martedì 26 giugno 2012

“Il giardino dorato” di Harry Bernstein


Harry Bernstein (1910-2011) nato vicino a Manchester, figlio di ebrei polacchi, emigrò con la famiglia negli Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale. Lavorò dapprima come lettore per diverse case cinematografiche, selezionando soggetti per il grande schermo, e successivamente come redattore per alcune riviste commerciali. Collaborò inoltre come freelance per varie testate giornalistiche.
Dopo la morte della moglie, avvenuta nel 2003, all’età di 92 anni si dedicò alla scrittura del suo primo libro “The invisible wall” (Il muro invisibile), che ottenne subito un buon successo di critica e di pubblico. Tradotto in diversi paesi, fu finalista nel 2008 al Premio Bancarella.
Seguirono poi “The dream” (Il sogno infinito) e “The golden willow” (Il giardino dorato).
Il suo ultimo romanzo “ What happened to Rose?” (La sognatrice bugiarda) è stato pubblicato postumo nel 2012 ed è un omaggio dedicato alla sorella Rose.

I libri di Bernstein sono tutti romanzi autobiografici e l’autore risulta immediatamente abilissimo a tenere incollato il lettore alle pagine coinvolgendolo e appassionandolo alle sue storie di vita vissuta.
I romanzi sono toccanti, avvincenti e delicati. Non si può che rimanere commossi leggendo le vicende della famiglia Bernstein e delle persone che hanno fatto parte della loro vita.
Attraverso una scrittura semplice e scorrevole, conosciamo la madre di Harry una donna forte, coraggiosa e tenace, disposta a fare qualunque sacrificio per i propri figli e pronta a subire qualunque umiliazione per il loro benessere; la figura materna è in aperto contrasto con quella del padre, un uomo aggressivo, egoista e solitario, che sperpera al pub tutto ciò che guadagna. Facciamo inoltre conoscenza con i fratelli di Harry dai caratteri così diversi gli uni dagli altri e con le sorelle: la dolce e intelligente Lily e la ribelle Rose.

Ne “Il muro invisibile” Bernstein ci racconta la sua infanzia trascorsa in un quartiere operaio del Lancashire dove vivevano, separati da un'invisibile barriera, cristiani ed ebrei. Forte era l’avversione che le due comunità provavano l’una per l’altra; in quella strada fatta di povere case di mattoni tutte uguali si fronteggiavano due mondi distanti, separati da credenze e usanze diverse, da pregiudizi che portavano a continue lotte e scontri fra le due fazioni. Nonostante questo però c’era ancora spazio per la speranza, la possibilità di aprire una breccia in quel muro invisibile eppur così solido: Lily e Arthur, tra difficoltà ed ostacoli, riusciranno a coronare il loro sogno d’amore e far accettare la loro unione “mista” alle rispettive famiglie. Quando Harry avrà dodici anni, le speranze della madre finalmente si realizzeranno: un giorno il postino recapiterà una busta con i biglietti per poter raggiungere i parenti negli Stati Uniti. Inizierà così per Harry e la sua famiglia una nuova avventura, quella del sogno americano…

“Il sogno infinito” è proprio il racconto della vita di Harry una volta giunto negli Stati Uniti. Le cose finalmente sembrano girare nel verso giusto per la famiglia Bernstein, ma quando ogni desiderio sembra ormai essersi realizzato arriva la Grande Depressione. Tutto ricomincia daccapo: le liti col padre, la miseria, le umiliazioni, la difficoltà di trovare un lavoro…

