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martedì 21 febbraio 2023

“Trovare la calma nella tempesta” di Marina Panatero e Tea pecunia

Faccio sempre molta fatica quando leggo dell’antico Giappone a mettere in relazione cosa avvenisse in quello stesso periodo in Italia ed in Europa. Sebbene oggi con la globalizzazione sembri tutto più semplice, in verità, la difficoltà a comprendere pienamente la cultura del Sol Levante per noi occidentali resta legata a quel modo tanto differente di approcciarsi alla vita che inevitabilmente si rifà alle tanto diverse radici di pensiero.

Non è il primo libro che leggo sull’argomento, eppure, mai come questa volta, ho compreso come spesso il nostro modo di entrare in contatto con la cultura orientale sia oltremodo maldestro e superficiale. Ricordo ancora, ad esempio, quando da ragazzina per qualche anno praticai judo. Ecco, solo ora riesco a comprendere quanto all’epoca certe cose mi siano state trasmesse in maniere meccanica e pertanto inutilmente. Quanto sarebbe stato invece più costruttivo se qualcuno mi avesse spiegato, ad esempio, l’importanza rituale del saluto prima di un incontro piuttosto che impegnare ogni sforzo per farmelo eseguire correttamente.

Il libro di Marina Panatero e Tea Pecunia si pone l'obiettivo, attraverso la storia della spada giapponese e la saggezza dei maestri samurai, di fornire un valido aiuto per affrontare avversità, malattie, lutti, insomma quegli avvenimenti dolorosi che nel corso della vita colpiscono chiunque di noi all’improvviso.

Il volume inizia con una serie di brevi biografie dedicate ai più grandi maestri di spada samurai e tra questi ritroviamo due tra coloro che sono a me più cari ovvero Miyamoto Musashi e Yagyu Munemori.

Si passa poi a trattare più nello specifico della storia della spada giapponese partendo dal periodo arcaico, in cui le spade erano di pietra, per passare alle prime spade giunte dal continente asiatico, per la precisone dalla vicina Corea, e arrivare infine ai giorni nostri. Sono descritti i diversi modelli, le varie scuole e ampio spazio è dato anche alla ritualità della loro forgiatura.

La seconda parte del libro è dedicata alla via dei maestri di spada samurai. Attraverso le loro parole si comprende come questa sia un modus vivendi utile per affrontare il più serenamente possibile ogni avversità che si possa incontrare nella vita.

Prendiamo ad esempio il Dokkodo, ossia quel breve manoscritto che Musashi compose pochi giorni prima della sua morte, ebbene, in questo suo testamento troviamo una valida summa dei migliori insegnamenti che il maestro impartì ai suoi discepoli. Mai pentirsi di ciò che si è compiuto, non essere avidi, non invidiare il prossimo, essere imparziali, non abbandonarsi allo sconforto dovuto ad una separazione, sono solo alcuni dei punti salienti del Dokkodo.

Fondamentali sono l’autodisciplina, la perseveranza, il superamento della paura della morte e l’accettazione della sua inevitabilità. Il coraggio è fondamentale nel combattimento come nella vita perché solo il coraggioso, non conoscendo la paura, riesce, mantenendo la mente sgombra, a non rimanere bloccato.

In verità, nulla ci viene insegnato dai maestri perché la preparazione e lo studio sono importanti per cercare di ritrovare in noi stessi la conoscenza che di per sé fa già parte di noi.

Tra le belle immagini che possiamo ritrovare tra le pagine dei maestri di spada dei samurai c’è quella del fior di loto che cresce nel fango ma non viene intaccato dallo stesso così la nostra mente, allo stesso modo, dovrebbe rimanere imperturbabile.

Un prezioso suggerimento è quello di cercare di affrontare le situazioni critiche come si affronterebbe un viaggio. La forza di volontà e il coraggio che si impiegano nell'affrontare un viaggio, lo studio dei dettagli con cui lo si pianifica, dovrebbero essere gli stessi con i quali si affrontano le avversità.

Lo zen ha permeato lo spirito dei samurai fin dalla sua comparsa. Come già in altre occasioni, parlando dei libri Marina Panatero e Tea Pecunia, abbiamo detto che lo zen non ha dogmi, non è né una religione né una filosofia, ma piuttosto un modo di affrontare la vita. Il principio è quello di lasciarsi alle spalle tutto quel mondo fatto di contrari e contrapposizioni. L’illuminazione consiste nel prendere coscienza di essere un tutt’uno con l’universo, significa essere in sintonia perfetta con il cosmo.

Come l’immagine della luna e degli alberi che si riflettono in uno stagno viene distorta dallo stagno stesso, similmente la percezione della realtà può essere distorta dai nostri pensieri. Un bellissimo esempio è quello dell’albero e della foglia. Se noi dinnanzi ad un albero fissiamo una sola foglia, vedremo solo quella specifica foglia, ma se noi guardiamo l'albero nel suo insieme allora vedremo tutte le foglie che sono sulla pianta.

La via della spada non è semplice via delle armi, ma anche la risposta alle domande della vita.

Per quelli più scettici, posso solo dire che, per esperienza personale, anche se leggendo questi libri potrebbe sembrarvi che nulla vi resti, in verità senza rendervene conto, nei momenti di difficoltà, tutti questi insegnamenti riaffioreranno alla vostra mente aiutandovi a ritrovare parte di quell’equilibrio necessario per affrontare al meglio le avversità. 





mercoledì 23 novembre 2022

“La spada che dona la vita” di Yagyu Munemori (a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia)

Il volume si apre con una lunga ed esaustiva introduzione a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia in cui si dà immediatamente notizia delle note biografiche di Yagyu Munemori nato nel 1571 nel villaggio di Yagyu-mura.

