lunedì 2 giugno 2014

“Come un incantesimo” di Carla Sanguineti

COME UN INCANTESIMO
di Carla Sanguineti
KAPPA VU
“Come un incantesimo” riporta il sottotitolo “Mary e Percy Shelley nel Golfo dei Poeti”, sottotitolo non proprio fedele perché, se è vero che ampio spazio è dato al periodo del soggiorno della coppia a San Terenzo, è pur vero anche che il libro abbraccia un arco di tempo molto più ampio che va dall’incontro di Mary e Percy fino alla tragica morte del poeta in mare con qualche accenno all’infanzia di Mary Shelley e alla vita turbolenta della madre di lei.

Che tipo di libro è “Come un incantesimo”? E’ un saggio o un romanzo? A tal proposito riporto le parole stesse della sua autrice:

Di qui il carattere ibrido di questo libro biografico, non saggio, anche se abbonda di riferimenti a testi, lettere, diari con titoli e date, e non romanzo, perché lo stile di narrazione che più vi si avvicina è limitata a poche pagine soltanto.

Ciò che ho apprezzato in particolare modo oltre ovviamente all’essere un testo ricco di citazioni e che riporta frammenti di poesie, stralci di corrispondenza, pagine di diari e quant’altro dei protagonisti, è il fatto che Carla Sanguineti abbia messo in primo piano la figura di Mary Wollstonecraft Godwin.

Carla Sanguineti, già autrice di diversi scritti su Mary, è alla guida dell’Associazione amiche e amici di Mary Shelley, associazione nata nel 1997 per far conoscere questa figura quasi dimenticata.

Mary Shelley fu una figura letteraria di grande spessore ma, troppo spesso oscurata dalla grandezza del celebre marito P.B. Shelley, viene ricordata quasi esclusivamente come autrice della sua opera più famosa “Frankenstein”.

Perché questo? Senza dubbio perché era una donna che viveva in un’epoca in cui il gentil sesso subiva forti discriminazioni ma soprattutto perché aveva scelto di vivere in un modo anticonvenzionale all’interno di una società conformista e bigotta.

Mary Shelley era figlia di Mary Wollnestoncraft, morta per le complicazioni del parto, la Wollnestoncraft era una donna dalla vita avventurosa che ebbe diverse relazioni burrascose sino al matrimonio con il padre di Mary, il filosofo William Godwin anch’egli personaggio molto singolare e dalle idee rivoluzionarie.
Con tali genitori la strada di Mary Shelley sembrava quindi già segnata.

Mary viveva nel ricordo della madre, leggeva e studiava i suoi scritti e nel contempo presenziava agli incontri con artisti, letterati, poeti, filosofi e scienziati che si riunivano nella casa del padre.

Non stupisce quindi che a soli 16 anni Mary decida di seguire il suo cuore e scelga di fuggire in Europa con l’allora ventunenne Percy Bysshe Shelley, poeta affascinante e di belle speranze che incarnava quegli ideali di cui tante volte aveva sentito parlare e discutere nella casa paterna. 

Shelley era all’epoca ancora sposato con Harriet Westbrook dalla quale ebbe due figli, ma quando questa si uccise, egli fu libero di sposare in seconde nozze l’amata Mary.

Shelley era un sostenitore del libero amore, nulla di strano quindi nel fatto che egli fosse sempre costantemente innamorato e che ebbe diverse relazioni con altre donne, tra cui la sorellastra di Mary stessa ovvero Claire Clairmont.
Claire a sua volta ebbe una breve storia con Lord Byron dalla quale nacque una figlia che morì in giovane età.

La storia degli Shelley e dei loro amici, tra i nomi più illustri ricordiamo Lord Byron e Polidori, personaggi con cui condivisero l’esilio forzato, allontanati dall’Inghilterra per la loro vita dissoluta, affascina il lettore moderno almeno quanto all’epoca aveva scandalizzato i loro contemporanei.

Non è facile oggi riuscire a comprendere quel loro mondo così esclusivo e profetico, quel senso di ineluttabilità e di sventura che così fortemente essi avvertivano gravare sulle loro giovani vite. Essi vivevano ogni istante come fosse l’ultimo, sfidando la morte e temendola allo stesso tempo. 

Carla Sanguineti in questo volume cerca di indagare e di spiegare la ragione di certi di comportamenti, di scoprire il perché di certe scelte di vita e lo fa analizzando e confrontando quanto di essi ci è rimasto: opere, diari, lettere…

“Come un incantesimo” ha un taglio indubbiamente diverso da quello dei soliti saggi su Mary e Percy Shelley, un taglio interessante ed avvincente che mette in evidenza la grande passione ed il grande fascino che queste figure letterarie hanno esercitato anche sull’autrice del libro.




mercoledì 28 maggio 2014

“Le luci bianche di Parigi” di Theresa Révay

LE LUCI BIANCHE DI PARIGI
di Theresa Révay
BEAT

Non sarà facile parlarvi di questo romanzo perché, come sempre accade quando ci si imbatte in un libro che ci coinvolge e ci appassiona molto, si ha sempre l’impressione che qualunque cosa si scriva non si sarà mai in grado di rendergli giustizia mettendo sulla carta le emozioni che abbiamo provato leggendolo.

“Le luci bianche d Parigi” è uno di quei romanzi che inizia lentamente per poi accelerare improvvisamente senza permettere al lettore di rendersi conto di come sia potuto accadere che egli sia stato completamente assorbito dall’intreccio della storia. Accade e basta e da quel momento inizia l’eterno conflitto tra il desiderio di arrivare all’ultima pagina per conoscere il finale e l’ansia di scoprirlo perchè allora tutto finirà e dovrà abbandonare quei personaggi ai quali è ormai affezionato.

Un accenno alla trama. La contessina Ksenija Fedorovna Osolin è impegnata nei preparativi della festa che si terrà per il suo compleanno.
Figlia del Generale Fedor Sergeevic e di Nina Petrovna Osolin, la contessina è una ragazzina bionda con gli occhi grigi nella quale già si scorge la meravigliosa donna che diventerà un giorno. E’ fiera, orgogliosa e spesso intransigente.

Siamo nel febbraio del 1919 in piena guerra civile russa, il padre di Ksenija verrà assassinato nella sua stessa casa dai bolscevichi e lei sarà costretta a fuggire con quello che rimane dei membri della sua famiglia.

Durante il lungo viaggio che la condurrà a Parigi perderà anche la madre e, ritrovandosi sola in un paese straniero lontano dalla sua amata San Pietroburgo, dovrà fare da madre e da padre alla sorella minore Masa e al fratellino di pochi mesi Kirill.
Unico conforto nell’esilio è Njanocka che da anni si prende cura della sua famiglia, una vecchia contadina russa, una donna del popolo devota alla memoria della contessa Nina Petrovna Osolin e ai suoi figli.
A Parigi Ksenija lavorerà come ricamatrice per pochi soldi che le basteranno solo a sbarcare il lunario e a pagare l’affitto di una piccola, umida e maleodorante mansarda.
Ma con quei quattro soldi Ksenija riuscirà a fare studiare Masa e Kirill e un giorno, per un colpo di fortuna ma sopratutto grazie alla sua avvenenza, troverà lavoro come modella in una prestigiosa casa di moda diventandone ben presto la modella di punta.

Nel frattempo a Berlino il barone Max von Passau dedica la sua vita all’arte della fotografia, arte che inizia ad affermarsi in quanto tale proprio dai primi del XX secolo.
I due si incontreranno per caso una sera in un locale di Montparnasse mentre Ksenija è alla ricerca della sorella scappata di casa dopo un pesante litigio. Il loro è un incontro casuale che cambierà per sempre le loro vite.

Capita che la vita un giorno ti porti all’incrocio di ogni possibilità. Ksenija era fatalista. Pensava che la Provvidenza lasciasse liberi di fare delle scelte, ma conducendo ineluttabilmente ciascuno verso il proprio destino.

Quello tra Ksenija e Max sarà un amore sofferto fatto di passione e amore ma carico di contraddizioni, un amore fatto di frasi non dette e di segreti, una storia dove l’orgoglio giocherà brutti scherzi.

“Le luci bianche di Parigi” è il racconto di un amore burrascoso ed intenso, pieno di paure di risentimento e rimpianti, un amore fatto di partenze e ritorni.

Theresa Révay ci regala una galleria di personaggi perfettamente riusciti
Non solo i protagonisti ma tutti i personaggi che interagiscono con loro sono tutti, nessuno escluso, magistralmente descritti e delineati, c’è un’attenzione particolare alla psicologia di ognuno di loro che li fa sembrare veri e reali.

Quello che colpisce poi è come in questo romanzo tutti i personaggi siano stati inseriti con grande abilità da parte dell’autrice all’interno di un potente affresco storico descritto in modo eccellente.

Difficile trovare un libro dove storia romanzata e storia reale si intreccino e si fondano in maniera così perfetta e si leghino a tal punto da diventare una cosa sola.

Dopo le prime pagine piuttosto lente, il dinamismo del racconto prende il sopravvento e gli avvenimenti storici incalzano il lettore trasportandolo nel vivo della storia con la descrizione delle difficoltà del popolo russo in esilio forzato, dell’ascesa di Hitler in Germania e della situazione che diventa giorno dopo giorno sempre più drammatica per la popolazione di origine ebraica.

“Le luci bianche di Parigi” (titolo originale dell’opera “La louve blanche”) è un libro assolutamente da leggere, un romanzo intenso e che fa riflettere, affascinante e sorprendente.




mercoledì 14 maggio 2014

“Storia d’inverno” di Mark Helprin

STORIA D’INVERNO
di Mark Helprin
NERI POZZA
Vi anticipo subito che sono stata a lungo indecisa sull’affrontare o meno la lettura di questo romanzo e, lo ammetto, la mia incertezza nasceva in buona misura dall’impegno che avrei dovuto affrontare vista la mole di un libro di ben 844 pagine.

Poi la mia curiosità è stata ulteriormente solleticata dal trailer del film tratto dal romanzo uscito al cinema nel mese di febbraio e del cui cast fanno parte attori quali Colin Farrell e Russell Crowe.

Non ho ancora visto il film, ma dopo aver letto il libro, posso fare due considerazioni: la prima è che il romanzo è talmente complesso che dubito fortemente che la trasposizione cinematografica possa esserne all’altezza e la seconda è che l’idea che mi ero fatta del racconto era completamente errata.

La New York di fine Ottocento è una città in mano alla criminalità e le varie bande si scontrano per le strade per ottenerne il controllo.
Peter Lake è un ladro che lavora in proprio dopo un periodo di appartenenza alla banda dei Coda Corta, i temibili sgherri comandati dal perfido e crudele Pearly Soames.
Proprio da questi viene continuamente braccato ma grazie ad un fedele alleato, un bellissimo stallone bianco in grado di saltare interi isolati, Peter Lake riesce sempre a sfuggire ai suoi agguerriti inseguitori.
Un giorno il ragazzo si trova casualmente davanti alla lussuosa dimora dei Penn e introducendosi nell’abitazione per rubare, conosce Beverly Penn una ragazza bellissima prossima alla morte. Sarà di questa donna “insistente, egoista e delirante” che il giovane si innamorerà perdutamente permettendole di sconvolgergli l’esistenza…

Questo è solo l’inizio del racconto, da qui poi prendono il via molteplici storie che si sovrappongono e si incrociano all’infinito.
L’azione si svolge in un arco di tempo lunghissimo che va dalla fine dell’Ottocento fino all’avvento del nuovo millennio.
I personaggi sono tantissimi ed alcuni di loro riescono a viaggiare nel tempo incrociando le loro vite passate con quelle di altri nuovi personaggi che vivono alla fine del secolo successivo.
Apparentemente il racconto si svolge secondo una cronologia classica ma in realtà la storia è una storia fuori dal tempo, dove ogni cosa ci riporta ad un mondo fantastico, popolato da strani personaggi che vivono ai confini della realtà.

Il racconto all’inizio ha qualcosa del romanzo dickensiano: la descrizione degli uomini della baia in contrapposizione a quella dei newyorchesi, laddove la baia è un mondo fantastico e pieno di umanità in cui la vita scorre lenta seguendo il ritmo delle stagioni mentre la città è invece il luogo della violenza e delle latta per potere e ricchezza.
Tale contrapposizione non può non richiamare alla mente il confronto tra la città e la campagna così marcato negli scritti dell’autore vittoriano.

Difficile definire questo romanzo che sin dalle primissime pagine appare un racconto surreale e fantastico.
“Storia d’inverno” però non può essere incasellato, questo libro appartiene ad un genere tutto suo che non può essere definito né fantasy né tanto meno fantascienza.

Molto descrittivo e molto ben scritto il romanzo avverte fortemente l’influenza dell’aspettativa, dell’ansia e della tensione proprie della fine del millennio.
Molte pagine ricordano quell’atmosfera di ritorno alla new age che si era impossessata di molti negli ultimi anni del Novecento ed il racconto a tratti ricorda quella letteratura di fine secolo a cui appartengono libri come “La profezia di Celestino” e “La decima illuminazione” di James Redfield.

“Storia d’inverno” è uscito nella sua prima edizione nel 1983 (titolo originale dell’opera “Winter’s Tale”) e anche se ormai sembra molto distante nel tempo, se ci soffermiamo un attimo a pensare non è poi tanto difficile ricordare l’aria che si respirava nell’attesa dell’anno 2000 così carica di aspettative e speranze ma anche di tensione e paura.

Non posso dire che sia un libro veloce e scorrevole, a volte è appesantito dalle descrizioni talvolta anche un po’ lunghe e minuziose ma sempre bellissime e toccanti.
Spesso si è tentati di tornare a rileggere alcune frasi per imprimerle nella mente o anche solo per comprenderle meglio.

“Storia d’inverno” è un libro che costringe il lettore a leggerlo fino alla fine, riesce sempre ad incuriosirlo e a tenere alta la tensione.

Il libro di Mark Helprin ha la forza di trascinarci in un mondo diverso e ovattato, riesce a farci sognare e vorremmo anche noi un giorno poter pattinare sul lago ghiacciato, correre sulla slitta verso i paesaggi dei Coheeries, conoscere i suoi abitanti e perché no? magari un giorno anche attraversare il muro di nuvole cavalcando Athansor.



mercoledì 23 aprile 2014

“Si lasciano tutti” di Simone Laudiero

SI LASCIANO TUTTI
di Simone Laudiero
Sperling & Kupfer
Roberto è fidanzato da quasi due anni con Sandra. Entrambi fanno fatica a sbarcare il lunario: lui è un impiegato che guadagna solo ottocento euro al mese e lei non ha un reddito fisso.

Nonostante la precaria situazione finanziaria però sono decisi ormai a compiere il grande passo: la convivenza.
Roberto si trasferirà a breve a casa di Sandra o meglio nella casa di proprietà della nonna di lei.
L’anziana signora si è trasferita ormai da anni con il marito in campagna lasciando alla nipote l’usufrutto gratuito dell’appartamento in città e dell’annesso terrazzino dal quale si riesce a cogliere la vista di uno spicchio di mare.

Ma un giorno all’improvviso tutto precipita, i nonni ottantenni di Sandra decidono di divorziare apparentemente senza motivo.

La nonna, l’inflessibile Signora Rotello, vuole una volta tornata single riappropriarsi del suo vecchio appartamento e lasciare la campagna.

Tutti i piani di Roberto e Sandra rischiano di andare in fumo, ma Roberto non è disposto ad accettare passivamente la situazione creatasi e a rinunciare all’amato terrazzino.
Inizia così una corsa contro il tempo per cercare di risolvere il mistero di quella che sembra ormai una separazione inevitabile. Perché due ottuagenari dovrebbero volersi dividere dopo una vita insieme? Qual è la vera ragione che si cela dietro questo assurdo comportamento?

Il racconto si sviluppa in un susseguirsi di eventi straordinari, situazioni al limite dell’assurdo e coincidenze impossibili.

A far da sfondo alla storia di Roberto e Sandra e delle loro famiglie, c’è il racconto della vita amorosa di Roberto, un susseguirsi di fallimenti che vengono elencati ed analizzati nei minimi dettagli.
Roberto ricorda ed esamina ogni sua storia fin dalla prima fidanzatina, la mitica Sonia Parisio, quando ancora frequentava la scuola media.

“Si lasciano tutti” è un romanzo estremamente contemporaneo, è il racconto di uno spaccato di vita, la nostra vita nella quale ognuno di noi può facilmente riconoscersi ed è proprio questa la forza del libro.
Tutti possiamo rivederci nelle storie di Roberto e dei suoi amici Minerva, Tommaso ed Anna.

Una vita dove tutto è precario non solo il lavoro ma pure i sentimenti, dove non ci sono più certezze se anche una coppia di ottantenni può decidere di separarsi da un giorno all’altro.
L’unico modo per sopravvivere è navigare a vista.

Al termine di ogni storia d’amore però c’è una certezza quella fatidica domanda che ognuno di noi si è sentito rivolgere da qualcuno ed ha rivolto a qualcun altro almeno una volta nella vita: “Perché?”
E’ inevitabile porre questa domanda quando tutto finisce ma la verità è che non c’è mai un perché oppure se preferite ci sono milioni di perché.

Mentre leggevo le pagine del libro di Laudiero mi tornavano alla mente alcune frasi di una celebre canzone scritta nel 1917, guarda caso proprio da un napoletano, Libero Bovio…

T'aggio vuluto bene a te.
Tu mm'hê vuluto bene a me.
Mo nun ce amammo cchiù,
ma ê vvote tu,
distrattamente,
pienze a me.

In fin dei conti la risposta è semplice: tutto nella vita passa, niente è eterno e l’amore non fa eccezione anche se è difficile da accettare.

L’impressione però è che il protagonista del libro come la maggior parte della gente non si sia mai innamorato davvero, abbia continuato a provare e riprovare, infilandosi in storie senza senso semplicemente per paura di rimanere solo.
Viene spontaneo chiedersi: e se comportandosi così ci si bruciasse l’unica possibilità di trovare l’anima gemella?


...il BlogTour continua su Inside a book 

domenica 20 aprile 2014

“I sotterranei di Londra” di Peter Ackroyd

I SOTTERRANEI DI LONDRA
di Peter Ackroyd
NERI POZZA
Dopo aver affascinato i suoi lettori con la monumentale biografia sulla capitale inglese intitolata “Londra. Una biografia”, Peter Ackroyd torna con un nuovo libro dedicato alla stessa città, un breve ed intrigante racconto di appena 140 pagine che non mancherà di sedurvi ancora una volta.

E' davvero una nuova ed inconsueta prospettiva quella della Londra sotterranea che Ackroyd ci offre ne “I sotterranei di Londra”.
Molti, infatti, ignorano che sotto la Londra che tutti noi conosciamo esiste un’altra città avvolta nell’oscurità dove la temperatura è mite anche durante l’inverno.
Una Londra popolata da strane creature e da fantasmi ma non solo, sotto le strade che ogni giorno milioni di persone percorrono in superficie vivono moltitudini di comunissimi topi e blatte capaci anch’essi di scatenare le più fantasiose credenze popolari.

Il sottosuolo della capitale inglese è un intrico di vie e cunicoli, di passaggi segreti e gallerie.
I suoi sotterranei sono caotici e disordinati, un vero e proprio labirinto che attira e respinge allo stesso tempo.
Essi ricordano all’uomo gli inferi e l’oltretomba ma contemporaneamente gli suggeriscono anche una sensazione di protezione e di ritorno al grembo materno. Non dimentichiamo che proprio il sottosuolo è sempre stato legato sin dall’antichità al culto delle divinità ctonie, divinità generalmente di sesso femminile.

Ackroyd ricorda, per chi non ne fosse a conoscenza, che le fondamenta di Londra poggiano su uno strato argilloso e per questo motivo la città viene risucchiata verso il basso sprofondando nel terreno.
Interessante sapere che il livello della falda freatica continua a salire tanto che ogni giorno devono essere pompati quasi settanta milioni di litri per salvare la città.

La storia di Londra è anche la storia dei suoi corsi d’acqua. Sono ben tredici i fiumi della capitale britannica e anche se molti di essi oggi non sono più visibili, ormai completamente coperti, continuano a scorrere lungo le tubature e le fognature.
Ci fu un tempo però in cui essi scorrevano liberamente tra i campi laddove la realtà urbana si dissolveva in quella rurale.
Uno tra i fiumi più conosciuti e a cui Ackroyd dedica un intero capitolo è il vecchio Fleet “il più potente dei fiumi scomparsiil cui nome riecheggia spesso nelle pagine della letteratura inglese.

Affascinante è il racconto della metropolitana di Londra, della sua costruzione e del suo sviluppo fino ai nostri giorni, le stazioni, le linee e la storia del disegno della sua pianta ancora oggi uno dei simboli principali, insieme al suo logo, della città.

Quante cose diamo per scontate senza renderci conto di quanto siano costate in termini di ingegno e fatica e quale prezzo sia stato pagato in vite umane per costruire tutto ciò che oggi sembra così normale ai nostri occhi.
Quanti di noi si sono mai soffermati a pensare che la London Underground è così antica da poter annoverare tra i suoi utenti personaggi quali Dickens e persino, perchè no, Jack lo squartatore?

“I sotterranei di Londra” è una scoperta continua; un libro che, tra le numerose citazioni bibliche e classiche, ci svela mille curiosità.
Un’avventura affascinante che tutti possiamo fare stando comodamente seduti in poltrona ma quanta voglia di andare a vedere di persona questi luoghi, forse a volte anche un po’ macabri, però così suggestivi ed eccitanti. 



giovedì 17 aprile 2014

Sonetto LXXV di William Shakespeare


Accetto con piacere la sfida di Ludo a pubblicare una poesia sul mio blog. 
Da troppo tempo non ne pubblico una e quale occasione migliore di questa?

Inutile dire che sono stata a lungo indecisa sulla scelta da fare.
Sono così tanti i canti, i versi, le rime, le odi… che avrei piacere di proporvi, ma nonostante il rischio di apparire banale ho deciso che la mia scelta ricadrà su William Shakespeare.

Qualche giorno fa a teatro ho ascoltato la lettura di questo bellissimo sonetto e voglio considerarlo un segno del destino…
Ecco a voi il sonetto n. 75 “Tu sei per la mia mente come il cibo per la vita”


Tu sei per la mia mente, come il cibo per la vita.
Come le piogge di primavera, sono per la terra.
E per goderti in pace, combatto la stessa guerra
che conduce un avaro, per accumular ricchezza.
Prima, orgoglioso di possedere e, subito dopo,
roso dal dubbio, che il tempo gli scippi il tesoro.
Prima, voglioso di restare solo con te
poi, orgoglioso che il mondo veda il mio piacere.
Talvolta, sazio di banchettare del tuo sguardo,
subito dopo, affamato di una tua occhiata.
Non possiedo, né perseguo alcun piacere,
se non ciò che ho da te, o da te io posso avere.
Così ogni giorno, soffro di fame e sazietà,
di tutto ghiotto e d’ogni cosa privo.




So are you to my thoughts as food to life,
Or as sweet-season'd showers are to the ground;
And for the peace of you I hold such strife
As 'twixt a miser and his wealth is found.
Now proud as an enjoyer, and anon
Doubting the filching age will steal his treasure;
Now counting best to be with you alone,
Then better'd that the world may see my pleasure:
Sometime all full with feasting on your sight,
And by and by clean starved for a look;
Possessing or pursuing no delight
Save what is had, or must from you be took.
Thus do I pine and surfeit day by day,
Or gluttoning on all, or all away.



Con la speranza di riuscire presto a scrivere un post interamente dedicato ai sonetti del “Grande Bardo”, passo ad annunciarvi i blog a cui ho deciso di lanciare la sfida:

Piume di Carta     http://piumedicarta.blogspot.it/
Decorantic Art      http://decoranticart.blogspot.it/

Chi raccoglie la sfida dovrà nominare altri blog per un numero massimo di cinque.


ne approfitto per augurare a tutti....Buona Pasqua!!!


sabato 5 aprile 2014

“Il crociato infedele” di Davide Mosca

IL CROCIATO INFEDELE
di Davide Mosca
RIZZOLI
Il giorno prima della chiusura del concilio di Clermont, Papa Urbano II lancia un appello ai Cristiani d’Occidente invitandoli a liberare la Terrasanta rispondendo così alla richiesta d’aiuto avanzata da Alessandro I Comneno, imperatore bizantino minacciato dai Turchi Selgiuchidi.
Il giorno 27 novembre 1095 viene quindi indetta la Prima Crociata.

I primi ad accogliere l’appello del papa furono una massa di avventurieri e popolani, una moltitudine composta di ogni sorta di delinquenti, nobili decaduti e servi della gleba guidati dal francese Pietro d’Amiens, detto Pietro l’Eremita, un monaco fanatico; questa prima spedizione viene spesso ricordata come la “crociata dei pezzenti”.

I crociati però si riunirono nell’agosto dell’anno 1096, a questa prima spedizione ufficiale presero parte diversi eserciti ognuno capeggiato da un suo proprio signore. I partecipanti erano dei nobili desiderosi di conquistarsi terre e fama oppure semplicemente desiderosi di servire Dio. Molti di loro erano figli cadetti o piccoli feudatari spesso in aperto contrasto gli uni con gli altri.
Tra i nomi più noti: Goffredo di Buglione, Raimondo di Saint Gilles, Roberto di Normandia, Boemondo e Tancredi di Taranto, tutti personaggi che incontreremo nel libro di Davide Mosca.

Non è mia intenzione annoiarvi ulteriormente raccontandovi la storia di battaglie, di assedi e conquiste che ebbero luogo negli anni successivi, per cui facciamo un salto nel tempo ed arriviamo al giugno del 1099 quando l’esercito dei crociati, ormai ridotto a soli 20.000 uomini, pone l’assedio alla città di Gerusalemme da poco riconquistata dai Fatimidi ai danni dei Selgiuchidi.
E’ proprio nell’assedio di Gerusalemme e nella conquista della città santa che i due protagonisti del libro di Davide Mosca reciteranno il loro ruolo fondamentale.

Nel 1099 una delegazione di crociati giunge a Genova per sollecitare soccorsi per coloro che stavano combattendo in Terrasanta.
A Genova in quel periodo imperversano lotte intestine tra le varie famiglie per ottenere il governo della città e nessuno è intenzionato a lasciare il paese rischiando così di perdere ogni possibilità di raggiungere il potere.
In questo periodo di lotte sanguinose, complotti e segreti solo due giovani sono così lungimiranti da capire che Genova può essere conquistata solo attraverso la conquista di Gerusalemme.

Genova sarà fondata su una spiaggia di Giaffa, in Terrasanta.

I due ventenni si chiamavano Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, figlio cadetto di una potente famiglia vescovile anch’essa in lizza per assicurarsi il controllo di Genova.
Amici fin dall’infanzia l’astuto e spensierato Caffaro, abile mercante, dotato di ottime qualità diplomatiche è il compagno perfetto per il forte e fiero Gugliemo Embriaco, condottiero indomito, sempre pronto a lanciarsi in prima persona là dove il pericolo è maggiore.
Quando Guglielmo decide di inseguire il suo sogno ovvero liberare la Terrasanta e con essa i mari che la dividono dall’amata Genova, per far sì che la sua città possa diventare grande, regina dei mari e dei traffici commerciali, Caffaro non può che unirsi a lui.
Vendono la loro parte di eredità, armano due galee e partono incontro al loro destino. Una volta, giunti a destinazione però si renderanno conto che le cose non sono così facili come avevano immaginato. L’impresa sembra disperata, ma i due non si daranno per vinti e sfruttando le loro qualità di abili diplomatici, guerrieri e mercanti riporteranno una grande vittoria che cambierà la storia.

“Il crociato infedele” è un romanzo scorrevole che si legge tutto d’un fiato. Il ritmo del racconto è dinamico e serrato pur lasciando ampio spazio a delle bellissime descrizioni della città di Genova all’inizio del racconto e dei paesaggi mediorientali nel corso della storia.

I personaggi sono descritti in modo vivace e spesso sono inserite battute per meglio descriverne le caratteristiche.

Buona la ricostruzione storica nella quale sono sapientemente inseriti frammenti romanzati.

Guglielmo, il valoroso condottiero testardo e senza paura dallo spirito combattivo e focoso che gli è valso il soprannome di Caput Mallei è senza dubbio un personaggio molto attraente ma Caffaro, io narrante della storia, è colui che riesce ad affascinare maggiormente il lettore con la sua ironia, la sua scaltrezza e quel suo sapersi destreggiare in ogni situazione. 

Genova è ovunque ci sia un genovese. Le nostre mura non contengono la città, la indicano soltanto.

E’ con un sentimento misto di orgoglio per la mia città e di riconoscenza per coloro che l’hanno resa grande nella storia che ho letto il libro di Davide Mosca.
Colgo l’occasione quindi per ringraziare l’autore per avermi ricordato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quali e di quanto grandi uomini Genova sia stata la patria.

Genova con il suo vessillo, la croce di San Giorgio, per secoli ha protetto i mari, i suoi mercanti hanno percorso le rotte da Occidente ad Oriente e ritorno. Genova ha dato i natali a personaggi quali Caffaro di Rustico da Caschifellone e Guglielmo Embriaco Testadimaglio, Andrea Doria, Cristoforo Colombo solo per citarne alcuni.
Nel corso dei secoli personaggi come Byron, Dickens, Chopin hanno soggiornato a Genova e pittori come Rubens, Van Dyck, Pieter Mulier vi hanno lavorato.

O tempora, o mores! Cos’è Genova oggi? Genova è ancora una città ricca di cultura e di opere d’arte. Genova è una città di mare, una città unica nel suo genere che tanto avrebbe da offrire ai turisti eppure sembra che lo spirito dei genovesi si sia addormentato sotto lo strato di polvere depositato nel corso dei secoli.
Non si tratta di modernizzarsi o costruire chissà quali opere, Genova è già bellissima così com’è. 
Ci vorrebbe così poco per tornare grandi, basterebbe smettere di continuare a nascondersi e trovare la volontà ma soprattutto il coraggio di aprirsi di nuovo al mondo.
E perché per esempio non iniziare cercando di migliorare i collegamenti ferroviari ed aerei? Genova oggi sembra proprio irraggiungibile come la Gerusalemme di Guglielmo e Caffaro!