giovedì 27 marzo 2025

“Per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri” a cura di Samuele Lastrucci

Dal 2001, ogni 18 febbraio, Firenze celebra il giorno dedicato alla memoria di Anna Maria Luisa de’ Medici, ricorrenza che segna l'anniversario della morte dell'Elettrice Palatina, ultima discendente del ramo granducale dei Medici. Questo tributo sottolinea il suo straordinario apporto alla tutela del patrimonio culturale della città e della Toscana.

Grazie alla sua visione e determinazione, Firenze e l'intera regione hanno potuto preservare una concentrazione ineguagliabile di opere d'arte e documenti d'archivio.

Diversamente da ciò che accadde in altri Stati italiani, dove collezioni come quelle Farnese del Ducato di Parma e Piacenza furono trasferite a Napoli o quelle del Ducato di Urbino finirono in Toscana come eredità di Vittoria della Rovere, Anna Maria Luisa de’ Medici riuscì a proteggere le collezioni medicee da una simile dispersione.

Con la Convenzione sottoscritta il 31 ottobre 1737 insieme a Francesco Stefano di Lorena, l'Elettrice stabilì il vincolo delle collezioni alla città di Firenze e alla Toscana, un atto di coraggio straordinario per il suo tempo.

Il volume offre le copie anastatiche del celebre "Patto di Famiglia" in francese e in italiano, insieme a documenti correlati, come la ratifica di Francesco Stefano di Lorena, le lettere e l'Inventario delle gioie di Casa Medici. Questi preziosi materiali, conservati nell'Archivio di Stato di Firenze (fondo Trattati internazionali al n. 56), permettono di approfondire il contesto storico dell'accordo.

Le intenzioni di Anna Maria Luisa non si limitavano a tutelare le sole opere d'arte: ella desiderava infatti salvaguardare argenti, mobili, reliquie e altri beni preziosi delle guardarobe, ville e palazzi di città e campagna. Tuttavia, il testo definitivo della Convenzione escluse questi oggetti, considerandoli d'uso quotidiano, il che ne consentì purtroppo la dispersione.

Un'importante sezione del volume, curata da Samuele Lastrucci, approfondisce la complessa situazione politica europea ai tempi di Cosimo III e di Gian Gastone, facendo chiarezza anche sulla natura degli Stati medicei, natura che in verità appariva piuttosto confusa ieri come oggi.

Il volume, pubblicato dalla Regione Toscana, mira a coinvolgere cittadini e studiosi nella riscoperta della storia legata alla trasmissione del patrimonio mediceo. Attraverso le sue pagine, viene messo in evidenza il ruolo fondamentale svolto dall'Elettrice Palatina nel definire l'identità culturale di Firenze e della Toscana.

La sua lungimiranza non solo ha salvaguardato un patrimonio inestimabile, ma ha anche anticipato i tempi, gettando le basi per la nascita del turismo culturale come lo intendiamo oggi.





domenica 23 marzo 2025

“Il buio e le stelle” di Luigi De Pascalis

Luigi De Pascalis torna a narrare le vicende di Andrea Sarra, già protagonista de “La pazzia di Dio” (2010), in una nuova opera che espande e completa la storia precedente.

Nel romanzo originale, la narrazione prendeva avvio con la nascita del protagonista nel 1895, seguendo la sua crescita fino alla partenza per Zanzibar nei primi anni ’20 del Novecento. In questa nuova versione, intitolata “Il buio e le stelle,” “La pazzia di Dio” viene inglobato e integrato come parte di una narrazione più ampia che approfondisce ulteriormente il destino di Andrea.

Il romanzo si apre con l’introduzione del capostipite della famiglia Sarra, Sigismondo, il nonno di Andrea. Sigismondo è descritto come un uomo autoritario, consapevole del potere che gli derivava dalla sua posizione di proprietario terriero. Questo spaccato risale agli anni successivi all’Unità d’Italia, un periodo segnato anche dal fenomeno del brigantaggio, offrendo un affresco storico denso di dettagli.

