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giovedì 26 agosto 2021

“Una Medici a Bolzano” di Alberto Pasquali

Paul, giovane esponente della famiglia Botsch, è cresciuto a Firenze dove, grazie alla cospicua fortuna della sua famiglia, ha potuto studiare all’Università.

Qui ancora giovanissimo viene scelto dal Granduca di Toscana come precettore per la bella e intelligente Claudia de’ Medici.

Un giorno, complice anche una dissertazione sul V canto della Divina Commedia, tra i due giovani divampa la passione. Un amore proibito come quello di Paolo e Francesca ai quali entrambi non sono in grado di resistere.

Presto Claudia però è costretta a lasciare Firenze. Per lei, infatti, è giunto il momento di adempiere ai suoi doveri e sposare Federico Ubaldo della Rovere, un matrimonio combinato anni prima dalle rispettive famiglie.

Claudia non riuscirà mai a dimenticare il suo primo amore, ma poco importa perché le loro vite saranno destinate ad incrociarsi ancora.

Io narrante di questo breve romanzo, o forse sarebbe meglio chiamarlo lungo racconto trattandosi di appena una cinquantina di pagine, è proprio Paul Botsch, personaggio immaginario ma piuttosto verosimile in quanto appartenente ad una famiglia realmente esistita il cui nome Botsch è una germanizzazione del cognome originario de’ Rossi. I de’ Rossi, uomini d'affari e banchieri, si trasferirono nel XIII secolo a Bolzano per fare fortuna in Tirolo.

Claudia de’ Medici, personaggio storico meno conosciuto rispetto ad altri esponenti della sua famiglia, fu una figura di spicco per la città di Bolzano, città natale dell’autore del romanzo.

Claudia de’ Medici (1604-1648), figlia di Ferdinando I e Cristina di Lorena, fu duchessa di Urbino per aver sposato, appena diciassettenne, in prime nozze (1621) Federico Ubaldo della Rovere e arciduchessa d’Austria e contessa del Tirolo a seguito delle seconde nozze contratte nel 1626 con l’Arciduca Leopoldo V d’Austria.

Il primo matrimonio con il duca di Urbino fu un matrimonio infelice, lo sposo si rivelò da subito un uomo vizioso, violento e scavezzacollo. Dalla loro unione nacque una bambina Vittoria della Rovere, futura Granduchessa di Toscana e moglie di Ferdinando II.

Fortunatamente per Claudia il duca di Urbino morì appena due anni dopo le loro nozze, nel romanzo si dice a seguito di un colpo apoplettico, ma alcuna storiografia non esclude un veleno inviato da Firenze e forse destinato più che a lui alla sua amante (vedi Giuseppe Conti, “Firenze. Dai Medici ai Lorena).

Claudia ebbe maggior fortuna con il secondo matrimonio, ma purtroppo anche l’arciduca morì presto. Dopo solo sei anni (1632) la Medici si ritrovò nuovamente vedova e assunse quindi la reggenza del Tirolo in vece del figlio Ferdinando Carlo d’Austria fino al 1646. Un periodo non facile quello in cui si trovò al potere, proprio allora infuriavano le guerre tra cattolici e protestanti e per lei, una straniera proveniente da una famiglia cattolicissima, non fu semplice riuscire a mantenere salde le redini dello Stato.

Claudia de’ Medici fu figura rilevante per la città di Bolzano. Sotto il suo governo vennero incrementati gli scambi commerciali e, proprio a tale scopo, venne istituito anche il Magistrato Mercantile con l’intento di accrescere l’importanza internazionale della città.

Il racconto di Pasquali non si addentra nei particolari storici e tende a non approfondire più di tanto neppure i sentimenti e la psicologia dei vari personaggi ma, pur rimanendo in superficie, il racconto non risulta mai banale sebbene talvolta l’uso del “tu” tra Paul e Claudia strida un poco.

Il vero protagonista del libro diventa quindi la delicata storia d’amore, un amore che si trasforma seguendo le fasi della vita, un legame talmente forte da piegarsi dinnanzi alle avversità senza mai spezzarsi.

Sullo sfondo troviamo le vicende dell’epoca: le guerre di religione, la ragion di stato e quella figura di Claudia de’ Medici che ha segnato profondamente lo sviluppo economico di una città che ancora la ricorda con gratitudine e affetto come testimonia proprio questo libro.

È un’aria insolita quella che si respira tra le pagine di questo romanzo; anche laddove si parla di Firenze si percepisce che il racconto è filtrato attraverso una cultura e una sensibilità differente da quella toscana; nelle licenze letterarie così come nelle atmosfere è forte il richiamo alla storia dell’Austria e del Tirolo anche quando il racconto ci narra di realtà fiorentine.

Ho scoperto questo volume per caso durante una visita in Alto Adige, direi una sorpresa gradita quanto inaspettata per un’appassionata di storia medicea come me.

“Una Medici a Bolzano” è un romanzo che invoglia senza dubbio ad approfondire la storia del Tirolo e chissà che magari non nasca in me una nuova passione.






lunedì 17 maggio 2021

“Berthe Morisot. Le luci, gli abissi" di Adriana Assini

Parigi 1868, Berthe Morisot posa per Édouard Manet, l’artista più discusso e affascinante del momento .

Sono gli anni in cui la modernità entra prepotentemente nei caffè e nei salotti parigini, sono gli anni della prima corsa ciclistica nel parco di Saint-Cloud e del brevetto per la fotografia a colori di Ducos du Hauron.

Sulla scia di questo fermento socioculturale un gruppo di pittori lancia una sfida al conservatorismo delle accademie. I loro nomi sono Renoir, Degas, Monet, Manet, Cézanne solo per citare i più famosi; passeranno alla storia con il nome di Impressionisti.

Berthe Morisot, terzogenita di un funzionario della Corte dei conti, desidera fare della pittura la sua professione; traguardo quasi impossibile in un mondo dove l’arte è esclusivo appannaggio maschile.

Nulla riesce però a distrarre Berthe dalle sue tele e dai suoi pennelli eccetto il misterioso e seducente Édouard Manet.

Bijou, come viene chiamata in famiglia, non esita ad accantonare i suoi strumenti per posare per il pittore che ha conquistato la sua anima e il suo cuore fin dal loro primo incontro. Tutto accade sotto lo sguardo vigile e attento della madre di lei Marie-Cornélie che disapprova questa infatuazione della figlia e la vorrebbe quanto prima accasata come si converrebbe ad una donna del suo ceto. 

Adriana Assini è maestra assoluta nel saper ricreare le atmosfere dei periodi storici nei quali si muovono i suoi personaggi; i suoi sono romanzi corali e questo lo è forse anche più degli altri. Ad affiancare la protagonista Berthe Morisot non c’è solo Manet ma tutti coloro che fecero parte del loro circolo; una confraternita che non si componeva di soli pittori ma anche di scrittori del calibro di Émile Zola o di poeti quali Stéphane Mallarmé.

Adriana Assini ci presenta Berthe Morisot come una donna forte e volitiva che non arretra di fronte a nulla pur di ottenere quei riconoscimenti che sa di meritare e che vuole ottenere senza dover rinunciare al suo essere donna. La Morisot, infatti, non acconsentì mai a cambiare il proprio nome con un nome maschile né ad abbigliarsi con abiti da uomo per ottenere quanto le spettava di diritto per i suoi meriti.

Pagina dopo pagina prende vita davanti ai nostri occhi una galleria di personaggi vividi e reali con le loro manie e le loro peculiarità caratteriali: la passione di Manet per gli abiti sartoriali di alta moda, i modi scostanti di Degas, la meticolosità di Monet e così via.

La vita artistica, e non solo, di Berthe Morisot fu profondamente segnata dal suo rapporto con il carismatico Édouard Manet, uomo sposato e seduttore impenitente.

Fu infatti un amore totalizzante e platonico quello che legò la Morisot al pittore anche dopo la morte di questi. Se Manet fu per lei amico e maestro, lei per lui fu la sua musa nonché l’unica donna in grado di comprenderlo davvero e sapergli tenere testa, lei così selvaggia eppure allo stesso tempo così per bene. 

Berthe Morisot era una perfezionista, mai veramente soddisfatta dei risultati raggiunti anche nella vita privata. Eppure, dalle sue opere traspariva tutt’altro. Le sue tele erano luminose ed eternavano a volte scene di intimità familiare; esprimevano quella luce e quella pace interiore alle quali la pittrice tanto aveva aspirato, ma che mai riuscì davvero a raggiungere.

Al termine del romanzo, però, il lettore non può che immaginarla in pace accanto al suo Édouard, finalmente insieme e uniti per l’eternità.

Adriana Assini è riuscita a rendere in modo eccellente le luci e gli abissi, per citare il titolo stesso del romanzo, propri dell’animo di quell'affascinante artista tanto caparbia e umbratile da essere, a torto, spesso accusata di freddezza e anaffettività.

Un viaggio malinconico e inquieto attraverso i sentimenti e le profondità dell’animo umano quello in cui ci conduce Adriana Assini in questo suo ultimo romanzo, ricco di citazioni che spaziano dal pensiero di Eraclito ai versi di Shakespeare; un viaggio rischiarato però dai vivaci colori dei lussureggianti giardini, dalle sfumature azzurre dell’oceano e dagli infiniti tentativi di Monet di riuscire a fermare sulla tela i riverberi della luce.

Credo che “Berthe Morisot. Le luci, gli abissi” possa essere insieme ad “Agnese, una Visconti”, uno dei romanzi ad oggi più riusciti dell’autrice.




sabato 14 novembre 2020

“Le rose di Cordova” di Adriana Assini

Nura, la schiava moresca di Juana I di Castiglia (1479-1555), terzogenita di Isabel e di Fernando, è l’io narrante di questo romanzo in cui racconta la propria vita e quella della sua padrona, due esistenze legate indissolubilmente dal loro destino.

Juana andò in sposa a Philippe di Borgogna, conosciuto anche come Philippe detto il Bello, da non confondersi con l’altro Filippo il Bello, il re di Francia che regnò dal 1285 al 1314.

Il bel fiammingo, figlio di Massimiliano I d’Asburgo, era all’epoca il principe più ammirato e desiderato da tutte le corti europee, ma per la principessa spagnola quello che ad un primo momento era sembrata la sua più grande fortuna, si rivelò ben presto per lei una terribile sciagura.

Philippe era un seduttore impenitente, un giovane scaltro e insolente che ben presto perse interesse per la giovane moglie e, nonostante i numerosi figli nati dal loro matrimonio, Juana si ritrovò fin da subito a dover fare i conti con le numerose amanti del marito che questi non si faceva alcuno scrupolo di esibire a corte.

Sfinita dai continui tradimenti e con il cuore a pezzi, Juana trascorse tutta la sua vita matrimoniale tra ripicche e scenate, nell’inutile tentativo di conquistare l’amore del consorte.

I suoi continui colpi di testa e gli sbalzi d’umore non fecero altro che favorire coloro che, non vedendo l’ora di appropriarsi del suo trono, non si fecero alcuno scrupolo nel dichiararla pazza per raggiungere i propri scopi.

Juana passerà alla storia come Giovanna la Pazza, la regina che non regnò neppure un giorno.

Per un triste gioco del destino infatti fu lei, terza in linea di successione, ad ereditare il regno di Castiglia e d’Aragona alla morte della madre Isabel, ma questo fatto invece di riabilitarla agli occhi del consorte non fece che far precipitare definitivamente la sua già triste e precaria situazione.

Suo padre Fernando e suo marito Philippe non persero tempo a dichiarare Juana una povera inferma per poterle strappare la corona, salvo poi battersi tra loro così spietatamente per il potere che ancor oggi resta il sospetto che Philippe morì avvelenato proprio per mano del suocero.

Quella di Juana fu vera pazzia oppure i suoi comportamenti furono dettati solo dalla frustrazione e dalle umiliazioni a cui fu continuamente sottoposta?

Juana venne ingannata e tradita da tutti coloro che amava di più e che per primi avrebbero dovuto proteggerla: suo padre, suo marito e persino il suo stesso figlio che non alzò un dito in sua difesa quando salì su quel trono che di fatto apparteneva alla madre.

Giovanna morì prigioniera tra le mura di quel castello dove suo padre l’aveva segregata tanti anni prima, morì sola e dimenticata da tutti, l’unica che rimase al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni fu proprio Nura, la sua schiava.

Non è la prima volta che Adriana Assini dà voce nei suoi romanzi a straordinarie figure femminili del passato, vorrei qui ricordare un romanzo che ho amato moltissimo intitolato “Agnese, una Visconti”.

Ne “Le rose di Cordova” due sono le figure femminili protagoniste del romanzo, due donne di nobile stirpe la cui condizione è molto diversa, ma solo in apparenza.

Nura figlia di Aziz, primo ministro del sultano Boabdil il Piccolo, è solo una schiava mentre Juana sembra destinata a un fulgido destino, eppure, anche lei a suo modo è una schiava al pari della sua ancella. Usata da chi dovrebbe proteggerla, tradita e continuamente umiliata, non può dirsi più libera di Nura tanto che anche lei stessa finirà i suoi giorni rinchiusa in un castello-prigione.

Il rapporto che lega Nura alla sua padrona è un rapporto conflittuale, un rapporto fatto di amore e odio, come lei stessa non stenta a definirlo; più indecifrabile è invece il sentimento che lega Juana alla sua ancella.

Juana è una donna indisciplinata, ribelle e fiera che, per quanto spesso possa avere atteggiamenti indisponenti e spesso esasperanti, non si può non amare e provare empatia nei suoi confronti.

Adriana Assini ci regala in questo romanzo il ritratto di due figure femminili molto diverse tra loro, entrambe forti e determinate, innamorate dello stesso uomo, unite da un patto non scritto; due donne legate da sentimenti spesso conflittuali ma destinate a condividere per la vita la loro solitudine, a godere insieme dei raggi del sole e insieme a sfuggire la pioggia.