“Il giardino dorato” potremmo definirlo la terza e conclusiva “puntata” della storia di Harry Bernstein. Il titolo originale dell’opera è “The golden willow”, in ricordo del salice dorato a Central Park simbolo dell’affetto e della passione tra Harry e la moglie che avevano fatto l’amore per la prima volta proprio sotto quei rami lunghi e sottili che ricadevano con grazia fino a toccare terra, gonfiandosi come la gonna di un abito da ballo di una volta. In questo libro Bernstein ripercorre gli anni trascorsi accanto a Ruby, 67 anni di gioia, tenerezza, amicizia, sogni, speranze, vittorie ma anche di sacrifici condivisi e di dolore per la perdita delle persone care. La narrazione si snoda tra il presente, il passato recente ed il ricordo degli anni ormai lontani nel tempo. E’ davvero struggente il sentimento di tenerezza con cui lo scrittore ricorda gli anni vissuti accanto alla moglie ed è estremamente toccante la rievocazione di ogni singolo semplice particolare. Ogni piccola cosa che sia un comune trasloco, un aneddoto sull’educazione dei figli, una cena in famiglia ci vengono raccontati con una delicatezza che non può non emozionare il lettore. Ma quello che colpisce di più è l’amore che unisce questa coppia, un amore totale fatto di comprensione, rispetto e complicità. Un amore incondizionato, assoluto che farà pronunciare ad Harry le seguenti parole: “guardandola e ascoltando il suo respiro, pensai: Beh, ecco la ricompensa per tutto quello che non ho fatto”.
Quando la moglie muore di leucemia, Harry si sente completamente e comprensibilmente solo, abbandonato. Nonostante tutti cerchino di convincerlo che solo il tempo potrà curare le sue ferite, lui sa, dentro di sé, che il tempo non potrà mai alleviare il dolore della perdita e capisce che l’unica cura che potrà aiutarlo a lenire il suo tormento sarà la scrittura.
In questo ultimo libro non ritroviamo né lo struggimento per i tempi andati che faceva da filo conduttore ne “Il muro invisibile” né la rabbia verso le continue difficoltà della vita, tema principale ne “Il sogno infinito”. “Il giardino dorato” è il romanzo della rassegnazione e dell’accettazione della vecchiaia. Malinconiche e davvero emozionanti sono le pagine in cui Harry deve prendere coscienza del decadimento fisico che è sopraggiunto: le sempre più frequenti cadute durante le passeggiate, le difficoltà sempre maggiori nell’affrontare la vita quotidiana, il doversi adattare ad usare il deambulatore nonostante l’ostinazione iniziale di volerne e poterne farne a meno…
Al di là dell’amarezza e dell’avvilimento però c’è anche la consapevolezza di aver vissuto una vita piena, di aver avuto accanto una persona eccezionale e dei figli meravigliosi, aver conosciuto delle persone speciali e aver realizzato, ormai ultranovantenne, il “suo” grande sogno: diventare uno scrittore.
                                                                                                                                      
2008
Adesso vivo da solo, ma non sono realmente solo. La mia mente è popolata dalle persone di cui scrivo da almeno cinque anni. Oggi che questo, il mio terzo libro, è finito ho raccontato tutta la storia della mia vita dal momento in cui sono nato all’istante in cui morirò, o quasi. Ormai sono vicino ai cent’anni, perciò immagino non possa essere troppo lontano.

Il libro è anche un libro di speranza, la speranza che nella vita non sia mai troppo tardi per realizzare i propri desideri perché la vita è possibilità…

Alla fine ho sperimentato quel momento di gloria che avevo sempre agognato, che forse tutti agognano, e mai nel corso di questi ultimi anni sorprendenti, che al massimo potevo aspettarmi di trascorrere in pace e tranquillità, mai mi sono sentito così gratificato come quando ho iniziato a ricevere premi per i miei libri.

Spesso ne “Il giardino dorato” Bernstein fa riferimento a storie ed eventi già raccontati nei precedenti romanzi e ciò rende inevitabilmente necessario aver letto gli altri volumi per poterne apprezzare a pieno la lettura.
Un consiglio: leggeteli tutti! Perché raramente si trovano storie vere che lasciano il segno come nel caso dei libri di Bernstein.



giovedì 14 giugno 2012

“Aspettami ed io tornerò” (Konstantin M. Simonov)


Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze.
Aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c'è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.