Il vero fulcro dell’ampliamento della narrazione, tuttavia, è costituito dalla permanenza di Andrea a Zanzibar, un luogo che rappresenta tanto un rifugio quanto un teatro di conflitti personali e politici.

Ne “La pazzia di Dio,” il viaggio di Andrea lasciava il lettore col fiato sospeso e con molte domande sulla possibilità di trovare la libertà e la verità sulla figura paterna. Ne “Il buio e le stelle,” scopriamo un Andrea profondamente trasformato, segnato dagli orrori della guerra e sempre più ossessionato dal desiderio di comprendere il passato del padre. Nonostante il genitore sia deceduto, Andrea sembra ancora alla ricerca della sua approvazione, come quando da ragazzo scelse di partire per il fronte.

Il contrasto tra il mondo di Borgo San Rocco, immaginario paese abruzzese che fa da sfondo al primo romanzo, nonché alla prima parte di questa nuova edizione, e la realtà tumultuosa di Zanzibar è netto. Se da una parte Borgo San Rocco rappresenta un microcosmo di provincialismo e tradizioni radicate, dove reale e imponderabile riescono a coesistere; Zanzibar appare come un mondo affascinante ma pericoloso, popolato da avventurieri, schiavisti e politici corrotti. Eppure, nonostante l’immensa distanza dall’Italia, Andrea non sfugge al controllo del regime fascista, trovandosi a dover affrontare rappresentanti del partito anche lì, in quella che avrebbe dovuto essere per lui una terra di libertà.

La narrativa di De Pascalis tesse abilmente una trama in cui i fantasmi del passato si mescolano con la realtà cruda e complessa del presente, creando un racconto ricco di pathos e introspezione.

La scelta di completare e ampliare il romanzo iniziale si rivela non solo coerente, ma anche necessaria per fornire una conclusione più esaustiva alla storia di Andrea Sarra.



venerdì 21 marzo 2025

“Don Antonio de’ Medici e i suoi tempi” di Filippo Luti

Quando nel 1587 Francesco I de’ Medici e Bianca Cappello morirono in misteriose circostanze a poche ore di distanza l’uno dall’altro, il figlio Antonio aveva appena undici anni.

La tragica scomparsa dei granduchi portò molti a incolpare, oggi si ritiene ingiustamente, il futuro granduca Ferdinando I. Tuttavia, è certo che Ferdinando orchestrò un inganno a danno di Don Antonio.

Infatti, questi era nato fuori dal matrimonio, quando Francesco I era ancora sposato con Giovanna d’Austria. Dopo il matrimonio con Bianca, Francesco lo legittimò come suo erede. Ferdinando, però, insinuò dubbi sulla paternità di Francesco e persino sulla maternità di Bianca.

La figura di Don Antonio è senza dubbio una delle meno conosciute del panorama mediceo, ma in verità si tratta di un personaggio molto interessante e di notevole spessore.

Dimostrò sin da giovane straordinarie doti diplomatiche e militari, anche se fu costretto ad abbandonare quasi subito la carriera militare per motivi di salute. Uomo colto e affascinato dal sapere scientifico, ebbe contatti con personaggi illustri del tempo, tra cui Galileo Galilei. Appassionato di musica e spettacolo, fece costruire un teatro nel Casino di San Marco, eletto a sua dimora in città. Proprio qui fu messa in scena l’Euridice di Ottavio RInuccini, sotto la direzione di Giulio Caccini.

Don Antonio non fu appassionato solo di musica e teatro, di scienza e alchimia, di caccia, cavalli e armi, che fabbricava egli stesso, ma mostrò grandissimo interesse anche per l’arte e il collezionismo. Oltre a busti, statue e bassorilievi possedeva una meravigliosa quadreria. Alcuni artisti presenti nelle sue collezioni: Andrea del Sarto, Leonardo Da Vinci, Raffaello, Mantegna, Botticelli, Michelangelo, Pontormo e Giambologna.

Nonostante la frode che Ferdinando I attuò nei confronti del nipote, i loro rapporti furono molto stretti; il granduca di fatto si appoggiò moltissimo al nipote del quale riconosceva la vasta cultura e  le grandi doti diplomatiche.