Egli fu maestro di spada del primo shogun Ieyasu Tokugawa e in seguito di suo figlio Hidetada, secondo shogun, e di suo nipote Iemitsu, terzo shogun.

Negli anni divenne anche un importante consigliere di corte. Tra i vari interessi che il maestro di spada coltivò ci fu quello per il buddhismo zen forse perché stimolato dal suo caro amico, il monaco Takuan Soho.

L’introduzione però non si limita solo alle notizie biografiche dell’autore dell’Heiho kadensho (La spada che dona la vita), uno dei più importanti trattati sulle arti marziali della tradizione giapponese, ma prosegue descrivendo quel mondo e raccontando il periodo in cui Yagyu Munemori visse e trasmise i suoi insegnamenti.

Apprendiamo attraverso queste pagine la storia del Giappone e dei Samurai; veniamo introdotti al concetto di zen che, come abbiamo già ripetuto in occasione di altre letture, non può essere definito né una religione né una filosofia, ma meditazione.

Non manca neppure un’interessante storia della spada giapponese dalle origini fino ai giorni nostri. Le spade attuali, o comunque quelle realizzate dopo il 1953 con i metodi tradizionali, sono note con il nome di shinsakuto (spade recenti o contemporanee).

Si passa poi al libro di Munemori vero e proprio che è diviso in tre sezioni: “Il ponte della scarpa”, “La spada che dà la morte” e “La spada che dona la vita”.

La prima sezione è quella più legata alla pratica della spada così come l’appendice che si trova al termine del libro ossia “Il catalogo illustrato delle arti marziali della Shinkage-ryu”.

Le altre due sezioni invece, sebbene legate all’insegnamento dell’arte della spada o meglio dell’arte della “non spada”, sono più discorsive e offrono insegnamenti utili nella vita di tutti i giorni non solo in un combattimento.

L’arte marziale è prima di tutto osservazione. L’osservazione in tempo di pace è utilissima a comprendere quando stia per sopraggiungere il caos e intervenire prima che sia troppo tardi. Stupisce quanto tutto ciò sia ancora straordinariamente attuale. Inoltre, leggendo queste pagine, non ho potuto fare a meno di notare diversi punti di contatto tra il pensiero di Munemori e anche di Musashi con quello di Niccolò Machiavelli vissuto in Occidente poco tempo prima.

Analogie si riscontrano laddove si parla dell’importanza di imparare a leggere le situazioni per prevenire il peggio perché la battaglia si vince prima di combatterla; della necessità di mantenersi imperturbabili perché “la spada che manca il bersaglio è una spada morta”, oppure della necessità di annientare un uomo malvagio se questo fa soffrire diecimila persone. In questo caso infatti la spada che dona la morte ad un uomo è la stessa che dona la vita agli altri diecimila.

Ci sono molte risposte che non vi aspettereste di trovare in questo libro. Per esempio, vi siete mai chiesti perché proprio quando fate più attenzione nel fare una cosa, ecco, proprio allora è più facile che commettiate un errore? Questo accade perché prima di iniziare, vi siete fissati nel farla in un certo modo e tale comportamento vi porterà a non ottenere il risultato sperato. Per riuscire la mente non deve essere mai occupata dal pensiero di fare bene qualcosa.

Fondamentale è eliminare le malattie della mente, quello che nel buddhismo viene definito attaccamento. La mente deve rimanere vuota. Dobbiamo dimenticare le fissazioni che sono dannose e imparare a lasciare andare. Se ci fissiamo su qualcosa perdiamo la percezione di quello che ci circonda. Perdere lucidità in un combattimento favorisce il nostro avversario mentre nella vita di tutti i giorni comporta la perdita di occasioni importanti perché non riusciamo a vederle.

“La spada che dona la vita” è un libro che, sebbene scritto secoli fa, sa parlare e offrire un valido aiuto anche a noi che viviamo nel XXI secolo poiché oggi come allora non essere colpiti è già una vittoria.





mercoledì 22 giugno 2022

“Furtivo come un ninja” di Marina Panatero e Tea Pecunia

Non è per nulla facile riuscire a riassumere in un semplice post il nuovo libro di Marina Panatero e Tea Pecunia perché, sebbene siano meno di 150 pagine, l’argomento trattato è piuttosto articolato e per certi versi anche piuttosto complesso.

La difficoltà nasce soprattutto, a mio avviso, dalla nostra poca capacità di riuscire a interiorizzare e fare nostri alcuni concetti che sono alla base di quanto esposto nel volume. Questa nostra inconscia reticenza è molto subdola e, senza accorgercene, ci svia dallo scopo principale per cui questo libro è stato scritto.

Le autrici però sanno bene come riportare il lettore sulla retta via facendogli mettere a fuoco quale sia l’obiettivo da raggiungere e perché abbia deciso di intraprendere questo percorso.

Bisogna ricordare che questa strada la si è scelta coscientemente non per raggiungere fama, ricchezza e successo, ma perché vogliamo conquistare la nostra libertà, diventare autonomi e indipendenti.

Il sottotitolo recita “l’arte di rendersi invisibili per brillare”. Ecco, questo brillare non deve essere inteso come riuscire a catturare più like e condivisioni sui social oppure come riuscire a conquistare lodi per la nostra bravura e il nostro zelo. Il nostro fine è quello di imparare in questo mondo sempre più iperconnesso e che ci vuole visibili a mantenere un profilo basso per sfuggire alle gabbie che spesso, bisogna ammetterlo, ci siamo costruiti da soli.

Come i guerrieri ninja erano bravissimi a mimetizzarsi e a trovare soluzioni alternative, così noi seguendo i loro insegnamenti dobbiamo imparare a nasconderci per liberarci da quelle etichette che la società moderna ci vuole per forza imporre. L’essere identificati attraverso la nostra religione, il nostro status lavorativo e così via è un qualcosa che ci danneggia. L’unica approvazione che dobbiamo cercare per essere felici non è quella degli altri, ma la nostra, solo noi possiamo infatti essere gli artefici della nostra pace interiore.

La continua ricerca del consenso altrui è stressante oltre che inutile perché alimenta solo il nostro ego, la gioia autentica invece è alimentata dall’autostima e dalla realizzazione di noi stessi.

Fondamentale è cercare di rendersi indipendenti perché solo così si può raggiungere la piena libertà ed essere liberi significa essere felici. Questo non vuol dire chiudersi agli altri, ma imparare ad aprirsi con chi ne vale davvero la pena, con coloro che ci vogliono bene e che condividono il nostro sentire.

Non dobbiamo convincere nessuno delle nostre idee, tutto deve fluire naturalmente, arrabbiarsi e alzare la voce fa male prima di tutto a noi.

Spesso siamo talmente impegnati a raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissati che non ci rendiamo neppure conto di averlo magari già raggiunto, oppure, siamo talmente concentrati sul raggiungimento del risultato finale da non accorgerci che questo sarebbe facilmente raggiungibile se solo usassimo una strategia alternativa.

Diventa quindi fondamentale restare centrati sul momento presente, sul qui e ora, per non perdere le occasioni e riuscire a cogliere l’attimo. 

Questo status per quanto possa sembrare a parole alquanto banale è in realtà piuttosto difficile da conquistare. C’è quindi bisogno di tanto allenamento e per questo la pratica della meditazione ci viene in aiuto. A tal proposito in appendice troviamo una serie di esercizi di meditazione quotidiani con i quali iniziare fin da subito.

Nel corso della lettura inoltre viene proposta tutta una serie di interessanti esercizi per invogliare il lettore a mettere in pratica quando viene esposto nel libro. A chiusura si trova poi un’ampia bibliografia per approfondire gli argomenti trattati.

Se siete stanchi di sprecare il vostro tempo a rincorrere futili traguardi e un piacere effimero forse è arrivato per voi il momento di provare a trasformavi in un ninja moderno, resiliente e invisibile.







domenica 30 gennaio 2022

“Meriti tutta la vita che vuoi” di Tea Pecunia e Marina Panatero

Il sottotitolo del libro recita la longevità a portata di mano e, anche se l’affermazione sul momento potrebbe fare sorridere, le autrici riportano diverse prove scientifiche tratte da recenti studi che confermano che la meditazione aiuta davvero a rimane giovani più a lungo.

Ovviamente questo non significa che la meditazione possa sostituirsi a una cura medica o ad un aiuto psicoterapeutico laddove necessari, ma solo che il nostro modus vivendi influisce sulla qualità della nostra vita. 

Nessuno ovviamente può conoscere la durata della propria esistenza, ma può agire in modo che questa possa essere condotta nel migliore dei modi, serenamente e in pace con se stessi.

Lo stress la maggior parte delle volte non è causato da una reale situazione di pericolo, ma dall’ansia e dalla paura di quello che potrebbe succedere.

Esistono infatti due tipi di stress: quello buono (eustress) e quello negativo (distress), mentre il primo migliora le nostre prestazioni, il secondo ci fa vivere in perenne tensione peggiorando notevolmente non solo la qualità della nostra vita, ma accelerando anche il nostro processo di invecchiamento.

Quando una situazione in passato ci ha provocato dolore o stato di ansia, la nostra mente tende a proiettare quelle nostre sensazioni anche su possibili scenari futuri, ma ogni situazione è diversa e soprattutto noi non siamo la stessa persona che aveva affrontato quella situazione in passato, nel frattempo infatti siamo maturati grazie alle esperienze fatte.

Ecco, la meditazione ci aiuta a non cadere in questo perverso loop che nel libro viene definito in modo molto azzeccato ruminazione mentale.

Bisogna quindi imparare a lasciare andare e a vivere il presente, il qui e ora, se ci si vuole mantenere in buona salute e giovani.

Come nei precedenti libri di Tea Pecunia e Marina Panatero non mancano le indicazioni per chi voglia avvicinarsi per la prima volta alla meditazione quindi qualche pagina è dedicata al quando, dove e come dedicarsi a questa pratica.

La meditazione può essere di due tipi: la meditazione formale, quella per cui si assume ad esempio la classica posizione del fiore di loto, e quella informale ossia quando durante l’arco della giornata si esegue in maniera consapevole una certa attività (per esempio assaporare il cibo durante il pasto).

Nel libro vengono indicati esercizi relativi ad entrambe le tipologie di meditazione sebbene siano più numerosi quelli dedicati a quella formale. Il consiglio delle autrici è comunque di sperimentare ogni singolo esercizio per poi essere in grado di tracciare la mappa più adatta al proprio percorso personale.

La meditazione non è una disciplina semplice da imparare e, sebbene sia alla portata di tutti, necessita di una certa costanza.

Nonostante io abbia letto molti libri sull’argomento non sono ancora riuscita ad acquisire la tecnica o meglio non sono riuscita a farlo fino ad oggi.

Ogni tanto ci riprovo, ma i risultati raggiunti fino ad ora sono piuttosto scarsi a livello di meditazione formale, mentre sono molto contenta dei risultati raggiunti con quella informale che senza dubbio è più vicina al mio modo di essere.

