, vendetta sono tutti sentimenti che, come sempre, caratterizzano i romanzi della saga di Poldark nata dalla penna di Winston Graham.

Warleggan è un libro avvincente e coinvolgente che si legge tutto d’un fiato come i precedenti volumi.

A questo punto non ci resta che rimanere in trepidante attesa dell’uscita del quinto volume della saga e ringraziare, ancora una volta, la casa editrice Sonzogno per averci permesso di poter leggere questi avvincenti romanzi ambientati nella splendida cornice della Cornovaglia di fine Settecento.


Vi ricordo i precedenti titoli: