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mercoledì 9 agosto 2023

“Cantami o diva degli eroi le ombre” di Isabella Bignozzi

Sparta. Elena e Clitennestra bambine giocano sotto lo sguardo vigile della nutrice. Le due sorelle sono molto simili, potrebbero essere gemelle, ma la bellezza di Elena è qualcosa che trascende il semplice aspetto fisico. Clitennestra ama sua sorella, ma la gelosia è una belva insidiosa.

Micene. Agamennone e Menelao due fratelli. Il primo, il maggiore, è prepotente e irascibile, l’altro, il minore, sempre tiranneggiato dal fratello, è un bambino sensibile e pauroso. 

Ftia. Achille bambino trascorre lunghe ore sugli scogli in cerca della madre. Teti, creatura misteriosa, figlia di Nereo, costretta a sposare Peleo, lo sposo mortale che non ha mai amato, ha uno strano rapporto con questo suo figlio dal carattere buio e impenetrabile.

Itaca. Un giovane Odisseo rinnegato dal padre Laerte si mette alla ricerca del nonno materno. Autolico è un ladro? Forse, ma anche un uomo estremamente scaltro, dote che il figlio di Anticlea ha ereditato interamente.

“Cantami o diva degli eroi le ombre” come si evince dal titolo, già di per sé evocativo, racconta la guerra di Troia. Bellezza, invidia, vendetta, destino, astuzia non manca proprio nessun ingrediente proprio dei racconti omerici.

Isabella Bignozzi, però, ha scelto di dare un taglio particolare a questo suo romanzo, il racconto inizia infatti narrando la storia dei protagonisti fin dalla loro fanciullezza.

La Bignozzi riporta inoltre in superficie tutti quei miti che nelle pagine di Omero vengono solo accennati, dando così più ampio respiro possibile alla trama e alla narrazione.

Una prosa poetica, un ritmo lento che incanta, tanto che sembra quasi di udire un suono di cetra in sottofondo mentre si procede nella lettura.

Come un novello aedo, Isabella Bignozzi plasma la materia omerica, la riordina, la rende fruibile al lettore moderno pur restando fedele al ritmo di un tempo antico.

Dona contemporaneità al mito, perché, contrariamento a quanto si sia portati a pensare nella frenesia della vita di tuti i giorni, il mito non è qualcosa di arcaico ma appartiene a tutti noi poiché i sentimenti, le fragilità e le asperità degli eroi omerici sono gli stessi dell’uomo moderno.

Qualche anno fa vi avevo parlato di un altro romanzo scritto dalla stessa autrice intitolato “Il segreto di Ippocrate”, una storia che avevo amato tantissimo.

Ebbene, con questo nuovo libro direi che l’autrice ha superato ogni mia più alta aspettativa.

Non è facile affrontare la materia omerica, e tanto meno deve esserlo mettendosi in gioco come ha fatto Isabella Bignozzi, eppure, è riuscita a creare qualcosa di davvero unico e speciale, facendo rivivere tra le sue pagine gli eroi e i miti di un tempo e restituendoci insieme anche la loro attualità.

 

 


sabato 26 settembre 2020

“Odissea” di Omero (traduzione di Dora Marinari)

Dopo l’Iliade di cui vi ho parlato il mese scorso, vorrei oggi parlarvi dell’altro poema omerico, l’Odissea, sempre edito da La Lepre Edizioni e tradotto da Dora Marinari, commento a cura di Giulia Capo.

La traduzione classica o comunque più conosciuta dell’Odissea è senza dubbio quella di Ippolito Pindemonte. A differenza della traduzione dell’Iliade ad opera del suo contemporaneo Vincenzo Monti, quella dell’Odissea del Pindemonte ha una sonorità molto differente per quanto anch’essa sia ricca di echi settecenteschi.

La differenza però non è tanto da imputare al diverso spirito con il quale i due traduttori si sono accostati ai testi omerici, quanto piuttosto al diverso linguaggio proprio dei due poemi stessi. Pur riscontrando nell’Odissea patronimici ed epiteti già incontrati nell’Iliade, quali per esempio ῥοδοδάκτυλος Ἠώς (l’Aurora dalle dita di rosa) oppure Menelao definito βοὴν ἀγαθός (potente nel grido), il linguaggio dell’Odissea è meno solenne rispetto a quello dell’Iliade.