Mi sono spesso confrontata con Tea, che ormai è diventa un’amica, anche su questo punto e mi ha più volte detto che ognuno deve trovare la meditazione formale più adatta e che per me forse potrebbe essere più indicata una meditazione basata sulla respirazione piuttosto che sulla visualizzazione. Ci sto ancora lavorando.

Ogni atto però se compiuto totalmente, entrando nell’essenza, può trasformarsi in meditazione, basta non farsi dominare dalla mente e non farsi trascinare dalla ruminazione mentale. In questo caso anche leggere un libro può diventare una forma di meditazione informale. Ecco, devo dire, questa mi riesce benissimo.




venerdì 18 dicembre 2020

“Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia

Che cos’è lo Zen? Iniziamo subito col dire che lo Zen non è né una filosofia né tanto meno una religione, ma piuttosto un insegnamento il cui scopo è portare all’illuminazione, al risveglio.

La parola cinese ch’an, derivante dalla trascrizione fonetica del vocabolo che significa “meditazione” in sanscrito e in pali, diventa Zen in giapponese.

Il buddhismo infatti nacque in India; lo Zen, come scuola buddhista, nacque invece in Cina per poi in seguito svilupparsi in Giappone.

Lo Zen è quindi un modus vivendi attraverso il quale entrare in contatto con noi stessi, con la natura e con l’universo.

La meditazione può diventare per noi, sottoposti ogni giorno a ritmi frenetici e a forte stress, un valido aiuto per superare la tensione quotidiana e un invito a cercare di prendere le cose con più leggerezza.

Attenzione, però, “Lasciare andare” e “vivere qui e ora” non devono essere intesi come un incitamento a divenire menefreghisti e insensibili, ma piuttosto un’esortazione ad accettare l’idea che ci sono cose che non possono essere cambiate e pertanto è inutile rimanere aggrappati a situazioni nocive o rimuginare costantemente su di esse.

La sofferenza nasce infatti dallo scarto esistente tra la realtà delle cose e il modo in cui noi le vediamo e viviamo; la meditazione si propone come un valido aiuto a superare e colmare questo scarto che ci provoca afflizione.

Nello Zen gli insegnamenti non avvengono attraverso la comunicazione scritta o verbale, ma piuttosto attraverso una fusione tra maestro e discepolo, una trasmissione da cuore a cuore.

Il discepolo deve usare la propria intuizione per raggiungere l’illuminazione che può avvenire in ogni momento o purtroppo potrebbe anche non avvenire mai; dall’altra parte i maestri hanno ognuno una propria tecnica per stimolare i discepoli che, in alcuni casi, come ad esempio nel caso del maestro Huang-Po Hsi-Yüan, prevedeva addirittura le bastonate.

Ai giorni nostri è giunto comunque un corpus di opere piuttosto consistente dei Maestri e “Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” vuole appunto riproporci, una al giorno per 365 giorni, una perla della loro saggezza.

Il libro si presenta come una raccolta di parole dei Maestri e di detti popolari tratti per la maggior parte dalla Zenrin Segoshu, Antologia dei detti popolari Zen, usata nei monasteri della scuola Rinzai.

Il volume, a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia, presenta un’approfondita introduzione nella quale viene spiegato, raccontandone anche a brevi linee lo sviluppo, cosa sia l’insegnamento Zen. Viene inoltre presentata una brevissima storia del buddhismo e del Buddha, colui che ha preso coscienza.

Al termine del volume invece ritroviamo alcune pagine dedicate ai più noti Maestri con interessanti aneddoti sulle loro vite oltre all’esposizione di una breve ma esauriente sintesi dei loro insegnamenti.

La meditazione non è semplice, ci vuole pazienza è non è affatto facile riuscire a non scoraggiarsi quando inevitabilmente ai primi tentativi risulta impossibile focalizzare immagini, profumi, colori e così via spegnendo i propri pensieri.

La meditazione però può essere di diversi tipi non necessariamente quella a cui tutti noi siamo portati a pensare ossia quella che si esegue assumendo la classica posizione del fiore di loto.

Accanto alla meditazione formale, infatti, ne esiste anche un’altra, la cosiddetta meditazione informale che può essere praticata nei modi e nei  tempi più diversi, in mezzo alla folla così come nel silenzio più totale, per un minuto così come per un’ora intera.

Ecco, “Almanacco Zen. 365 giorni in armonia” può essere un ottimo spunto per avvicinarsi alla meditazione senza ulteriore ansia e senza stress, leggendo solo qualche riga al giorno, poche parole illuminanti in grado però di regalarci attimi di gioia e serenità.

 

Il tuo respiro è il vento,

la tua mente è il cielo aperto,

i tuoi occhi il sole,

oceani e monti

sono il tuo intero corpo

Detto Zen

(1° gennaio)





domenica 6 dicembre 2020

“Il libro dei cinque anelli” di Miyamoto Musashi

Gorin no sho (Il libro dei cinque anelli) può essere considerato il testamento di Miyamoto Musashi, l’opera che spiega la sua lunga esperienza nella Via.

Ma chi era Miyamoto Musashi? E quando è stato scritto questo libro?

Miyamoto Musashi, il cui vero nome era Bennosuke, nacque a Miyamoto nel 1584 e fu il più grande uomo di spada della storia dei samurai. In più di trent’anni di attività affrontò ben sessanta combattimenti e non fu mai sconfitto; il suo primo incontro avvenne quando, appena tredicenne, combatté e vinse contro il famoso spadaccino Arima Kihei.