“Le rose di Cordova” è un racconto breve, sono appena duecento pagine, ma molto intenso; una storia tormentata quella di Juana I di Castiglia che Adriana Assini ha saputo raccontarci ancora una volta con la grazia e la sensibilità che da sempre contraddistinguono la sua scrittura.




 

mercoledì 26 giugno 2019

“Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” di Adriana Assini


GIULIANO E LORENZO
La primavera dei Medici
di Adriana Assini
Scrittura & Scritture

Il romanzo di apre con il funerale di Alessandro Filipepi, l’arista a tutti noto con il nome di Botticelli.

Corre l’anno 1510 ed uno dei più grandi pittori del Rinascimento sta per essere tumulato nella chiesa di Ognissanti a Firenze; le sue spoglie riposeranno per sempre accanto a quelle di colei che ispirò le sue opere più famose, Simonetta Cattaneo in Vespucci.

Giotto di Bicci Torregiani, detto il Saraceno per aver a lungo vissuto sulle rive del Bosforo, è da poco tornato a Firenze e, a causa della prolungata assenza, ignora tutti gli eventi  degli ultimi anni.

Il Torregiani avrà modo di essere ragguagliato in merito ai fatti accaduti grazie a Maso, un pittore conosciuto per caso ed all’amico di questi, un certo Cosma, giovane ed affascinante dottore in legge.

La storia che Maso e Cosma racconteranno al Saraceno e a sua moglie, Beatrice Giandonati, non sarà un racconto annalistico, ma piuttosto i due amici esporranno i fatti così come da loro stessi percepiti a suo tempo.

Inizia così il racconto della vita dei giovani principi di Firenze, dalla loro adolescenza fino al giorno in cui il giovane Giuliano de’ Medici, verrà assassinato nel Duomo per mano di coloro che prenderanno parte alla tristemente famosa Congiura dei Pazzi, il giorno 26 aprile del 1478.

La figura di Lorenzo de’ Medici è sempre stata una figura piuttosto controversa: considerato un uomo di straordinarie virtù e qualità dai suoi sostenitori, era invece visto dai suoi detrattori come un despota mosso unicamente dai propri interessi.

Il romanzo tiene conto di entrambi questi aspetti di Lorenzo il Magnifico, ma pur evidenziandone limiti e difetti caratteriali, il giudizio sul suo operato è decisamente a lui favorevole.

Inevitabilmente un numero considerevole di pagine sono dedicate al racconto della storia tra Simonetta Cattaneo, moglie di Marco Vespucci, ed il giovane e affascinante Giuliano.

Sul racconto dei due sfortunati amanti si inseriscono le schermaglie amorose e gli incontri romantici che vedono protagonisti l’attraente Cosma e l’irrequieta Beatrice, donna sognatrice sposata ad un uomo con il doppio dei suoi anni.

Il libro di Adriana Assini è un libro particolare, diverso dal racconto che guardando al titolo il lettore si aspetterebbe; la storia della primavera dei Medici si inserisce infatti in una cornice più ampia, diviene una storia nella storia.

Protagonisti del romanzo della Assini sono Maso e le sue impressioni sulla Firenze ai tempi di Lorenzo e di Giuliano, sono la voglia di Giotto di recuperare il tempo perduto lontano dalla sua Firenze, sono la passione che sboccia tra Cosma e Beatrice, per i quali il racconto di Giuliano e Simonetta diviene un dantesco “galeotto fu il libro e chi lo scrisse”.

Lascio a voi scoprire se la fine della storia tra Bice e Cosma avrà lo stesso tragico epilogo della storia di Paolo e Francesca oppure se, nel loro caso, si avrà un esito più felice.

“Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” è un romanzo interessante e scorrevole; una lettura piacevole che riesce a coniugare perfettamente avvenimenti storici e finzione narrativa attraverso un sapiente intreccio di personaggi reali e d’invenzione.

Non era facile scrivere un romanzo in grado di coinvolgere il lettore parlando di due personaggi quali Giuliano e Lorenzo de’ Medici, vuoi perché al momento l’argomento è particolarmente di moda ed in libreria possiamo trovare numerosissimi romanzi che li vedono protagonisti di gialli, thriller, romanzi rosa, storici e d’avventura; vuoi perché la storia dei Medici è comunque una storia a tutti noi nota spesso fin nei minimi particolari.

Adriana Assini è stata brava ancora una volta a riuscire a creare qualcosa di diverso, un romanzo interessante e coinvolgente che riesce a porre anche stuzzicanti interrogativi all’interno di una storia che sembrava in apparenza non avere più nulla di nuovo da raccontare.
                                                                                                 
  

Della stessa autrice:




martedì 5 marzo 2019

“La spada e il rosario” di Adriana Assini


LA SPADA E IL ROSARIO
di Adriana Assini
SCRITTURA & SCRITTURE
Nell’anno 1516 il Regno di Sicilia è ancora sotto il giogo spagnolo e Palermo è governata in modo sconsiderato dal viceré Hugo de Moncada.