Se l’Iliade infatti era il poema che raccontava dell’ira di Achille, della contesa delle armi e della ricerca della gloria, l’Odissea è invece il poema che canta l’uomoRaccontami, Musa, di quell’uomo ricco d’ingegno” e proprio per questo il linguaggio di Omero si fa più semplice e nulla, o poco, ha in comune con quello eroico e celebrativo proprio dell’Iliade.

Giulio Nascimbeni in una sua introduzione ai poemi Omerici affermava, attingendo ai propri ricordi di studente, che a scuola quelli più timidi erano soliti parteggiare per Ettore ed Enea, mentre quelli più sicuri di sé e un po’ rissosi prediligevano Achille e Aiace.

Per quanto riguardava invece la figura di Ulisse, sempre in bilico tra astuzia e nostalgia, la sua era una figura troppo complicata e ambigua per poter essere apprezzata da degli adolescenti.

Non saprei dirvi se questo pensiero mi trovi più o meno d’accordo, da parte mia posso dire che rileggendo l’Iliade ho rivalutato moltissimo il personaggio di Achille e questo proprio grazie alla traduzione di Dora Marinari che mi ha portato a considerare particolari e sfumature che mi erano sfuggiti quando in precedenza mi ero affidata alla traduzione del Monti; a questa mia rivalutazione della figura di Achille ha senza dubbio contribuito molto anche il coinvolgente e dettagliato commento di Giulia Capo.

Ulisse, lo ammetto, non è mai stato uno dei miei personaggi preferiti e questo, purtroppo, ha influito negativamente per anni anche sul mio giudizio dell’Odissea. La traduzione di Dora Marinari non ha potuto compiere il miracolo di rendermi simpaticissimo Ulisse, ma è riuscita comunque a farmi comprendere meglio il suo personaggio e soprattutto a farmi riconciliare con il poema.

L’Odissea non è solo il racconto del nostos (νόστος) di Ulisse, ma le tematiche affrontate da Omero in questo suo poema sono molteplici; la fluidità della traduzione di Dora Marinari riesce a evidenziarle tutte in modo semplice e naturale.

Il mondo degli eroi della guerra di Troia non era un mondo di signorotti feudali, ma l’immaginazione del lettore potrebbe essere ingannata in tal senso dalle traduzioni sette/ottocentesche. 

La traduzione di Dora Marinari invece riporta dinnanzi ai nostri occhi quella realtà arcaica costituita da popoli dediti all’agricoltura, all’allevamento e alla navigazione. Lo stesso Ulisse era un re di una terra petrosa, possedeva greggi e armenti, e in quel tempo per il possesso di quelle medesime mandrie potevano scoppiare cruente e sanguinose guerre.

Il mondo dell’Odissea è un mondo popolato non solo da re, principi ed eroi, ma anche da servi e ancelle.

L’Odissea è il poema delle donne, molte e diverse tra loro sono infatti le figuri femminili che vi appaiono: Elena, Penelope, Circe, Calipso, Nausica.

Grazie alla traduzione di Dora Marinari ho riscoperto il piacere della lettura di alcune pagine dell’Odissea che sanno regalare immagini particolarmente struggenti come quelle in cui Ulisse ritrova il vecchio padre Laerte dedito a coltivare i propri campi e lui, per farsi riconoscere dal genitore, gli elenca tutti quegli alberi che un giorno, tanto tempo prima, il padre gli aveva donato o altre pagine di straordinaria intensità come quelle in cui Ulisse visita l’Ade e incontra le anime dei morti dopo aver lasciato la casa della maga Circe.

Lo scopo di Dora Marinari, come da lei stessa sottolineato, era quello di riuscire a realizzare una traduzione il più fedele possibile al testo greco, ma che allo stesso tempo mantenesse un linguaggio corrente, d’uso comune, così da essere compreso dal vasto pubblico e non solo da coloro in possesso di una formazione classica.