La sua fu un’esistenza molto movimentata durante la quale condusse una vita raminga e solitaria, per un certo periodo fu anche un ronin ovvero un samurai senza padrone, un outsider diremmo oggi, ma in seguito ottenne anche incarichi prestigiosi come quello di alto consigliere e maestro di strategia del signore Hosokawa e, infine, fondò un suo proprio dojo.

Nel 1643, sentendo che la sua fine si stava avvicinando, si ritirò per scrivere “Il libro dei cinque anelli”, opera che termino due anni più tardi nel 1645.

Musashi morì quello stesso anno all’età di sessantadue anni. Egli fu molto più di un maestro di spada, fu anche pittore, calligrafo, metallurgista, esperto di poesia, di opere del teatro No e di cerimonia del tè, di falegnameria e progettazione di giardini.

Come lui stesso scrisse nel prologo del suo libro tutte le sue capacità in così tante arti e differenti mestieri sono però da ascriversi alla sola virtù dell’Arte Marziale.

“Il libro dei cinque anelli” si compone di cinque capitoli, ognuno dei quali è dedicato ad un elemento: Terra, Acqua, Fuoco, Vento e Vuoto.

Il libro della Terra è dedicato alla Via dell’Arte Marziale in generale, all’arte della spada e all’addestramento. In questo primo libro viene inoltre presentato il piano dell’opera e si fa cenno alle quattro classi in cui è divisa la società giapponese (contadini, mercanti, guerrieri e artigiani). L’addestramento, precisa in questo capitolo Musashi, non è utile solo al guerriero, ma a ciascuno di noi. Inoltre, egli ci insegna che non si deve mai prediligere un’arma ad un’altra perché una cosa grande vale quanto una piccola, l’arma deve essere sempre adeguata alle proprie capacità.

Il libro dell’Acqua è un libro più filosofico. Come l’acqua si adatta al suo contenitore così si deve adattare la nostra mente. È necessario mantenere sempre l’equilibrio in ogni situazione, mai farsi sopraffare dalla rabbia, mai perdere l’attenzione e la lucidità. Bisogna fare attenzione che la mente non trascini il corpo, ma neppure il corpo deve mai trascinare la mente.

Nel libro del Fuoco vengono trascritti gli argomenti che riguardano la vittoria e la sconfitta. Miyamoto Musashi in questo terzo capitolo evidenzia l’importanza di saper scegliere sempre la posizione più vantaggiosa in un combattimento oltre a quella di riuscire ad intuire i punti deboli dell’avversario così come la sua personalità in modo da poter approfittare di tali conoscenze durante lo scontro. Se la situazione ristagna è importante inoltre sapersi rinnovare, abbandonare la tattica precedente per adottarne una nuova che possa sorprendere l’avversario.

Il libro del Vento parla delle altre scuole perché è importante conoscere le altre tradizioni per comprendere l’essenza di Niten Ichi-ryu (letteralmente “due cieli in uno”) ovvero l’uso di due spade contemporaneamente, insegnamento della scuola di Musashi. Il maestro mette inoltre in evidenza come le altre scuole, al contrario della sua, abbiano una visione limitata. Nella sua scuola, infatti, non esiste né esteriore né interno, ma vi è una ricerca dell’insieme.

Il libro del Vuoto è brevissimo, poco più di una pagina, ed è un capitolo prettamente filosofico. Il Vuoto non deve essere inteso come ciò che non si comprende. Il Vuoto è ciò che non c’è, il nulla; il Vuoto è ciò che non si può conoscere.  Bisogna fare molta attenzione a non confondere il Vuoto con la confusione ed essere abili a non lasciarsi allontanare dalla vera Via dai pregiudizi e dalla distorsione della visione.

La traduzione de “Il libro dei cinque anelli” in questa nuova edizione Feltrinelli (2020) è opera di Yoko Dozaki, ma il volume presenta anche un’ampia introduzione ad opera di Marina Panatero e Tea Pecunia.

In questa prefazione potete trovare una biografia completa di Miyamoto Musashi, oltre ad un’esaustiva introduzione alla sua opera e un breve ma approfondito compendio sulla storia della spada giapponese e sulla storia dei samurai.

La figura di Miyamoto Musashi è una figura affascinante i cui insegnamenti sono giunti a noi attraverso i secoli mantenendo intatte la loro verità ed attualità.

Tra questi troviamo l’importanza di non lasciarsi sopraffare dalla paura che non vuol dire non provare alcuna paura, ma piuttosto imparare a governarla.

Tra le varie paure da superare il timore più grande di tutti resta senza dubbio quello della morte e per superarlo, secondo Musashi, è necessario passare attraverso una costante speculazione della fine.

Le pagine di Gorin no sho ci insegnano ad essere resilienti facendo nostre la resistenza, l’autodisciplina, la perseveranza e la determinazione necessarie nell’arte della spada così come nella vita di tutti i giorni.

Al termine del volume è riportato il Dokkodo, la via da seguire da soli, un brevissimo manoscritto che Miyamoto Musashi terminò pochi giorni prima di morire e che racchiude in ventun precetti la sua eredità spirituale.

Un’ultima parola vorrei sperderla per ringraziare la mia amica Tea senza la quale, devo ammettere, non mi sarei mai avvicinata a questo tipo di letteratura perdendomi così tanti insegnamenti validi e preziosi.