Re Ferdinando II è in punto di morte e presto dalle lontane Fiandre gli succederà il nipote Carlo che, se poco conosce gli affari spagnoli, tanto più ignora la situazione politica siciliana.

In questo clima rovente un gruppo di mercanti di origini pisane, capeggiati da Gian Luca Squarcialupo, insieme ad un nutrito numero di nobili palermitani tramano nell’ombra per rovesciare il governo spagnolo e riportare sul trono palermitano qualcuno originario del luogo nel tentativo di cambiare il deplorevole stato delle cose.

Ai limiti della bancarotta e strangolati dai debiti e dalle tasse, afflitti dall’ascesa economica di famiglie dell’alta burocrazia e della finanza sostenute dal viceré, la nobiltà isolana e la classe mercantile versano in pessime condizioni economiche.

Morto Ferdinando II, Hugo de Moncada verrà sostituito dal nuovo protetto della corona spagnola, Ettore Pignatelli, ma nulla cambierà per la popolazione che continuerà ad essere oggetto di malversazioni ed  ingiustizie.

La logica di governo resterà quella che secoli dopo sarà riassunta perfettamente nella famosa frase fatta pronunciare da Giuseppe Tomasi di Lampedusa a Tancredi nel suo “Il Gattopardo”: Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.
Espressione che Adriana Assini fa sua facendo pronunciare a Squarcialupo le seguenti parole:

In Continente lo sanno bene che la Sicilia è una mucca da mungere (…). In apparenza tutto cambia, ma non nella sostanza.

Ma chi è Gian Luca Squacialupo, il protagonista di “La spada e il rosario”?

Nato a Palermo da genitori pisani, lo Squacialupo si sente palermitano al cento per cento.
Innamorato da sempre della bella e fiera Francesca Campo, non ha però esitato a sposare un’altra donna la cui dote gli ha permesso di estinguere i suoi tanti debiti, debiti che immediatamente hanno iniziato ad accumularsi nuovamente, non essendo egli in grado né di fare economia né di contenersi negli appetiti di qualsiasi genere essi siano.

Gian Luca Squacialupo è un capopopolo nato, impulsivo, ostinato ed impaziente, uno che ha fegato da vendere.
E’ pieno di contraddizioni, non solo in campo amoroso, ma è anche un amico fidato, un uomo d’onore, un uomo che sa mantenere i patti.

A fare da contraltare a Gian Luca Squacialupo troviamo un altro personaggio, Vincenzo De Benedetto, un arrivista meschino e gretto, un doppiogiochista che pur di raggiungere i propri fini non si fa scrupolo di tradire i compagni e persino il suo stesso fratello.

Gian Luca Squarcialupo non è perfetto, anch’egli all’inizio come gli altri non esita ad anteporre i propri interessi a quelli del prossimo, ma alla fine arriva ad appassionarsi veramente al diritto e alla giustizia.

Per Vincenzo De Benedetto invece non c’è alcuna redenzione, egli è un giuda che non cerca né desidera il riscatto, fino alla fine troverà delle giustificazioni ai misfatti commessi scorgendo sempre il modo di addossare agli altri la colpa.

Tra Squarcialupo e Vincenzo troviamo il personaggio di Cristoforo, migliore amico del primo e fratello del secondo; sempre pronto a schierarsi a fianco di Gian Luca e a giustificare i comportamenti di Vincenzo, sottovalutandone la pericolosità.

Cristoforo De Benedetto, forte e nobile, onesto e leale, non riesce purtroppo a comprendere quanto invidia, gelosia e sete di potere abbiano reso suo fratello Vincenzo un uomo abietto e spregevole.

Adriana Assini ancora una volta riesce ad offrirci un piccolo affresco di un tempo lontano e lo fa, come sempre, attraverso minuziose e dettagliate descrizioni dell’epoca e dei luoghi, ma soprattutto affascinandoci con personaggi seducenti ed intriganti.

Le parole in palermitano, i detti popolari, tutto concorre a rendere vivo il racconto tanto che al lettore sembra davvero di assistere a quegli stessi fatti in prima persona.

E’ già il terzo libro che leggo di questa autrice eppure ogni volta resto incantata davanti alla sua abilità nel saper rendere la narrazione così scorrevole e coinvolgente, davanti alla sua bravura nel riuscire in poche righe a delineare perfettamente la scena sulla quale si muovono i suoi personaggi sempre così veri e vitali.

Nel sottotitolo del libro però sono nominati anche altri personaggi: chi erano i Beati Paoli?

