sabato 18 settembre 2021

“Giuliano Dami. Aiutante di Camera del Granduca Gian Gastone de’ Medici” di Alberto Bruschi

La figura di Giuliano Dami è una figura enigmatica e della quale è difficile riuscire a capire quanto ci sia di vero nelle cronache del tempo che ne hanno tramandato l’immagine di un uomo gretto e malvagio.

Tutto ciò che è stato scritto si riallaccia alle infamanti storie tratte da un manoscritto di dubbia attribuzione, l’avvocato Luca di Bartolomeo, secondo Sir Harold Acton, o il dispensiere di Cosimo III Luigi di Lorenzo Gualtieri secondo Giuseppe Conti (Firenze dai Medici ai Lorena).

Alberto Bruschi con quest’opera si propone l’arduo compito di rileggere il manoscritto affiancando tale lettura allo studio dei documenti d’archivio nel tentativo di cercare di comprendere quanto ci sia di vero nel manoscritto e quanto invece sia frutto, se non proprio di pura fantasia, quantomeno di una volontà atta a distruggere la figura di Giuliano Dami.

Unico punto non soggetto a controversie è il fatto che il personaggio in questione fosse di una bellezza disarmante e che senza dubbio proprio il suo aspetto fisico lo favorì nella sua incredibile ascesa sociale.

Alberto Bruschi inizia le sue ricerche proprio da Mercatale in Val di Pesa, luogo di nascita del bel Giuliano. L’autore del manoscritto liquida alla stregua di due pezzenti i genitori del nostro protagonista, ma dai registri parrocchiali si evince che questi non erano assolutamente tali. La madre, in particolare, Caterina Ambrogi portava un cognome piuttosto importante. Gli Ambrogi, per quanto popolani, erano dei possidenti terrieri. Vero è che della famiglia si contavano più rami, ma Caterina pur non appartenendo al ramo più facoltoso non poteva comunque essere annoverata come una miserabile stracciona.

Morto il padre di Giuliano, ad occuparsi della famiglia fu uno zio paterno che, visto il numero delle bocche da sfamare, non poteva essere neppure lui particolarmente povero.

Giuliano fin dalla giovane età dimostrò di avere un carattere vivace e ribelle che mal sottostava ai soprusi e all’autorità.

La sua carriera partì dal gradino più basso, iniziò addirittura come votapozzi, ebbene sì, fu proprio uno di quei ragazzini che si occupavano di svuotare i pozzi neri, solo il boia e il becchino potevano essere annoverati come mestieri peggiori.

L’importante per Giuliano fu l'arrivo a Firenze perché lì, grazie al suo aspetto e alla sua scaltrezza, ebbe comunque la possibilità di cogliere la giusta occasione per migliore pian piano la propria condizione.

Infatti, dopo diversi lavori, prese servizio come lacchè presso il Marchese Ferdinando di Roberto Capponi. 

Giuliano smise quindi per sempre i vestiti cenciosi per indossare una scintillante livrea di velluto rosso dai galloni dorati, la livrea “all’Ussara”.

Durante una visita del Capponi a Palazzo Pitti, Giuliano fu probabilmente notato da Gian Gastone e da lì il passo fu breve, il giovane cambiò padrone sebbene ben presto fu lui stesso a diventare il padrone del suo signore. Non mi dilungherò su questa storia che ormai tutti conosciamo benissimo.

Contrariamente a quanto riportato nel manoscritto Gian Gastone conobbe Giuliano dopo il matrimonio e lo portò poi con sé a Reichstadt dopo un suo soggiorno a Firenze.

Alberto Bruschi si interroga su quali fossero i reali sentimenti che legarono Giuliano Dami a Gian Gastone de’ Medici, forse all’inizio Giuliano provò anche affetto per il suo signore, impossibile avere una risposta certa, ma senza dubbio guardando ai suoi testamenti e al codicillo al secondo testamento quello che emerge è la figura di un uomo avaro e meschino che neppure in quel momento, pensando alla propria morte, ebbe un pensiero per onorare la memoria di chi per lui aveva fatto e sacrificato tanto.

Il libro racconta non solo le malversazioni del Dami alla Corte medicea, ma anche tutte le furfanterie e le appropriazioni indebite di cui si macchiò, di come fosse entrato in possesso del suo prestigioso palazzo in via Maggio, delle ville e dei terreni nonché di quelle sue operazioni che oggi non esiteremmo a definire di alta finanza.

Il libro indaga ogni aspetto della vita di Giuliano Dami: il matrimonio con Maria Vittoria Selcini, probabilmente contratto per cercare di mascherare la natura dei suoi rapporti con Gian Gastone, sospetti impossibili ovviamente da allontanare; le sue committenze artistiche, i suoi rapporti a Corte e i rapporti con gli altri esponenti della famiglia granducale, i rapporti con i propri famigliari e quelle donazioni fatte in particolare modo al Monastero delle Mantellate, le cui suore da lui beneficiate lo ricordarono sempre come il nostro Giulianino.

Il racconto non tralascia di delineare un ampio affresco della Corte e della Firenze dell’epoca.

Il libro non si interrompe con la morte di Gian Gastone, ma guarda anche alla vita di Dami dopo la dipartita del suo benefattore, colui che anche sul letto di morte nonostante tutto chiese ancora pietà per l’amico alla sorella Anna Maria Luisa.

Gli ultimi anni di Dami furono anni in cui si dovette principalmente preoccupare di non perdere la vita e le sostanze accumulate nel corso di tanti anni di prevaricazioni. Il delitto di sodomia, infatti, non venne cancellato con l’avvento dei Lorena e la pena prevista per una tale reato rimase la condanna a morte, senza contare che era sufficiente solo una denuncia perché, anche dopo la morte, a colui che fosse stato giudicato colpevole sarebbero stati alienati tutti i beni cosicché questi sarebbero stati incamerati dallo Sato a discapito degli eredi.

Il libro di Alberto Bruschi è un’opera davvero importante ed esaustiva, corredata di un’appendice molto ricca di documentazione fotografica e documentazione d’archivio.

Una prosa forbita ed elegante, fluida e scorrevole, fanno di questo libro una lettura oltremodo piacevole nonostante l’argomento sia piuttosto specifico ed esclusivo.

Non è mai facile parlare di un libro che ci ha coinvolto particolarmente, si ha sempre paura di non riuscire a dire tutto oppure farlo in modo sbagliato; sensazione ancora più strana se poi certe emozioni ci sono state suscitate non da un romanzo, ma piuttosto da un saggio.

L’immagine mefistofelica di Giuliano Dami non ne esce molto diversa da quella descritta dal manoscritto; le fonti fredde degli archivi confermano in buona parte l’anima meschina ed egoista dell’aiutante di camera di Gian Gastone de’ Medici e anzi, se possibile, la rendono ancora più enigmatica.

Colui che sarebbe potuto divenire il più importante ministro della Corte medicea, il rappresentante di un Granduca colto, raffinato, sensibile e illuminato, dal quale avrebbe potuto attingere quella cultura e quell’educazione che per nascita gli erano mancate, preferì invece servirsene per i propri scopi miserabili e gretti, passando alla storia come un uomo abbietto che non conobbe mai il significato delle parole carità e onore, un uomo che condannò all’eterno biasimo se stesso e colui la cui più grande colpa fu quella di averlo, nella sua immensa solitudine, accolto come un sincero amico a cui affidarsi.




2 commenti:

  1. Praticamente una canaglia.

    Hai scovato un'altra chicca fuori da qualsiasi radar. Hai recuperato il libro in Toscana?

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    1. Eh sì, giusto per definirlo gentilmente. Ti avevo detto che avevo in serbo una sorpresa su questo personaggio.

      Il libro l'ho trovato in una libreria fiorentina, ma l'ho comprato online qualche mese fa. Mi sono stupita di essere riuscita a trovarne ancora una copia nuova, pensa che riporta ancora il prezzo in lire. Lire 100.000 una follia per l'epoca!

      Ho comprato un sacco di libri a Firenze due settimane fa. Sono lì che mi aspettano, ma alcuni sono davvero tosti. Mi sa che mi sono fatta prendere un po' troppo la mano 😊

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