 

 

 


lunedì 18 maggio 2020

“La via d’uscita è dentro” di Marina Panatero e Tea Pecunia


LA VIA D’USCITA È DENTRO
di
Marina Panatero e Tea Pacunia
LONGANESI
Nella vita di ciascuno di noi avvengono cambiamenti continui, alcuni di essi sono impercettibili e lenti, altri invece più visibili e sensibili, ma quello che è certo è che la vita non si ferma mai.
Questa pandemia ci ha solo sbattuto in faccia questa verità e lo ha fatto nel modo più brutale possibile, privandoci della nostra libertà e della nostra sicurezza.
Da un giorno all'altro abbiamo dovuto prendere coscienza del fatto che noi non possiamo controllare il futuro perché il futuro è imperscrutabile.
Abbiamo visto crollare le nostre certezze, certezze che in realtà non sono mai state tali, perché l’unica cosa certa è il presente.

Marina Panatero e Tea Pecunia cercano in questo loro libro di darci qualche utile consiglio per affrontare al meglio questo “tempo sospeso” che, nostro malgrado, ci siamo trovati a dover gestire.
Un “tempo sospeso” che ha generato in noi ansia perché ci siamo ritrovati catapultati in una realtà completamente aliena.

Per alleviare il nostro senso di impotenza e di rabbia, per arginare il senso di panico crescente, il suggerimento delle autrici del libro è quello di provare a dedicare almeno dieci minuti della nostra giornata alla meditazione.
Ad alcuni potrebbe sembrare forse una soluzione semplicistica e banale, altri addirittura potrebbero sorriderne, ma perché non provare?
Nella vita è importante aprire le porte alle possibilità e, se la meditazione potesse davvero farci ritrovare il nostro equilibrio, perché rinunciare a priori?

L’importante, ci avvertono le autrici del libro, è non scoraggiarsi alle prime difficoltà, non arrabbiarsi se ai primi tentativi i nostri pensieri cercheranno di prendere direzioni diverse, capita anche ai più esperti e innervosirsi non farebbe che procuraci un senso di frustrazione che, invece di aiutarci, ci farebbe solo stare peggio.
Inoltre, mai sentirsi in difetto se per un giorno non praticheremo i nostri esercizi quotidiani, pazienza, cerchiamo di evitare dannosi ed inutili sensi di colpa.

Meditare non coincide assolutamente con l’assenza di pensiero, i pensieri fanno parte di noi, noi siamo pensiero, ne formuliamo un numero esorbitante senza neppure rendercene conto.
Quello che dobbiamo sapere è però che non esiste un pensiero “neutro”, ogni pensiero è accompagnato da un “sentire” che diviene sostanza e quella sostanza diviene “sentire fisico”.
Rimuginare sulle cose non fa che arrecare danni non solo alla nostra mente, ma anche al nostro fisico.

Le situazioni esterne non possono essere cambiate, ma si può cambiare il nostro modo di percepirle.
Per prima cosa le autrici ci suggeriscono di smettere di raccontarcela, è importante essere onesti con noi stessi: questo è il primo passo per poter mettere in pratica il “lasciare andare”.

Meditazione vuol dire addestrare la mente a vivere il qui e ora, perché solo vivendo il presente è possibile liberarsi del rancore e della rabbia che ancora suscitano in noi i ricordi negativi degli di eventi passati.

Tre sono i passaggi fondamentali: accettazione, lasciare andare e ringraziamento.

Accettare non vuol dire subire passivamente, ma prendere atto che quanto accade, esiste e accade indipendentemente dalla nostra volontà.
Accettarlo ci aiuta ad alleggerire il carico emotivo che ci portiamo addosso.

Lasciare andare è il passo successivo all’accettazione, non è un passo semplice da compiere, ma è fondamentale, per la nostra salute psico-fisica, prendere coscienza di non poter controllare gli eventi.

Infine imparare a ringraziare ossia essere grati della vita e alla vita.
Si può essere grati per qualunque cosa, per una camminata sulla spiaggia, per un caffè con gli amici, per tantissime piccole cose che sembrano scontate, ma in realtà non lo sono affatto e oggi più che mai ce ne siamo dovuti rendere conto in maniera piuttosto brusca.

È scientificamente dimostrato che la meditazione faccia bene alla salute, non solo allunga la vita, ma ne migliora notevolmente la qualità.

Ha infatti numerosi effetti benefici sul nostro organismo e sulla nostra mente, ad esempio, ha la capacità di ridurre fortemente lo stress; se siete curiosi, all'interno del libro troverete un elenco ben dettagliato. 

La seconda parte del volume è invece dedicata agli esercizi di meditazione veri e propri, semplici esercizi per principianti e non solo, con i quali iniziare a mettere in pratica i consigli di Marina e Tea.

La meditazione può essere di diversi tipi, ad esempio può essere formale, ossia quella classica che tutti immaginiamo, quella che si pratica nella posizione del fiore di loto, oppure informale, per informale si intende quel tipo di meditazione che si compie durante il giorno, ad esempio, quando ci si focalizza sui profumi che ci circondano, sul gusto del cibo e sulle nostre sensazioni.

Ho usato volutamente il termine focalizzare perché la meditazione è focalizzazione, mai concentrazione.
La concentrazione implica uno sforzo, la meditazione deve invece fluire liberamente e pertanto non può mai essere costrizione.

Meditare significa infatti indirizzare dolcemente l’attenzione dove vogliamo noi, riportando delicatamente i nostri pensieri a ciò che stiamo focalizzando quando ce ne allontaniamo.
La meditazione è lo strumento che abbiamo per domare la nostra mente ribelle in maniera graduale e consapevole. 

“La via d’uscita è dentro” è un libro che può servire come spunto per coloro che già praticano la meditazione oppure essere un’utile guida per i neofiti che vogliono provare a riprendere in mano le redini della propria vita accedendo alle risorse interiori che ciascuno di noi possiede.


