sabato 14 gennaio 2017

“La lingua geniale” Andrea Marcolongo

LA LINGUA GENIALE
9 ragioni per amare il greco
di Andrea Marcolongo
EDITORI LATERZA
Nove ragioni per amare il greco, così Andrea Marcolongo racconta la sua più grande passione ovvero il suo amore per il greco antico.

L’autrice affronta l’argomento in modo insolito, informale, ma proprio per questo in maniera più immediata e coinvolgente.
Ritiene infatti che il modo migliore per avvicinarsi a questa lingua sia quello di entrare nella mentalità nel popolo che la parlava, sforzandosi di pensare come un greco nell’antichità.

Per chi, dopo il liceo, prosegue gli studi classici tutto diventa più comprensibile, semplice e chiaro.
Quando però uno studente adolescente si trova davanti ad un testo in greco antico, ignorando la storia, l’arte, la vita del popolo che quella lingua la parlava, è normale che quel testo diventi per lui qualcosa di totalmente incomprensibile e che lo lasci paralizzato dal terrore.

L’intento di Andrea Marcolongo è proprio quello di far capire e conoscere quel mondo ormai dimenticato, un mondo che agli studenti, costretti a studiare sequele infinite di paradigmi apparentemente senza alcun senso, appare completamente distaccato dalla sua lingua.

“La lingua geniale” ci parla di un universo la cui esistenza, quando si sgobba sui libri, non sfiora neppure la nostra mente, un mondo per il quale non è importante il concetto del “quando” sia accaduta una cosa, concetto estremamente moderno, ma piuttosto del “come” questa cosa sia accaduta.
Proprio per questo motivo a noi moderni risulta così ostico tradurre un aoristo piuttosto che un ottativo e ci risulta inconcepibile pensare ad una lingua dove non esista il tema del futuro.

Sono le sfumature che fanno la differenza laddove esiste persino un terzo numero delle parole, oltre ai nostri singolare e plurale, in greco esiste “il duale”: un numero straordinario, espressione di accordo e di intesa.

E poi ci sono gli accenti, gli spiriti, l’alfabeto, le particelle, la metrica, i casi… e per finire a noi resta l’immancabile quesito: ma quindi, come si traduce?

Sono rimasta piuttosto spiazzata dalla lettura delle prime pagine, ammetto che non riuscivo a comprendere dove l’autrice volesse andare a parare, quale fosse in realtà il senso dell’opera.
Proseguendo con la lettura, però, mi riaffioravano alla mente i ricordi di scuola, come il quadernetto giallo sul quale scrivevo i famigerati paradigmi utilizzando l’alfabeto latino in modo che quella santa donna di mia nonna potesse farmi ripetere la lezione! L’alfabeto greco era a lei ovviamente sconosciuto. 
Per non parlare degli incubi che mi facevano compagnia, come ad ogni studente, la notte prima dei compiti in classe. Come dimenticare quella notte in cui sognai che l’insegnante aveva consegnato le versioni scritte su delle candele che col passare del tempo si consumavano cancellando il testo da tradurre?

Il greco per noi che abbiamo fatto il classico è stato un incubo è vero ma, ammettiamolo, è stato anche motivo di orgoglio. In fin dei conti era la materia che ci distingueva da tutti gli altri studenti, era quella la materia che faceva la differenza.
Avete presente la canzone di Fedez, 21 grammi? Fedez canta “noi che non abbiamo dato il massimo, noi che non abbiamo fatto il classico”.
Non me ne vogliano gli altri studenti, ma il senso di appartenenza di noi allievi del classico è davvero duro a morire…

“La lingua geniale” secondo la sua autrice è un libro per tutti, non necessariamente per gli studenti o ex studenti del classico, ma è un saggio pensato per chiunque voglia avvicinarsi a questa lingua.
Affermazione che non mi trova pienamente d’accordo, con le dovute eccezioni del caso ovviamente, credo che leggere questo libro senza aver nessuna idea del greco antico equivarrebbe ad un atto puramente masochistico. Seppur scritto in modo divertente e coinvolgente, infatti, “La lingua geniale” resta pur sempre un testo molto legato alla grammatica ed alla conoscenza della lingua greca.