Direi che è riuscita perfettamente nel suo intento, le sue traduzioni dell’Iliade e dell’Odissea parlano un linguaggio moderno e antico allo stesso tempo, restando fedeli alla tradizione dei poemi omerici nati per essere trasmessi oralmente.

Ciò che mi ha colpito di più, leggendo i poemi in questa nuova versione, è quella sorta di pace che si impossessa del lettore il quale fin da subito si trova immerso nel ritmo lento e rilassato nella narrazione, ammaliato da un dolce canto che gli infonde serenità seppure gli episodi narrati siano spesso aspri e violenti; sembra davvero di entrare in un’altra dimensione, in un altro mondo e questa sensazione perdura per ogni singolo libro di entrambi i poemi senza mai abbandonare il lettore.

Nonostante lo scetticismo iniziale che avevo raccontato di aver provato prima di avvicinarmi a queste traduzioni, scetticismo che era comunque già stato spazzato via dopo la lettura delle prime pagine dell’Iliade, dopo aver letto entrambi i poemi non posso che ammettere di essere stata letteralmente conquistata da questi volumi editi da La Lepre Edizioni.




Vi ricordo qui il link relativo al post dedicato all’Iliade 

domenica 30 agosto 2020

“Iliade” di Omero (traduzione di Dora Marinari)

Questo poema non ha ovviamente bisogno di alcuna presentazione né è mia intenzione in questa sede riproporvi l’annosa questione omerica, in realtà lo scopo di questo post è invece quello di parlarvi di una recente traduzione dell’Iliade (2010) edita da La Lepre Edizioni, traduzione di Dora Marinari (1930-2013) con il commento di Giulia Capo.

Le traduzioni dei poemi omerici sono state innumerevoli nel corso dei secoli, ma quella più conosciuta, sebbene forse non la più fedele al testo, è senza dubbio quella di Vincenzo Monti.

Ricordo ancora il mio primo incontro con il poema, ero alle medie e l’antologia si intitolava “Armi Eroi Popoli” a cura di Salvatore Guglielmino, fu subito amore.

Qualche anno dopo mia nonna mi regalò le edizioni integrali di entrambi i poemi in sei volumi: l’Iliade nella classica traduzione del Monti e l’Odissea, traduzione di Ippolito Pindemonte.

Avevo sempre ritenuto impossibile, quasi fosse un sacrilegio, leggere una traduzione dell’Iliade diversa da quella del Monti, fino a quando, la settimana scorsa, mi sono decisa ad avvicinarmi alla traduzione di Dora Marinari e, grazie a lei, ho scoperto che esiste un altro modo di approcciarsi al poema omerico, altrettanto piacevole e fruttuoso seppur differente.

Senza nulla togliere all’espressività poetica della traduzione del Monti, un’espressività che per me resterà sempre di una forza e di una bellezza ineguagliabili, avvicinandomi ad una nuova traduzione ho riscontrato che il rischio di finire per identificare il poema omerico con la traduzione montiana è effettivamente molto alto, quasi che il vero testo dell’Iliade fosse quello scritto da Monti.

Grazie alla traduzione di Dora Marinari la lettura dell’Iliade diviene scorrevole, pur rispettando tanto la narrazione in versi quanto il linguaggio poetico originale.

La fluidità del testo così come l’eleganza che contraddistinguono questa moderna traduzione, attenta e fedele allo spirito omerico, ci permettono di apprezzare meglio sia quanto ci viene narrato da Omero sia la bellezza di quel mondo popolato da eroi, dei e semidei senza l’incessante sforzo di cercare di interpretare quella che, in verità, è una traduzione che, seppur di grande intensità poetica e forse proprio per questa sua stessa caratteristica, tende a mettere in ombra il testo omerico.

Per fare un esempio concreto: nel proemio nella traduzione di Monti si fa riferimento agli inferi traducendo quello che nel testo è Ἂïδi (Ἂïδης) con Orco (dal latino Orcus,i).

Tradurre con il termine più letterale Ade nulla toglie alla poeticità del testo, ma facilita invece molto la comprensione da parte del lettore che nel caso della traduzione del Monti necessita di una nota a piè pagina, mentre nel caso della traduzione della Marinari comprende immediatamente ed è pertanto più libero di concentrasi sulla narrazione dei fatti.