Per altri post dedicati ai libri di Marina Panatero e Tea Pecunia potete cliccare qui

lunedì 2 settembre 2019

“Shonin-ki” di Natori Masazumi (a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia)

Shonin-ki
di Natori Masazumi
FELTRINELLI
Lo Shonin-ki è uno dei quattro hi densho, ossia uno dei quattro documenti di trasmissione segreti scritti dai ninja, che compongono l’insieme delle conoscenze di tutte le scuole ninjutsu.

Lo Shonin-ki fu scritto nel 1681 da Natori Masazumi, un maestro samurai divenuto poi un maestro ninja che guidò uno dei più importanti clan shinobi.

Il volume si apre con un’interessante ed esaustiva introduzione di Marina Panatero e Tea Pecunia, curatrici di questa edizione edita da Feltrinelli, in cui ci viene raccontato chi fossero veramente i ninja, quali insegnamenti gli venissero impartiti e come questi venissero poi tramandati.
  
Per prima cosa dobbiamo subito sgomberare il campo dall’immagine stereotipata e fumettistica del ninja vestito di nero, del supereroe dotato di poteri soprannaturali.
Se poi siete curiosi di sapere come si è giunti a questa immagine distorta dei ninja, nel libro troverete ogni approfondita spiegazione in merito.

Il ninjutzu non è una disciplina, ma piuttosto una scienza, una scienza di combattimento e di sopravvivenza; lo si può definire però anche un’arte, l’arte di agire in segreto.

Il ninja non è dotato di nessun superpotere; prerogative del ninja sono la resistenza psicologica e fisica, la vigilanza, l’autodisciplina, la capacità di trovare una via di uscita in qualunque situazione, la sopportazione del dolore e della sofferenza, il saper lasciare andare.

Il saper lasciare andare? Ricorda qualcosa? Ebbene sì, nel ninjutsu ritroviamo il cuore dello zen e delle maggiori arti marziali: la ricerca di uno stato di vacuità superando l’ego.

Il ninja affina le sue percezioni in modo da riuscire a sfruttare quelle risorse che vanno oltre ciò che gli esseri umani percepiscono attraverso i tradizionali cinque sensi.

Il ninja, oltre che delle armi convenzionali, si avvale anche di armi non materiali, non fisiche.
La manipolazione psicologica ad esempio sfrutta le fondamentali debolezze ed i bisogni umani: proprio la guerra psicologica era l’arma più efficace di cui si avvalevano le donne ninja (kunoichi). 

Il libro è suddiviso in quattro parti. Abbiamo la prefazione scritta da Katsuda Kakyusai Yoshin e poi l’opera vera e propria, scritta da Natori Masazumi, ripartita in capitoli di apertura, capitoli mediani e capitoli finali.

Nel testo oltre ad elencare gli equipaggiamenti necessari al ninja, lo si istruisce anche su come comportarsi e come difendersi dal nemico, su quali siano i rituali segreti e le formule magiche di protezione, su come indurre le persone a dire ciò che pensano e a svelare segreti, su come creare confusione per mettersi al riparo, su come leggere gli stati emotivi delle persone e molto altro ancora.

Ma quali sono le differenze tra ninja e samurai, tra ninjutzu e bushido?

Per iniziare possiamo dire che, mentre per il samurai l’obiettivo è la conservazione dell’onore, per il ninja l’obiettivo è la sopravvivenza, ragion per cui molto difficilmente egli commetterà harakiri.

Lo spirito shinobi è diverso da quello samurai: il ninja è infatti disciplinato a sopportare anche la vergogna e questo comporta una profonda differenza tra le due mentalità.

Inoltre, i samurai sono guerrieri devoti al servizio di un signore, i ninja sono invece al servizio di se stessi e difendono esclusivamente il loro clan di appartenenza, sono quindi dei mercenari.

I ninja si avvalgono di tecniche che prevedono il tradimento e il sotterfugio, quanto di più distante dalla rigida etica dei samurai.
Nonostante l’apparenza, però, i ninja hanno anch’essi una loro integrità personale e professionale perché, seppur sleali verso il nemico, sono leali fino alla morte nei confronti del patriarca del loro clan (il jonin).

I ninja sono organizzati in un sistema gerarchico che rispettano scrupolosamente anche se, in passato, sono stati spesso visti come degli “antisamurai” proprio per questo loro essere individualisti ed anticonformisti.

Mi rendo conto che non è assolutamente facile riuscire a condensare in poche righe la vastità dell’argomento, ma spero di essere riuscita almeno ad incuriosirvi quel tanto che basta da spingervi a voler approfondire il tema.

Perché leggere questo libro?

Primo perché che fa luce su una figura, quella del ninja, di cui tutti noi parliamo, ma della quale in realtà non conosciamo nulla e che, al di là degli stereotipi, è una figura dotata di grande fascino e spessore.

Secondo perché lo Shonin-ki è un manuale di sopravvivenza che educa a perseverare e a resiste nonostante le difficoltà che si incontrano.
Il ninja è astuto, determinato e sa adattarsi a qualunque situazione, sa intuire il pericolo e sa proteggersi, tutto questo può tornare molto utile anche a noi nella vita di tutti i giorni.

Lo Shonin-ki insegna la flessibilità e la resistenza, in una parola insegna la resilienza, una caratteristica che tutti noi dovremmo cercare di fare nostra per riuscire a resistere agli urti di questa nostra vita iperconnessa ed iperattiva e ai ritmi frenetici che il mondo di oggi ci impone.







martedì 16 aprile 2019

“Impariamo ad amare” di Marina Panatero e Tea Pecunia


IMPARIAMO AD AMARE
di Marina Panatero e Tea Pecunia
CAIRO EDITORE
L’amor che move il sole e l’altre stelle con questo splendido verso Dante terminava la sua Divina Commedia.