La loro esistenza è legata ad una leggenda palermitana; chi loro fossero in realtà  non è dato sapere. Forse una setta religiosa? Qualcuno pensa che fossero dei monaci appartenenti all’ordine di San Francesco da Paola o forse chissà non erano neppure veri religiosi.
Nessun documento purtroppo è giunto fino a noi che ci parli di loro, tutto si rifà solamente alla tradizione orale.

Si narra si incontrassero nelle grotte sotterranee di Palermo e che incutessero timore ai nemici.
Ma chi erano i loro nemici? La leggenda narra che i Beati Paoli fossero schierati dalla parte del popolo, fossero difensori degli oppressi, ma c’è anche chi invece ritiene che i loro interessi fossero di tutt’altra natura e che i Beati Paoli fossero tutt’altro che uomini onesti e virtuosi.

Quale sia il ruolo svolto dai Beati Paoli nel romanzo di Adriana Assini lascio a voi il compito di scoprilo, non vi svelerò il mistero, per cui se volete saperne di più non vi resta che leggere il libro, certa che non ne resterete delusi.

“La spada e il rosario” è infatti un avvincente romanzo storico popolato da personaggi affascinanti e misteriosi che riaffiorano da un passato dimenticato e sfuggente.

Un libro assolutamente da leggere.
  


Della stessa autrice nel mio blog:





domenica 10 giugno 2018

“Giulia Tofana. Gli amori, i veleni.” di Adriana Assini


GIULIA TOFANA
Gli amori, i veleni
di Adriana Assini
SCRITTURA & SCRITTURE
Giulia, figghia di centu patri, dall’età di tredici anni si guadagna da vivere facendo il mestiere più vecchio del mondo.
Prostituta dalla bellezza prorompente, Giulia Tofana sa come ammaliare i suoi molti amanti; usando con loro ora il bastone e ora la carota, tiene in pugno le più importanti personalità della Palermo del XVII secolo.

Giulia in realtà non è una comune meretrice, la giovane è anche un’abile fattucchiera. Sua è infatti l’invenzione dell’acqua tofana, un potente veleno capace di uccidere un uomo senza lasciare alcuna traccia e senza destare sospetti.

Sfrontata, opportunista e ribelle, non si è mai negata ai suoi nobili clienti, non ha mai fatto la preziosa con loro fino ad oggi.
Oggi qualcosa è cambiato, per la prima volta, infatti Giulia vorrebbe essere un’altra, rinnegare se stessa, si è stancata di essere per gli uomini che la frequentano oggetto di desiderio ed allo stesso tempo di vergogna.

Giulia si è innamorata di un cavaliere. Manfredi, questo il suo nome, è bello, alto, biondo e, proprio per queste sue caratteristiche, è da tutti chiamato il “Normanno”.
Giulia e Manfredi si sono conosciuti per caso, il loro è stato un colpo di fulmine; Manfredi ignora però l’identità della ragazza e Giulia non può certamente confessargli come si guadagna da vivere.
Lui, uomo senza macchia e senza ombre, con una posizione e un nome da difendere non potrebbe capire.
Giulia può solo continuare a sognare una vita diversa.

Un susseguirsi di sfortunate coincidenze fanno precipitare gli eventi e Giulia si vede costretta a lasciare Palermo con la sua inseparabile amica, Girolama Spinola.
Nicodemo, un frate domenicano, che si è invaghito di Giulia, le aiuterà nella fuga facendosi carico di ogni loro necessità.

Dopo un breve periodo di sosta a Napoli, Giulia giunge nella città eterna. A Roma trionfa l’arte e imperano le feste; siamo nella Roma barocca di Papa Urbano VIII.
Qui Giulia perfezionerà definitivamente la sua pozione, quella mistura di arsenico e antimonio, che sarà così richiesta dalle donne di tutti i ceti sociali.
Le leggi sono in mano agli uomini e le donne, siano esse plebee o di nobile nascita, tutte indistintamente sono costrette a subire torti e maltrattamenti senza che gli uomini che glieli infliggono vengano minimante perseguiti per tali crimini. 
Giulia vede nella sua invenzione, prima ancora che una fonte di guadagno, un mezzo per punire tutti quegli uomini che resterebbero altrimenti impuniti.

Giulia Tofana è un personaggio realmente esistito nel XVII secolo, ma non sono molte le notizie che la riguardano giunte sino ai giorni nostri.
Sappiamo che fu processata insieme ad un numero elevatissimo di donne che si erano servite della sua famosa acqua per sbarazzarsi di mariti, amanti e familiari prevaricatori e ingombranti.
Tutte queste donne furono condannate alla pena capitale; fu scelta per loro una morte crudele ed esemplare, chi di loro non fu strangolata nelle prigioni, venne infatti murata viva. 