Aspettami ed io tornerò,
non augurare del bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell'anima mia...
Aspettami. E non t'affrettare
a bere insieme con loro.

Aspettami ed io tornerò
ad onta di tutte le morti.
E colui che ormai non mi aspettava,
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.


Konstantin M. Simonov (San Pietroburgo 1915 – Mosca 1979), scrittore e uomo politico, riuscì a coniugare perfettamente la sua attività letteraria ed i suoi impegni istituzionali. Ricoprì, infatti, alte cariche di governo: fu deputato del Soviet Supremo dell’URSS e membro (dal 1949) del Praesidium del Comitato sovietico per la difesa della pace.
Esordì nel 1937 come letterato con alcuni poemi storici, ma è alla sua attività di drammaturgo che deve soprattutto la sua fama.
Durante la seconda guerra mondiale fu corrispondente dal fronte per il giornale “Stella Rossa” e pubblicò versi, schizzi e racconti di guerra. Ampia notorietà gli procurarono in questo periodo le sue poesie d’amore.
“Aspettami ed io tornerò”, in cui un soldato chiede alla sua amata di aspettarlo e credere ad un suo ritorno nonostante tutti intorno a lei abbiano ormai abbandonato le speranze, fu scritta da Simonov per la sua futura moglie, l’attrice Valentina Serova; questa poesia ebbe un grandissimo successo all’epoca ed ancora oggi è una delle più famose e conosciute poesie in lingua russa.
Ispirati alla guerra scrisse diversi drammi tra cui “Gente russa” (1941) oltre al romanzo “I giorni e le notti” (1943-44), dedicato alla difesa di Stalingrado.
Dopo la guerra la sua attenzione fu rivolta ai problemi di politica internazionale sia nei suoi versi che nei suoi drammi.
Da molte delle sue opere (drammi e romanzi) sono stati tratti dei film. 


sabato 9 giugno 2012

“Il trono di spade” di George R.R. Martin


Primo volume della saga scritta da George R.R. Martin che ha conquistato milioni di lettori, “Il trono di spade” è ambientato in un mondo fantastico con forti richiami all’epoca medievale, pervaso da intrighi politici e scandali, dove gli inverni e le estati durano intere generazioni.
Robert Baratheon, re dei Sette Regni, richiama a corte il suo vecchio amico e compagno d’armi, Eddard Stark, Lord di Grande Inverno, per conferirgli il titolo di Primo Cavaliere, principale carica del regno, seconda solo a quella del sovrano stesso.
Nel frattempo Lady Lysa Tully di Delta delle Acque, moglie del defunto Primo Cavaliere Jon Arryn Lord di Nido dell’Aquila, avverte la sorella, Lady Catelyn moglie di Eddard Stark, dei suoi più che fondati sospetti sull’assassinio del marito per mano dei Lannister di Castel Granito (famiglia della regina Cersei, moglie di re Robert). Appena divenuto Primo Cavaliere, Lord Stark, giunto a corte inizia a svolgere indagini personali sul presunto assassinio del suo predecessore.
Al di là del mare, il giovane Viserys e sua sorella Daenerys, figli di Aerys II, detto il Re Folle, discendenti della famiglia reale dei Targaryen, Signori dei draghi, si adoperano per riconquistare il Trono di spade perso durante la sanguinosa guerra che aveva portato su quello stesso trono proprio Robert Baratheon.