Ma cose è l’amore? Tutti ne abbiamo più o meno un’idea ed è proprio in base a quella nostra idea che noi misuriamo l’autenticità o meno dei nostri affetti e dei sentimenti degli altri nei nostri confronti.
Purtroppo però tutto questo non basta, tanto che spesso, troppo spesso, ci ritroviamo a dover fare i conti con le delusioni e i fallimenti per le nostre aspettative disattese o, ancora peggio, ci ritroviamo ad interrogarci su quali siano le cause e gli errori da noi commessi.

Marina Panatero e Tea Pecunia con il loro libro hanno deciso di offrire a tutti noi una “bacchetta magica” per imparare ad amare nel modo corretto, svelandoci il segreto per vivere relazioni sane e felici.

La ”bacchetta magica” però per funzionare deve essere usata e allora, se vogliamo davvero avere dei risultati, dobbiamo iniziare subito, senza perdere tempo, a mettere in atto i loro preziosi consigli.

Per chi tra voi si starà chiedendo in cosa consista questo possente antidoto contro le emozioni negative, la paura, il rancore e l’insicurezza, glielo svelo subito: è la meditazione.

Ebbene sì, perché secondo le autrici di questo libro, e chi di voi ha già letto alcuni miei precedenti post ed in particolare quello dedicato ad un altro interessante volume di Marina e Tea intitolato “Lascia andare!”; ebbene dicevo, chi di voi li ha già letti, sa che Marina e Tea ritengono che la meditazione sia un vero toccasana per la mente e per il corpo, perché la meditazione permette di trovare un proprio equilibrio interiore fondamentale per ritrovare se stessi.

Ritrovare se stessi, capire davvero quali sono i nostri desideri, spogliarsi definitivamente degli strati di stracci, come li chiamano Marina e Tea, che ci si sono incollati addosso nel corso degli anni è fondamentale per la nostra rinascita emotiva.

Ma cosa sarebbero questi stracci? Sono tutte quelle aspettative, quelle richieste, quelle imposizioni che spesso subiamo passivamente pensando sia necessario per essere accettati dal prossimo, sono tutte quelle maschere che indossiamo, una diversa per ogni occasione, che con il passare del tempo neppure noi riusciamo più a riconoscere.

Il libro si divide sostanzialmente in due parti: una prima parte intitolata “Tu e te stesso” ed una seconda parte dal titolo “Tu e gli altri”.

Nella prima parte tutte le meditazioni suggerite sono finalizzate ad aiutarci a riscoprire il nostro vero io, ad imparare a smettere di autosabotarci e a ritornare ad amarci per come siamo davvero con la nostra splendida unicità.

Amare noi stessi, essere un po’ più egoisti non significa necessariamente ferire il prossimo, ma smettere di annullarsi e svendersi per compiacerlo, questo sì.
L’amore non è annullamento di se stessi perché quell’attenzione che si ricevere quando ci si annulla non è vero amore.   

Perché l’amore non è dipendenza: qualunque cosa distrugga la nostra libertà non è amore.

Nella seconda parte del libro invece le meditazione così come i suggerimenti sono atti a cercare di fare sì che le relazioni con il prossimo, che sia questo un partner, un familiare o un amico, possano essere relazioni soddisfacenti, sane e felici.

Tutti sono convinti di conoscere l’altra persona, ma la verità è che nessuno conosce davvero nessuno.
L’unica cosa che davvero conosciamo sono i punti deboli dell’altro e ognuno di noi è abile, chi più chi meno, a sfruttare queste conoscenze per ferire il prossimo nei momenti di crisi o semplicemente per ottenere dall’altro quello che desideriamo da lui.

Spesso tendiamo a pretendere dagli altri qualcosa che questi non possono darci e ciò non è perché essi siano necessariamente persone egoiste o cattive, ma semplicemente perché il loro background emotivo e di crescita è diverso dal nostro.
Il dialogo è l’unico strumento che noi abbiamo per conoscere il prossimo e farci conoscere, ma dobbiamo fare attenzione a come si usano le parole, il modo di porsi nei confronti dell’altro è fondamentale.

Oltre ad interessanti suggerimenti su come confrontarsi con il partner, Marina e Tea danno utili spunti anche su come rapportarsi con i propri figli siano questi ancora piccoli o già adolescenti.
Non bisogna mai infatti dimenticare che anche un bambino ha una sua personalità già definita e completa e proprio per questo non si deve mai cercare di cambiare la sua natura, la sua essenza perché il risultato sarebbe devastante.

Gli esercizi di meditazione suggeriti nel libro sono di due tipi: esercizi di meditazione formale e meditazione informale.

Quale la differenza?

La meditazione formale è quella che si esercita quando si decide di ritagliarsi un po’ di tempo per se stessi e alla quale ci si dedica ogni giorno con regolarità.
La meditazione informale invece consiste nel praticare piccoli esercizi di consapevolezza durante la giornata, molto più duttile, la meditazione informale può essere praticata ovunque in mezzo alla folla come nel silenzio più totale, per un solo minuto o per un’ora intera.
L’ideale sarebbe integrare sempre i due tipi di meditazione.

La meditazione formale non richiede alla fine moltissimo tempo, bastano solo dieci minuti al giorno per ventuno giorni per avvertire già i primi concreti benefici.
E allora cosa aspettiamo a regalarci questa coccola di benessere?



A cura di Marina Panatero e Tea Pecunia vi suggerisco anche: