sabato 25 agosto 2018

“L’unico ricordo di Flora Banks” di Emily Barr



L’UNICO RICORDO DI FLORA BANKS
di Emily Barr
SALANI
Flora è una diciassettenne che soffre di amnesia anterograda da sette anni.
A causa di questo disturbo della memoria Flora non è più in grado di trattenere nuove informazioni, mentre tutte le informazioni che aveva immagazzinato prima che si manifestasse la malattia non sono state compromesse.

I suoi ricordi si sono fermati a quando era una bambina di dieci anni e da allora, per fissare i momenti che vive, è costretta a scriversi ogni cosa su quaderni, post-it e persino su mani e braccia.

È consapevole dell’amore dei suoi genitori, dell’affetto di suo fratello Jacob e di quello della sua migliore amica Paige che si prende cura di lei da quando si è manifestato il suo disturbo.

Durante una festa il fidanzato di Paige bacia Flora e il ricordo di questo bacio sulla spiaggia stranamente non svanisce come tutti gli altri.
Flora ricorda il bacio, ricorda le parole di Drake e ogni istante trascorso insieme al ragazzo.
Quello che dovrebbe essere un momento straordinario si trasforma però in un disastro: Drake il mattino dopo parte per la Norvegia dove si è iscritto ad un corso universitario e Paige, sentendosi tradita dalla sua migliore amica, chiude i ponti con Flora che nel frattempo si ritrova a casa da sola e senza alcun sostegno.
I suoi genitori che non sanno nulla della rottura con Paige, sicuri che questa si trasferisca a casa loro per tenere compagnia alla figlia, partono per Parigi dove Jacob è gravemente malato.
Flora però non ha dubbi: deve immediatamente andare in Norvegia, raggiungere Drake e cercare di capire perché quel ricordo non sia dissolto come tutti gli altri.
È convinta infatti che Drake sia la chiave del mistero e che solo lui possa guarirla.

L’idea di una protagonista che soffre di amnesia anterograda non è una novità, ne troviamo infatti numerosi esempi sia in letteratura sia al cinema; sul grande schermo l’argomento è stato trattato sia in modo più leggero con commedie come “50 volte il primo bacio” (USA 2004) oppure in modo più drammatico come in “Memento” (USA 2000).

Il libro di Emily Barr è un romanzo per young adult ma è una lettura adatta a tutte le età.
Come genere lo catalogherei come giallo piuttosto che thriller; c’è un mistero da risolvere, una pista da seguire, ma durante lo svolgimento della trama non c’è quella suspense che dovrebbe contraddistinguere un thriller vero e proprio.

Il racconto all’inizio è molto lento e le prime cento pagine sono caratterizzate da una ripetitività piuttosto indisponente.
È pur vero, però, che l’ossessivo rimarcare le condizioni di Flora e l’incessante rileggere le pagine del quaderno da parte della ragazza, se da un lato infastidiscono il lettore, dall’altro sono necessarie perché, rendendolo consapevole delle difficoltà che affliggono la protagonista, riescono a coinvolgerlo emotivamente in prima persona.

Flora è una ragazza coraggiosa e determinata che, nonostante la sua malattia invalidante, non si lascia abbattere dalle avversità e cerca con ogni mezzo di trovare la sua strada, di ritagliarsi i suoi spazi e di riprendersi la sua libertà.

Eppure, nonostante tutto, devo ammettere di non essere riuscita ad entrare in sintonia con il personaggio, non sono riuscita a provare nessuna empatia nei suoi confronti.
Da lettrice compulsiva quale sono, so che il sentirsi o meni coinvolti da una storia è un fatto soggettivo subordinato a moltissimi fattori, questa volta non è successo.
Devo però ammettere che mi sono svegliata una mattina e nel dormiveglia mi sono ritrovata ad interrogarmi su chi io stessa fossi e a cercare un quaderno proprio come Flora, questo può solo significare che il libro di Emily Barr ha comunque la forza di trascinare il lettore sia che questi resti o meno affascinato dalla sua protagonista.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati: Drake, il ragazzo superficiale e meschino, l’apprensiva madre di Flora schiacciata dai sensi di colpa, il fratello premuroso Jacob, il padre che vorrebbe fare la cosa giusta ma ha paura di entrare in conflitto con la moglie.

Paige è il personaggio che coinvolge più di chiunque altro.
Paige è una diciassettenne che potrebbe avere una vita normale, un’amica normale eppure si occupa di Flora come nessuno farebbe da ben sette anni.
È un’amica vera e sincera, l’amica che tutti vorremmo avere.
Persino quando si sente tradita da Flora, e chi non si sarebbe sentito così dopo tanta dedizione, non riesce comunque a non preoccuparsi per lei. È vero la lascia sola quando i genitori partono, sbaglia a fidarsi di Flora e a non telefonare lei stessa alla madre per avvisarla che non sarebbe andata a stare da loro, ma un errore di valutazione potrebbe capitare a chiunque.

Il personaggio che forse più di tutti mi ha indisposto è invece la madre di Flora, non tanto per il comportamento nei confronti della figlia, sbagliato senza dubbio ma per certi versi giustificabile visto quanto accaduto (non voglio anticiparvi nulla nel caso decideste di leggere il romanzo), ma per il suo egoismo nei confronti di Paige.
Capisco che Flora sia sua figlia, ma sembra quasi che ritenga che Paige sia obbligata a fare da badante all’amica; un atteggiamento che ho trovato piuttosto irritante.

A Flora è sempre stato detto che il suo disturbo è sorto in seguito all’intervento che aveva subito quando all’età dieci anni le era stato diagnosticato un tumore al cervello.
Fin dalle prime pagine però si intuisce che i genitori le nascondono un segreto e che le cose potrebbero non stare proprio come le sono sempre state sempre raccontate.