Nel frattempo i conflitti sempre più accesi tra le casate degli Stark, Lannister e Baratheon oltre a quelli con le altre nobili famiglie dei Tully, Arryn, Tyrrell e Greyjoy spingono gli eventi verso una guerra di proporzioni epiche.
Nell’estremo nord, alla Barriera – un’immensa muraglia eretta per difendersi da qualunque essere umano e non umano viva al di là di essa – i Guardiani della notte, sempre meno numerosi e sempre più abbandonati a se stessi, cercano di tenere lontani i pericoli che minacciano il regno.
Il motto degli Stark “L’inverno sta arrivando” è ogni giorno più realistico, l’inverno arriverà presto e con esso arriveranno anche gli Estranei, creature demoniache, una specie di “non morti” dagli occhi azzurri e gelidi…
I protagonisti della saga sono tantissimi, ma fortunatamente il libro è fornito di precise tavole descrittive dei vari personaggi e da mappe dettagliate del territorio. Lontanissimo dall’idea del fantasy del “Signore degli Anelli” di Tolkien, “Il trono di spade” è comunque una saga fantasy sotto tutti gli aspetti. E’ vero che all’inizio sembra non esserci nulla di fantastico, ma è solo apparenza, Martin, infatti, introduce l’elemento fantasy poco per volta; attraverso il racconto dell’estinzione dei draghi in un’epoca non molto remota, il ritrovamento dei cuccioli di meta-lupo da parte degli Stark, i continui riferimenti agli Estranei, l’autore ci introduce in un mondo dove comprendiamo che l’elemento magico avrà un ruolo essenziale nella storia.
Il racconto viene ripartito in capitoli dove si narrano le vicende suddivise in base al personaggio protagonista del brano. Questo ci regala un romanzo ben strutturato, che ci sottopone i punti di vista differenti dei personaggi, spingendoci a prendere posizione parteggiando ora per l’uno, ora per l’altro dei protagonisti. Intrighi, passione, amore, duelli, incesti, segreti, tradimenti, non sembra mancare proprio nulla in questa saga dove crudeltà e sete di potere sono gli elementi principali.
Non esiste però una netta divisione tra bene e male, la psicologia di ogni singolo personaggio viene ampiamente indagata e di ognuno vengono evidenziate caratteristiche e passioni umane (orgoglio, amore, passione, gelosia ecc.); vengono presentate infinite sfumature della personalità di ogni protagonista così come sono indagati a fondo i rapporti tra i vari personaggi. Jon Snow, il bastardo, figlio di Eddard Stark e di una donna misteriosa di cui tutti ignorano l’identità, ad esempio viene identificato non solo attraverso le sue caratteristiche fisiche e morali, ma anche attraverso i suoi rapporti con i vari fratellastri (la complicità con Arya, la freddezza di Sansa nei suoi confronti, il rispetto reciproco che lo lega a  Rob, l’affetto corrisposto verso i più piccoli Bran e Rickon), con il padre che lo ama come gli altri figli nonostante gli ricordi la sua debolezza, con Lady Catlyn che lo odia perché simbolo vivente del tradimento del marito, con Theon Greyjoy che lo disprezzo in quanto bastardo, con lo stesso Tyron Lannister che vede in lui riflessa la sua “diversità” e decide di dispensargli qualche perla della sua “saggezza”:

Mai, mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un’armatura, e non potrà mai essere usata contro di te.

Non esistono eroi immortali, tutti possono morire, tutti possono cadere sia i protagonisti veri e propri, sia i personaggi minori; cadono i potenti, i ricchi, i colpevoli così come gli innocenti e i poveri; tutto questo rende il racconto molto reale e grazie anche alla capacità di Martin di descrivere perfettamente gli eventi, la storia è emozionante, appassionante, coinvolgente tanto da riuscire a tenere incollato il lettore fino all’ultima pagina del libro.
Esiste una trasposizione cinematografica della saga a cura della HBO, trasmessa in Italia da Sky, che ha già mandato in onda la prima e la seconda stagione della serie televisiva. Indubbiamente vedere la serie TV aiuta a conoscere meglio i personaggi perché sono davvero tantissimi, ma devo dire che non ho apprezzato affatto, soprattutto nella prima serie (corrispondente al primo volume o primi due volumi a seconda dell’edizione Mondadori scelta), le esasperate scene di sesso e violenza in quanto a differenza di quelle presenti nel libro sono il più delle volte fini a se stesse e, non essendo pertanto necessarie al racconto, risultano spesso fastidiose.
“Il trono di spade” è una saga lunghissima e il suo autore ritiene siano necessari 7 volumi per raccontare l’intera storia. In Italia, per le solite ragioni commerciali, i volumi già pubblicati ed editi da Mondadori, sono stati divisi in due libri, creando così non poca confusione.
Cercando di mettere un po’ di ordine…