Orco era definizione presente anche nei Sepolcri del Foscolo però ciò che all’epoca del Monti, contemporaneo del Foscolo, era un termine forse di facile identificazione non è detto debba esserlo per noi oggi tanto più se digiuni di studi classici.

Non dimentichiamo infatti che i poemi omerici nacquero con un intento comunicativo cioè con lo scopo di trasmettere storie e concetti di tipo sociale e politico.

Una traduzione fluida permette di raggiungere ai giorni nostri lo stesso scopo e di rendere accessibili a tutti quei concetti che sono alla base nella nostra cultura e che si svilupparono proprio su suolo greco.

Questa nuova traduzione così scorrevole ci permette inoltre di leggere il poema quasi fosse un romanzo in versi, dandoci la possibilità di apprezzarne anche la trama e quei personaggi che con tanta armonia mantengono i loro epiteti (Era dalle bianca braccia, Achille dal passo veloce, Atena la dea dagli occhi azzurri).

Al termine di ogni libro è presente il relativo commento a cura di Giulia Capo; il fatto di porlo alla fine anziché all'inizio del libro come si è soliti fare, è una soluzione che ho apprezzato davvero molto perché questo permette di leggere il testo omerico in maniera libera apprezzando lo svolgimento del  racconto senza subire influenze di sorta.

I commenti, tutti molto articolati ed esaustivi, sono una via di mezzo tra una parafrasi del testo e quelle che erano le note a piè di pagina delle edizioni tradizionali.

I commenti agevolano il lettore nel fare il punto su quanto appena letto e lo aiutano a focalizzare i concetti principali espressi nel libro senza tralasciare, dove necessario, di dare una spiegazione sulla scelta di tradurre una particolare parola con un dato termine piuttosto che un altro.

Al posto delle note a piè di pagina si trova invece il testo originale in greco, altra soluzione molto gradita perché facilita un riscontro immediato con la traduzione.

Questa nuova edizione ci dà inoltre la possibilità di rileggere il poema secondo diversi registri.

Indubbiamente l’Iliade è un poema dagli intenti celebrativi siano essi morali, politici o sociali, è il poema in cui Apollo ci inviata ad indagare su noi stessi  γνῶθι σαυτόν (conosci te stesso) e ancora di più ci inviata alla moderazione, a rispettare il limite invalicabile  μηδὲν ἄγαν (niente di troppo), ma l’Iliade più prosaicamente è anche il poema alle origini di tutta una letteratura che nei secoli si è ispirata all’ideale di perfezione del καλὸς καὶ ἀγαθός, dai romanzi cavallereschi ai miti romantici fino ad arrivare ai nostri giorni con la letteratura fantasy.

Quanto sono simili a quelli che leggiamo nei romanzi moderni i discorsi di incitamento ai compagni prima della battaglia che troviamo nell’Iliade? Quanto sono affini le cruente descrizioni delle ferite inferte ai nemici in quelle stesse battaglie?

Mi sono ritrovata anche a sorridere quando leggendo di Ettore sterminatore di uomini mi è sopraggiunto alla mente la definizione di sterminatore di re che George R.R. Martin attribuisce a Jaime Lannister nella sua saga del “Trono di spade”.

Ebbene sì, lo riconosco, sono partita dal ritenere quasi blasfemo leggere una traduzione dell’Iliade diversa da quella universalmente riconosciuta di Vincenzo Monti a ritrovare addirittura analogie con la più ordinaria letteratura contemporanea.

L’elemento distintivo della traduzione di Dora Marinari è proprio questo, averci restituito in tutto il suo splendore un poema che, sebbene millenario, è ancora vivo e attuale, un poema che non ci si stancherà mai di leggere anzi di ascoltare.   

Era da tanto tempo che non leggevo ad alta voce eppure con questo libro mi sono ritrovata a farlo perché se si vuole davvero apprezzare a pieno la natura di questo poema bisogna rispettarne il ritmo, l'Iliade va ascoltata anche se solo dalla propria voce.