“L’unico ricordo di Flora Banks” è un romanzo fatto di segreti e bugie, una storia di amore e perdita, un racconto dove la protagonista deve riuscire a fare luce sul suo passato se vuole conoscere la verità su stessa e soprattutto se vuole riappropriarsi della sua vita e della libertà che per troppo tempo le è stata negata.





mercoledì 1 agosto 2018

“L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore” di Per J Andersson

L’incredibile storia dell’uomo che dall’India
arrivò in Svezia in bicicletta per amore
di Per J Andersson
SONZOGNO
Sri Pradyumna Kumar Mahanandia, PK o Pikay per gli amici, è cresciuto in un piccolo villaggio vicino alla foresta più vasta dell’India; per nascita è un intoccabile, non appartiene a nessuna casta.

Proprio per questa sua condizione di paria Pikay è stato privato dell’infanzia felice e spensierata che spetterebbe ad ogni bambino.
Costretto a subire ogni genere di umiliazione, come sedere fuori dall’aula lontano dai compagni di classe durante le lezioni, vedere la gente correre a purificarsi per essere entrata in contatto con lui, essere preso a sassate per aver solo osato avvicinarsi al tempio, Pikay ha dovuto fin da piccolo fare i conti con l’essere considerato un cittadino di seconda classe.

Pikay però ha un carattere forte e determinato e, fermamente convinto che il futuro di ogni bambino sia scritto nelle stelle, è sicuro che un giorno, come gli è stato predetto da un astrologo, la sua vita cambierà, sposerà una ragazza di un’altra tribù, un altro villaggio, un altro distretto, un’altra provincia, un altro stato, un’altra nazione e questa ragazza arriverà da lui senza che lui debba neppure cercarla.

Deludendo le aspettative del padre che lo voleva ingegnere, PK grazie alla sua abilità nel disegno vince una borsa di studio per l’accademia di belle arti, si trasferisce a Nuova Delhi e qui inizia a lavorare come artista di strada.

I ritratti che esegue riscuotono un clamoroso successo tanto che, proprio grazie alla sua arte, riesce ad entrare in contatto con personaggi anche molto influenti come il primo ministro Indira Gandhi.

Un giorno una giovane turista svedese gli chiede un ritratto e PK capisce immediatamente che la profezia sta per avverarsi.

Lotta, questo il nome della ragazza, aveva cercato fin dall’adolescenza di avvicinarsi all’Oriente e sin dall’età di dodici anni il suo più grande desiderio era stato quello di visitare l’India; anche lei, come PK, non è tipo che si lascia abbattere dalle avversità e, proprio per questo, nonostante le sue scarse finanze, riesce a realizzare il suo sogno di vedere l’India.

L’incontro con la ragazza svedese cambierà per sempre la vita di PK che, pur di stare con lei, deciderà come recita il titolo del romanzo di affrontare un lunghissimo e difficile viaggio in bicicletta per raggiungere la Svezia e ritrovare il suo amore lontano.

Ammettiamolo, un titolo così lungo incuriosisce ma allo stesso tempo inquieta anche un po’ il lettore il quale, guardando la copertina, quasi sicuramente immagina una trama senza dubbio divertente, ma anche terribilmente prolissa.
Nulla di più lontano dalla verità: la trama è effettivamente accattivante e gradevole, ma anche la lettura risulta scorrevole e piacevole.

La rivista Brigitte ha definito il romanzo “una splendida combinazione tra una fiaba di Bollywood e un romanzo hippie”.
E’ vero, la trama ha certamente del fiabesco ed è difficile credere che si tratti invece di una storia vera; eppure PK e Lotta sono due personaggi reali e il romanzo racconta proprio la storia del loro profondo amore, un amore che è riuscito ad unire due culture e due mondi così distanti tra loro.

Le differenze e le uguaglianze della cultura orientale e di quella occidentale sono ben evidenziate nel romanzo; le difficoltà incontrate da PK nel farsi accettare nella sua nuova patria e la diffidenza che egli riscontra negli svedesi sono raccontate con molto garbo e grande maestria da Per J Andersson.

L’amore è indubbiamente il motore del romanzo, ma la storia colpisce soprattutto per la delicatezza con cui vengono affrontate tematiche importanti come l’indigenza in cui versa gran parte della popolazione,  le contraddizioni di chi esercita il potere politico e quello religioso, i sentimenti contrastanti che gli Indiani provano nei confronti dell’Inghilterra, le continue vessazioni alle quali vengono sottoposti gli intoccabili, la difficile strada verso l’emancipazione e la modernizzazione del paese.

“L’incredibile storia dell’uomo che dall’India arrivò in Svezia in bicicletta per amore” è un romanzo insolito e particolare.

E’ affascinante poter leggere un racconto sugli hippie visti da una diversa prospettiva, noi siamo soliti, infatti, ascoltare i racconti di quei viaggiatori bohemien occidentali.
Questo libro ci permette invece di conoscere le impressioni di un ragazzo indiano che entra in contatto con questi borghesi benestanti che volevano ribellarsi alle convenzioni e alla fine raggiungevano l’India alla ricerca di qualcosa che in realtà era solo un sbiadito ricordo di ciò che il paese era stato.

Lotta e Pikay oggi hanno tre figli e vivono in Svezia in una grande casa alle porte di Boras, questo romanzo è la loro storia, una storia avvincente come una favola e sorprendente come solo la vita sa essere.

Un romanzo commovente, coinvolgente e toccante, ma anche ironico, spontaneo e divertente.