Volume 1 – A Games of Thrones
Il trono di spade
Il grande inverno
pubblicati recentemente anche in unico volume

Volume 2 – A Clash of Kings
Il regno dei lupi
La regina dei draghi
pubblicati recentemente anche in unico volume

Volume 3 – A Stormo f Swords
I fiumi della guerra
Il portale delle tenebre

Volume 4 – A Feast for Crows
Il dominio della regina
L’ombra della profezia

Volume 5 – A Dance with Dragons
I guerrieri del ghiaccio
I fuochi di Valyria
La danza dei draghi 

I titoli dei volumi 6 e 7 dovrebbero essere “The Winds of Winter” e “A Dream of Springs”.
Buona lettura!




venerdì 1 giugno 2012

O Captain! My Captain! (Walt Whitman)


O Captain! My Captain! our fearful trip is done;
The ship has weather'd every rack, the prize we sought is won;
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,
While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.

O Captain! My Captain! rise up and hear the bells;
Rise up-for you the flag is flung-for you the bugle trills;
For you bouquets and ribbon'd wreaths-for you the shores a-crowding;
For you they call, the swaying mass, their eager faces turning
Here Captain! dear father!
This arm beneath your head;
It is some dream that on the deck,
You've fallen cold and dead.

My Captain does not answer, his lips are pale and still;
My father does not feel my arm, he has no pulse nor will;
The ship is anchor'd safe and sound, its voyage closed and done;
From fearful trip the victor ship comes in with object won
Exult, O shores, and ring, O bells!
But I with mournful tread,
Walk the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.


O capitano! Mio capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,
Gli occhi seguono la solida chiglia, l'audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.

O capitano! Mio capitano! alzati e ascolta le campane; alzati,
Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te
I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,
Qua capitano! padre amato!
Questo braccio sotto il tuo capo!
È un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.

Ma non risponde il mio capitano, immobili e bianche le sue labbra,
Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
Dove è disteso il mio capitano
Caduto morto, freddato.


Walt Whitman (1819 – 1892), poeta e scrittore, è oggi considerato il maggior esponente della poesia dell’Ottocento americano. Fu autore della famosa raccolta di poesie “Foglie d’erba”, opera che venne pubblicata in diverse edizioni.
La poesia “O Captain! My Captain!” fu scritta nel 1865 per la morte del presidente Abraham Lincoln, assassinato quello stesso anno.
L’ode è infatti ricca di riferimenti metaforici alla vicenda: la nave che, sotto il comando del suo comandante porta a termine il duro viaggio, è un chiaro richiamo agli Stati Uniti d’America che, sotto il comando del loro Presidente/Padre della Patria, escono vittoriosi dalla sanguinosa guerra di secessione.
Questa poesia è stata resa celebre sul grande schermo grazie al bellissimo film del 1989, diretto da Peter Weir, “L’attimo fuggente” (titolo originale “Dead Poets Society”), di cui divenne il filo conduttore.
Il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, si avvale proprio della poetica di Walt Whitman ed in particolare di questa ode, per spiegare ai ragazzi il vero senso della poesia:

Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria, sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, sono queste le cose che ci tengono in vita.


“O Capitano, mio capitano!” Chi conosce questi versi? Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po’ più audaci, “O Capitano, mio Capitano”.