Giulia Tofana è un personaggio con il quale non si entra mai totalmente in sintonia forse perché è una figura piena di contraddizioni e dalle mille sfaccettature.
Giulia è esuberante, strafottente ma anche intelligente e generosa; all’apparenza è una donna fredda e manipolatrice eppure è capace anche di slanci di altruismo, è capace di amare e comprendere le sofferenze del prossimo.
Si comporta come se fosse priva di scrupoli, una donna senza Dio, ma allo stesso tempo anela a trovare una fede che la consoli e che gli dia speranza, sempre alla costante ricerca di qualcosa o di qualcuno che possa riaccendere la sua fede ed i suoi sogni.

Non è una persona d’animo cattivo ed è difficile per il lettore conciliare la sua immagine con quella di un’assassina seriale quale poi realmente ella è stata a tutti gli effetti.
Giulia Tofana si macchiò della morte di ben 600 uomini!                                                    
Eppure, il suo resta un personaggio borderline: la nostra coscienza ci obbliga a condannarla per le sue azioni, ma allo stesso tempo qualcosa dentro di noi ci spinge in parte anche a giustificare il suo modo di agire.

Ci oltraggiano, ma non ci domandano perdono. Ci uccidono e se la cavano con un’ammenda. A loro il mio veleno non serve, visto che la fanno franca anche quando ricorrono ai coltelli.

E’ vero che farsi giustizia da soli non è mai la scelta giusta, ma come si dovrebbe agire quando non ci sono alternative?
L’ira e l’impotenza di Giulia dinnanzi alle prepotenze e alla prevaricazione degli uomini è la stessa che proviamo noi oggi di fronte ai numerosi maltrattamenti e ai femminicidi di cui ogni giorno ci viene data notizia.
Oggi le leggi in difesa delle donne ci sarebbero pure, ma il problema resta terribilmente attuale. 

Il personaggio di Nicodemo è un’altra figura estremamente interessante e contraddittoria del romanzo; ambizioso e  scettico, attratto da Giulia ma allo stesso tempo soffocato e spaventato dalla forza dei suoi stessi sentimenti per la donna.

I personaggi nati dalla penna di Adriana Assini sono sempre molto ben caratterizzati psicologicamente; la vita li cambia, li forgia e non sono mai uguali a se stessi ed è proprio questo, insieme ad uno stile di scrittura piacevole e scorrevole, che rende i suoi romanzi estremamente intriganti ed affascinanti.

L’autrice ha la grande capacità di riuscire a ricreare l’atmosfera dell’epoca di cui scrive in modo semplice e chiaro tanto che leggendo sembra quasi di trovarsi dinnanzi ad un affresco nel quale si muovono i protagonisti del libro con le loro storie.

Adriana Assini è bravissima proprio a raccontarci i fatti salienti del periodo di cui ci parla senza appesantire la narrazione con lunghissime digressioni storiche, con poche parole riesce a  trasmetterne la realtà e l’essenza dell’epoca.
Come non richiamare ad esempio alla nostra mente la famosa locuzione latina Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini mentre leggiamo della statua di Pasquino e del papato di Urbano VIII?

Qualche tempo fa vi avevo già parlato di un altro bellissimo romanzo di Adriana Assini intitolato “Agnese, una Visconti” nel quale la scrittrice racconta la storia di una donna indomita e fiera.
“Giulia Tofana. Gli Amori, i veleni” è un romanzo altrettanto avvincente, la storia di un’altra donna  dal carattere forte, una donna determinata a farsi valere in un mondo dominato dagli uomini.

Lettura assolutamente consigliata.






domenica 22 aprile 2018

“Agnese, una Visconti” di Adriana Assini


AGNESE, UNA VISCONTI
di Adriana Assini
SCRITTURA & SCRITTURE
Seconda metà del Trecento, Bernabò Visconti è il signore di Milano e il suo vasto dominio si estende anche alle città di Bergamo, Brescia, Cremona più altri centri minori.

È un uomo autoritario e irascibile che, pur dotato di intelligenza ed erudizione fuori dal comune, possiede la grinta tipica dei conquistatori.

La sua sregolatezza, il pugno di ferro con cui è solito governare, la sua smodata passione per il cibo e la caccia, riportano alla nostra mente la figura di un grande sovrano che regnerà sull’Inghilterra più di un secolo dopo, il tanto discusso Enrico VIII.

La figura di Bernabò Visconti, proprio come quella del celebre re inglese, non lascia spazio a tiepidi sentimenti; Bernabò Visconti o lo si ama o lo si odia, l’indifferenza non è ammessa.

Il Visconti ha una prole numerosa, ma Agnese è senza dubbio la sua preferita; in lei infatti egli vede il riflesso di se stesso. Caparbia, intelligente e audace, Agnese è proprio come lui.