Il rapporto con la corte si raffreddò sempre più dopo la morte di Ferdinando. Don Antonio aveva acconsentito alla richiesta dello zio di entrare nell’Ordine dei Cavalieri di Malta accettando di conseguenza il celibato, ma durante la sua vita ebbe due compagne che gli diedero quattro figli. Preoccupato per il futuro dei suoi eredi, Don Antonio avviò cause legali per garantirne il benessere, cause che si protrassero anche dopo la sua morte.

L’opera di Filippo Luti offre l’analisi più completa sulla vita di Don Antonio, superando in dettaglio quella di Pier Francesco Covoni (“Don Antonio de' Medici al casino di San Marco”) di fine Ottocento e il lavoro più recente di Paola Maresca (“Don Antonio de’ Medici. Un principe alchimista nella Firenze del '600, 2018).

Don Antonio de’ Medici e i suoi tempi” è un saggio molto ben articolato ed esaustivo, corredato di una vasta bibliografia, tantissime citazioni e ricco di richiami al cospicuo patrimonio epistolare.

Un vita, quella di Don Antonio, caratterizzata da intrighi, cultura e dedizione alla famiglia, che lo rendono una figura del suo tempo oltremodo affascinante.




lunedì 10 marzo 2025

“Natività. Madre e Figlio nell’arte” di Vittorio Sgarbi

Nel mondo pagano, gli dèi erano incarnazioni ideali della perfezione umana: più belli, più forti, più saggi, ma al contempo inaccessibili e distanti. Con la religione cristiana, questo paradigma viene capovolto. L'amore sostituisce la potenza divina: Dio si fa uomo per amore degli uomini. Il Figlio di Dio nasce da una donna, da una madre.

Nel suo saggio, Vittorio Sgarbi ci accompagna in un affascinante viaggio attraverso i secoli, rivelando come gli artisti abbiano rappresentato un tema che è, insieme, sacro e profondamente umano. L'arte diventa un riflesso intimo e universale della semplicità degli affetti, celebrando il legame primordiale e tenero tra madre e figlio.

Il percorso inizia con le Natività e le Annunciazioni bizantine, immerse in cieli dorati. Da Duccio, ultimo e più grande esponente dello stile bizantino, il viaggio prosegue toccando le opere di maestri immortali quali Giotto, Botticelli, Leonardo, Piero della Francesca, Raffaello, Michelangelo e Rubens. Il cammino sfocia nella pittura moderna dell'Ottocento e del Novecento rappresentata da Segantini, Previati e Gaudenzi.

Pagine di particolare rilievo sono dedicate all'analisi della Madonna del Parto di Piero della Francesca, all'Annunciazione di Lorenzo Lotto e al confronto tra il Bambino dipinto nel Tondo Doni e quello scolpito nella Madonna di Bruges, entrambi capolavori di Michelangelo.

Un dettaglio storico merita una doverosa correzione: Girolamo Savonarola non fu arso vivo, bensì impiccato prima di essere arso.

Il saggio prende in esame una miriade di artisti; tuttavia, i limiti di un volume non potevano includere ogni voce significativa. Una lacuna a mio avviso, ma solo per l’amore che porto a quest’opera, è l'assenza di un riferimento ad Andrea del Sarto e alla sua Madonna delle Arpie,

Sono particolarmente apprezzabili i richiami ai versi danteschi, che hanno ispirato molte opere d'arte. La cura grafica del volume e la straordinaria documentazione fotografica lo rendono un volume di grande pregio.

Questo saggio non è solo una lettura, ma un invito a visitare musei e chiese, a scoprire tesori nascosti. Un viaggio che accende la curiosità e il desiderio di immergersi nella bellezza senza tempo dell’arte.

 


 

sabato 8 marzo 2025

“La pazzia di Dio” di Luigi De Pascalis

Andrea Sarra nasce a Borgo San Rocco il 12 marzo 1895. È lui il protagonista e io narrante della vicenda che prende avvio proprio dal racconto dei suoi primi trent'anni di vita. Una narrazione che si intreccia con quella dei suoi familiari, dei compaesani e, in un gioco di sovrapposizioni, con le grandi vicende della Storia, quella con la "S" maiuscola.