Concordo invece pienamente con l’autrice sul fatto che lo studio del greco antico apra la mente, cosa però di cui ci si rende conto molto più avanti negli anni, da studenti, ahimè, si è troppo concentrati a cercare di portare a casa il risultato, passatemi il modo di dire.
E’ un po’ come quando l’insegnante continuava a martellarci con il consiglio di leggere la versione per intero prima di affrontare la traduzione. Credo che un numero veramente esiguo di studenti abbia seguito questo suggerimento nonostante fosse un ottima indicazione, ma anch’io, come la maggior parte degli allievi, sono tra coloro che l’hanno ignorato ritenendolo assurdo ed inutile.

Mi ha fatto sorridere leggere (ma quanto è vero!) che chi ha studiato il greco antico si è portato dietro oltre alla ricchezza di vocabolario anche quell’assurda propensione all’ipotassi: noi non siamo proprio in grado di rinunciare ad esprimerci attraverso discorsi complicati e lunghe frasi!

Andrea Marcolongo ha perfettamente ragione questa lingua resta dentro di noi e riaffiora senza che noi ce ne accorgiamo in situazioni e modi davvero inaspettati.

Personalmente non credo di aver mai avuto dubbi sul perché io abbia scelto di studiare il greco antico e non me ne sono mai pentita, neppure nei momenti più difficili.
Leggere la “La lingua geniale” me ne ha dato ulteriore conferma, nel caso ce ne fosse stato mai bisogno, e per rispondere alle motivazioni che hanno spinto Andrea Marcolongo a scrivere questo libro, mi sento in grado di poter affermare che l’autrice è riuscita a centrare il suo obiettivo ovvero coinvolgere il lettore e rispondere a buona parte di quelle domande rimaste senza risposta.

Credo che il pensiero dell’autrice sull’importanza dello studio della lingua greca possa essere riassunto con queste sue stesse parole:
  
Sono invece certa che lo studio del greco contribuisca a sviluppare il talento di vivere, di amare e di faticare, di scegliere e di assumersi la responsabilità di successi e fallimenti. E contribuisca a saper godere delle cose anche se non tutto è perfetto.

A chi consigliare questo libro? Ovviamente a chi ha frequentato o sta frequentando il liceo classico ma anche a tutti coloro che sono innamorati dell’antica Grecia e della sua cultura.




giovedì 5 gennaio 2017

“Il maestro delle ombre” Donato Carrisi

IL MAESTRO DELLE OMBRE
di Donato Carrisi
LONGANESI
A.D. 1521 Papa Leone X, nove giorni prima di morire, emana una bolla nella quale la città di Roma non dovrà mai rimanere al buio.
La bolla pontificia sarà nel corso dei secoli oggetto di studio di storici e teologi che si interrogheranno sulle ragioni che spinsero Leone X ad emanarla.

23 febbraio 2015. Roma è in piena emergenza, una tempesta senza precedenti si sta abbattendo sulla città. Per poter riparare un guasto occorso ad una delle centrali elettriche, le autorità si vedono costrette ad imporre un blackout totale di ventiquattro ore.
Dalle ore 7.41 del mattino la Città Eterna piomberà in un vero incubo, un azzeramento tecnologico che la riporterà per ventiquattro ore all’epoca medievale.

Nonostante le autorità abbiano ordinato il coprifuoco dopo il tramonto, nonostante siano stati mobilitati tutti i corpi speciali di polizia, l’esercito ed ogni risorsa disponibile, nulla potrà bloccare l’inevitabile eccesso di violenza che si scatenerà non appena l’oscurità offrirà la sua protezione ad assassini, stupratori, ladri, psicopatici e persino a tutti i semplici cittadini, persone insospettabili, che non attendono altro che potersi vendicare di qualcuno senza la paura di essere puniti.

In mezzo al caos scatenato dalla violenza della forza della natura e dall’aggressività  umana, un’ombra si sta aggirando già da qualche tempo indisturbata seminando una scia di morte. Solo un uomo potrebbe essere in grado di fermarla.

Marcus è un prete, ma non un semplice sacerdote, egli appartiene all’ordine dei Penitenzieri e come tale risponde esclusivamente al Tribunale della Anime.
Ultimo del suo ordine, egli è il guardiano che sorveglia il confine laddove il mondo della luce incontra quello del buio.
Marcus vive pericolosamente al limite della terra delle ombre dove tutto è confuso, incerto e rarefatto; il suo compito è quello di ricacciare indietro qualunque cosa riesca talvolta a varcarne la soglia.
Cercare anomalie, impercettibili strappi nel quadro della normalità, è la sua abilità.

Marcus però ha perso la memoria e purtroppo non ricorda assolutamente nulla di quello che gli è accaduto nei giorni precedenti il blackout.
A supportarlo nella ricerca dell’assassino sarà Sandra Vega, una preparatissima ex foto rilevatrice della polizia scientifica che, a causa dello stress accumulato per il tipo di lavoro svolto oltre che per un grave lutto subito, aveva deciso in passato di chiedere il trasferimento e abbandonare il lavoro sul campo.
Sandra però, suo malgrado, si ritroverà coinvolta nelle indagini.

“Il maestro delle ombre” è il terzo volume di un ciclo i cui protagonisti sono Marcus e Sandra Vega. I primi due titoli erano “Il tribunale delle anime” (2011) e “Il cacciatore del buio” (2014).

Il libro è perfettamente leggibile come romanzo a sé, non è necessario aver letto i due volumi precedenti per farsi affascinare dalla storia. Vi anticipo però che sarà difficile, se non impossibile, una volta terminata la lettura di questo terzo volume, resistere alla tentazione di recuperare i primi due libri.

Donato Carrisi si conferma ancora una volta uno dei nostri migliori scrittori di thriller, pochi come lui infatti sono in grado di tenere incollato il lettore alle pagine e ammaliarlo con il racconto di storie ad alta tensione e carica adrenalinica.

La lettura scivola veloce e sciolta grazie ad una scrittura pulita e scorrevole; ogni particolare, ogni singolo elemento si incastra alla perfezione regalandoci un quadro ed una visione d’insieme perfetta della storia.
Ogni elemento è ben studiato, nulla è lasciato al caso ed appare evidente la minuziosa ricerca e gli accurati approfondimenti eseguiti dall’autore per rendere il tutto il più credibile e realistico possibile.

Perfetta la caratterizzazione dei numerosi personaggi. I capitoli iniziali introducono ognuno un diverso soggetto ed il lettore incuriosito non vede l’ora di addentrasi nella narrazione al fine di riuscire a comprendere come questi personaggi interagiscano tra loro e come si inseriscano all’interno della trama del romanzo.

Il tema sul quale si basa la storia, ovvero l’idea del buio e dell’eclissi tecnologica, è un tema molto attuale che mette il lettore dinnanzi ad un qualcosa di davvero plausibile ed allo stesso tempo terribilmente angosciante nella sua verosimiglianza con una possibile realtà.
Ed è forse proprio questo lato credibile della storia che, più di ogni altra cosa, è in grado di risvegliare angosce e paure nel lettore rendendolo davvero partecipe e coinvolgendolo sempre più pagina dopo pagina.

Ero un po’ scettica sulla lettura di questo romanzo nonostante avessi letto dello stesso autore un altro libro, “La ragazza nella nebbia” (2015), restandone tra l’altro piacevolmente sorpresa.

Dopo “Angeli e Demoni” di Dan Brown sono usciti una serie infinita di romanzi con argomento e trama molto simili ed inevitabilmente temevo che questo di Carrisi potesse essere, nonostante ormai l’accreditata e meritata fama dell’autore, l’ennesimo libro dalla trama scontata appartenente a questo genere.

Donato Carrisi è riuscito invece a creare qualcosa di nuovo nonostante il filone sia ormai davvero molto sfruttato. Merita davvero di essere annoverato tra i migliori scrittori del genere e non stupisce affatto che i suoi thriller vengano esportati anche all’estero.

“Il maestro delle ombre” è un romanzo talmente avvincente ed appassionante, da consigliarne la lettura anche a chi non è particolarmente interessato al genere, perché grazie a questo romanzo potrebbe scoprire una nuova insospettata passione.