Non stupisce quindi che, a causa del suo carattere ribelle, la giovane entri spesso in contrasto con il genitore e, per riportare la pace in famiglia, ogni volta deve intervenire la madre, Beatrice della Scala, detta anche Regina per il suo portamento regale.

La sposa di Bernabò è l’unica persona sulla faccia della terra in grado di addomesticare il consorte, riconducendolo a più miti consigli quando necessario e, visto il carattere collerico di questi, Beatrice deve intervenire piuttosto frequentemente.

Bernabò Visconti ha combinato per Agnese un prestigioso matrimonio, sua figlia andrà in sposa al giovane Francesco Gonzaga, futuro signore di Mantova.

Agnese sulle prime cerca di ribellarsi a questa unione, ma poi si piega alla volontà paterna e accetta di sposare il Gonzaga.

Il matrimonio si rivelerà però un fallimento sia dal punto di vista sentimentale che politico. 
Agnese, infatti, indomita e fiera, non si piegherà mai né alla ragion di stato né al modo di pensare del suo consorte, sfiderà le convenzioni e sarà fin da subito un spina nel fianco del suo sposo.

La vita non sarà clemente con Agnese che pagherà a caro prezzo la ferrea volontà di rimanere fedele a se stessa, ai suoi principi e ai suoi affetti.

Il libro di Adriana Assini è un romanzo storico molto ben costruito: cronaca storica e romanzo d’amore si sposano perfettamente, regalandoci uno splendido affresco dell’epoca e una vivida testimonianza di quanto potesse essere difficile e pericoloso a quel tempo essere una donna sola e risoluta.

Il periodo in cui si svolgono i fatti narrati nel romanzo è un’epoca tormentata, dove alleanze e amicizie duravano poche settimane e dove persino i legami famigliari più stretti erano totalmente instabili e inaffidabili.
  
In un quadro storico così incerto la luce di Agnese, così altera e fiera, risplende come una stella.

Nonostante più volte cerchino di spezzare la sua dignità la donna mantiene inalterato il suo orgoglio fino alla fine dei suoi giorni; lei è una guerriera, orgogliosa di appartenere alla valorosa dinastia dei Visconti, fiera di essere la figlia di Bernabò.

Questa sua alterigia indubbiamente a tratti risulta anche un po’ indisponente, nonostante tutte le attenuanti che le si possono riconoscere, tra cui un consorte, Francesco Gonzaga, subdolo e codardo, Agnese spesso non fa nulla per cercare di ingraziarsi la sua corte.

Il finale del romanzo però riscatta del tutto qualunque dubbio possa essersi affacciato alla mente del lettore sulla personalità di Agnese Visconti, nei confronti della quale è impossibile non sciogliere qualunque tipo di riserva e sviluppare un forte senso di empatia.

La struggente conclusione del libro lascia al lettore un senso di angoscia e amarezza, ma anche la piena consapevolezza di aver conosciuto, attraverso le pagine di questo splendido romanzo, la storia di una grande donna; una donna che, nonostante gli avversi colpi della fortuna, ha avuto il coraggio di vivere secondo i suoi desideri.

Fin da bambina Agnese Visconti sognava di incontrare un cavaliere che assomigliasse ai protagonisti dei libri che tanto le piaceva leggere; desiderava vivere una passione degna della più grandi storie d’amore e, nonostante tutti la dissuadessero dal credere tutto ciò possibile, lei riuscì a realizzare il suo sogno, seppur mettendo a repentaglio la sua stessa vita.

I personaggi del romanzo sono tutti caratterizzati in maniera magistrale da Adriana Assini: la fidata Mea della Mirandola, dama di compagnia di Agnese, Beatrice della Scala, Jacopo l’indovino, Bernabò Visconti e Antonio da Scandiano, il cavaliere bello ed elegante, dagli occhi grigi come i cieli d’inverno e capelli scuri, lunghi fin quasi alle spalle.

“Agnese, una Visconti” è un libro affascinante e coinvolgente come la sua protagonista, un romanzo appassionante che sa regalare al lettore emozioni forti oltre a trasmettergli il desiderio di rileggere le opere di Dante e Petrarca e magari riprendere in mano anche i poemi di Chrétien de Troyes.

Un ultimo accenno merita di essere fatto sull’aspetto estetico del libro in sé come oggetto. Ho trovato l’edizione davvero piacevole e invitante. Bello il dipinto scelto per la copertina, Ritratto di donna di profilo opera di Piero del Pollaiolo (1465) e assai gradevoli sia il formato che la grafica del volume.

Insomma, bella l’edizione, ottima la storia e Adriana Assini, autrice che non conoscevo, una piacevole scoperta.