Dal 1895 al 1925, Andrea attraversa il delicato passaggio dall'infanzia all'età adulta, crescendo e forgiandosi come uomo. Sullo sfondo troviamo un mondo sconvolto da eventi epocali: la Prima Guerra Mondiale, le ondate di emigrazione, l'epidemia di spagnola e l'avvento del fascismo.

La pazzia di Dio si presenta come un romanzo di formazione, ma è al contempo anche un racconto corale. Borgo San Rocco, il paese natale di Andrea, è frutto della fantasia dello scrittore, così come lo è la famiglia Sarra, protagonista della vicenda. Questo microcosmo immaginario diventa metafora e ritratto della realtà contadina, quella stessa realtà destinata a scomparire nel volgere di pochi decenni.

La narrazione si dipana attraverso diversi registri, riflettendo la varietà dei personaggi che animano le pagine del romanzo. Anche il ritmo del racconto muta costantemente: accelera o rallenta in sintonia con l'intensità degli eventi. Così, la scrittura passa dall’essere ironica e divertente all’uso di toni riflessivi e malinconici, seguendo il fluire imprevedibile delle circostanze.

Nella vita nulla resta invariato, tutto è cambiamento. I rapporti tra le persone si trasformano: ci si scopre spesso più vicini a coloro che si ritenevano tanto diversi e più distanti da chi invece si pensava essere tanto simile.

La pazzia di Dio è un'opera di legami familiari, di sogni spezzati, di speranze tradite e di rimpianti. Ma è anche un racconto intriso di voglia di riscatto e di speranza.

De Pascalis dipinge un mondo antico e ancestrale, intriso di riti, credenze e religiosità. Un mondo dove il rispetto e la dignità rappresentano valori assoluti, indipendentemente dal ceto sociale, e dove non sorprende neppure incontrare il fantasma di famiglia aggirarsi tra le mura di casa. È un mondo scandito dal ritmo ciclico delle stagioni, armonizzato con la terra.

Ma quel mondo antico, con le sue buone maniere e l’importanza dell'abito della festa, si sgretola sotto il peso del progresso e delle rivoluzioni sociali lasciando sempre più spazio alla forza e alla prepotenza del nuovo che avanza.

Quello dipinto da De Pascalis con tanta maestria è un mondo capace di imprimersi profondamente nel cuore e nella memoria del lettore, lasciando in lui una traccia indelebile.

 


domenica 23 febbraio 2025

“I sette corvi” di Matteo Strukul

Nicla Rossi vede due alunni allontanarsi durante la pausa e decide di seguirli per riportarli indietro. Si addentra nel bosco, li chiama, ma di loro non sembra esserci traccia. L’insegnante avverte qualcosa di diverso in quel luogo a lei tanto familiare, percepisce la presenza di un qualcosa di inquietante e primordiale che non sa spiegare. Nicla Rossi non uscirà viva da quel bosco.

Ad indagare sul presunto omicidio vengono inviati da Belluno la giovane ispettrice Zoe Tormen e il medico legale Alvise Stella. Il caso si rivelerà fin da subito complesso e carico di dettagli inspiegabili.

 

Zoe Tormen indossa abiti sportivi, una camicia a quadri e un parka, è dotata di un fascino molto particolare. È appassionata di rally, guida una Lancia Delta Martini, è amante della montagna e ascolta musica grunge.

 

Zoe e Alvise hanno due caratteri molto diversi. È la prima volta che si trovano a lavorare insieme, ma tra i due nasce subito un’ottima intesa, grazie anche alla capacità del medico legale di saper rispettare le zone d’ombra di Zoe.

 

Per la prima volta Matteo Strukul si cimenta con il genere thriller e direi che lo fa nel modo migliore. Il soggetto è una leggenda nera che dimora da cinquecento anni in un immaginario paesino di montagna situato al confine tra il Veneto e il Friuli. È un paesaggio a metà tra reale e fantastico quello in cui si trova immerso il lettore, un luogo ai confini del mondo popolato da centinaia di leggende, un luogo dove il limite tra possibile e impossibile diventa pagina dopo pagina sempre più impalpabile.

 

Come per ogni suo romanzo, si vede quanto lavoro di ricerca ci sia stato prima di arrivare alla stesura definitiva del racconto che non presenta mai una sbavatura. La storia è perfettamente ambientata nella metà degli anni ’90 e un aspetto che ho molto apprezzato è quello di aver arricchito il racconto con una colonna sonora di quegli anni. The Cure, The Cranberries, Nirvana, The Black Crowes sono solo alcuni degli artisti citati. Molto indovinata l’idea di inserire al termine una playlist delle canzoni.

 

Se tante sono le citazioni musicali, altrettante sono le fonti di ispirazione e le citazioni letterarie e fumettistiche; da quelle più evidenti, come “Il Corvo” di James O'Barr o “Gli Uccelli” di Daphne du Maurier, a quelle meno palesi. Potrei citare una frase su tutte: “cadde come corpo morto” di dantesca memoria.

 

“I sette corvi” è un thriller dal ritmo incalzante, una fiaba gotica dove leggenda e magia si fondono in un intreccio oscuro e affascinante.

 

Una cosa è certa, sia che si tratti di un romanzo storico, sia che si tratti di un thriller, Matteo Strukul sa sempre come catturare l’attenzione del lettore.





 

giovedì 13 febbraio 2025

“Bianca Cappello” Atti del secondo convegno: le signore di Firenze

Nello scorso dicembre, al Palagio di Parte Guelfa, si è tenuto il secondo convegno dedicato alla scoperta e riscoperta delle donne di Casa Medici. Dopo un primo seminario incentrato su Anna Maria Luisa de’ Medici, questo secondo incontro ha puntato i riflettori su Bianca Cappello, con l’obiettivo di fare chiarezza sulle sue vicende umane e storiche.

I convegni organizzati dall’Associazione degli Amici del Museo Stibbert colmano una significativa lacuna nella storia della Toscana, riportando l’attenzione sull’importante contributo delle donne della Famiglia Medici, protagoniste della storia al pari dei loro padri, mariti e figli, sebbene spesso trascurate dalla storiografia.

La figura di Bianca Cappello è alquanto controversa, sia per il suo avventuroso arrivo a Firenze, sia per la sua morte, avvenuta poche ore dopo quella del secondo marito, Francesco I de’ Medici. Le maldicenze attribuirono la colpa al cognato Ferdinando de’ Medici, futuro terzo Granduca di Toscana.

Nei vari interventi riportati in questi atti, si cerca non solo di chiarire l’improbabile coinvolgimento di Ferdinando I nella morte del fratello e di Bianca Cappello, ma anche di esaminare le motivazioni alla base di tali calunnie e le origini dell’ostilità del cardinale nei confronti della cognata.

Molti elementi interessanti emergono da queste pagine sulla famiglia di Bianca Cappello, in particolare sul legame del padre di lei con Cosimo de’ Medici, legame nato molti anni prima. Vi sono inoltre riferimenti e aneddoti sull’educazione della giovane veneziana, che aiutano a comprendere sia la sua fuga a Firenze con Pietro Bonaventuri, sia l’attrazione di Francesco de’ Medici per lei, che la portò a diventare prima la sua amante e poi, una volta rimasti entrambi vedovi, sua moglie.

Bianca Cappello era una donna di straordinaria bellezza, ma il profondo legame tra lei e Francesco aveva radici ben più profonde, come la condivisione degli interessi legati alla scienza alchemica.

In queste pagine viene dato ampio risalto ai fondamentali della dottrina alchemica, ma altrettanto spazio è dedicato anche all'influenza che essa esercitò sulla vita di Bianca Cappello e Francesco de’ Medici. Questo lo troviamo ancora oggi riflesso nelle decorazioni delle loro dimore, ma anche nella rilettura dell'atteggiamento che Francesco tenne nei confronti di Bianca in alcune particolari circostanze.

Un volume prezioso per chi desideri ottenere una visione più completa e approfondita della figura di Bianca Cappello, ma anche una lettura che pone le basi per ulteriori ricerche sull’argomento.